Neskol′ko dnej iz žizni I.I. Oblomova
(URSS 1979, Oblomov, colore, 143m); regia: Nikita Michalkov; produzione: Mosfil′m; soggetto: dal romanzo Oblomov di Ivan Aleksandrovič Gončarov; sceneggiatura: Aleksandr Adabas′jan, Nikita Michalkov; fotografia: Pavel Lebesev; montaggio: Eleonora Praksina; scenografia: Aleksandr Abadas′jan, Aleksandr Samuelkin; musica: Eduard Artem′ev.
Il proprietario terriero Il′ja Il′ič Oblomov trascorre la maggior parte delle giornate nel chiuso di una stanza fra letto e tavola. Questo torpore naturale è a stento rotto dalle scaramucce con il burbero servo Zachar. Solo l'arrivo di Stol′c, suo compagno d'infanzia, sembra avere il potere di scuoterlo. Questi vorrebbe farne un uomo dinamico, inserito nella vita sociale. Oblomov lo asseconda più per affetto che per convinzione. Una svolta nella sua vita sembra essere l'incontro con Ol′ga, della quale si innamora ricambiato, anche se è sconvolto dalla prospettiva di concretizzare il proprio sentimento. Inoltre, sospetta che la giovane sia attratta da Stol′c, che possiede tutte le qualità che a lui mancano. Una gita in calesse che li vede riuniti tutti e tre in uno scorcio di serenità è l'ultima immagine che abbiamo di Oblomov. Gli sviluppi del racconto vengono sintetizzati dalla voce fuori campo: Ol′ga sposerà Stol′c, Oblomov la vedova Agaf′ja Matveevna, morendo di lì a qualche anno. La sequenza conclusiva torna alla narrazione diretta: nella casa di Ol′ga e Stol′c è ospite un figlio di Agaf′ja, si annuncia l'arrivo della vedova di Oblomov, il bambino corre incontro alla madre.
Nel secondo lungometraggio di matrice letteraria dopo il čechoviano Neokoncennaja p′esa dlja mechaničeskogo pianino (Partitura incompiuta per pianola meccanica, 1976), Nikita Michalkov rimaneggia l'imponente e complessa materia narrativa del capolavoro di Gončarov, riducendola drasticamente (il titolo originale del film recita appunto 'Qualche giorno nella vita di I.I. Oblomov') fino alla quasi totale cancellazione dell'ultimo terzo del romanzo. Per contro, un episodio quasi accennato come quello della partenza di Stol′c dalla casa paterna viene dilatato a una dimensione simbolica ‒ è il distacco da Oblomovka, la terra di famiglia, e dalla sua norma, condizione indispensabile per la 'guarigione' ‒ e viene del tutto reinventato il finale. Viceversa, i personaggi mantengono le caratteristiche psicologiche volute da Gončarov, con la parziale eccezione di Ol′ga, qui forse meno negativa e 'cerebrale' ma anche meno complessa, più romantica e melodrammatica (anche il leitmotiv che l'accompagna, il belliniano Casta Diva, sembra risultare più indicazione di incantevole fragilità che non di posa). Il regista lavora sulla costruzione drammaturgica, tendendo "a spostare il luogo di pertinenza del romanzo dall'io astratto e atemporale del narratore alla soggettività combattuta e presente del personaggio" (L. Stefanoni), con un procedere per segmenti rispetto ai quali la voce fuori campo funziona non solo da connettivo, ma anche come sovrapposizione, quasi egli intendesse offrirci due testi paralleli, dove la narrazione orale non si limita a ricucire le ellissi del racconto filmico, ma instaura un rapporto in qualche modo dialettico con l'immagine.
Inoltre, Michalkov usa sistematicamente il fuori campo, procedendo per sottrazione anche nei confronti del sontuoso materiale visivo (emblematica in questo senso la sequenza della gaffe di Oblomov durante la visita a Ol′ga, intuibile dalle voci e dai rumori che trapelano attraverso una porta e dalle espressioni dei personaggi che di lì passano, come in tanti film di Lubitsch). Fuori campo è buona parte del vissuto del protagonista, riassunto in una sorta di 'spazio infantile', o della rimozione, talora in modo concreto, negli anfratti polverosi dell'appartamento-rifugio, talaltra nella dimensione onirica, o del ricordo. Fuori campo fino all'ellissi totale risulta soprattutto la figura di Agaf′ja, simbolo assente ‒ e perciò onnipresente ‒ di Oblomovka, ovverossia la Gran Madre Russia, come rivela il magniloquente dolly della sequenza conclusiva. In essa il bambino di Oblomov si allontana tra i campi, verso gli anfratti del fiume, fino a quando è avvertibile solo la sua voce, facendo ritorno alla madre a dispetto dell'educazione 'moderna', a perpetuare una vocazione che si perde in tempi fuori della Storia. La madre si identifica nella pianura sterminata e solenne che accoglie e nasconde, una parte di Europa fuori dall'Europa, caratterizzata da un inverno sonnolento come la gattopardesca estate siciliana, che parimenti segna in maniera indelebile il carattere dei suoi figli. L'oblomovismo, sembra volerci dire Michalkov sia pure con la consueta, elusiva ambiguità, non è un fatto legato a una classe sociale, ma un dato, entro certi limiti eterno e immutabile, dell'animo russo; si insinua così, nelle elegantissime apparenze di un film la cui matrice dovrebbe essere garante di classicità, un irrequieto rifiuto della Storia, se non proprio una constatazione di invivibilità della vita.
Interpreti e personaggi: Oleg Tabakov (Il′ja Il′ič Oblomov), Iurij Bogatyrev (Andrej Ivanovič Stol′c), Andrej Popov (Zachar), Elena Solovej (Ol′ga Ilinskaja), Avangard Leont′ev (Alekseev), Gleb Striženov (barone), Evgenij Steblov (padre di Oblomov), Andrej Razumovskij (Oblomov da piccolo), Oleg Kozdov (Stol′c da piccolo), Elena Klesevskaja (Katja, cameriera di Ol′ga), Galina Šostko (zia di Ol′ga), Evgenija Glusenko (madre di Oblomov), Nikolaj Pastuchov (padre di Stol′c), Anatolij Romasin (voce narrante).
[G.] Mosk[owitz], A Few Days in the Life of I.I. Oblomov, in "Variety", May 28, 1980.
B. Amengual, Quelques journées dans la vie d'Oblomov, in "Positif", n. 232-233, juillet-août 1980.
L. Stefanoni, Una diversità radicale aperta alla ricerca, in "Cineforum", n. 198, ottobre 1980.
F. Navailh, Quelques jours dans la vie d'Oblomov, in "La revue du cinéma", n. 360, avril 1981.
M. Portal, Quelques jours dans la vie d'Oblomov, in "Jeune cinéma", n. 135, juin 1981.
J. Pym, Ne skolko dnei iz zhizni I.I. Oblomov, in "Monthly film bulletin", n. 573, October 1981.
B. Davies, Oblomov, in "Films and filming", n. 326, November 1981.
N. Michalkov, Remarques sur la dramaturgie, in "Vertigo", n. 6-7, 1991.