network televisivi nazionali
<nètuëëk ...> (in it. <nèt u̯òrk ...>) locuz. sost. m. pl. – I Rai e Mediaset hanno continuato a prevalere tra le emittenti televisive in Italia nel 21° sec., con Sky Italia, La7 (denominata Tele Monte Carlo fino al giugno 2001) e altre emittenti che seguono a distanza nella classifica degli ascolti, ma che hanno recuperato posizioni. Questa situazione, per la quale si è parlato di duopolio, si è sostanzialmente conservata nonostante l'aspro scontro politico sul controllo della Rai, la concessionaria del , e sulle norme relative alla televisione in genere, mentre l'affermarsi di tecnologie come le piattaforme satellitari, il digitale terrestre e la TV via cavo su fibra ottica hanno cambiato in parte il quadro, nel quale era già entrata da tempo la pay TV, la televisione a pagamento. L'ambito legislativo nel quale si muove la televisione in Italia è più volte mutato negli anni, pur senza stravolgimenti della situazione esistente, per es. nel 2004 con la legge Gasparri (v. Gasparri, legge) e, successivamente, con il piano nazionale di ripartizione delle frequenze, approvato nel 2008 con un decreto del ministero per lo Sviluppo economico e poi più volte modificato. La prevalenza di Rai, Mediaset e (negli ultimi anni) Sky è evidente se si considerano i volumi di affari: 2973 milioni di euro di ricavi nel 2011 per il gruppo Rai (con 4,1 milioni di utile netto) e 3241 milioni di euro di ricavi per Mediaset nello stesso anno, con 176 milioni di utile netto (esclusa la parte spagnola del gruppo); per Sky Italia, al 30 giugno, chiusura dell'anno fiscale 2012, 2919 milioni di euro di ricavi, con 201 milioni di utile netto.
Pay TV. – La pay TV esordì in Italia nel 1990 con Tele+, puntando in modo particolare sullo sport e trasmettendo, ad abbonati che dovevano avere un decoder, in analogico; dal 1997 la concorrenza venne da Stream, dapprima via cavo e poi anche via satellite. Tele+, controllata dal 1996 dalla società francese Canal Plus del gruppo Vivendi, diede il via alle trasmissioni anche via satellite e iniziò nel 2000 a sperimentare il digitale terrestre, sistema destinato poi a rimpiazzare l'analogico. La crisi finanziaria di Vivendi ha portato il gruppo francese a vendere Tele+, dalla cui fusione con Stream è nata nel 2003 Sky Italia, società del gruppo News corporation di Rupert Murdoch. Sky Italia, che ha 4,9 milioni di abbonati al 30 giugno 2012, è una piattaforma satellitare, in quanto per legge non può diffondere in digitale terrestre, sistema progressivamente adottato in Italia, regione per regione, su direttiva dell'Unione Europea, pur con alcuni rinvii: il passaggio definitivo si è concluso nel luglio 2012.
TV via cavo. – La TV via cavo in Italia nacque negli anni Settanta del secolo scorso e per anni non andò al di là dell'ambito locale, pur avendo avuto un ruolo nel contribuire alla caduta del monopolio Rai. Da quando, nella seconda metà degli anni Novanta, è stato largamente utilizzato il cavo in fibra ottica, la velocità di trasmissione e l'ampiezza di banda sono aumentate di molto e la fibra ottica è divenuta veicolo per il segnale televisivo (IPTV, Internet protocol television), la telefonia e il collegamento a Internet. La televisione via cavo è diventata così un campo di sviluppo, per es. per Sky e Telecom Italia con la propria IPTV (ex Alice home TV); un collegamento in fibra ottica permette l'abbonamento a piattaforme come Sky Italia o Mediaset. Il digitale terrestre, invece, ha favorito da una parte la nascita di servizi come i numerosi canali della piattaforma Mediaset premium e dall'altra lo sviluppo di canali cosiddetti tematici. Inoltre si sta diffondendo la televisione HD (High definition), con definizione più alta (1920×1080 pixel) rispetto a quella tradizionale del sistema europeo PAL (768×576); ancora poco diffusa la televisione 3D, tridimensionale.
TV su Internet e mobile. – Attraverso un sito web e sfruttando connessioni anche lente, vengono diffusi via Internet nuovi canali (o anche quelli tradizionali, sui siti delle emittenti). La web TV è un sistema molto più aperto, vista la limitata necessità di mezzi: essa ha permesso lo sviluppo di canali dedicati anche di pubbliche amministrazioni e ha contribuito alla crescita del . La televisione sta diventando anche mobile, permettendo la visione su smartphone e computer formato tablet dei contenuti di alcune delle piattaforme esistenti, come Sky: tale teconologia richiede una comune connessione telefonica mobile o uno standard specifico in digitale. Per questo motivo, nel momento in cui nella telefonia mobile si sta affacciando lo standard cosiddetto 4G, di quarta generazione, il piano delle frequenze televisive dovrà essere rivisto per liberare spazio per la televisione mobile.
Ascolti. – Gli ascolti ufficiali sono rilevati dall’Auditel, nella cui proprietà sono rappresentate Rai (con il 33% del capitale), Mediaset (26,6%, anche attraverso RTI, Reti televisive italiane, società del gruppo) e La7 (3%), associazioni di aziende di comunicazioni e pubblicità e di utenti della pubblicità: i prezzi della pubblicità televisiva, collegati agli ascolti, sono infatti un punto fondamentale per i bilanci delle emittenti. La tendenza generale dei ricavi della pubblicità è in calo per la televisione, così come accade per la stampa: nei primi nove mesi del 2012, rispetto allo stesso periodo del 2011, sono scesi del 14,7% (a 1,65 miliardi di euro) per Mediaset e del 17,2% per la Rai (che nell'intero 2011 aveva 883 milioni di euro di introiti pubblicitari, ma anche 1,708 miliardi dal canone di abbonamento), mentre per Sky e La7 c'è stata una crescita, rispettivamente del 7,7% e del 7,2%. Gli ascolti, riferiti alla media giornaliera dell'ottobre 2012 ed espressi come share (percentuale dei telespettatori), indicano RAI 1 in testa con il 18,20%, davanti a Canale 5 con il 15,99%; il totale dei canali Rai è del 39,11%, contro il 34,27% di Mediaset; il totale Sky è del 4,90%, La7 è al 3,44%; ben il 5,93% va ad altre emittenti digitali terrestri non rilevate nei dati Auditel.