Neologismi arte, lingua e letteratura
app album
loc. s.le m. Album musicale realizzato e lanciato attraverso un sistema multimediale.
• Il nome fa sorridere, ‘app album’, ma potrebbe rappresentare il futuro della tormentata industria musicale. Il progetto è firmato da Björk, la cantante islandese, che ha da poco pubblicato nel negozio on-line della Apple il primo brano di Biophilia (Jaime D’Alessandro, Repubblica.it, 26 luglio 2011).
Dall’ingl. app album, composto dai s. app(lication) (‘applicazione informatica’) e album, con allusione al nome dell’azienda informatica statunitense App(le).
autofiction
s. f. inv. Genere letterario che unisce narrazione autobiografica e storie d’invenzione.
• La chiave di casa è un bel romanzo di autofiction (così lo definisce la stessa autrice), intenso, coinvolgente, cedevole all’erotismo di rottura, che ci conduce per mano attraverso un cammino personale (Silvana Mazzocchi, Repubblica.it, 23 febbraio 2011). • Nesi, nel suo romanzo (ma l’etichetta giusta qual è: autofiction, a tratti pamphlet?) analizza una vicenda ancora in corso: la distruzione del polo tessile di Prato piccole industrie che producevano tessuti di qualità, a volte di qualità stellare con l’arrivo non regolato di cinesi, schiavi che assemblano cenci sintetici etichettati come «made in Italy» (Maria Serena Palieri, l’Unità.it, 9 luglio 2011).
Dal fr. autofiction, termine coniato dallo scrittore francese Serge Doubrovsky per definire il proprio romanzo Fils (1977).
blobbiano
agg. Detto di persona caratterizzata da una predisposizione a cogliere o creare nessi nascosti, spesso paradossali ma che di solito si rivelano illuminanti, tra fenomeni culturali, sociali, politici all’apparenza differenti o anche distanti tra di loro.
• Poi ci sono i vezzi della middle class culturale nata dall’alfabetizzazione veloce: ha una cultura ‘blobbiana’ e maneggevole, è frivola e pensosa, citazionista e smaniosa di apparire aggiornata (l’Espresso, 28 luglio 2011).
Dall’ingl. (The) Blob, titolo di un film statunitense di fantascienza orrorifica del 1958 (diretto da Irvin S. Yeaworth Jr. e interpretato, tra gli altri, da Steve McQueen; titolo italiano: Blob, fluido mortale), ripreso nel 1989 come titolo di una fortunata trasmissione televisiva trasmessa da RAI 3, che mescola e giustappone, con accorta malizia, spezzoni di programmi televisivi dei giorni precedenti a quelli della messa in onda, allo scopo di satireggiare la produzione della tv e, indirettamente, la realtà che questa mette in mostra. Con l’aggiunta del suffisso -(i)ano.
de-privilegiare
v. tr. Spogliare di una condizione di privilegio, di primazia, con particolare riferimento a canoni e gerarchie nel campo dell’arte e della cultura.
• Se de-privilegiamo tutte le posizioni, non possiamo affermare alcuna posizione, pertanto non possiamo prendere parte alla società e quindi, in definitiva, un postmodernismo aggressivo diventa indistinguibile da una specie di inerte conservatorismo (Edward Docx, Repubblica.it, 3 settembre 2011, traduzione di Anna Bissanti).
Derivato dal v. tr. privilegiare con l’aggiunta del prefisso de-. Nel testo in lingua originale, il verbo adoperato è un neologismo, (to) de-privilege: «If we de-privilege all positions, we can assert no position…».
microstile
s. m. Tecnica di ideazione e realizzazione di testi, tipica della lingua della pubblicità, della propaganda politica e dei linguaggi dei nuovi mezzi di comunicazione (messaggistica telefonica, interazioni su reti sociali e di microblogging in Internet, ecc.), contraddistinta da estrema brevità ed efficacia espressiva e comunicativa.
• I passaggi migliori del libro forse sono quando Johnson, indossando le vesti dell’esperto di branding e impugnando come un machete il suo taglierino X-Acto si lancia in battaglia contro coloro che abusano del microstile. Cita molti marchi moderni per cui prova ammirazione (Apple, Twitter, Etsy, BlackBerry), ma è impietoso contro quelli che non gli piacciono. Fra questi: LibraryThing («rinuncia a cercare di comunicare dopo la parte della library»), SmugMug, Bookgoo e Bazaarvoice (Dwight Garner, Repubblica.it, 22 agosto 2011, traduzione di Fabio Galimberti).
Dall’ingl. microstyle, a sua volta composto dal confisso micro- aggiunto al s. style (‘stile’).
New Realism
loc. s.le m. inv. Teoria filosofica che, contrapponendosi all’estetica postmoderna del primato dell’interpretazione sui fatti, afferma la necessità di fare della realtà oggettiva il centro della riflessione.
• Da una parte, ed è la posizione di Vattimo e dell’ermeneutica, vale l’istanza secondo cui «non ci sono fatti, ma solo interpretazioni». Dall’altra, ed è la posizione di Ferraris e della proposta insita nel suo New Realism, è necessario che i fatti ci siano perché le interpretazioni possano essere smentite (Mico Capasso, l’Unità.it, 5 ottobre 2011).
Espressione ingl. composta dall’agg. new (‘nuovo’) e dal s. realism (‘realismo’), utilizzata da Maurizio Ferraris come denominazione della propria teoria filosofica, esposta nel manifesto pubblicato sul quotidiano la Repubblica l’8 agosto 2011.
TQ
s. m. e f. inv. e agg. Sigla di ‘Trenta-Quaranta’, gruppo di scrittori, critici, editori italiani che rivendica un impegno critico contro il sistema politico-culturale dominante.
• Per questo abbiamo deciso di organizzare una serata di dibattito in cui approfondire argomenti che – immaginiamo – ci terranno molto impegnati negli anni a venire: Generazione TQ, un seminario che si terrà il prossimo 29 aprile nella sede romana della Laterza e coinvolgerà oltre un centinaio di scrittori, critici, editori trenta-quarantenni (Alessandro Grazioli, Nicola Lagioia, Giorgio Vasta, Giuseppe Antonelli, Mario Desiati, Sole24ore.com, 18 aprile 2011). • Questi orribili TQ erano seduti intorno a un tavolo quadrato, molti altri TQ in piedi, […] sembrava di essere a una riunione di studenti maoisti degli anni Settanta […] (Massimiliano Parente, Giornale.it, 1° maggio 2011). • Il movimento TQ da oggi esiste ufficialmente, con tanto di manifesto nero su bianco e documenti programmatici, ma all’appello mancano molti della prima ora. Erano partiti in cento, alla conta finale però la generazione degli scrittori ed editori ‘Trenta-Quaranta’ ha perso molti suoi figli per strada e le firme ai documenti sono state solo cinquantadue (Raffaella De Santis, Repubblica.it, 27 luglio 2011).
La dicitura ‘Trenta-Quaranta’ riconduce l’età dei partecipanti al gruppo alle decine dei trenta e dei quarant’anni.