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Neque nubent neque nubentur

di Dante Balboni - Enciclopedia Dantesca (1970)
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Neque nubent neque nubentur

Dante Balboni

- Risposta (Matt. 22, 30) di Gesù ai Sadducei, gli spiritualisti dell'epoca, i quali gli chiedevano di chi sarebbe stata moglie, dopo la resurrezione, una donna che avesse avuto più mariti. Il passo evangelico è fondamentale per la comprensione dello stato in cui si troveranno i risorti per quanto riguarda l'unità dell'individuo composto di anima e corpo, e le caratteristiche del corpo non soggetto alle influenze del tempo e dello spazio.

D. nel quinto girone degli avari (Pg XIX 137) fa citare ad Adriano V Neque nubent. Questi al veder D. fargli riverenza gli ricorda che dopo la morte sono tutti fratelli e ‛ conservi ', cioè tutti soggetti all'unico potere divino, e pertanto a lui, già sposo della Chiesa, non deve alcun particolare ossequio.

La frase evangelica, oltre al valore escatologico, vuole sottolineare nel contesto dantesco come l'avarizia insieme alla gola e alla lussuria cerchi il falso bene proprio, a differenza degli altri vizi capitali (la superbia, l'ira e l'invidia) che amano il male altrui; l'avarizia inoltre tiene attaccati ai beni della terra (v. 73), destinati anch'essi a dissolversi.

Adriano congedando D. gli ricorda la nipote Alagia che il poeta ritroverà nel 1306 in Lunigiana, moglie di Moroello Malaspina, suo ospite, quasi a invocare da lei una prece di suffragio, per ‛ maturare ', oltre che col pianto, la sua purgazione.

Bibl. - L. Staffetti, I Malaspina ricordati da D., in A. Bartoli, Delle opere di D.A.: La D.C., n, Firenze 1889, 285-286; P. Brezzi, Adriano V, papa, in Enc. catt. I (1948) 347-348; P. Lambreras, Avarizia, ibid. II (1949) 507-508 (cfr. Sum. theol. II II 118).

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