NERGAL (sumerico Né-uru-gal "signore della grande dimora"; Νήργιλος)
Dio originariamente solare o ctonio, protettore della fertilità, divenuto poi il dio dell'Oltretomba (della terra inferiore: erṣetu shaplītu), della peste e della guerra.
È il figlio primogenito di Enlil (v.): talora lo si dice figlio di Anu (v.) o di Enki (v.). La sua assunzione a divinità del mondo sotterraneo come sposo di Ereshkigal, la dea sumerica degli Inferi, è narrata da un testo di el-'Amārnah ed è conosciuta solo in questa veste semitica. La sua città sacrale è Kutū, la Kutāh della Bibbia, oggi Tell Ibrahimi, a N-E di Kish, già sede di un antico dio della peste, Irra, assimilato successivamente a Nergal.
A Kutū, Shulgi, re della III dinastia di Ur, costruisce un tempio al dio Mes-lam-ta-é-a (altra ipostasi di N., significante in sumerico: "colui che esce dal Mes-lam", cioè dagli Inferi); un altro santuario innalza a N. Gudea, nel quartiere sacro di Girsu in Lagash; in epoca molto più tarda il re d'Assiria Sennacherib edifica un altro tempio a N. e lo chiama, come quello antichissimo di Shulgi, é-mes-lam, casa di Mes-lam.
Rappresentazioni di N. compaiono su alcuni sigilli della I dinastia babilonese, nella prima metà del Il millennio; ma occorre premettere che nessuna di queste testimonianze dà l'assoluta certezza che sia N. il dio con la mazza multipla che infierisce contro un personaggio inginocchiato ai suoi piedi; uno degli esemplari più significativi proviene da Ishchali e mostra il dio dalla mazza multipla, con veste corta e privo della consueta tiara cornuta, accanto a due dèmoni dalla testa leonina, i quali sembrano minacciare un uomo che cerca rifugio presso un altare; il Frankfort identifica questa scena con la rappresentazione di N. (anziché di Shamash, come si credeva un tempo) e di due dèmoni della malattia, suoi ministri e subalterni. Meno sicura l'altra ipotesi del Frankfort che vede simboleggiato il mito di N. ed Ereshkigal in un altro piccolo gruppo di sigilli della stessa epoca, mostranti una coppia abbracciata, giacché è più probabile che qui si alluda a una ierogamia.
Le fonti letterarie attribuiscono a N. l'arco e uno scudiscio (qinazu) e, come animali il corvo, il toro e il drago: quest'ultimo nella tipologia accadica del leone-grifone sputante fiamme, associato ad Adad in sigilli di quell'epoca, e piegatosi facilmente ad una nuova simbologia proprio per la mancanza, fin dai tempi protostorici, di una caratterizzazione al servizio di una divinità o in un contesto mitico esattamente determinati.
Sui kudurru, o pietre di confine, prevalentemente di età cassita, l'emblema di N. è la testa di leone (forse meglio intenderla come testa di drago dalle sembianze leonine), infissa su di un bastone; un emblema di questa guisa è comune anche a Ninurta e Ningirsu, tutte divinità guerriere, e ricompare nella tarda epoca assira come ornamento dei carri da combattimento, che recano insieme gli stendardi di N. e di Ninurta.
Anche un altro tipo di mazza, con due teste leonine congiunte per il collo o sorgenti dalle estremità di una sorta di gancio, simboleggia contemporaneamente N., Ninurta e talora la stessa Ishtar (v.); questa mazza compare, oltre che sui kudurru, sul rilievo di Bawian (v.) e sulla stele di Asarhaddon da Sam'al: orna inoltre il modellino in argilla di un carro da Nippur, ed altre lastre fittili, pure da Nippur, con un dio che reca in mano lo scettro a testa di drago, mentre nell'altra sostiene la mazza dalla doppia testa leonina. Il sincretismo apparente fra tutte queste divinità guerriere e i loro emblemi è dovuto, più che a una reale confusione di simbologia, allo stato imperfetto delle nostre conoscenze circa le singole divinità mesopotamiche e i loro attributi.
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