Vedi NEOATTICISMO dell'anno: 1963 - 1995
NEOATTICISMO
Fu H. Brunn a coniare questo termine nella sua Geschichte der griechischen Künstler pubblicata nel 1853, nella quale contrapponeva ai maestri dell'Atene classica, gli artisti attici i cui nomi comparivano in una serie di iscrizioni, trovate per lo più in Italia, seguiti dall'apposizione di ᾿Αϑηναῖος, qualificandoli scultori "neoattici". I caratteri epigrafici li facevano assegnare alla fine della Repubblica o al primo periodo imperiale, dunque principalmente al I sec. a. C. La produzione di questi artisti consta sia di opere plastiche a tutto tondo che di vasi in marmo e altre suppellettili, con ornamenti a rilievo. In base alle serie tipologiche riscontrate, fu possibile attribuire numerosi altri rilievi alle botteghe di questi artisti; Di questa scuola artistica neoattica manca tuttora una trattazione specifica sulla plastica a tutto tondo. La premessa per l'inizio del n. è costituita dal classicismo, che sorge in Atene attorno alla metà del II sec. a. C. determinato dal gusto della élite sociale e degli intellettuali. Il punto di partenza della spinta decisiva va ricercato probabilmente nelle corti ellenistiche, come quella degli Attalidi a Pergamo e quella dei Tolomei ad Alessandria. In effetti anche le copie più antiche di opere classiche si trovano a Pergamo.
Nel periodo in questione le opere classiche del V e IV sec. a. C. vennero riconosciute come modelli e gli artisti erano costretti o a copiarle o ad imitarne il più possibile lo stile e la forma. Però, accanto a questo classicistico copiare, agli artisti neoattici è propria contemporaneamente una particolare concezione decorativa, le cui caratteristiche consistono in una forma di composizione paratattica e in una riduzione ad apparente unità di stile di modelli spesso diversi per epoca e per soggetto. È tipico che vengano accettate ed imitate sempre le forme tarde di ogni singola fase di svolgimento: così lo stile fiorito della fine del V sec. a. C., lo stile arcaicizzante del IV sec. a. C. che si ricollega al tardo arcaismo, lo stile tardoclassico della seconda metà del IV sec. a. C. e l'arte tardo-ellenistica ancor quasi contemporanea. L'arte neoattica sorge dunque ad Atene dalla metà alla fine del Il sec. a. C. e da qui si trasferisce a Roma dove, durante il corso del I sec. a. C., si accentua vieppiù il suo gusto classicistico, che finisce per trionfare definitivamente nel classicismo augusteo.
Sui monumenti di Atene stessa gli artisti attici della epoca classica non si designano mai come ᾿Αϑηναῖοι, ateniesi. Sembra che la più antica firma di scultore con la apposizione di ᾿Αϑηναῖος trovata in Atene sia quella di Eucheir e di Euboulides del II sec. a. C. (v. euboulides, 40, I.G.B., n. 227). Gli artisti ellenistici di Atene non si possono chiamare ancora neoattici nel senso vero e proprio della parola. Soltanto quegli artisti che per tema e stile si atterranno esplicitamente al classicismo, potranno essere definiti neoattici. Per la statua dell'Atena di Elateia ciò è documentato nella letteratura, giacché Pausania (x, 34, 8) dichiara espressamente che per le raffigurazioni dello scudo gli artisti attici Timokles e Timarchides hanno adoperato la composizione dello scudo dell'Atena Parthènos di Fidia (cfr. Loewy, I.G.B., n. 241 a).
Come precursore delle opere neoattiche vere e proprie, va considerato il gruppo di "imitazioni del V secolo a. C." eseguito in Atene per gli Attalidi di Pergamo, che interpreta e rimaneggia i motivi classici in maniera del tutto ellenistica, e che va datato alla metà, o poco prima, del II sec. a. C.
Tra queste imitazioni l'opera più importante è la riproduzione, eseguita per la Biblioteca di Pergamo, della Atena Parthènos di Fidia, che fu completamente rielaborata secondo un gusto tipicamente ellenistico. Anche l'Atena con l'egida a fascia incrociata, che non può essere ritenuta copia di un'opera classica di Mirone, dev'essere considerata senz'altro un'opera del classicismo ellenistico. Invece, la cosiddetta Hera, che si serve del motivo della Procne di Alkamenes (v.), mostra già una tendenza più classicistica, che fa presagire le successive copie neoattiche. Una imitazione ancor più generica delle forme classiche annunciano, al terzo venticinquennio del II sec. a. C., ad Atene la testa di Atena e la Nike di Euboulides (v. euboulides, 40), ad Egira la testa di Zeus di Eukleides (v.). I medaglioni con busti trovati a Kalydon, imitano intenzionalmente opere determinate, comunque non ancora nel senso di copie veramente esatte (cfr. a questo proposito la testa di Meleagro di Skopas con le altre copie).
La replica del Diadoùmenos di Policleto a Delo deve essere considerata come la più antica copia vera e propria, determinatamente esatta, per quanto anche qui affiori il temperamento tardo-ellenistico del copista.
Anche la statua-ritratto di G. Ofellius Ferus da Delo, eseguita dall'ateniese Dionysios (v. dionysios, 6°) figlio di Timarchides e dall'ateniese Timarchides (v.) figlio di Polykles, sembra ancora appartenere al tardo II sec. a. C. La testa ritratto della statua è andata perduta; per il corpo fu usato il tipo Hermes Andros-Belvedere, di Prassitele. Ci troviamo qui per la prima volta di fronte alla situazione tipica per tutta la storia delle statue-ritratto romane: una statua greca classica di divinità fa da modello al corpo, la testa è un ritratto. Non si può stabilire fino a qual punto per le successive statue-ritratto l'uso di queste statue classiche di divinità possa realmente avere il significato di eroicizzare e divinizzare il personaggio raffigurato; esisterà tuttavia una certa relazione. Altre statue-ritratto di questo genere sono la statua del cosiddetto Germanico di Kleomenes (v.), figlio di Kleomenes da Atene, al Louvre, che usa il tipo fidiaco dell'Hermes Ludovisi e le statue-ritratto eseguite da scultori neoattici di Olimpia, ad esempio quella dell'imperatore Claudio rappresentato come Zeus, da Philathenaios (v.) e Hegias (v. hegias, 3°), che si servono di un tipo di statua ellenistica e l'Agrippina Minore di Dionysios figlio di Apollonio (v. dionysios, 8°). Tra gli esemplari non firmati è da prendere ancora in particolare considerazione la statua dell'imperatore Adriano al Museo Capitolino, il cui corpo riproduce il tipo dell'Ares Borghese di Alkamenes e la statua dell'imperatrice Sabina ad Ostia che si serve del tipo dell'Afrodite del Frejus di Kallimachos (v. kallimachos, 2°).
Oltre a queste statue classiche di divinità trasformate in statue-ritratto i neoattici eseguirono per i loro committenti anche copie e repliche di statue classiche di divinità e di eroi. Qui ci limiteremo a citare soltanto la riproduzione dell'Atena Parthènos di Fidia di Antiochos (v. antiochos, 1°) nel Museo delle Terme, la perfetta copia in bronzo della testa del Doriforo (Achille) di Policleto, di Apollonios figlio di Archias a Napoli (v. apollonios, 7°), la replica della Hera Borghese (Copenaghen, Ny Carlsberg Glyptotek) del neoattico Aphrodisios (v. aphrodisios, 1°), la replica dell'Amazzone (v.) policletea di Sosikles (v.) nel Museo Capitolino e la copia dell'Ercole Farnese di Lisippo del neoattico Glykon (v. glykon, 1°), che visse certamente durante e dopo il periodo degli Antonini.
Inoltre gli artisti neoattici hanno raffigurato anche divinità romane, come testimonia il Giove Capitolino di Apollonios (v. apollonios, 6°), figlio di Nestore che forse è anche autore del Torso del Belvedere, grandiosa concezione di gusto postfidiaco-ellenistico, e ha lasciato, sembra, un documento delle sue capacità artistiche nel brutale pugile seduto del Museo delle Terme (che può essergli attribuito, anche se non è più valida la supposta lettura di una sua firma inesistente). All'inizio del II sec. d. C. il neoattico Kriton (v.) ha eseguito il gruppo di Mithra con il toro per un mitreo di Ostia. Questo Kriton si può ben identificare con quello che assieme a Nikolaos è autore di cariatidi copiate da modelli del IV sec. a. C. e che ha lavorato durante il periodo adrianeo.
Tra le opere autonome del primo classicismo neoattico del II sec. a. C. si può menzionare ancora una testa giovanile di Ercole nel Nuovo Museo Capitolino. Nel I sec. a. C. si deve certamente alle botteghe neoattiche di Roma la composizione eclettica del tipo di stile severo dello Spinario, di cui il migliore esemplare tramandato è quello del Palazzo dei Conservatori, che offre una copia abbastanza esatta di una testa di tipo severo unita ad un corpo che ha subito una stilizzazione secondo lo stile severo; e la composizione dell'altrettanto eclettica Venere dell'Esquilino. Notiamo qui un intendimento eclettico che ritraduce in uno stile pseudo-severo le creazioni tardo-classiche e, rispettivamente, ellenistiche.
Dall'ambiente neoattico provengono, inoltre, capolavori dell'arte arcaicizzante del I sec. a. C.: si citano qui soltanto l'arcaicizzante Artemide di Pompei e la arcaicizzante Atena di Ercolano. L'arcaicizzante Atena di Dresda sembra appartenere ad un periodo più tardo.
Queste tre tendenze delle botteghe neoattiche, già constatate nella plastica a tutto tondo, che possono compenetrarsi a vicenda: quella classicistica, quella genuinamente tardo-ellenistica e quella arcaicizzante, sono proprie anche dei rilievi neoattici. L'inizio di questo genere di sculture a rilievo è costituito da tre vasi firmati: l'anfora di marmo (o cratere a volute) di Sosibios ᾿Αϑηναῖος al Louvre, il rhytòn di Pontios ᾿Αϑηναῖος nel Palazzo dei Conservatori a Roma ed il cratere di marmo di Salpion ᾿Αϑηναῖος al Museo Nazionale di Napoli (v. le singole voci). Esiste inoltre un rilievo arcaicizzante firmato da un Kallimachos (v. kallimachos, 3°) al Palazzo dei Conservatori ed un'ara rotonda firmata da Kleomenes ᾿Αϑηναῖος agli Uffizi di Firenze (v. kleomenes). I rilievi neoattici più antichi che si presentano come copie più o meno fedeli di opere classiche, rifacimenti ed innovazioni eclettiche, appartengono stilisticamente ancora al tardo II sec. a. C. A questo proposito si citi il calco di un rilievo di Alessandria, che è una riproduzione della ben nota Nike che si allaccia i sandali della balaustra del tempio di Atena Nike sull'acropoli di Atene. Un'ulteriore testimonianza per l'ormai sviluppata attività artistica neoattica è costituita dalla nave affondata dinanzi alla costa tunisina presso Mahdia (v.), che intraprese il suo ultimo viaggio nel periodo attorno al 100 a. C. Pare che la fine dell'attività neoattica si possa datare al periodo degli Antonini.
Come esempio delle opere neoattiche del primo periodo antonino sarà sufficiente citare qui le copie dei rilievi dello scudo dell'Atena Parthènos di Fidia provenienti dal porto del Pireo (v. atene; pireo, Museo).
La caratteristica dell'indirizzo neoattico è quel volere strappare i modelli al mondo loro proprio e la conseguente svalutazione decorativa del significato originario, anche quando l'opera sia copiata per intero. L'anfora di Sosibios al Louvre dimostra quanto inconsideratamente i neoattici mescolassero forme arcaicizzanti di divinità, danzatori con armi e menadi. Dei modelli classici del V sec. le botteghe neoattiche preferiscono oltre alle note statue cultuali di Fidia, delle quali essi ci tramandano i rilievi dello scudo dell'Atena Parthenos ed i rilievi dei Niobidi del trono di Zeus, soprattutto il grado più tardo dell'evoluzione delle forme classiche a partire dalla fine del V sec. a. C. Così vengono riprodotti e variati soprattutto i rilievi della balaustra del tempio di Atena Nike.
Fra le copie esatte sono da citare: il rilievo delle Canti dello scultore beota Sokrates (v.) che stava all'ingresso dell'Acropoli; le copie ed i rifacimenti del grande rilievo votivo eleusino; inoltre i ben noti rilievi a tre figure (Orfeo-Peliadi-Esperidi ed Eracle-Teseo-Piritoo). Soggetti molto popolari sono le menadi e le danzatrici con kalathiskos di Kallimachos (v.), oggetti di numerose riproduzioni e rifacimenti. Oltre ai rilievi classici a tre figure del V sec., ci sono tramandati anche motivi statuari della classicità (per esempio il Doriforo e l'Eracle di Policleto su una base triangolare a Boston, ecc.). Forse risale ad un dipinto la composizione più volte riprodotta di Elena che si fa convincere da Afrodite all'amore ed alla fuga con Paride, mentre Paride si intrattiene con Eros.
Per i modelli del IV sec. il gusto neoattico va di preferenza ai rilievi arcaicizzanti. Oltre a ciò si manifesta già una preferenza per i rilievi attici classicheggianti della seconda metà del IV sec. a. C. come le Horai e le Aglauridi, Hermes che consegna Dioniso fanciullo alle ninfe di Nysa, la nascita di Dioniso dalla coscia, menadi e satiri.
Certamente un tempo la maggior parte di questi rilievi ornava le basi di grandi statue, come è testimoniato dalla base con danzatori in armi di Xenokles, copia di un rilievo neoattico del Vaticano. Vengono copiati anche semplici rilievi votivi attici del IV sec, come per esempio i rilievi con ninfe e con Asklepios. Oltre a questi modelli figurativi si possono far risalire all'arte attica tardo-classica le forme vascolari e l'ornato dei crateri, delle anfore, del rhytòn e delle basi in marmo dei candelabri neoattici.
Quasi tutti i modelli classici dei rilievi neoattici sono attici puri o, per la maggior parte, si trovavano ad Atene. Ma le botteghe neoattiche, trasferitesi a Roma dopo che Silla, durante la IV guerra mitridatica, ebbe conquistata Atene (86 a. C.), presero dal tardo ellenismo anche modelli pergameni, come la composizione del cratere tipo Borghese che raffigura Dioniso ed Arianna nel thìasos dionisiaco ed anche modelli dell'Italia meridionale. Per questa branca romana delle botteghe neoattiche si citino qui soltanto il fregio con mostri marini, Posidone ed Anfitrite della cosiddetta Ara di Domizio (v. domizio enobarbo); per l'uso di modelli dell'Italia meridionale, per lo più tarentini, il rilievo con Aiace-Cassandra in Roma, Casino Borghese, e quello raffigurante la morte di Priamo a Boston.
Le botteghe neoattiche hanno il grande merito di aver reso accessibile, mediante le copie, la forma della Grecia classica e di averla in tal modo introdotta nell'arte romana, che ne fa largo uso nell'arte decorativa, nei rilievi di stucco (v.), negli ornamenti delle statue con corazze, nei piccoli fregi dell'Ara Pacis Augustae, nei rilievi architettonici romani in terracotta (cosiddetti rilievi Campana) e nei rilievi della ceramica aretina in terra sigillata (v. aretini, vasi). Nell'arte romana ufficiale vennero creati anche nuovi tipi figurativi, come quello dei Lari danzanti, prendendo imprestiti dal tipo delle danzatrici con kalathìskos e dei Cureti danzanti. Se anche l'arte neoattica non ha saputo creare un grande stile proprio, la sua funzione mediatrice rispetto all'arte di età romana è stata tuttavia decisiva per il riconoscimento dell'arte greca come fondamento dello sviluppo artistico europeo.
Monumenti considerati. - Copie attiche di opere del V sec. a. C. a Pergamo: Altertümer von Pergamon: Fr. Winter, Die Skulpturen, vii, 1, Berlino 1908, n. 22-26; G. Krahmer, in Röm. Mitt., xl, 1925, p. 67 ss.; W. Fuchs, op. cit. in bibl., p. 3, nota 18. Medaglioni con busti da Kalydon: E. Dyggve, Fr. Poulsen, K. Romaios, Das Heroon von Kalydon, Copenaghen 1934, p. 361 ss., fig. 91-93; G. Becatti, art. cit. in bibl., p. 59, fig. 35-52. Diadoùmenos di Delo (Atene, Museo Naz., 1826): G. Lippold, Die Plastik, in Handbuch, iii, Monaco 1950, p. 166, tav. 59, 2; G. M. A. Richter, op. cit. in bibl., p. 42, fig. 74. Statua di G. Ofellius Ferus da Delo: C. Michalowski, Les portraits hellénistiques et romains, in Délos, xiii, Parigi 1932, fig. 13; G. Becatti, art. cit., p. 56. Statua di Adriano al Museo Capitolino: H. Stuart Jones, Catalogue, p. 284, n. 13, tav. 68; G. M. A. Richter, op. cit., p. 59, fig. 132. Statua di Sabina ad Ostia: Not. Scavi, 1941, p. 230 ss., tav. 7-9; G. M. A. Richter, op. cit., p. 59, fig. 134. Eracle al Museo Nuovo Capitolino: D. Mustilli, Il Museo Mussolini, Roma 1939, p. 69, tav. 44, n. 177-78; G. Becatti, art. cit., p. 38 s., fig. 16-17. Spinario al Palazzo dei Conservatori: H. Stuart Jones, Cat. Pal. dei Conservatori, Sala dei Trionfi, n. 2, 43 ss., tav. 6o; R. Carpenter, in Mem. Am. Ac., xviii, 1941, p. 35 ss., tav. 15-16; W. Fuchs, Der Dornauszieher, Opus Nobile, Quaderno 8, 1958. Venere dell'Esquilino: H. Stuart Jones, Cat. Pal. dei Conservatori, 211, n. 4, tav. 8o; R. Carpenter, art. cit., p. 30 ss.; tav. 13-14. Artemide arcaicizzante da Pompei: A. Giuliano, in Arch. Class., v, 1953, p. 48 ss., tavv. 19, 1; 21, 1. Atena arcaicizzante da Ercolano: H. Bulle, Archaisierende griech. Rundplastik, in Abhandlung K. Bayer. Ak. d. Wiss, xxx, 2, 1918, p. 6, tav. i, 1. Pallade di Dresda: O. Bulle, art. cit., p. 8, tav. i, 4. Per i rilievi neoattici: W. Fuchs, op. cit.
Bibl.: H. Brunn, Geschichte d. griechischen Künstler, I, Stoccarda 1853, p. 542 ss.; E. Loewy, I.G.B., 338-346; F. Hauser, Die neuattischen Reliefs, Stoccarda 1889; E. Loewy, Neuattische Kunst, Lipsia 1922; G. Lippold, Kopien und Umbildungen griechischer Statuen, Monaco 1923, p. 55 ss.; G. Becatti, Attikà. Saggio sulla scultura attica dell'ellenismo, in Riv. Ist. Arch. St. Arte, VII, 1940, p. i ss.; G. M. A. Richter, Three Critical Periods in Greek Sculpture, Oxford 1951, p. 37 ss.; W. Fuchs, Die Vorbilder der neuattischen Reliefs (in Jahrbuch d. D. Arch. Inst., XX Ergänz.-H.), Berlino 1959.