CAMBI, Nero
Mercante, banchiere e uomo politico fiorentino nato intorno alla metà del Duecento.
A proposito del nome di Nero Cambi l'Ottokar faceva presente la necessità di "essere circospetti in ogni affermazione "prosopografica" e genealogica nella storia fiorentina di questi tempi" (p. 84), perché gli risultavano ben quattro personaggi vissuti contemporaneamente e ricordati dai documenti tutti con quel nome e cognome. In realtà in altro luogo (p. 48) lo stesso Ottokar aveva asserito di conoscere "almeno tre Neri Cambi", e la sua esitazione va probabilmente risolta nel senso che accanto al "Neri Cambi capsettarii" e al Nero Cambi del popolo dei SS. Apostoli, i documenti non ci fanno conoscere che un solo terzo Nero Cambi, poiché quello che fu priore altri non era che il Nero Cambi del Tedesco menzionato nel 1303 negli atti di Matteo Biliotti come appartenente al popolo di S. Trinita.
All'Ottokar sfuggì che "Nero F. Chanbi del Tedessco" compare fin dal 1274 nei libri della compagnia di Riccomanno e Simone Iacopi, di cui era socio (cfr. Sapori, p. 387): si trattava di un notevole mercante che risulta registrato nella matricola di Calimala il 12 luglio 1279, mallevadore di Lapo Riccomanni nel 1284, due volte priore nell'ultimo decennio del Duecento e consigliere nel 1292-94.
Alla fine del secolo egli rappresentava a Roma, con Simone Gherardi, la compagnia degli Spini ed era uno dei principali agenti del raggruppamento politico dei neri alla corte di Bonifacio VIII. Dino Compagni ricorda la sua astuzia e la sua grossolanità, insistendo sulle sue modeste origini - suo padre era affinatore d'argento - e non dimenticando di menzionarlo fra quei pochi caporioni della parte nera a cui "rimase la Signoria della città" dopo il rivolgimento del 1301: fu infatti priore nell'aprile-giugno del 1302 e nello stesso anno fu dei deputati sulle libre e prestanze. Nonostante la sua scarsa cultura - ignorava il latino - si preoccupò di farsi tradurre in volgare Sallustio da Bartolomeo di San Concordio. Al pari di molti dei mercanti fiorentini dell'epoca, approfittò della buona introduzione presso la Curia romana per avviare alla carriera ecclesiastica uno dei suoi figli, Lamberto, che nel 1298 era canonico di Suelli, in Sardegna. Il C. dovette morire nei primi anni del Trecento.
Con Lamberto va forse identificato l'omonimo notaio, del popolo di S. Trinita, che, abbandonata la carriera ecclesiastica, quattro volte priore fra il 1311 e il '30, morì il 4 apr. 1331 e fu sepolto in S. Maria Novella nella cappella dei cosiddetti Cambi Importuni, nome col quale vennero identificati i Cambi discendenti da Nero del Tedesco.
Da Lamberto conosciamo un Alessandro, più volte priore. Da questo Alessandro un Luigi, quattro volte priore nella prima metà del Quattrocento, membro della Balia del 1434 e di quella del 1438. Come priore e come ufficiale del Monte, suo figlio Alessandro fu membro della Balia del 1452 e fu poi anche chiamato a far parte della Balia del 1458. Nel 1473 Luigi, suo figlio, sposato a Diamante di Matteo Bartoli e che acquistò proprietà nel contado pisano, fu vicario di Firenzuola.
La fedeltà ai Medici della famiglia è dimostrata anche dalla carriera politica di Nero di Stefano di Alessandro, cugino di Alessandro di Luigi, e padre del cronista Giovanni, che fece parte delle Balie del 1452, 1471e 1480, fu podestà di Prato nel 1474e vicario di Certaldo nel 1478, e infine, primo della famiglia, conseguì la massima carica dello Stato, il gonfalonierato, nel novembre-dicembre del 1488. Ma proprio in questa occasione ero incorse nelle ire dei Medici; racconta infatti il Guicciardini che "sendo Nero Cambi gonfaloniere di giustizia ed avendosi a trarre la nuova Signoria" risultarono assenti da Firenze, e senza licenza, alcuni dei "collegi" che dovevano concorrere all'elezione; il gonfaloniere allora "propose a' compagni di ammunire tre o quattro de' collegi" e, per persuaderli, sostenne, falsamente, "che così era la volontà di chi reggeva", cioè di Lorenzo de' Medici (pp. 69-70): questi, irritatissimo, decretò la disgrazia politica di Nero che doveva poi trovar riflesso nell'atteggiamento antimediceo del cronista Giovanni, suo figlio.
Fonti e Bibl.: Firenze, Biblioteca nazionale, Poligrafo Gargani, nn. 456, 457, 458; Archivio di Stato di Firenze, Mediceo avanti il Principato, f. XXI n. 300(Luigi di Alessandro); ff. XXIX n. 33, XXXVn. 268; f. XXXVI n. 413 (Nero di Stefano); D. Compagni, Cronica delle cose occorrenti ne' tempi suoi, in Rer. Italic. Script., 2ediz., IX, 2, a cura di I. Del Lungo, ad Indicem;F. Guicciardini, Storie fiorentine, a cura di R. Palmarocchi, Bari 1931, pp. 69 s.; N. Sapegno, Il Trecento, Milano 1934, p. 144; A.Sapori, Studi di storia economica medievale, I, Firenze 1955, pp. 374, 376-79, 382, 387, 390 s.;N. Ottokar, Il Comune di Firenze alla fine del Dugento, Torino 1962, pp. 48, 78, 84;R. Davidsohn, Storia di Firenze, Firenze 1955-68, ad Indicem;N.Rubinstein, Il governo di Firenze sotto i Medici (1434-1494), Firenze 1971, pp. 303, 314, 327, 330, 333, 346, 364, 371.