PAGLIARESI, Neri di Landoccio
PAGLIARESI, Neri di Landoccio. – Nacque a Siena all’incirca nel 1350 da una famiglia magnatizia di tradizione ghibellina del terzo di S. Martino.
Presenti nel Concistoro sin dalla metà del Duecento, i Pagliaresi espressero diversi giudici (tra i quali un Giovanni, fratello di Landoccio) e un vescovo domenicano di Massa Marittima (Galgano).
Neri fu uno dei più stretti seguaci di santa Caterina da Siena, suo ‘segretario’, scriba e collaboratore per sei - sette anni, nonché autore in prima persona di composizioni poetiche a tema religioso. Si era avviato in giovane età a una promettente carriera pubblica. Il 1° settembre 1370 fu infatti eletto al consiglio generale del Comune di Siena; pochi mesi dopo (gennaio 1371) fu candidato (invano) alla carica di podestà di Montalcino; negli anni successivi fu eletto per due volte agli Ordini (1° novembre 1372 e 1° gennaio 1375). Nel frattempo aveva fatto parte per due volte ancora del consiglio generale (Luongo, 2006).
Forse già a quest’epoca aveva dato prova delle sue propensioni letterarie, ovviamente sul versante laico. Nei medesimi anni, tuttavia, era già in contatto diretto con Caterina; trovandosi ad Asciano senese forse per motivi politici, ricevette da lei una lettera personale, con la quale venne ammesso – tra i primi laici – nella cerchia dei collaboratori più stretti (o familia, come fu chiamato quel gruppo, a imitazione dell’entourage dei collaboratori dei vescovi). La data è incerta: si oscilla tra il 1372 e il 1373 (meno verosimilmente, 1371). Vi fu probabilmente un periodo nel quale Pagliaresi rimase incerto sulla strada da prendere: ma l’opzione per una vita da laicus religiosus la fece certo prima del 1374, quando fu lui a introdurre nella cerchia caterinate il notaio Cristoforo di Gano Guidini (che lo racconta nel suo Libro di memorie). In quell’anno compaiono inoltre tra i seguaci della santa Nigi di Doccio Arzocchi, Gabriele di Davino Piccolomini, Francesco di Vanni Malavolti, Stefano Maconi, tutti residenti nel terzo di S. Martino. Nel 1375, Pagliaresi entrò a far parte della Compagnia di Cristo Crocifisso e della sua benedetta Madre Vergine Maria sotto le volte dell’ospedale di S. Maria della Scala, della quale molti fedeli senesi della santa facevano parte (cfr. Nardi, 2013).
La memoria dell’attivo proselitismo di Pagliaresi restò ben salda, come testimoniano le deposizioni rese al Processo Castellano, celebrato a Venezia ai primi del Quattrocento. Tra i suoi meriti maggiori, vi fu in effetti quello di aver ‘reclutato’ alla causa della santa i già menzionati Maconi e Malavolti. Quest’ultimo in particolare rammenta l’amicizia giovanile con Pagliaresi e il cambiamento di vita di lui – folgorato dall’incontro con Caterina – come stimolo alla sua propria conversione.
All’interno del ristretto gruppo (una ventina di persone), Pagliaresi sembra aver avuto un ruolo particolare di uomo di fiducia e di accompagnatore («in multis locis fuit cum virgine et unus de scriptoribus suis», secondo Tommaso Caffarini: Processo Castellano, §§ 90 e 40 s.), specie per i contatti esterni (con i poteri civili e religiosi). Ciò poté accadere anche in Siena (certo per la sua pregressa esperienza, Pagliaresi appare nel settembre 1375 a fianco del senatore, la massima autorità politica della città), ma soprattutto extra moenia. Nei primi mesi del 1376 egli fu a Lucca e trattò con la Repubblica perché non partecipasse alla lega antipapale; con Raimondo da Capua, generale dei domenicani, fu poi ad Avignone, per preparare il viaggio di Caterina (maggio-giugno). Nell’itinerario di ritorno, contrasse la peste (Genova, ottobre 1376) e ne sarebbe stato miracolosamente guarito («recordor etiam de miraculosa sanatione Nerii Landocci de Pagla[rensibus]», dice un testimone del Processo Castellano, § 90). Nel novembre-dicembre dello stesso anno fu a Pisa. Accompagnò poi la domenicana in occasione della fondazione del monastero di Belcaro (primavera 1377) e nel soggiorno in Val d’Orcia presso i Salimbeni (estate-autunno). Nel 1378 fu dapprima a Firenze e poi (da fine novembre, per un periodo abbastanza lungo) a Roma, ove incontrò il papa. Nel giugno 1379 fu a Perugia e dalla seconda metà del 1379 a Napoli per indurre la regina Giovanna a sostenere Clemente VII; ivi assisté alla morte della santa (29 aprile 1380).
A proposito delle testimonianze scritte dell’azione politica e ‘pubblica’ della santa, si è parlato di una piccola cancelleria (anche se alla buona e molto rudimentale: Dupré Theseider, 1932). Pagliaresi ne fece ovviamente parte.
Inevitabilmente, le scritture da lui prodotte nel relativamente breve ma intensissimo periodo della sua intima consuetudine con la santa hanno rivestito grande importanza per gli studi cateriniani. Ciò vale in particolare per l’epistolario, che ha posto agli studiosi difficili problemi di metodo, in conseguenza della natura dei testi. Si tratta infatti di lettere dettate dalla santa (la vidi «dictare quasi innumeris vicibus et per plures annos, et inter alios per magnum tempus fuimus virginis scriptores», riferisce Malavolti nella sua testimonianza al Processo Castellano, e dunque evidentemente ‘mediate’ dai collaboratori sin dalla prima stesura. Rarissimamente sono sopravvissuti gli originali firmati dai segretari ed effettivamente inviati ai destinatari (uno, conservato nel ms. T.III.3 della Biblioteca dell’Accademia degli Intronati di Siena, è dovuto proprio a Pagliaresi). Si tratta invece di minute o trascrizioni successivamente scambiate, trascritte, assemblate per scopi di edificazione spirituale (ancora viva Caterina) e fatte poi variamente circolare. A Pagliaresi si deve in particolare la redazione del manoscritto 3514 della Österreichische Nationalbibliothek di Vienna, autografo contenente circa 200 lettere, che il suo scopritore, Eugenio Dupré Theseider, pose a base della sua edizione dell’epistolario cateriniano (1940). Pure autografo di Pagliaresi è il codice Magliabechiano XXXVIII 130 (Firenze, Biblioteca nazionale centrale), una raccolta da lui precocemente predisposta a scopo di privata utilizzazione (prima della più ampia risistemazione del materiale epistolare).
La rielaborazione e costruzione della memoria cateriniana avvenne ovviamente a partire dal 1381, quando (dopo un soggiorno a Firenze nel febbraio) Pagliaresi rientrò nella città natale, e per 25 anni – sino alla morte – visse in un luogo appartato al di fuori dello spazio urbano, mantenendo tuttavia stretti rapporti coi sodali, in particolare con Stefano Maconi. Attese dunque alla compilazione della raccolta dell’epistolario, alla traduzione in volgare e alla diffusione della Legenda sancte Catherine redatta da Raimondo da Capua, e alla redazione di poesie dedicate alla senese e di altre composizioni poetiche a tema religioso, sempre in volgare. Solo una parte di questi testi è sopravvissuta: il capitolo Spento èel lume (dedicato alla santa), la Leggenda di santo Giosafà, sicuramente suoi; l’Istoria di santa Eufrosina e alcune laudi, attribuitegli con molta verosimiglianza. Pagliaresi conservava anche le reliquie di Caterina, come un dente e la cappa (a lei carissima, più volte rabberciata), infine giunta nel 1398 a Venezia.
Morì il 12 marzo 1406 a Siena, nello spedale della Scala.
Nel suo testamento legò al monastero di Monte Oliveto alcune altre reliquie della santa e il suo manoscritto con il rifacimento dell’epistolario.
Fonti e Bibl.: L. Auvray, Les deux versions italiennes de la légende de Sainte Catherine de Sienne par Raymond de Capoue. À propos du ms. Ital. 2178 de la Bibliothèque Nationale, in Bulletin italien, X (1910), pp. 1-23; R. Fawtier, Sainte Catherine de Sienne (Essai de critique des sources), Paris 1921, ad ind.; E. Dupré Theseider, Un codice inedito dell’epistolario di santa Caterina da Siena, in Bull. Ist. stor. ital., XLVIII (1932), pp. 17-56; Id., Il problema critico delle lettere di santa Caterina da Siena, Roma 1933; Id., Introduzione, in Epistolario di Caterina da Siena, I, Roma 1940, pp. XIII-CXI; Fontes vitae s. Catherinae Senensis historici. Il “Processo Castellano”, a cura di M.H. Laurent o.p., Milano 1942, ad ind.; Cantari religiosi senesi del Trecento, a cura di G. Varanini, Bari 1965, in partic. pp. 5-189 (ediz. della Leggenda di santo Giosafà), pp. 455-464 (per la biografia); N. Pagliaresi, Rime sacre di certa o probabile attribuzione, a cura di G. Varanini, Firenze 1970, in partic. pp. 3-7, 233-247 (edizione delle principali testimonianze coeve); T. Caffarini, Libellus de supplemento: legende prolixevirginis beate Catherine de Senis, a cura di G. Cavallini - I. Foralosso, Roma 1974, pp. 389-391; A. Barilaro o.p., Raro cimelio su s. Caterina da Siena. Manoscritto trecentesco della lettera n. 192 a Neri di Landoccio presso il convento domenicano di S. Rocco di Acireale (Catania), Palermo 1980, pp. 10-12; A. Volpato, Il contributo di Eugenio Dupré Theseider agli studi cateriniani, in Atti del simposio internazionale cateriniano-bernardiniano, Siena ...1980, a cura di D. Maffei - P. Nardi, Siena 1982, pp. 255-270; U. Morandi, Il notaio Cristoforo di Gano e le sue Memorie, in Nuovi studi cateriniani, II (1985), pp. 153-156; E. Brizio, L’elezione degli uffici politici nella Siena del Trecento, in Bull. senese di storia patria, XCVIII (1991), p. 16-62; Id., Siena nel secondo Trecento: organismi istituzionali e personale politico dalla caduta dei Dodici alla dominazione viscontea (1368-1399), diss., Università degli studi di Firenze, 1992; G. Frosini, Il principe e l’eremita. Sulla tradizione dei testi italiani della storia di Barlaam e Iosafat, in Studi medievali, s. 3, XXXVII (1996), pp. 1-63; P. Nardi, Siena e la Curia pontificia nel 1378, inLa Roma di s. Caterina da Siena, a cura di M.G. Bianco, Roma 2001, pp. 64 s.; Id., Origini e sviluppo della Casa della Misericordia nei secoli XIII e XIV, in La Misericordia di Siena attraverso i secoli dalla Domus Misericordiae all’Arciconfraternita di Misericordia, a cura di M. Ascheri - P.Turrini, Siena 2004, p. 82; U. Meattini, Introduzione, in Caterina da Siena, Le lettere ai papi e ai vescovi, Milano 2005, pp. 9 s.; L. Leonardi, Il problema testuale dell’epistolario cateriniano, in Dire l’ineffabile. Caterina da Siena e il linguaggio della mistica, a cura di L. Leonardi - P. Trifone, Firenze 2006, pp. 75-84; G. Frosini, Lingua e testo nel manoscritto viennese delle lettere di Caterina, ibid., pp. 91-112,; F.Th. Luongo, The saintly politics of Catherine of Siena, Ithaca-London 2006, pp. 119, 123, 137, 140, 142, 144-147 (fondamentale scheda biografica), pp. 152 s.; P. Nardi, S. Caterina e Siena, in Virgo digna coelo. Caterina e la sua eredità, Convegno internazionale in occasione del 550° anniversario della canonizzazione di santa Caterina da Siena (1461-2011), Roma-Siena, 27-29 ottobre 2011), Roma 2013, p. 178.