Neobyčajnye priključenija Mistera Vesta v strane bol′ševikov
(URSS 1924, Le straordinarie avventure di Mr. Vest nel paese dei bolscevichi, bianco e nero, 98m a 20 fps); regia: Lev Kulešov; produzione: Goskino; soggetto: Nikolaj Aseev; sceneggiatura: Lev Kulešov, Vsevolod Pudovkin; fotografia: Aleksandr Levickij; montaggio: Lev Kulešov; scenografia: Vsevolod Pudovkin.
L'americano Mr. Vest, presidente della Youth Male Christian Association, parte per un viaggio in URSS con la testa piena di frottole messe in giro dalla propaganda antibolscevica. Per proteggersi dai comunisti, che in una serie di illustrazioni ha visto rappresentati come esseri sanguinari regrediti allo stato barbarico, l'ingenuo capitalista porta con sé il cowboy Jeddy, che, armato di lazo, colt e stivaloni, gli farà da guardia del corpo. Appena giunti sul suolo sovietico i due sprovveduti cadono vittime del raggiro organizzato da una banda di truffatori, capeggiata dal losco Šban. Mentre Jeddy viene arrestato per aver provocato disordini con la sua slitta a cavallo, Vest è circuito da Šban e da una sedicente contessa. Convinto di avere incontrato le uniche persone oneste in un paese di delinquenti e profittatori d'ogni sorta, Vest finisce, invece, per trovarsi di fronte a un grottesco tribunale di finti bolscevichi allestito da Šban, che approfitta dei suoi pregiudizi per terrorizzarlo e fargli credere che si tratti di un processo politico. Ma intanto, per fortuna, Jeddy ha incontrato Ellie, una giovane americana studentessa a Mosca, che lo ha aiutato a comunicare con la polizia e gli ha aperto gli occhi circa la vera natura dei bolscevichi. Vest sta per essere derubato di tutti suoi averi quando la polizia interviene e arresta i furfanti. Finalmente in salvo, l'uomo celebra la propria liberazione assistendo, da un palco d'onore, a una grande parata sulla Piazza Rossa.
Primo grande film dell'avanguardia sovietica, Neo-byčajnye priključenija Mistera Vesta v strane bol′ševikov è anche l'opera prima del collettivo cinematografico diretto da Lev Kulešov, il prodotto di una sperimentazione didattica senza precedenti che aveva come obiettivo la fondazione ex novo del cinema sovietico. Tutti gli allievi di Kulešov (tra cui la sua compagna Aleksandra Cho-chlova e i futuri registi Vsevold Pudovkin e Boris Barnet) furono coinvolti nell'impresa a più livelli e in varie fasi del processo produttivo. Braccio destro di Kulešov era Pudovkin, che oltre a interpretare uno dei personaggi principali fu anche coautore della sceneggiatura, basata su un soggetto originale dello scrittore futurista Nikolaj Aseev. Sposando esplicitamente la causa dell'uso politico e propagandistico del cinema, Kulešov e i suoi ne diedero però un'interpretazione tutta particolare, in chiave comica e parodistica e in ultima analisi metadiscorsiva. A differenza di Ejzenštejn, che nello stesso periodo stava elaborando la sua teoria della propaganda sul modello meccanicistico dello schema stimolorisposta, il collettivo di Kulešov vedeva nella propaganda comunista uno strumento per rovesciare e demistificare le strategie discorsive del capitalismo. Ecco allora i due poveri americani alle prese con i loro stessi fantasmi, con i pregiudizi e le paure instillati dai media occidentali (compreso il luogo comune dei comunisti che mangiano i bambini: in un'immagine mentale, Jeddy se li figura mentre arrostiscono un corpo umano su un'enorme graticola). La spontaneità ludica con la quale gli stereotipi del nemico vengono decostruiti e stravolti è già quasi un'anticipazione del détournement situazionista, non diversamente dal modo dissacrante in cui vengono ripresi i generi del cinema americano: il western, il poliziesco, il film acrobatico e sensazionale sono accuratamente fatti a pezzi e restituiti in forma di burlesque. Ma qui la decostruzione non implica in alcun modo la liquidazione della dimensione narrativa, non respinge il racconto e anzi lo produce con una fertilità naturale, con una "esaltante felicità di far cinema, di inventare il cinema" (G. Buttafava).
La parabola di Mr. Vest, dall'illusione alla rivelazione, dal pregiudizio alla presa di coscienza è anche la prefigurazione immaginaria, in anni in cui la prospettiva di un comunismo universale non era ancora stata abbandonata, di un cinema capace di parlare anche al pubblico occidentale, al quale i russi erano d'altronde accomunati da una medesima esperienza di spettatori (il film venne prodotto negli anni della NEP, quando il numero di film americani in circolazione in Russia era addirittura superiore a quello del periodo pre-rivoluzionario). L'americanismo già propugnato da Bucharin nella difesa del "Pinkerton rosso" (Y. Tsivian), e sostenuto anche da altri esponenti dell'avanguardia come gli eccentristi Kozincev e Trauberg e il primo Ejzenštejn, diviene così lo strumento gioioso di un disvelamento sviluppato sul terreno stesso dello spettacolo occidentale, secondo un programma che aspira a piegare la potenza comunicativa del cinema americano verso una direzione critica e autoriflessiva. Ciò emerge in particolare nell'impostazione radicalmente sperimentale data da Kulešov al lavoro degli attori, che costituisce uno degli aspetti più originali della ricerca svolta all'interno del Laboratorio. In sintonia con le pratiche introdotte da Mejerchol′d in ambito teatrale, Kulešov cerca di ottenere dai suoi attori una recitazione meccanica, fortemente ritmica, basata su gesti elementari che in fase di addestramento vengono ripetuti fino a divenire automatici, per essere poi 'montati' in sequenze gestuali più complesse. Il risultato è una recitazione antinaturalistica in cui l'attore si mantiene costantemente a distanza rispetto al personaggio, sottraendosi all'immedesimazione e dando invece luogo a un'analisi puntuale delle convenzioni espressive della recitazione tradizionale (come nella magistrale parodia della donna fatale offerta da Aleksandra Chochlova e in generale nelle numerose caricature che costellano il film). In tal modo, le acrobazie di Barnet, le esagerazioni melodrammatiche della Chochlova, le gag che si succedono a ritmo vorticoso divengono altrettanti strumenti preposti al disvelamento dell'artificialità della finzione, altrettante testimonianze di un'avventura collettiva che, come indica Pietro Montani, possiede tutta la sincerità e il fascino ingenuo di un film di famiglia.
Interpreti e personaggi: Porfirij Podobed (Mr. Vest), Boris Barnet (Jeddy, il cowboy), Aleksandra Chochlova (la contessa), Vsevolod Pudovkin (Šban, l'avventuriero), Sergej Komarov (l'uomo con un occhio solo), Leonid Obolenskij (il damerino), Valja Lopatina (Ellie, l'americana), Pëtr Galadžev (uno della banda), Vladimir Fogel (controfigura di Barnet), A. Gorčilin, V. Latyševskij, P. Čarlampev.
G. Buttafava, Il cinema di Lev Kulešov, Porretta Terme 1977.
J. Aumont et al., L'effet Kouleshov, in "Iris", n. 6, 1986.
P. Montani, Il viaggio interminabile e la rappresentazione dell'altro, in "Filmcritica", n. 387, settembre 1988.
S. Mariniello, Lev Kulešov, Firenze 1989.
F. Albera, E. Kokhlova, V. Posener, Koulechov et les siens, Locarno 1990, poi in Fuori campo. Saggi sul cinema e l'estetica, Urbino 1993.
V. Kepley Jr., Mr. Kuleshov in the Land of Modernists, in The Red Screen. Politics, Society, Art in Soviet Cinema, a cura di A. Lawton, London-New York 1992.
P.G. Christiansen, Contextualizing Kuleshov's 'Mr. West', in "Film criticism", n. 1, Fall 1993.
Y. Tsivian, Cinema e cultura cinematografica sovietica, 1918-24, in Storia del cinema mondiale. III* L'Europa. Le cinematografie nazionali, a cura di G. P. Brunetta, Torino 2000.