NEMESI (Νέμεσις, Nemĕsis)
Divinità e, meglio che divinità, potenza divina astratta, considerata dai Greci antichi come tutrice e conservatrice dell'ordine e dell'equilibrio dell'universo. Tutto ciò che nel destino delle cose e degli uomini sembrava oltrepassare una giusta misura, dando luogo a stridenti contrasti, a disarmonici squilibrî, suscitava - nella mente dei Greci - lo sdegno e l'infallibile senso di equità e di misura di Nemesi, la quale si metteva subito all'opera per ristabilire le giuste proporzioni e il turbato equilibrio, né desisteva dalla sua opera finché non avesse riportato negli avvenimenti e nelle sorti umane l'ordine temporaneamente sconvolto. La potenza e la ricchezza eccessive, la troppa felicità e la troppa bellezza e una costante fortuna richiamavano l'attenzione e l'azione di Nemesi, non meno che le eccessive disgrazie, la troppa miseria e la troppa infelicità.
Tale concetto divino non c'è ancora in Omero e appare per la prima volta in Esiodo, dove però essa è ancora, più che una figura concreta di dea, la rappresentazione del senso di ogni misura e convenienza. E in questo significato etico N. seguita a comparire negli autori posteriori, così in Erodoto e in Pindaro come nei tragici e nei filosofi. Nella mitologia e nel culto, invece, N. si sviluppò in forma di vera dea, che presentava non pochi punti di contatto con Afrodite e con Temi. Nel poemeao Le Ciprie era fatta madre di Elena, che essa avrebbe generato da Zeus.
Il più famoso centro del suo culto fu la città di Ramnunte, nell'Attica, dove essa era venerata come figlia di Oceano e madre di Elena e anche di Eretteo (che altre leggende facevano invece figlio della Terra): "la Ramnusia" era detta per antonomasia Nemesi, (ἡ ‛Ραμνουσίς; Rhamnūsis). In Atene si celebravano, il cinque Boedromio. 1e di ogni anno, anche feste Nemesie, che appartenevano però al culto dei morti e che alcuno (A. Mommsen) pensa fossero identiche alle Genesie. Anche per Smirne è testimoniato un culto di N., la quale però veniva riguardata in questo luogo come una potenza divina incarnata in una pluralità di demoni femminili alati (Νεμέσεις), riguardati come figlie della Notte.
Un'antica e venerata immagine della dea si trovava in Ramnunte, e si diceva che quella statua fosse stata scolpita in un blocco di marmo che i Persiani avevano portato da Paro; però un'altra leggenda narrava che Agoracrito, che l'aveva scolpita in stile fidiaco, aveva voluto propriamente rappresentare con quell'immagine un'Afrodite. E in realtà, in arte, si usò rappresentare N. in figura di Afrodite vestita: quella di Ramnunte portava sul capo una corona, ornata di piccole figure di cervi o di Nike o di altri idoletti alati: teneva nella mano sinistra un ramo di melo e nella destra una patera, nella quale si vedevano scolpite figure di Etiopi (con riferimento, secondo Pausania, al padre Oceano). Di questa immagine, furono trovati pochi frammenti della testa e della base. Si rinvenne anche l'immagine della dea (rappresentata seduta e in piccolissime proporzioni) appartenente a un più antico tempio del sec. VI.
Bibl.: Ch. Walz, De Nemesi Graecorum, Tubinga 1852; E. Tournier, Némésis et la jalousie des Dieux, Parigi 1863; H. Posnansky, Nemesis und Adrastela, in Bresl. Phil. Abh., V, ii; L. Preller e C. Robert, Griech. Mythologie, 4ª ed., Berlino 1894, p. 535 segg.; A. Mommsen, Feste der Stadt Athen im Altertum, Lipsia 1898, p. 174 seg.; O. Rossbach, in Rocher, Lexicon der griech. und. röm. Mythologie, III, col. 117 segg.; L. Deubner, Attische Feste, Berlino 1932, pp. 219, 230.