nemico ([i]nimico) e nemica([i]nimica)
1. Il sostantivo maschile è adoperato nel valore costante di " avversario ", con netta prevalenza della forma romanza rispetto alla latineggiante, aferetica o meno; e con un'evidente tendenza all'uso plurale nei confronti del singolare, piuttosto ridotto. Sintomatica la sua esclusione dalla seconda cantica.
Al singolare, si trova in pochi luoghi, tutti senza determinazione di complemento, o al massimo con attributo: Vn XI 1 nullo nemico mi rimanea (che tuttavia consentirebbe l'interpretazione - con n. predicativo del soggetto - " nessuno mi restava n. ",- invece che " a me non restava alcun n. ", If VI 115 Pluto, il gran nemico (semanticamente, se non sintatticamente, ambiguo: potendosi intendere n. per antonomasia come " diavolo ", ovvero [Sapegno] con " allusione al fatto che la brama delle ricchezze è la maggior nemica della felicità umana ").
Parallelamente ad ‛ amico ', in Cv I III 7; mentre nel Fiore il singolare esula da ogni giustapposizione (XXXII 7 e L 10): solo in LXXIII 4 la posizione in rima (Malabocca, il mi' crudel nemico) favorisce l'accostamento e il conseguente rilievo, per contrasto, al buon Amico del v. 1. Tale polarità, in D., sfocia due volte nel plurale: Cv I IV 5 [gli uomini che vivono secondo senso e non secondo ragione sono] tosto amici e tosto nemici; IV I 2 [nell'amicizia] li amici de l'uno sono da l'altro amati, e li nemici odiati: solo caso in cui - in simili contrappunti - l'ellissi del secondo termine celi un genitivo.
Al plurale infatti D. adopera generalmente n. con complemento, in senso guerresco, politico o religioso, saldando insieme i semantemi di hostis e inimicus: Cv IV V 15 [Camillo] venuto a liberare Roma contra li suoi nimici; VI 20 [gl'indegni reggitori d'Italia] nemici di Dio; If III 63 a Dio spiacenti e a' nemici sui (cfr. vv. 40-42); XXI 96 veggendo sé tra nemici cotanti; XXII 83 ebbe i nemici di suo donno in mano; XXVII 88 ciascun suo nimico era Cristiano; Pd XII 57 il santo atleta [Domenico] / benigno a' suoi e a' nemici crudo, cioè (Buti) " duro alli eretici e agli infedeli "; XVII 86 sì che ' suoi [di Cangrande] nemici / non ne potran tener le lingue mute. Nel Fiore è esclusiva, al plurale, la forma con evoluzione fonetica (avallata dal francese ennemi) solo in significato bellico, sia pur travasato in una trama allegorica (XXIX 5 e 13, LXXXVII 4).
Nel traslato, il plurale trova impiego abbastanza esteso (a differenza del singolare, chiuso entro il piano letterale), ma non mai nella Commedia. Così abbiamo avversari di virtù, in Rime CVI 107 vertù, che i suoi nimici a pace invita; o di certe virtù, in Cv IV XVII 7 ciascuna di queste vertudi ha due inimici collaterali, cioè vizii, uno in troppo e un altro in poco; e di leggiadria, in Rime LXXXIII 66 e 113 Oh falsi cavalier, malvagi e rei, / nemici di costei (dove peraltro non sapremmo escludere l'aggettivo in funzione appositiva); infine anche di giustizia, in Cv I XII 10 Questa è tanto amabile, che... li 'suoi nimici l'amano, sì come sono ladroni e rubatori. Cfr. ancora III VIII 16 li vizii innati, li quali massimamente sono di. buoni pensieri nemici, e IV IV 14 li lunghi capitoli sono inimici de la memoria, luogo indicativo per captare quel suo assiduo studio del fren de l'arte (v. CANTICA). Sta a sé, in sublime ‛ transumptio ', Pd XXV 6; D. vi si dice nimico [" ostile ", ma insieme " oggetto d'odio "] ai lupi che li danno guerra, i Fiorentini che sono avversi non solo a lui, ma alla loro stessa città.
2. Il sostantivo femminile trova alternative presso D. nelle forme etimologiche, aferetica o meno, in misura affine a quanto si verifica per l'aggettivo; non presenta però nessuna delle sfumature semantiche proprie a esso, bensì l'unitaria accezione di " avversaria ", costantemente in senso figurato.
A volte il termine è adoperato senza complemento, ma in unione col possessivo: così D. invoca la mia nemica, / madonna la Pietà (Vn XIII 9 13); o ribadisce, a distanza di poche righe e con minime variazioni, la stessa prosopopea (XIII 10), in un passo per cui v. oltre (3.). Privo di qualsiasi determinazione, in Pg XIV 37 virtù così per nimica si fuga / da tutti, la virtù da tutti si fugge (cioè - a norma del Parodi - " è sfuggita, schivata ", meglio che " si caccia, si mette in fuga ") a guisa di nemica. In altri tre casi n. si trova con la specificazione: dove D. chiama di pietà nemica la Morte villana (Vn VIII 8 1); oppure Lucia, simbolo della grazia illuminante, nimica di ciascun crudele (If II 100), quindi (con neutro sostantivato) " avversaria di ogni crudeltà ": formula costruita sul tipo l'avversario d'ogne male (v. 16). Cfr. infine Cv IV I 9 oziositade, che massimamente di questa donna [la Filosofia] è nemica.
3. Aggettivo o epiteto puro, manca nel Fiore e nel Detto; tuttavia (soppiantato da lessemi equivalenti) è piuttosto scarso di occorrenze anche nelle opere canoniche: dove le tre forme, l'etimologica e l'aferetica con o senza evoluzione romanza della protonica convivono senz'ombra di variazione che non sia puramente eufonica.
Nel valore tradizionalmente latino di " ostile ", " avverso ", " avversario ": Vn XXV 9 luno, cioè una dea nemica de li Troiani; nella ‛ montanina ' (Rime CXVI 31) La nimica figura, cioè l'immagine crudele e orgogliosa della donna alpigiana; If IX 76 le rane innanzi a la nimica / biscia (con enjambement). Più pregnante la nimica podesta (If VI 96), cioè per eccellenza Cristo, autorità inflessibile e giudice impietoso verso tutti i dannati.
Con analoga accezione di " contrario ", " sfavorevole ", " ingrato ", ma sfumante nel traslato e adibita a funzione di predicato o di predicativo: Vn XIII 6 questa era via [" soluzione "] molto inimica verso me, " a me repugnante; cioè manifestare a Beatrice le mie pene, per indurla a pietà " (Di Benedetto); If X 123 quel parlar che mi parea nemico.
Nel sintagma ‛ farsi n. a qualcuno ', per " divenirgli avverso ": If XV 64 ti si farà, per tuo ben far, nimico; oppure per " divenirgli odioso ": Pg XXXI 87 di tutte altre cose qual mi torse / più nel suo amor, più mi si fé nemica.