NEOGENICO, PERIODO, o Neogene (dal gr. νέος "nuovo" e νένος "nascita", "età", come a dire età nuova o generazione nuova)
Termine geologico proposto nel 1853 da M. Hoernes per designare una delle partizioni dell'era cenozoica (v.) nella storia della terra. Dei due grandi periodi nei quali si divide l'era cenozoica (Paleogene e Neogene), questo è il più recente e prelude direttamente all'era neozoica, nel corso della quale farà la sua prima comparsa l'uomo.
Durante il Neogene la distribuzione delle terre e dei mari si avvicina sempre più a quella attuale, e il Mediterraneo in speciale modo si costituisce e assume gradatamente il suo assetto odierno; una grandiosa fase orogenetica, iniziatasi appena nel periodo precedente, determina rapidamente la formazione delle maggiori catene montuose oggi esistenti, e di grandi depressioni o fosse tettoniche, mentre s'inizia un periodo di attività vulcanica, che avrà la sua acme nel Neozoico; le faune e le flore assumono alla loro volta caratteri di grande somiglianza e in parte d'identità con quelle attuali, sebbene la distribuzione geografica degli organismi e i limiti climatici siano spesso sensibilmente diversi.
Il Neogene corrisponde a un dipresso ai periodi miocenico e pliocenico di molti trattatisti: esso si suddivide in diversi piani, che, procedendo dal più antico al più recente, sono: 1. Aquitaniano (Ch. Mayer-Eymar, 1857) da Aquitania, provincia della Gallia; 2. Langhiano (L. Pareto, 1865) dalle Langhe, regione del Piemonte, nome preferibile, per la sua maggiore antichità, a quello di Burdigaliano (Ch. Depéret, 1892) che adoperano frequentemente alcuni autori; 3. Vindoboniano (Depéret, 1892) da Vindobona, l'antica Vienna: questo piano abbraccia tre sottopiani di facies diversa: Elveziano (Mayer-Eymar, 1857) marino litorale, Tortoniano (Mayer-Eymar, 1857; zona delle Coralline) e Sarmatiano (E. Suess, 1860) salmastro; 4. Saheliano (A. Pomel, 1858) dal Sahel, regione dell'Algeria. Il Messiniano di Mayer-Eymar (1857) è forse la stessa cosa, ma non fu ben definito dall'autore. I depositi continentali della medesima età sono generalmente indicati col nome di Pontico, dal Ponto Eusino, nome proposto da F. Le Play nel 1842; 5. Piacenziano (Mayer-Eymar, 1857) da Piacenza; 6. Astiano (P. de Rouville, 1853) da Asti in Piemonte. I depositi di acqua dolce corrispondenti al Piacenziano e all'Astiano prendono il nome di Levantino o Levantiniano (F. v. Hochstetter, 1870).
Aquitaniano e Langhiano formano il Neogene inferiore, Vindoboniano e Saheliano il Neogene medio, Piacenziano e Astiano il Neogene superiore. Il Neogene inferiore e il Neogene medio corrispondono complessivamente al Miocene di Ch. Lyell (1833), il Neogene superiore a gran parte del Pliocene dello stesso autore. In rapporto con la storia del Mediterraneo, che si svolge quasi per intero nel periodo neogenico, questo potrebbe assumere il nome, datogli dal Suess, di "periodo mediterraneo": il 1° piano mediterraneo del Suess corrisponde infatti al Neogene inferiore, il 2° piano mediterraneo al Neogene Medio, il 3° al Neogene superiore; ma il 4° piano mediterraneo del Suess cade fuori dei limiti del Neogene e si deve includere, secondo la classificazione da noi adottata, nel Neozoico o Quaternario.
Natura dei depositi e distribuzione delle facies. Depositi marini. - In molte parti della terra, ma specialmente nell'Europa meridionale, l'inizio del Neogene è caratterizzato da una trasgressione, ossia da una progressiva invasione del mare in plaghe che prima erano emerse, per modo che gli strati neogenici inferiori (Aquitaniano) riposano spesso, in discordanza, su terreni di età diversa e più o meno antica, e i depositi che li costituiscono sono in prevalenza depositi terrigeni (arenarie, marne, tufi) talora alternanti con depositi continentali (conglomerati, argille lacustri, ecc.) o con depositi organici d'origine litorale. Tra i fossili più comuni sono da ricordare Ostrea aginensis, Mytilus aquitanicus, Potamides plicatus, Melongena Lainei, Scutella Bonali, Lepidocyclina gigantesche, ecc. Tale è il carattere di questi depositi nell'Aquitania, donde è stato tratto il tipo dell'Aquitaniano, e tale si mantiene generalmente nelle regioni circostanti alle catene alpina e carpatica (che erano allora in via d'emersione), come nel Bacino di Vienna (marne di Molt), in Transilvania, nelle Alpi Venete (arenarie a glauconia, strati di Schio stricto sensu), nel Bacino del Po. Una facies più francamente marina e di tipo tropicale e subtropicale (calcari coralligeni, calcari a Lepidocyclina e Clipeastri, marne e calcari a Globigerina, diatomiti) prevale nell'Aquitaniano nelle regioni più meridionali e più lontane dai monti: a Carry sul Golfo di Marsiglia, nell'Andalusia, a Malta, nella Cirenaica settentrionale (strati di Cirene), nell'Armenia e in Persia. Anche ai margini dell'Oceano Indiano si riscontra la stessa facies calcarea di mari tropicali, tanto in Africa nella Somalia settentrionale (Strati di Hafun), nel Territorio del Tanganica, a Madagascar, quanto nell'Asia (Belūcistān, Sind) e nella Malesia (Borneo, Sumatra, Giava), donde essa si prolunga alle Filippine, Nuova Guinea, Nuove Ebridi, Formosa, Riu Kiu. I parallelismi tra la serie neogenica europea e quelle dell'America occidentale (Oregon, California, Perù, Chile, Patagonia) non si possono stabilire se non nelle grandi linee, gli elementi in comune mancando intieramente o quasi. La facies è generalmente terrigena, come quella dell'Europa meridionale, ma con caratteri di mari temperati o freddi e mancanza di coralli costruttori e di grandi foraminiferi. I depositi neogenici dell'Argentina hanno strettissimi rapporti con quelli della Patagonia e dell'Antartide. Nel Coastal Plain, dal New Jersey alla Carolina, gli strati corrispondenti all'Aquitaniano hanno pure carattere di depositi terrigeni, di mari temperati; ma nella Florida, ai margini del Golfo del Messico e alle Antille (Martinica, Antigua, Trinidad) torna la facies francamente marina e tropicale con Lepidocyclina, caratteristica della Tethys.
Nel Langhiano (o Burdigaliano) la trasgressione marina si continua dappertutto, e il mare raggiunge, generalmente verso la fine, il massimo della sua estensione e della sua profondità, per modo che in molti luoghi dove l'Aquitaniano è ancora rappresentato da depositi continentali, come in Svizzera e in certe parti della Germania (molassa inferiore d'acqua dolce) o manca interamente come nel Rossiglione e Linguadoca, nella Drôme, nell'Isère, nelle Alpi Marittime, nella Catalogna, ad Alicante, alle Baleari, nel Maiocco, nell'Algeria, ecc., la serie Neogenica marina s'inizia con il Langhiano; il quale d'altra parte in molti casi (come, ad esempio, nell'Appennino, in Calabria, in Sicilia, in Sardegna, ecc.) non sempre è facile a separarsi dall'Aquitaniano. In rapporto alla maggiore estensione e profondità del mare langhiano, le facies prevalenti sono di solito più calcaree (calcaire moëllon della Francia meridionale; calcare di Rosignano e di Acqui in Piemonte; pietra leccese della Puglia, calcari della Sardegna, ecc.); però nelle regioni circostanti alle catene montuose in via di emersione prevalgono ancora le facies terrigene come le sabbie, "molasse", e arenarie del bacino di Vienna e le "molasse" marine (arenarie marnose) della Svizzera, della Germania meridionale, delle Alpi marittime, dell'Appennino settentrionale (molassa serpentinosa) il cui nome fu adoperato talvolta come sinonimo di Miocene; o litorali, come i faluns (detriti di conchiglie tenuti insieme da sabbia un po' marnosa) dell'Aquitania. Là dove il Langhiano è trasgressivo su terreni più antichi formati di rocce dure, esso può anche essere costituito da conglomerati come il cosiddetto Cartenniano dell'Algeria (Pomel). Comunque, il livello più alto del Langhiano, al quale corrisponde in generale la massima profondità del mare, è rappresentato spesso in queste regioni da depositi di finissima argilla a Pteropodi, denti di squalo e una fauna che accenna a mare aperto (Aturia Aturi) e batiale se non abissale (Solenomya, Amussium denudatum, Brissopsis ottnangensis, coralli singoli, ecc.). È il cosiddetto schlier del Bacino di Vienna e dell'Ungheria, che si riscontra con caratteri analoghi e con fauna anche più ricca di elementi significativi (Linopneustes, Heterobrissus, Cleistechinuis, Toxopatagus, Ostrea cochlear, ecc.) nell'Appennino settentrionale e centrale, in Sardegna, in Sicilia, a Malta, in molte parti dell'Algeria, ecc. Nelle regioni di clima più caldo e di mare più aperto, nelle quali anche nell'Aquitaniano prevale una facies calcarea, come in Egitto, in Somalia, nell'India, in Malesia, ecc., la distinzione fra Aquitaniano e Langhiano non è sempre agevole a farsi: nella Nuova Zelanda, è più prudente parlare in genere di Neogene inferiore. Già si è detto del carattere particolare assunto dal Neogene nel continente americano, dove è assai difficile istituire parallelismi con le formazioni europee, ma nelle Antille e nell'America Centrale il Neogene inferiore, ora con facies calcarea, come a Cuba, ad Antigua, ecc., ora con facies arenaceo-conchigliacea litorale, come nell'istmo di Panamá, ora con facies di mare più profondo, come all'estremità est di Cuba e alle Barbados (calcari a Globigerina, marne a radiolarie eon Cystechinus e Archaeopneustes, argille rosse, ecc., della "serie Oceanica" delle Barbados), presenta elementi sufficienti per un confronto. Nel Portogallo i due livelli del Neogene inferiore non sono stati ben distinti; nell'Angola è riconosciuta la presenza del Langhiano.
Il Neogene medio, o secondo Piano Mediterraneo, è caratterizzato in certe regioni da un'ulteriore avanzata del mare, che si verifica nel Vindoboniano inferiore (Elveziano). Così nella Turenna e nell'Angiò la serie neogenica s'inizia con formazione di faluns così caratteristiche da esser prese da A. d'Orbigny e poi da A. Dollfus come tipo del loro Faluniano con facies arenaceo-calcarea; nel Belgio pure essa s'inizia con depositi arenacei a Melongena cornuta e Cerithium lignitarum, localmente noti come Bolderiano, ma equivalenti al Vindoboniano, e continua con la stessa facies nell'Anversiano, e questo ricompare sulle coste tedesche e danesi del Mare del Nord. Anche nella valle del Rodano il Vindoboniano si estende molto di più a nord del Langhiano, in Stiria e in Carinzia, il mare non giunge che al principio del Neogene medio (Vindoboniano), e così pure nel versante tirreno dell'Appennino e in molte parti del Bacino Mediterraneo orientale: Russia meridionale, Polonia, Bulgaria, Balcania. Creta, regione aralo-caspica, ecc. In Svizzera il Vindoboniano è ancora rappresentato nella sua parte inferiore (Elveziano) da molasse marine, ma a queste sovrasta la "molassa d'acqua dolce superiore" che segna l'esondazione definitiva della regione. A Oningen nel Randen questa contiene piante e ossa di mammiferi. Nel Bacino di Vienna, donde è tratto il tipo del Vindoboniano, questo consta di un orizzonte sabbioso con Onchophora Partschi, equivalente dell'Elveziano, di un orizzonte di calcari grossolani a nullipore, zoantarî, echinidi, ecc. (calcari della Leitha), a cui corrispondono lateralmente come altrettante facies diverse, l'argilla plastica (tegel) di Baden, le marne di Gainfahrn, le sabbie di Enzersfeld e di Potzleindorf, i conglomerati della Leitha, ecc., e che è l'equivalente del Tortoniano; gli strati a Cerizî, sabbiosi o marnosi, privi di elementi stenoalini, e contenenti al tempo stesso elementi faunistici d'acqua salmastra e d'acqua dolce (Sarmatiano del Suess); e finalmente gli "strati a Congeria" lateralmente sostituiti da conglomerati e strati d'acqua dolce con Paludina, che rappresentano la facies Pontica del Miocene superiore, tanto sviluppata nella Russia meridionale ed estesa fino in Italia. Nelle Alpi Venete il Neogene medio ha facies arenacea alla base (Elveziano), conglomeratico-marnosa nel mezzo (Tortoniano marino e Sarmatiano a Cerizî), conglomeratico-continentale al sommo (marne a Unio flabellatus e Dinotherium). Anche nella valle del Po il Vindoboniano presenta una successione di facies, paragonabile in parte a quella del Bacino di Vienna: l'Elveziano, con arenarie e conglomerati serpentinosi e marne sviluppati specialmente a Serravalle (Serravalliano di Pareto); il Tortoniano, che ha qui il suo tipo, con marne argillose o arenacee contenenti foraminiferi, coralli isolati, brachiopodi, abbondantissimi molluschi, tra cui abbondano gli pteropodi e altri tipi di mare aperto e profondo; il Sarmatiano, con diatomiti ricche di pesci, marne a foglie di dicotiledoni associate a banchi lignitici, marne "a Congeria" e banchi di gesso denotanti variazioni di salsedine e passaggio a un regime lagunare, che alla sua volta fa transizione nel Pontico a conglomerati di origine terrestre. Questa serie più o meno completa, più o meno distinta, si riscontra in tutto l'Appennino settentrionale e fino in Romagna, dove il gesso è accompagnato da zolfo, e nelle Marche, mentre sul versante tirreno il Vindoboniano è trasgressivo a partire dal Tortoniano e la formazione zolfo-gesso-salifera, che a questo si sovrappoae, s'inizia subito a sud della valle dell'Arno nei monti livornesi e della Castellina (ove il gesso alabastrino è scavato per usi ornamentali e si accompagna talora al sale), si ritrova nel Senese ove è associato a poco zolfo, passa in Maremma dove è lignitifero e si estende fino a Civitavecchia. Ricompare poi nell'Avellinese, in Calabria, in Sicilia, dove è salifero e zolfifero e dove i conglomerati pontici con lignite contengono una ricca fauna di vertebrati pontici. Questa facies zolfo-gesso-salifera della parte superiore del Neogene medio si riscontra anche in Andalusia e nell'Algeria orientale; più ad ovest però, nella zona litoranea di Algeri (Sahel) ed oltre, fin nel Marocco, il Miocene superiore è rappresentato da depositi marini (marne fossilifere con diatomiti e gesso, calcari a nullipore, ecc.), che equivalgono cronologicamente??al Pontico, e fornirono al Pomel il tipo del suo Saheliano.
La tendenza del Vindoboniano superiore ad assumere una facies continentale diviene più marcata procedendo verso il Mediterraneo orientale. In Crimea, in Polonia, in Podolia, in Russia meridionale e più oltre nella regione aralo-caspica e fino in Transcaucasia e in Armenia, la trasgressione neogenica s'inizia generalmente nel Vindoboniano, spesso nel Tortoniano, e a questo stesso livello appartengono i famosi giacimenti saliferi dei Carpazî settentrionali. Il Sarmatiano racchiude faune eurialine o strettamente litorali (Ervilia, Mactra) talora miste a forme d'acqua dolce, ed è sormontato da marne, sabbie arenarie con ricca fauna di Congeria, con affinità spiccate con le faune del Mar Nero, le quali dimostrano nei tre successivi sottopiani Meotico, Pontico e Dacico o Cimmerio, un progressivo passaggio dalle acque salse a quelle salmastre nrl Mediterraneo orientale. Il complesso di questi tre sottopiani ha assunto il nome di Piano Pontico, equivalente continentale del Saheliano.
Il tipo del Saheliano fu tratto dalla regione litorale dell'Algeria occidentale (Sahel), dove sul Vindoboniano, rappresentato dalle sue facies elveziana e tortoniana, riposano marne azzurre con sottili banchi sabbiosi intercalati, con ricca fauna con affinità al tempo stesso mioceniche e plioceniche: talora verso la base s'intercalano banchi di gesso o depositi d'acqua dolce, in alto letti di tripoli con pesci e banchi di calcari con nullipore. La facies saheliana si estende da un lato nel Marocco settentrionale fino a Tetuán, dall'altra a Creta e forse in Egitto, dove il Neogene medio a facies calcarea si distingue con difficoltà dal Neogene inferiore. Questa stessa difficoltà, inerente all'omogeneità di facies e all'uniformità del clima tropicale, si riscontra nei depositi neogenici delle coste orientali d'Africa, nell'India, nella Birmania, nella Malesia, nell'Australia, nella Nuova Zelanda; e mentre la presenza delle Lepidocicline permette di distinguere i depositi aquitaniani, il Vindoboniano non presenta per ora che caratteri negativi rispetto al Neogene inferiore. Già si è detto della difficoltà di parallelizzare col Neogene europeo i depositi marini del continente americano, che pure debbono rappresentare l'intera serie, spesso senza interruzioni. Alle Antille ricompaiono alcune specie comuni, ma è soprattutto alle Azzorre, a Madera, alle Canarie che si riscontrano faune medio-neogeniche di tipo europeo, assai affini a quelle vindoboniane del Portogallo.
In conclusione, mentre nell'Europa di NO. il Neogene medio, trasgressivo e interamente marino, racchiude una fauna ad affinità boreali, nel Mediterraneo primitivo, dall'Aquitania all'Armenia e al L. di Aral, si assiste a un progressivo disseccamento del bacino, per cui questo passa a un regime continentale: fluvio-lacustre nei pressi delle catene montuose in via di emersione, lagunare di clima arido dell'Appennino, lagunare salmastro o lacustre nell'Europa orientale e nell'Asia occidentale. Il mare libero alla fine di questo periodo (Saheliano) persiste solo in una ristretta zona meridionale del Bacino Mediterraneo e il paese conserva sempre le sue caratteristiche di clima temperato-caldo, con molte forme ad affinità subtropicali (specialmente indo-pacifiche) nella fauna e nella flora, ma con la scomparsa quasi totale dei coralli costruttori. Col Neogene superiore, si assisterà nel Mediterraneo a una nuova invasione del mare, ma con caratteristiche di mare temperato assai meno caldo e affinità faunistiche atlantiche. Le forme ad affinità indo-pacifiche, persistenti nel Pliocene e magari attualmente, non sono che relitti.
Il Neogene superiore, o Pliocene o terzo Piano Mediterraneo, è discordante o largamente trasgressivo in gran parte del Mediterraneo e vi si presenta con facies molto uniforme in tutta la parte occidentale del bacino. Nella valle del Po, donde è tratto il tipo dei suoi due piani, il più antico di questi (Piacenziano) s'inizia con una potente massa di argille, marne o marne arenacee di colore azzurrognolo o grigio o biancastro, contenenti fossili di mare alquanto profondo (zona dei brachiopodi e coralh semplici, e zona delle coralline), come Ostrea cochlear, Amussium cristatum, Nucula sulcata, Isocardia cor, Venus multilamella, Dentalium sexangulatum, Turritella tricarinata, Chenopus pes pelecani, Pleurotoma rotata e poi foraminiferi, coralli singoli, rari echinidi, pteropodi, ecc. Sulle "argille azzurre" riposano in concordanza le "sabbie gialle" dell'Astiano, con fauna più litorale (zona delle laminarie e zona litorale stricto sensu): Pecten jacobaeus, Spondylus crassicosta, Ostrea edulis, Perna maxillata, Arca diluvii, Chama gryphoides, Tapes vetula, Cerithium vulgatum, Nassa prismatica, Ranella marginata, Murex torularius, ecc. Questa facies litorale prelude nel Piemonte a un'emersione, che ha luogo con l'inizio del Neozoico (Villafranchiano); nel Piacentino e più ad est il mare permane (Calabriano). Questi due termini - Piacenziano e Astiano - si ritrovano, con lievissime variazioni, a rappresentare il Pliocene in tutto l'Appennino, dal Piemonte fino alla Puglia e alla Basilicata, sul versante tirreno dalla Liguria e poi dalla Toscana, dove gli strati più alti dall'Astiano sono spesso cementati a calcare ricco di Amphistegina (pietra lenticolare), fino nel Lazio ove i depositi assumono talora il carattere di un calcare bianco tenero (macco) talora quello di depositi batiali (marne vaticane) e poi in Calabria e in Sicilia (marne bianche a foraminiferi del Piacenziano). Il Pliocene manca generalmente nelle isole dell'Arcipelago Toscano e in Sardegna, ma si ritrova con gli stessi caratteri al piede delle Alpi in Piemonte, nel Bresciano e nel Veneto, e poi in Liguria, nelle Alpi Marittime e nella Valle del Rodano dove raggiunge quasi Lione. Nelle Baleari il Pliocene ha facies lacustre, ma in Spagna il Pliocene marino, con le sue due facies di argille e sabbie sovrapposte, appare in Catalogna, e sui due lati della catena Betica fino alla foce del Guadalquivir, e di qui ricompare fino alla foce del Tago. Sempre con gli stessi caratteri ritroviamo il Neogene superiore nell'Africa settentrionale dal Marocco per l'Algeria fino alla Tunisia litoranea; pare manchi interamente in Libia. A oriente dell'Italia il Pliocene marino si riscontra con argille grige e arenarie a Pecten jacobaeus in Albania, a Creta, a Cipro, e finalmente in Siria e nel Basso Egitto. In Grecia, a Megara e a Corinto, le argille marine si alternano con depositi fluvio-lacustri, i cui fossili sono in parte identici a quelli del cosiddetto Piano Levantino.
Rappresenta questo una facies lacustre del Neogene superiore, diffusa nella parte settentrionale del Bacino Mediterraneo, e caratterizzata specialmente dai generi Paludina, Neritina, Melania, Melanopsis, Bithynia, Hydrobia, Emmericia, Planorbis, Unio, ecc. La facies levantina si affaccia, come si è visto, nella Grecia continentale e si ritrova nel Bacino di Vienna, dove sul Pontico a Congeria riposano calcari lacustri con intercalazioni di torba e di marne a Paludine, ma il suo maggiore sviluppo è raggiunto in Slavonia (donde è tratto il tipo degli "strati a Paludina") in Romania, nella Russia meridionale, nella Penisola Balcanica (Bosnia, Erzegovina, Dalmazia), in Eubea a Metelino, a Cos, a Rodi, in Asia Minore. Dalla Russia il Levantino si spinge nel Bacino aralo-caspico, e nella Transcaucasia fino a Baku, dove ha avuto il nome di Piano Hircaniano.
Un bacino marittimo diverso e condizioni ben diverse di sedimentazione si hanno nell'Europa nord-occidentale. Nel Belgio e in Olanda il Neogene superiore, rappresentato da sabbie grige o glauconiose, marne, ecc., con fauna ad affinità boreali (Lucina borealis, Cyprina islandica, Astarte species, Cardium groenlandicum, Mya truncata, Fusus, contrarius, numerosi cetacei, ecc.) riposanti in discordanza o in concordanza apparente sull'Anversiano, costituiscono varî sottopiani (Lenhamiano, Casterliano, Scaldisiano, Poederliano, Amsteliano), indicanti un progressivo ritiro del mare verso il nord.
In Inghilterra gli stessi depositi con facies di faluns (crag) rappresentano soli il Neogene, mancando il Neogene inferiore e medio; s'iniziano col livello Lenhamiano (corrispondente al Diestien belga) caratterizzato da alcuni elementi faunistici ad affinità mediterranee; a questo si sovrappone il crag corallino, che malgrado il suo nome non contiene né coralli né coralline, ma briozoi, brachiopodi (Lingula) e molluschi (Astarte), ed è ricoperto dal crag rosso, che i geologi inglesi dividono in tre livelli, corrispondenti a quelli del Belgio, e mostranti nelle loro faune i segni di un progressivo raffreddamento del mare e di un ritiro del mare verso nord.
L'attribuzione al Neogene superiore di depositi marini nell'Arcipelago della Sonda e al margine dell'Oceano Pacifico e dell'Oceano Indiano appare quanto mai delicata e difficile; è possibile che la formazione di Karikal nell'India, di Trinil a Giava e altre, spesso attribuite al Pliocene, non si differenzino in sostanza da quelle delle "spiagge emerse" del Mar Rosso e dell'Oceano Indiano, che appartengono al Pleistocene.
Al Neogene superiore sembra invece possa sicuramente riferirsi la parte più alta (Fernando Group) della serie neogenica della California, il piano di Payta nel Perù, gli strati di Coquimbo nel Chile, gli strati del Capo Fairweather in Patagonia orientale. Il Neogene superiore poi rappresentato nell'America Centrale nella zona dell'istmo di Panamá e nello Yucatán; nelle Antille a Matanzas (Cuba), alla Giamaica, a S. Domingo, a Curaçao; forse anche in alto della serie neogenica degli "estuarî", nella Carolina settentrionale.
Depositi continentali. - Se i depositi marini del Neogene sono i più diffusi e i più importanti per quanto riguarda la nomenclatura dei varî piani e sottopiani, che generalmente è basata su essi, i depositi continentali forniscono dati preziosi sulle condizioni d'ambiente e sulle faune e le flore popolanti i varî continenti. Depositi specialmente piroclastici con ricche faune di mammiferi esistono nell'America . Settentrionale, tanto nell'Oregon (Aquitaniano di John Day, con Leptauchenia, Diceratherium, Promerychoerus, Anchiterium, ecc., e Miocene superiore di Mascall, sormontato dal Pliocene di Rattlesnake con Pliohippus, Procamelus, ecc.) quanto nelle Montagne Rocciose (Montana, Nuovo Messico) e nei Grandi Piani (Nebraska, Dakota, Wyoming, Colorado, Kansas), dove tutti e tre i livelli del Neogene sono rappresentati da depositi continentali ricchi di mammiferi. In Florida il Neogene medio marino è ricoperto in qualche punta da formazioni lacustri a Teleoceras, Neohipparion, Mastodon. A nord del continente americano nella Terra di Grinnell una flora di clima temperato fu raccolta a 82° lat. N. La stessa flora con Sequoia, Taxodiuw, Ulmus, Platanus, Populus, Alnus, Juglans, Vitis, Magnolia, ecc., si riscontra nelle formazioni lignitifere dell'isola Disco e della Groenlandia, e poi alle Svalbard, al N. dell'Europa.
In Europa, la Francia contiene importanti depositi continental; del Neogene inferiore a sud del Bacino di Parigi (molasse e calcari dell'Orleanese a conchiglie terrestri, calcari d'acqua dolce dell'Allier con Amphicyon, Aceratherium, Calicotherium, Plesiomeryx e altri tipi aquitaniani; calcari di Montabuzard e sabbie dell'Orleanese con Dicerotherium, Teleoceras aurelianense, Brachyodus onoideus e scimmie antropoidi, del Langhiano). Al Neogene medio appartengono in Francia le molasse di Sansan con Anchitherium, Hyomoschus, Cervus, Mastodon angustidens, uccelli, rettili, batraci, conchiglie terrestri (Elveziano); le molasse di Simorre e dell'Ariège (Tortoniano e Sarmatiano) con Dicrocerus e Dryopithecus; i depositi pontici con Hipparion e Dinotherium del Plateau Central. Finalmente nella stessa regione il Neogene superiore è rappresentato da diatomiti e tufi vulcanici con resti vegetali; ma nel Bacino del Rodano e nella Francia meridionale, oltre a depositi corrispondenti a quelli del Neogene inferiore e medio suddetti, si hanno depositi lacustri con Paludina ricordanti quelli della Slavonia e depositi in parte lacustri in parte marini con Hyaenarctos, Hipparion, Tapirus, Cervus, Mastodon arvernensis, Semnopithecus, ecc., riferibili all'Astiano (sabbie di Montpellier). Nella Germania, in Boemia e in Svizzera esistono depositi continentali e mammiferi con specie simili o identiche, talora anche con piante, rappresentanti i diversi livelli del Neogene inferiore e medio; nel Bacino di Vienna la facies continentale compare solo alla fine del Miocene e così pure in Romania e in Russia meridionale, dove specialmente noto è il livello pontico.
Nell'Europa meridionale l'Italia non è molto ricca di depositi continentali neogenici: questi sono localizzati specialmente nella parte alta del Neogene medio. Al Sarmatiano e al Pontico sono infatti attribuiti i depositi lignitiferi della Maremma toscana: questi a Montebamboli hanno fornito Hyaenarctos, Antilope Haupti, Oreopithecus Bambolii, del Sarmatiano; al Casino presso Siena Hipparion gracile, Hippopotamus, Palaeoryx, Cervus, Semnopithecus, ecc., del Pontico. A quest'ultimo livello appartengono i depositi lignitiferi del Messinese con Machairodus, Mastodon Borsoni, Gazella, ecc. La maggior parte dei depositi considerati spesso come pliocenici sono del Pleistocene antico secondo la classifcazione qui adottata.
Nella Penisola Iberica le formazioni neogeniche continentali sono parimente soprattutto medio-neogeniche: nella meseta madrilena, al piede meridionale dei Pirenei e in Portogallo si hanno depositi lacustri con Sus palaeocheirus, Tapirus priscus, Anchiterium aurelianense e Mastodon angustidens del Sarmatiano; a Oxa, a Concud, a Perales le marne gessose alternantisi a calcari contengono una fauna pontica con Mastodon longirostris, Hipparion gracile, Tragoceros amaltheus e conchiglie d'acqua dolce o terrestri.
A quest'ultimo livello, pontico, appartiene in Grecia il celebre giacimento di Pikérmi presso Atene, contenente una fauna di mammiferi in parte identica a quelle ora ricordate come pontiche della valle del Rodano, della Spagna e dell'Italia (Hipparion gracile, Tragoceros amaltheus, Dinotherium, ecc.) cui si associano elementi asiatici o africani (Pliohyrax, Camelopardalis, Helladotherium) che non sembrano essersi spinti fino nell'Europa occidentale. La "fauna di Pikérmi" si ritrova nell'isola di Eubea, a Samo (ove si aggiungono altri elementi orientali - come Samotherium e Struthio) e nella regione dei Dardanelli.
Circa l'origine di questi elementi faunistici extraeuropei si può trarre qualche luce da un lato dalle faune neogeniche dell'Asia, dall'altro da quelle dell'Africa. In Persia, un ricco giacimento pontico a mammiferi, scoperto a Marāghah, offre molte caratteristiche in comune con le faune di Pikérmi; in Cina, appartengono alla stessa età i depositi steppici di argille rosse dello Schen-si e dello Sze-ch'wan e quelli di foresta delle sabbie rosse del Hu-pe e del Hu-nan, dove, in mezzo a numerosi elementi proprî si riscontrano alcuni tipi di Marāghah e di Pikérmi: Meles, Pseudobos, Machairodus, Hipparion, Camelopardalis, Tragoceros, Mastodon, ecc. Nell'India, a parte alcuni giacimenti dell'India occidentale riferibili al Neogene inferiore e al Vindoboniano, sono degni di nota i depositi ciottolosi del Siwalik, formatisi al piede della catena himalayana durante e subito dopo il suo sollevamento, e nei quali sono individuati specialmente due livelli: uno inferiore, vindoboniano, con Aceratherium, Brahmatherium, Dinotherium, Mastodon, Troglodytes; l'altro, superiore, pliocenico, con Ursus. Camelus, Equus sivalensis, Bison, Leptobos, Hemibos, Bos, Stegodon.
Faune in parte simili furono raccolte in depositi corrispondenti per età a quelli del Siwalik, tanto in Birmania quanto in Mongolia. Nell'Africa settentrionale sono da ricordare depositi continentali o subcontinentali (di estuario) del Neogene inferiore in Egitto a Moghāra, e in Cirenaica a Sahabi; al Neogene medio si riferiscono specialmente certi depositi a Helix e Mastodon angustidens dell'Algeria, vindoboniani, e una serie fluvio-lacustre pontica, sviluppata specialmente nei dintorni di Costantina, pure in Algeria, e contenente, insieme a copiosi molluschi, Hipparion gracile, Sus, Hippopotamus. Finalmente al Neogene superiore si attribuiscono oggi i calcari a ostracodi dello Wādī Naṭrūn in Egitto, contenenti Hipparion, Hippopotamus, Libytherium, Mastodon, Machairodus. In una tomba di Antheopolis in Alto Egitto, furono raccolte ossa fossili del Pontico.
Nel Bacino del Lago Rodolfo nell'Africa orientale è stato riconosciuto recentemente un deposito di tufi e conglomerati intercalati ai basalti della "serie di Laikipia" e contenente resti di Mastodon angustidens, Aceratherium, Pliohyrax, Listriodon, Dorcatherium, Brachyodus; viene attribuito al Neogene inferiore, al pari di quelli di Karungu sul Lago Victoria e di Namib nell'Africa sud-occidentale, che hanno faune analoghe, e simili tutte a quella già citata di Moghāra.
Nella stessa regione del Lago Rodolfo è noto un secondo livello lacustre (diatomiti, tufi, ecc.) con resti di una fauna in cui si associano elementi arcaici (Dinotherium, Samotherium) ed elementi più recenti (Elephas, Hippopotamus, Tragelaphus, ecc.) rettili ad affinità asiatiche (Tomistoma) e pesci nilotici. Sono attribuiti al Neogene superiore e denotano la persistenza nell'Africa tropicale di elementi che in Europa si erano già estinti.
Delle formazioni neogeniche continentali dell'America Meridionale, quelle pertinenti al Neogene inferiore (Santacruziano) sono diffuse in tutta l'Argentina fino alla Patagonia meridionale, e presentano caratteri faunistici molto speciali, denotanti isolamento della regione; invece le formazioni pertinenti al Neogene superiore (Entreriano e Araucaniano) contengono faune ricche di carnivori che mancano al Santacruziano e sono considerati immigrati dall'America Settentrionale.
Facies del Neogene e loro distribuzione. - Come appare dalla precedente trattazione analitica, nel Neogene si riscontrano depositi corrispondenti alle più diverse condizioni ambientali e assumenti così le più diverse facies. Le formazioni continentali sono assai diffuse specialmente al principio (molasse d'acqua dolce, inferiori della Svizzera) e alla fine del ciclo di sedimentazione miocenico, in corrispondenza di un periodo altamente geocratico (Pontico), e sono rappresentate da depositi fluviali o fluvio lacustri (conglomerati, travertini, sabbie fluviali a Unio; molasse superiori d'acqua dolce. argille lacustri spesso lignitifere con resti di piante e di vertebrati, argille lacustri a facies pontica propriamente detta, con Melania, Melanopis, Neritina, Dreissensia, Limnocardium, ecc.). Nel Neogene superiore la facies lacustre (strati a Paludina) occupa gran parte del Mediterraneo orientale. Le formazioni lagunari, ora d'acqua salmastra ora d'acqua a salsedine molto elevata, abbondano specialmente nel Vindoboniano superiore mediterraneo (Sarmatiano) quando gran parte del Mediterraneo si ridusse in condizione di laguna: vi prevalgono, con le argille a Congeria e Cardium, depositi di gesso (talora associati a zolfo) e di salgemma, con banchi di lignite e diatomiti ricche d'impronte di pesci, insetti, foglie di dicotiledoni, ecc. Finalmente le formazioni marine sono naturalmente le più varie e le più diffuse. Le formazioni neritiche assumono di preferenza la facies terrigena in vicinanza delle catene montuose in via di formazione e dei continenti in via d'emersione tra di esse sono assai caratteristiche le molasse, arenarie tenere generalmente più o meno ricche di argilla, talora glauconiose o serpentinose o quarzose, e passanti allora a vere arenarie, in banchi di spessore variabile, non di rado alternanti con strati marnosi. Abbondano specialmente in Svizzera, nelle Alpi Marittime, nel Bacino Padano e Veneto, nell'Appennino, ecc., e ne fu tratto dai vecchi geologi il nome di "terreno della molassa" per indicare il Miocene. Caratteristiche formazioni litorali o sublitorali sono anche i cosiddetti faluns o crags, ammassi di conchiglie intere o spezzate di gasteropodi e lamellibranchi litorali, briozoi, ecc., misti a sabbia, che rappresentano varî livelli del Miocene sulle coste atlantiche francesi e varî livelli del Pliocene nelle Isole Britanniche e nel Belgio, ma si ritrovano anche altrove. Il nome di Falunien, ora caduto in disuso, ne deriva. Le "sabbie gialle" dell'Astiano, d'Italia e di Francia, possono assumere localmente questo stesso carattere conchigliaceo. Sulle coste rocciose, e dovunque l'apporto di materiali terrigeni era meno abbondante, l'elemento organogeno diviene prevalente specialmente un po' al largo (zona delle Coralline) e si ha formazione di calcari, che assumono i loro caratteri dagli organismi che più vi contribuiscono: calcari a nullipore, specialmente frequenti nel Miocene inferiore e medio della Cirenaica, delle Alpi orientali, della Sardegna, della Toscana e assumenti talora il carattere di calcari compatti o di calcari grossolani (calcari della Leitha, ecc.) e sono ricchi spesso di echinidi: Clypeaster, Scutella, Amphiope, Parasalenia; calcari a Lepidocyclina e a Miogypsina (Miocene inferiore della Tethys), calcari ad Amphistegina (specialmente nel Pliocene superiore italiano); calcari a Globigerina (Malta, ecc.); calcari a Briozoi (specialmente nel Vindoboniano d'Italia, nel Pliocene d'Inghilterra e nel Neogene medio d'Australia); calcari coralligeni (Miocene della Somalia, di Giava, ecc.). Alla zona delle coralline o a quella dei brachiopodi e coralli semplici sono da riferire per la maggior parte le marne piacenziane. Formazioni batiali non sono rare nel Neogene a varî livelli: nel Langhiano le marne a Pteropodi, con Aturia Aturi, Amussium denudatum, Solenomya Doderleini, Nucula, Dentalium, Chenopus, Toxopatagus italicus, Heterobrissus, ecc., formano il cosiddetto Schlier del Bacino di Vienna e si ritrovano specialmente nell'Appennino, in Sardegna, a Malta, in Algeria, ecc. Nel Neogene medio assume un tale carattere batiale il Tortoniano tipico (marne a Pleurotome con coralli semplici, echinidi dei generi Brissopsis e Schizaster, ecc.). Nel Neogene superiore appartengono alla facies batiale le marne a foraminiferi, e le marne a Pteropodi del Piacenziano inferiore, con Amussium comitatum, Ostrea cochlear, Arca, Nucula, Dentalium, Pleurotoma, Nassa, Chenopus, ecc. Una facies anche più profonda è in molti casi quella delle radiolariti e delle diatomiti, che talora racchiudono pesci di mare profondo (Algeria, Sicilia); sono diffuse nei depositi neogenici delle catene costiere californiane e del Coastal Plain. Marne a Cradiolari con ystechinus crassus sono certamente una facies di mare assai profondo, probabilmente abissale, in certe parti delle Antille.
Spessore dei sedimenti e durata del periodo. - Queste varie facies hanno naturalmente spessori molto diversi, per modo che la serie neogenica, che nelle zone subalpine e subhimalayane, a facies clastica spesso grossolana, è generalmente rappresentata da migliaia di metri di sedimenti, può avere spessori di gran lunga minori là dove la facies sia organogena, soprattutto se batiale o profonda.
Nelle Alpi Venete il solo Miocene raggiunge uno spessore di circa 3600 m.; nell'Appennino settentrionale il Pliocene ha uno spessore di 700 m.; onde al Neogene italiano si può attribuire uno spessore complessivo di 4300 m. W. J. Sollas, per tutta la terra, calcolava lo spessore massimo dei sedimenti neogenici a 8300 m.
Sullo spessore massimo dei sedimenti sono basati alcuni fra i meno arbitrarî metodi di computo della durata relativa dei periodi geologici. Su questa base e tenendo per buoni i dati di M. Gortani, che per le Alpi Venete attribuisce al Cenozoico uno spessore totale di 7100 m., il Neogene corrisponderebbe come durata ai 6/10 del Cenozoico. Secondo dati del Sollas esso equivarrebbe invece circa ai 4/10.
Ora, calcolando col Boltwood (in base ai fenomeni radioattivi) la durata dei tempi geologici dal Precambrico a oggi pari a 1025-1640 milioni di anni, e ammettendo col Barrell che la durata del Cenozoico sia pari a circa 4/45 della durata totale, cioè da 90 a 150 milioni di anni in cifra tonda, la durata del Neogene risulterebbe pari a 36-90 milioni di anni, di cui circa 30 a 75 milioni di anni durerebbe il Miocene e da 6 a 15 milioni di anni il Pliocene.
S'intende che calcoli di questo genere hanno un valore soltanto nel senso di dare un'idea dell'ordine di grandezza di queste durate.
Fenomeni orogenetici. - Durante il Neogene ebbe il suo massimo sviluppo una delle grandi fasi di diastrofismo, la fase orogenetica alpina, a cui dobbiamo tutte le maggiori catene montuose oggi esistenti: le Alpi, gli Appennini, l'Atlante, la Cordigliera Betica; i Carpazî coi Balcani e le Alpi Dinariche; i Monti di Crimea e il Caucaso, i Monti di Creta, i Tauri, l'Arco Iranico, il Himālaya, l'Arco Malese, le Catene costiere dell'America Settentrionale e le Ande, e finalmente l'Arco delle Antille che attraverso l'Atlantico si ricollega probabilmente, per le Canarie, al Grande Atlante, e chiude così l'anello della Tethys - o delle geosinclinali - nel quale sono localizzati, com'è noto, i movimenti di ripiegamento della crosta terrestre.
Questi s'iniziarono, nella Tethys, già dal Nummulitico se non dalla fine del Cretacico, ma assunsero un ritmo imponente verso la fine dell'Oligocene, e soprattutto nel Miocene. I primi moti di sollevamento portano a una restrizione dei bacini marittimi, che nell'Aquitaniano si riducono a stretti bracci di mare. Il Langhiano, generalmente trasgressivo, s'inizia con conglomerati di base in cui si trovano allo stato di ciottoli le rocce di tutte le formazioni più antiche compreso il Nummulitico (prova che questo, di recente emerso, era già ripiegato e denudato), ma si approfondisce sempre più (Schlier). La profondità diminuisce generalmente durante l'Elveziano e il Tortoniano (molasse, faluns); ma già la fine del Tortoniano e soprattutto il Pontico segnano un periodo geocratico in rapporto con una nuova crisi orogenetica, che aggiunge nuove pieghe e nuove falde a quelle prima formatesi: le regioni montuose di fresco emerse o sollevate subiscono un ringiovanimento dei loro reticolati idrografici, donde la formazione di vasti coni di deiezione ciottolosi nelle zone subalpine (Nagelfluhe della Svizzera, conglomerati pedemontani delle Alpi italiane, ecc.) e subhimalayane (Siwalik), mentre quasi tutto il Mediterraneo si riduce a un bacino chiuso o una serie di bacini lagunari chiusi, in cui si depongono gesso e sale. Solo uno stretto braccio di mare (Saheliano) interessa il Marocco, l'Algeria, la Sicilia, la Grecia e Creta. Nel Neogene superiore il mare è respinto fuori delle zone recentemente piegate; e, almeno nelle catene dell'Europa occidentale, i grandi ripiegamenti possono considerarsi esauriti, poiché i depositi pliocenici che si dispongono ai due lati dell'Appennino, nella Francia meridionale, nella Spagna meridionale e sulle coste settentrionali del Marocco, dell'Algeria e della Tunisia, sono generalmente sollevati in blocco, anche notevolmente, ma poco dislocati. Nei Carpazî sembra invece che gli ultimi ripiegamenti intensi siano pliocenici e postpliocenici, poiché i depositi "levantini" sono fortemente dislocati.
Nelle regioni al di fuori delle geosinclinali (Massiccio Armoricano, Mare del Nord; Polonia, regione del Caspio, ecc.) il Neogene medio rappresenta invece un periodo di sommersione, riferibile a movimenti epirogenici, cioè di abbassamento generale della crosta terrestre. A movimenti di questo genere si associano, specialmente nel Pliocene, veri e proprî sprofondamenti dei massicci continentali antichi (il Mediterraneo occidentale, la Tirrenide, forse l'Adria, la Pannonia, l'Antillia) attorno ai quali si erano modellate le catene montuose, e sui quali viene a estendersi il mare pliocenico.
Finalmente nelle regioni tabulari o di antico ripiegamento si avverano anche, in questo periodo, grandi dislocazioni verticali ad andamento rettilineo, formanti veri sistemi di fratture. L'esempio più grandioso è formato dal sistema di fosse tettoniche che generò il Mar Morto, il Mar Rosso, la Dancalia, la depressione dei grandi laghi dell'Africa orientale. Ricerche recentissime hanno dimostrato che, almeno nella regione del Lago Rodolfo, i grandi sprofondamenti sono posteriori al Neogene inferiore: probabilmente, almeno in parte, pliocenici.
Anche in Europa però si riscontrano, in scala molto minore, fenomeni simili nella fossa renana e nel Plateau Central francese.
Fenomeni vulcanici. - Lo sprofondamento dei massicci continentali antichi e delle grandi fosse tettoniche fu talora preceduto o accompagnato, ma soprattutto seguito, da intensi fenomeni vulcanici, di cui il vulcanismo attuale non è che una sopravvivenza. È per questo che la collana dei vulcani estinti e attivi che orla il litorale occidentale d'Italia, pur dipendendo dallo sprofondamento della Tirrenide, si sviluppò almeno in gran parte nel Neozoico. Con lo sprofondamento del Mediterraneo occidentale si collegano invece i centri eruttivi miocenici e pliocenici del Capo de Gata, dei dintorni di Melilla e dell'Algeria, nonché quelli delle isole dell'Alborán e Habibas e forse in parte quelli della Sardegna occidentale. Con le fratture del Massiccio Centrale francese si connette il vulcanismo della regione di Alvernia e del Velay, che s'iniziò nel Neogene medio e si continuò poi fino al Pleistocene. I centri eruttivi al margine del bacino pannonico iniziano invece la loro attività nel Nummulitico e la prolungano fino al Neogene medio. Le grandi fosse dell'Africa orientale sono in gran parte fiancheggiate, orlate e ripiene di materiali vulcanici di età diverse. Una delle "serie" eruttive distinte nella regione, la "serie di Laikipia", interessata appunto dalla fossa del Lago Rodolfo e dei laghi Elmenteita, Naivasha, ecc., ma estesa probabilmente anche più a N. (serie di Magdala), è costituita dalla successione: basalti, fonoliti e rioliti, e viene riferita al Miocene.
Nel Miocene, e specialmente nel Miocene medio, l'attività vulcanica raggiunse il suo acme anche nell'America Settentrionale, in coincidenza con una fase d'intensi piegamenti e con l'inizio delle fratture pleistoceniche. Parte dell'Oregon, del Washington e dell'Idaho fu invasa da lave basiche (Columbia lava), che si effusero, probabilmente attraverso ampie ed estese fessure, su un'area di circa 600.000 kmq. e con uno spessore di circa 700 m., mentre nelle Montagne Rocciose, nella catena delle Cascate e nella California settentrionale prevalgono in questo periodo fenomeni di tipo esplosivo.
Faune e flore. - Il carattere delle faune e delle flore subisce nel Neogene una rapida evoluzione verso i tipi attuali. Mentre nell'Eocene la percentuale delle specie di molluschi persistenti fino all'attualità è appena del 3,5%, questa percentuale sale a 17% nel Miocene e va dal 35 al 50% nel Pliocene. Parecchi tipi più o meno caratteristici del Paleogene scompaiono col principio del Neogene: così accade tra i foraminiferi delle Nummuliti (tanto diffuse e importanti nel Paleogene da valergli anche il nome di Nummulitico) mentre fioriscono le Lepidocyclina, cominciate già nell'Oligocene, e le Miogypsina; tra gli Echinodermi scompaiono parecchi generi, come Amblypygus, Conoclypeus, Oviclypeus, Sismondia, Cyclaster, e molti regolari, mentre altri generi, come Scutella, Amphiope, Hypsoclypeus, Brissus, Lovenia, Mariania appaiono ora per la prima volta. Altri, già rappresentati da scarse e rare specie, prendono ora largo sviluppo, come Clypeaster e Spatangus; e nella echinofauna si cacentua la prevalenza dei cosiddetti "regolari". Tra i molluschi, le cui faune abbondano generalmente nei depositi neogenici, i mutamenti riflettono piuttosto le specie che i generi, i quali avevano assunto un carattere moderno già dal Paleogene. Nel Neogene tuttavia i Pectinidi, i Conidi, ecc. acquistano uno sviluppo e una varietà di forme ben maggiore che nel periodo precedente, mentre scompaiono Terebellum, Velates, Turbinella, i Cerizî giganteschi, e le Beloptera, ultimi discendenti delle Belemniti mesozoiche. I Briozoi si sviluppano notevolmente nel Neogene e talvolta dànno luogo a litogenesi (calcari a briozoi dell'Elveziano, del Sarmatiano, ecc.) ma corrispondono a tipi banali e poco diversi da quelli più antichi o più recenti: in ulteriore regressione sono invece i brachiopodi, anche per l'ambiente batiale nei quali tendono a ridursi i tipi sopravvissuti.
Gli artropodi, salvo i crostacei, che però non differiscono gran che da quelli attuali, sono sempre rari e sporadici. Le caratteristiche più marcate si riscontrano nelle faune di vertebrati non tanto negli anfibî, nei rettili o negli uccelli, generalmente più o meno rari, e neanche nei pesci - che pur abbondano in certi giacimenti come le marne gessifere e le diatomiti del Neogene o, rappresentati da denti di selaci, in tutti i depositi marini, ma che appartengono per lo più agli stessi generi o alle stesse famiglie dei pesci eocenici e di quelli attuali - quanto nei mammiferi. Per la sua composizione generale la fauna mammologica neogenica è assai diversa da quella paleogenica, presa in blocco; scomparsi quasi del tutto i Creodonti, del tutto i Ganodonti, i Tillodonti, gli Zeuglodonti, gli Amblipodi, i Condilartri, i Pachilemuridi, tutti tipi arcaici; accantonati in Australia e in America i Marsupiali, che nell'Eocene erano assai diffusi anche in Europa, le faune neogeniche assumono un carattere di modernità, che va accrescendosi col succedersi dei varî piani, onde in generale può dirsi che all'infuori di certi tipi, strettamente localizzati nell'America Meridionale, esse non comprendono se non gruppi rappresentati anche attualmente, e alla fine del periodo presentano, con le attuali, differenze più che altro generiche o specifiche, o di distribuzione. Lo sviluppo di tale fauna avviene però gradatamente, e già nel Paleogene superiore si annunziano parecchie famiglie, destinate a svilupparsi più tardi, come ad esempio i Proboscidiani e i Rinoceronti.
Non pochi generi tuttavia fanno la loro prima comparsa all'inizio del Neogene, come Spermophilus, Talpa, Myogale, Erinaceus, Amphicyon, Tapirus, Amphitragulus; e altri, come gli Antracoteri, scompaiono in quel punto.
Caratteri di modernità e differenze specialmente di dettaglio e di distribuzione rispetto alle attuali hanno anche le flore neogeniche, nelle quali si nota una crescente riduzione delle gimnosperme in confronto alle angiosperme e soprattutto alle dicotiledoni. Le già ricordate flore temperate delle Svalbard e della Groenlandia indicano analogia di composizione e differenza di distribuzione rispetto alle attuali. Le flore mioceniche dell'Europa centrale e meridionale (Privas, Öningen; Senigallia, Livorno) abbondano di caducifolie, mentre le palme sono ormai limitate a S. delle Alpi e rare anche qui: indizî di alternanze stagionali sempre più marcate e di degradazione generale del clima. Tuttavia certi tipi ad affinità tropicali o subtropicali, come le ultime Cicadee (Zamites), Encephalartos, Porana, Cinnamomum, si osservano ancora nel Miocene europeo; ma più si procede nel tempo, più le forme appartenenti alla zona calda cedono a quelle di clima temperato, e alla fine del Miocene è già evidente nelle zone boreali e specialmente nell'artica un marcato abbassamento di temperatura. Nel Pliocene poi le flore dell'Europa centrale e meridionale hanno subito una profonda trasformazione, caratterizzata dalla comparsa di un gran numero di specie identiche o molto simili a quelle viventi oggi nelle stesse regioni (Populus alba, Fagus silvatica, Quercus robur, Laurus nobilis, Nerium oleander, ecc.) associate ad alcune specie mioceniche persistenti (Platanus aceroides, Liquidambar europaeum, ece.) e ad altre che si collegano a tipi oggi ristretti all'Asia (Bambusa lugdunensis), all'Africa (Arundo aegyptiaca), all'America Settentrionale. Nel Pliocene di California si riscontra la Diospyros virginiana, oggi propria degli stati atlantici del sud.
Paleogeografia. - La distribuzione dei depositi e delle facies, le direttrici orogenetiche e dell'attività vulcanica, il carattere delle faune e delle flore ci permettono di stabilire le grandi linee della paleogeografia del Neogene: distribuzione generale delle terre e dei mari, delle montagne e dei vulcani, dei laghi e dei fiumi (paleogeografia in senso stretto); distribuzione degli organismi (paleobiogeografia); climi (paleoclimatologia).
È durante il Neogene che continenti e oceani assumono nelle grandi linee il loro assetto attuale. Il continente che fino alla fine del Paleogene occupava l'Atlantico settentrionale, saldando insieme America ed Europa, è diviso in due da un canale, che s'insinua tra le Svalbard e il massiccio scandinavo, separando l'America (con la Groenlandia) dall'Europa; mentre questo continente si salda via via più intimamente all'Asia, dalla quale era prima separato, e dalla quale, o attraverso la quale, riceve a più riprese elementi asiatici, africani e perfino americani delle sue faune terrestri.
Il Mediterraneo neogenico non è che un settore della Tethys: dopo le trasgressioni del Neogene inferiore, quando cioè esso assunse il suo massimo sviluppo, si estendeva dall'Andalusia e dalla Catalogna attraverso la Francia, la Svizzera, la Baviera, l'Austria, fino alla Polonia, al Mar Nero e al Caspio, spingendosi a S. in Marocco, Algeria, Tunisia, Tripolitania, Cirenaica, Egitto, comunicando a E. per la Persia con l'Oceano Indiano, a O. con l'Atlantico per un canale che in origine (Neogene Inferiore) si trovava a N. della catena Betica (stretto Nord-Betico), più tardi (Miocene superiore) a S. del Riff (stretto sud-riffano), e finalmente (Pliocene) nella posizione attuale a Gibilterra. Verso la fine del Neogene medio ogni comunicazione con l'Oceano Indiano fu invece interrotta e il Mediterraneo pliocenico dipese ormai solo dall'Atlantico. Il bacino era suddiviso in molti canali comunicanti tra loro e contornanti regioni continentali in via di emersione e di ripiegamento (Carpazî, Balcani, Caucaso) e massicci continentali antichi (Mediterraneo occidentale, Adria [?], Egeide) destinati ad essere sommersi durante o dopo il Pliocene, delineando finalmente il Mediterraneo presso a poco nei suoi limiti attuali. L'Atlantico occupa con golfi più o meno profondi i margini occidentali del continente europeo: uno di questi è il Mare del Nord, la cui costa meridionale si spinge da principio fino a Lilla e a Lenham, ma gradatamente si ritira poi verso settentrione; un secondo golfo s'insinua poi a N. del massiccio di Bretagna, un terzo in Aquitania, un quarto nel bacino del Tago fino al Capo San Vincenzo. I depositi di questo mare si trovano emersi a Madera e si spingono nell'Atlantico meridionale sulle coste dell'Angola; dal lato occidentale l'Atlantico occupa la regione costiera dell'America Settentrionale dal New Jersey fino a tutto il Golfo del Messico, al Venezuela, e gran parte delle Antille.
Non sembra però affatto sicuro che l'Atlantico meridionale comunicasse con l'Antartico: forse resti dell'antico continente sudatlantico (Archelenis) esistevano ancora, almeno nel Miocene, e i bacini miocenici argentini si collegavano a quelli cileni. Comunque però il continente sudamericano sarebbe rimasto isolato da quello nordamericano per buona parte del Neogene: solo nel Neogene superiore elementi faunistici terrestri passano dall'uno all'altro.
L'Africa nel Neogene comunica ampiamente con l'Asia attraverso l'Arabia, il Mar Rosso essendo di origine più tarda: un unico mare bagna però nel Miocene le coste dell'India occidentale, dell'Arabia meridionale, della Somalia, del Kenya, di Zanzibar, del Mozambico, e di Madagascar, e si estende a E. fino all'Arcipelago Malese e di qui a N. per Formosa fino al Giappone, a S. per Celebes e le Filippine fino alla Nuova Guinea e alla Nuova Zelanda. Anche nell'Australia meridionale sono noti depositi neogenici, indicanti un bacino marittimo, che doveva collegarsi a quello ora indicato.
Dal punto di vista della distribuzione degli organismi e dei climi, si può distinguere nel Neogene una provincia equatoriale, che corrisponde alla Tethys - o Mesogea - divisa ormai in tre grandi bacini: la Mesogea americana, comprendente il S. degli Stati Uniti, le Antille, l'Istmo di Panamá e il Venezuela; la Mesogea europea o premediterranea, dal Golfo di Aquitania e dal Marocco fino alla Persia e all'Egitto; la Mesogea asiatica o indopacifica, che abbraccia le coste orientali dell'Africa, l'India, la Birmania, l'Arcipelago Malese, il Giappone, la Nuova Guinea, la Nuova Zelanda. Tutta questa provincia è caratterizzata da tipi di mari caldi, e principalmente dalle Lepidocyclina (Neogene inferiore), dai Clypeastridi e dai Coralli costruttori, questi ultimi però assai poveri e rari nel settore mediterraneo, dal quale sono poi esclusi interamente quando, verso la fine del Miocene, le comunicazioni con gli oceani si fanno molto ridotte. Mentre la fauna mediterranea nel Neogene inferiore e medio è costituita in gran parte dallo sviluppo in situ di tipi paleogenici e da elementi introdotti sia dall'Atlantico sia specialmente dall'Oceano Indiano, con la trasgressione pliocenica penetra in quel mare una fauna in gran parte nuova, di tipo atlantico temperato o boreale che, salvo pochi relitti miocenici, costituisce il fondo della fauna marina attuale.
Una provincia boreale esisteva sicuramente, sebbene assai scarsi siano i depositi marini che le appartengono: ma il golfo anglo-belga con la sua abbondanza di cetacei, di Astarte, di Cyprina, di Mya, e perfino specie nordiche, come Cardium groenlandicum e Buccinum groenlandicum, e la mancanza assoluta di coralli costruttori, è certo una dipendenza di quello. Anche i depositi della parte settentrionale della costa atlantica americana (Delaware, Maryland, Virginia), sebbene in continuazione con quelli mesogei del Golfo del Messico, accennano all'influenza di correnti boreali.
D'altra parte a S. doveva estendersi una provincia australe, dalla quale dipendono i depositi della Patagonia e del Chile, caratterizzati da faune interamente diverse da quelle settentrionali, e aventi se mai qualche carattere in comune con quelle odierne della Nuova Zelanda.
Quanto alla distribuzione degli animali e delle piante terrestri, già si è visto come numerosi scambî, specialmente evidenti nelle faune di mammiferi, abbiano dovuto effettuarsi a più riprese fra l'Europa e l'Asia, e, attraverso all'Asia, anche con l'America Settentrionale e l'Africa. Abbastanza segregata da questa regione eurasiatica appare l'India peninsulare; per lungo tempo interamente segregata dall'America Settentrionale è l'America Meridionale, che forma una provincia zoogeografica a sé e non riceve elementi boreali se non nel Neogene superiore. Ad epoca molto remota rimonta anche la segregazione dell'Australia, nella quale fino dal Miocene superiore si trovano solo, tra i mammiferi, resti di Marsupiali; sennonché qui le comunicazioni non sembrano essere state mai ristabilite, e il carattere arcaico si è mantenuto più puro. La flora australiana terziaria, ritenuta un tempo cosmopolita, è apparsa, dopo studî più approfonditi, simile a quella vivente attualmente nella regione costiera alla stessa latitudine.
La differenziazione di una provincia boreale e di una provincia australe rispetto a quella equatoriale calda implica una differenziazione climatica; però le flore della Groenlandia e delle Svalbard, sebbene prive d'elementi tropicali, sono ricche d'elementi della flora di clima temperato, ciò che dimostra un minor rigore del clima. D'altronde non si conoscono depositi glaciali nel Miocene. Si conoscono invece, soprattutto nel Miocene superiore, regioni come la Mediterranea a clima caldo e asciutto, se non desertico-steppico, legato probabilmente a un carattere di maggiore continentalità.
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