CAPPONI, Neri
Nacque a Firenze da Gino di Neri di Gino e da Maddalena di Raimondo Mannelli nel 1452.
Il padre, fondatore della potenza economica della famiglia, non tardò a utilizzarlo nelle sue attività mercantili. Sappiamo infatti che, dopo una compagnia di arte della lana attestata già nel 1451, cui Gino partecipava per il 50%, nel 1460 esisteva, accanto a una ditta intestata al primogenito, Piero, una "Neri di Gino Capponi, Piero di Giovanni Bini e C. di Pisa" che partecipava ad una accomandita per la Catalogna: il C. era ancora in minore età, ma già dava il nome ad una azienda che, attraverso successive variazioni nella intitolazione quanto ai soci e al capitale, sarebbe giunta fino al 1494, quando Pisa si ribellò a Firenze. Già intorno al 1482 la compagnia di Pisa si intitolava al solo C., era diretta da Lorenzo di Francesco Strozzi ed aveva come "giovane et governatore o fattore" Francesco di Iacopo da Empoli: ma era lo stesso C. ad intervenire personalmente in occasione degli affari più importanti, come ad esempio il 23 dic. 1481 quando la compagnia si impegnò con Marino Cenami, rappresentante degli ufficiali della dogana del sale del Comune di Lucca, per la vendita di ben 10.000 staia di sale (Arch. di Stato di Firenze, Not. Antecos., B 1063, III, cc.29v-30).
La società sembra aver fatto sempre ottimi affari, nonostante le lamentele che nelle portate catastali il padre del C., Gino, continuamente elevava: oltre a quelle già segnalate dal Goldthwaite, del 1480, siricordino le seguenti del 1469:"Iofacevo traffico a Pisa e a Firenze el quale diceva a Pisa Neri Chapponi e Piero Bini e Compagni... dove per le spese grandi che io [ho] e per avere perduto, gli ò disfacti e in nulla mi ritrovo..." (Ibid., Strozziane, s. 2, f. 137, cc. 166 s.).
Nel 1480 era intitolato al C., oltre che a suo fratello Piero, il banco che la famiglia possedeva a Firenze, e negli anni successivi il C. fu cointeressato, oltre che alle compagnie di Firenze e Pisa, anche a quella di Avignone e soprattutto a quella di Lione. Sebbene all'inizio degli anni '80 il C. risulti spesso a Pisa, e fra l'altro anche con la carica di console dei mercanti inglesi, è in questi stessi anni che egli dette il maggiore impulso alle attività commerciali e bancarie della famiglia in Lione, con la collaborazione del fratello Alessandro e di quel Bartolomeo Buondelmonti che era stato ad Avignone agente del Mannelli, la famiglia della madre del Capponi.
Nel 1485 si assiste a una completa riorganizzazione delle aziende della famiglia che ci è dato seguire attraverso il "libro segreto" dei cinque fratelli Capponi, Piero, Neri, Cappone, Alessandro e Girolamo (il sesto, Tommaso, era già stato escluso dalla comunanza patrimoniale): essi costituirono una "compagnia" che per molti aspetti presenta ancora le caratteristiche della "fraternita" medievale, giacché si tratta sostanzialmente di un accordo privato all'interno della famiglia che si colloca a monte delle compagnie legali costituite fuori della famiglia con soci a essa estranei.
I patti stretti dai fratelli avrebbero avuto vigore dal 4nov. 1485al 1º nov. 1490, e sarebbero poi stati rinnovabili anno per anno. Le compagnie legali in cui intervenivano i fratelli Capponi erano due: quella di Lione, apertasi il 10 ag. 1485, di cui erano soci Alessandro Capponi, Bartolomeo Buondelmonti, Giovanni Gaetani e Niccolò del Bene, con un capitale di 31.000ducati d'oro, 21.375dei quali forniti da Piero e Neri Capponi: alle "dipendenze" della compagnia di Lione erano una compagnia che agiva alla corte del re di Francia, affidata a Giovanni Tosinghi e Albizzo del Bene, con 5.000 ducati di capitale, una compagnia di drappi affidata a Girolamo Niccoli con un capitale di 3.000ducati, e una compagnia di Avignone con un capitale di 8.000 ducati. La seconda compagnia, di cui ancora non era stata fatta la "scritta", sarebbe stata quella di Firenze e ad essa avrebbe partecipato Bartolomeo Buondelmonti con 7.300ducati contro i 21.900 dei Capponi: alle "dipendenze" della compagnia fiorentina sarebbero state la compagnia pisana, diretta da Lorenzo di Francesco Strozzi, aperta il 25marzo 1485, nella quale i Capponi avevano messo 4.400ducati; una compagnia di arte della lana e "altre cos e", aperta il 25marzo 1485e diretta da Guido di Niccolò Mannelli, nella quale i Capponi partecipavano con 5.200 ducati, e infine una compagnia aperta a Roma l'8marzo 1485e diretta da Antonio Altoviti dove i Capponi partecipavano con 12.000 ducati. Complessivamente i Capponi investivano più di 40.000 ducati, dei quali oltre 23.000, metà per ciascuno, appartenevano ai soli Neri e Piero Capponi.
Il 10 giugno 1494 si annotava nel "libro segreto" (che riteniamo di mano di Girolamo Capponi) che, mentre Piero e Girolamo Capponi erano usciti dalla ragione di Lione, il C. era contemporaneamente uscito da quella di Firenze. La separazione delle due compagnie si sarebbe ancora accentuata dopo la morte, avvenuta nel settembre 1496, di Piero Capponi.
Ma non si può parlare, come pure si è fatto, di un marcato comportamento individualistico: si era semplicemente verificata, in un momento politicamente assai difficile, una delle ipotesi previste dall'accordo familiare del 1485 secondo il quale si autorizzavano i singoli membri a "mutare nomi a deti trafichi, o eziandio finir[ne] qualcuno o mutare nuovi governatori... per cagione di guerre, schomuniche o rapresaglia" e a "tramutare le loro sustanzie in altri nomi o sotto altri nomi" in modo "che ponendo fine a uno traficho quello se ne cavasse si chonverta in utile de ditta compagnia", cioè della comunanza d'interessi familiari. Comunanza di interessi che non va tuttavia vista neppure come premessa d'uno scontro fra gruppi familiari contrapposti e nemici.
Se è infatti giusto ricordare che buona parte delle fortune di questo ramo dei Capponi dipese dall'alleanza matrimoniale di Gino (morto nel 1487) con i Mannelli, non appare meno importante il matrimonio, avvenuto nel 1474, del C. con Violante figlia di Francesco Sassetti, direttore generale del banco Medici. A partire dal 1480 i Capponi divennero proprio a Lione i più forti concorrenti dei Medici, e se è vero che un agente di questi ultimi, lo Spinelli, scriveva a Lorenzo de' Medici nel 1487: "il male vostro giova loro", non per questo occorre vedere nel matrimonio del C. con la Sassetti uno strumento che finisse per danneggiare i Medici. Scrive il De Roover che il C. "attraverso la moglie era ben informato delle difficoltà del banco Medici" (p. 526), ma a parte il fatto che Violante Sassetti morì probabilmente prima del 1484, non è arduo immginare che viceversa anche i Medici, attraverso i Sassetti, fossero ben informati delle vicende del Capponi. In realtà il declinare o l'espandersi delle singole compagnie, se può avere qualche significato per la ricostruzione delle varie storie aziendali, ne ha assai meno quando ci si ponga dal punto di vista del portafoglio delle famiglie: esse erano alla fine sempre in grado di preservare i loro patrimoni per la solidarietà di fondo che le legava al di là dello spirito concorrenziale fra le ditte da esse emananti. I rapporti fra i Medici e i Capponi sembrano esemplari sotto questo punto di vista. Sebbene le compagnie di Firenze e Lione siano state formalmente separate, la prima nelle mani di Piero Capponi e poi dei suoi eredi, e la seconda del C., i legami familiari restarono tanto vivi che fa voce corrente all'inizio della spedizione di Carlo VIII in Italia che i mercanti Capponi avessero corrotto molti importanti personaggi della corte francese per ottenere la cacciata di Piero de' Medici: certo è che se da un lato Piero Capponi venne inviato oratore in Francia prima che Carlo VIII varcasse, le Alpi, dall'altro il C. (che già era stato console dell'arte del cambio nel 1480, dei Sedici gonfalonieri nel 1488 e dei Priori nel 1490) ebbe dal governo fiorentino in un primo tempo (e proprio con quel Bartolomeo Buondelmonti che era suo socio in Lione) l'invito a farsi innanzi a Carlo VIII che, lasciata Pisa, si avviava verso Firenze, e poi l'incarico di accompagnare come oratore il re di Francia a Roma e a Napoli insieme con il vescovo di Volterra Francesco Soderini.
Del C. e del Soderini è ad esempio un dispaccio del 21 genn. 1495 da Roma da cui probabilmente il Guicciardini trasse materia per ricostruire il celebre scontro oratorio fra il fiorentino Soderini e il pisano Burgundio Leoli davanti al re di Francia: notevole è in questo dispaccio l'affermazione, ben degna di un mercante, "che della fede fiorentina che la fussi la più integra sia al mondo, si vede per la mercatura... per la fede la quale è data loro per tutto il mondo" (Lupo Gentile, pp. 129-131).
Nel 1495, al ritorno di Carlo VIII verso la Francia, il C. lo scortò nuovamente fino ad Asti e a Torino, e qui concluse, con Guidantonio Vespucci, le convenzioni del 26 ag. 1495, a garanzia della cui osservanza lasciò addirittura in ostaggio suo figlio Gino. Tornato in Francia ricevette ordine da Firenze di unirsi ai due nuovi oratori inviati al re, Giovacchino Guasconi e Francesco Soderini: era sostanzialmente considerato un vero e proprio emissario fiorentino presso la corte se agli oratori si ordinava che "occorrendo a scrivere cosa alcuna" usassero "la cifra che ha Neri Capponi" (Desjardins, I, p. 468). La morte in battaglia del fratello Piero nel corso dello stesso 1496 sembrava ulteriormente confermare l'appoggio dei Capponi alla Repubblica nata dopol'espulsione dei Medici; ma già nel 1497 la partecipazione del figlio del C., Gino, alla congiura filomedicea di Bernardo del Nero indica che mancava ai Capponi una precisa volontà politica di opporsi alla restaurazione medicea. In effetti, rientrato a Firenze dalla Francia ancora ai tempi della Repubblica, il C. tornò ad essere dei Priori nel 1508, mentre suo figlio Gino si distingueva a Roma fra i seguaci medicei tanto da suscitare un polemico commento del Guicciardini; di Gino di Neri Capponi egli diceva infatti: "el padre di chi, trovandosi in Francia quando il re Carlo passò in Italia, aveva molto perseguitato Piero (de' Medici), ed el zio, Piero Capponi, gli era stato inimico fierissimo ed in gran parte cagione di torgli lo stato" (Storie fiorentine, p.324). Sempre sotto il gonfalonierato a vita di Piero Soderini il C. fu ancora degli Otto di balia, dei Dieci della guerra e console della Zecca, ma non appena ritornati i Medici venne chiamato a far parte della Balia incaricata della riforma del governo; e la sua sostanziale fedeltà medicea è sottolineata anche dalla partecipazione all'ambasceria fiorentina che recò a Leone X le congratulazioni della città nel 1513, dal viaggio che fece a Bologna per accompagnare lo stesso pontefice nel 1515 e infine dalla carica di vicario di Vico Pisano che sosteneva quando venne a morte. Alla luce delle successive vicende l'opposizione ai Medici del C. appare dunque un episodio contingente dettato da un calcolo d'opportunità, e non da una scelta politica, sia pur motivata da interessi economici.
Il centro delle attività del C., soprattutto dopo la morte del fratello Piero, restò la Francia, mentre i suoi fratelli Cappone e Girolamo e i suoi nipoti continuavano a curarne gli interessi italiani, come nel caso della compagnia di Pisa (ove il C. aveva oltre 3.000 fiorini) che a causa della ribellione della città venne intestata a un prestanome (Firenze, Bibl. naz., Archivio Capponi, n. 2, cc. 68 ss.). Specie dopo la morte di Carlo VIII il C. fu molto vicino agli ambienti della corte francese e la sua attività di consigliere e di finanziere in questi anni non è forse ancora stata messa sufficientemente in luce. Nel luglio del 1498, a Parigi, affiancò gli oratori fiorentini giunti a congratularsi con Luigi XII (e si avverta che nelle istruzioni della Signoria si invitavano gli ambasciatori a servirsi dei Capponi di Lione per la spedizione delle lettere) e pare che consigliasse loro di corrompere tre o quattro grandi personaggi della corte per guadagnare a Firenze il favore del nuovo sovrano. Nell'ottobre dello stesso anno ritroviamo il C. accanto all'oratore napoletano inviato a Luigi XII. Nel gennaio del 1499 il C., di fronte alla prospettiva dell'intervento francese contro Ludovico il Moro, fu nettamente schierato a favore dello Sforza insieme con alcuni esponenti della corte francese, fra cui l'arcivescovo di Rouen, George d'Amboise, e, a quanto pare, giunse a offrire 100.000 ducati da parte di Ludovico il Moro se fosse stata evitata l'invasione del ducato di Milano. Nello stesso gennaio il C. fu in Piemonte presso il marchese di Saluzzo, Ludovico II (che era fra l'altro cliente del suo banco lionese: Arch. di Stato di Firenze, FondoCapponi, n. 51, passim), sempre con l'intento di evitare che l'alleanza fra Veneziani e Francesi sortisse effetti non desiderati. Incorso nelle ire di Luigi XII per questo atteggiamento, non perse tuttavia di prestigio e nel marzo del 1499 ospitò nella sua casa di Lione il barone di Trans, Louis de Villeneuve, in viaggio verso la Provenza. Il libro dei conti della compagnia lionese di Alessandro e Neri Capponi (Ibid., Fondo Capponi, n. 51) rivela una nutrita attività d'affari fra il 1500 e il 1502: il rallentamento successivo dovrebbe esser dovuto a una sempre più netta opposizione fra la corona francese e i Capponi, che oltre che di Ludovico il Moro, furono anche fautori del re di Napoli Federico d'Aragona; la ditta lionese proseguì comunque le sue attività, sia pure con prolungate interruzioni, anche dopo il ritorno in Italia del Capponi.
Il C. morì a Vico Pisano nel 1519.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Carte Strozziane, s. 1, f. CCCLXIX, c. 60 (Antonio Peruzzi da Avignone [?] al C. a Firenze, 28 ag. 1480), cc. 73 s. (Antonio Altoviti [?] da Roma al C. a Firenze, 19 luglio 1488 ); s. 2, f. CXXVIII, cc. 16 ss. (Gino Capponi, portata al catasto del 1469); s. 3, f. CXXXIII, c. 134 (Tommaso Sassetti da Firenze al C. a Lione, 13 dic. 1485); s. 3, f. CXLV, c. 95 (il C. a Lorenzo di Filippo Strozzi, da Lione, 2 genn. 1502); Ibid., Mediceo avanti il Principato, f. CXLV, n. 217 (il C. da Vico Pisano a Goro Gheri, 9 maggio 1519); Ibid., Fondo Capponi, n. 55 ("Libro di Neri e Alessandro di Gino di Neri Capponi e compagni dí Lione"); Ibid., Notarile Antecosimiano, B 1063, II, c. 80; III, cc. 29v-30, 106v-107, ecc.; Firenze, Biblioteca nazionale, Archivio Capponi, n. 1 ("Libro" di Cappone Capponi); n. 2 ("Libro segreto" dei figli di Gino e di Neri Capponi); n. 140 (Libro di Gino di Neri di Gino Capponi, 1467-88); Ibid., Poligr. Gargani, n. 483; Delizie degli eruditi toscani, XXI(1785), pp. 58, 92, 228, 318, 326; XXII (1786), pp. 9, 34; M. Sanuto, Diarii, Venezia 1879, I, col. 433; II, coll. 199, 576; I. Nardi, Istorie..., II, Firenze 1888, p. 28; F. Guicciardini, Storie fiorentine, a cura di R. Palmarocchi, Bari 1931, pp. 119,324,330; N. Machiavelli, Legaz. e Commissarie, a cura di S. Bertelli, Milano 1964, p. 1495; A. Desjardins - G. Canestrini, Négociations diplom. de la France avec la Toscane, I, Paris 1859, pp. 638-641, 648-679; II, ibid. 1861, p. 20; C. Guasti, Delle relazioni diplom. tra la Toscana e la Francia in Arch. stor. ital, n. s., XIV (1861), 2 pp. 59, 64, 67; H. de Charpin-Feugerolles, Les Florentins à Lyon, Lyon 1893, p. 44; L. G. Pélissier, Louis XII et Ludovic Sforza. Documents sur la domination française, I, Paris 1896, pp. 23 s., 164, 183, 223, 281, 368, 479; Id., Documents relatifs au règne de Louis XII et à sa polit. en Italie, Montpellier 1912, p. 121; E. Picot, Les Italiens en France au XVIe siècle, Bordeaux 1901-1918, pp. 106 s.; A. Rouche, La nation fiorentine de Lyon au commencement du XVIe siècle, in Revue d'histoire de Lyon, XI (1912), p. 65; G. B. Picotti, La giovinezza di Leone X, Milano 1927, pp. 558, 595; M. Lupo Gentile, Pisa, Firenze e Carlo VIII, Pisa 1934, pp. 27, 34, 33; C. Belloni, Dizion. stor. dei banchieri italiani, Firenze 1951, p. 58; R. A. Goldthwaite, Private Wealth in Renaiss. Florence. A study of four families, Princeton, N. J., 1968, pp. 188, 195-199, 204-208, 212, 214, 218; M. E. Mallett, Anglo-Florentine Commercial Relations, 1465-1491, in The Economic History Review, XV(1962), 2, p. 259; Id., Pisa and Florence in the Fifteenth Century, in Florentine Studies. Politics and Society in Renaissance Florence, a cura N. Rubinstein, Evanston 1968, pp. 436 s.; R. De Roover, Il banco Medici dalle origini al declino (1397-1494), Firenze 1970, pp. 448, 526 n.; A. Molho, The Florentine "Tassa dei Traffichi" of 1451, in Studies in the Renaiss., XVII (1970), p. 102; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, sub voce Capponi, tav. XV.