NEUROCHIRURGIA
(v. cranio-cerebrale, chirurgia, XI, p. 793; App. II, i, p. 721; neurochirurgia, App. III, ii, p. 258)
Negli ultimi quarant'anni molte innovazioni tecniche in campo chirurgico, radiologico, anestesiologico, neurofisiologico e farmacologico hanno permesso alla n. di raggiungere ulteriori risultati nel trattamento delle molte patologie di sua pertinenza, come i tumori cranio-cerebrali e vertebro-midollari, le malformazioni vascolari cerebrali e spinali, le vasculopatie cerebrali ostruttive a livello cerebrale e dei vasi epiaortici, le mielo- e radicolopatie da ernie e da spondiloartrosi, le malformazioni ossee craniche e spinali, i traumi cranio-cerebrali e vertebro-midollari, l'idrocefalo, alcune forme di epilessia, di malattie discinetiche e di dolore, le lesioni dei nervi periferici, ecc. Ovviamente alcune di queste patologie possono essere di pertinenza sia del neurochirurgo che di altri specialisti come l'otologo, l'oftalmologo, l'ortopedico, il chirurgo maxillo-facciale, il chirurgo toracico, ecc. In questi ultimi anni sono stati messi a punto molti approcci chirurgici, talvolta praticati in collaborazione da più specialisti.
Innovazioni tecniche. - Le innovazioni tecniche importanti di questi ultimi decenni sono molte. La coagulazione bipolare fu introdotta da J. Greenwood nel 1940 e successivamente migliorata da L.I. Malis nel 1958; con la corrente bipolare è possibile coagulare piccolissimi vasi intracerebrali e intramidollari o togliere piccoli frammenti tumorali in aree critiche senza la pericolosa diffusione della corrente alle sedi adiacenti. Il microscopio operatorio ha aperto nuovi orizzonti al neurochirurgo; proposto fin dagli anni Cinquanta dall'otologo tedesco H. Wullstein, dal 1965, prevalentemente per merito di Yasargil di Zurigo, ha avuto un'ampia diffusione nelle camere operatorie di n. al punto che attualmente è impensabile poter svolgere un'attività neurochirurgica senza l'uso del microscopio, che permette non solo un ingrandimento notevole di delicatissime strutture, ma anche l'illuminazione di campi operatori molto profondi e ristretti; il suo uso rende possibile la chiusura selettiva di vasi malformati e l'asportazione di tumori in sede critica, come all'interno del tronco encefalico o del midollo spinale, e anche di grandi tumori della base cranica con la conservazione dei nervi cranici deputati a importantissime e insostituibili funzioni. L'aspiratore a ultrasuoni, di più recente introduzione, consente di frammentare minutamente e aspirare tessuti tumorali senza danneggiare le strutture immediatamente adiacenti. Esso permette quindi lo svuotamento e anche la completa asportazione di tumori situati in sedi molto pericolose, senza il ricorso a dannose manovre di trazione sul parenchima nervoso circostante. Il laser (v. in questa Appendice) è stato introdotto alla fine degli anni Settanta nella pratica neurochirurgica. Si utilizzano soprattutto quello ad anidride carbonica (CO2) e quello a neodimio: yttrio-alluminio-granato (Nd:YAG), sfruttandone le proprietà d'incidere con precisione, vaporizzare e coagulare i tessuti. Nei primi anni Ottanta numerosi autori ne sostenevano l'efficacia in n., ma poi il loro uso si è piuttosto ridimensionato; oggi sono impiegati da alcuni neurochirurghi per eseguire l'incisione mediana posteriore del midollo spinale (mielotomia posteriore), per coagulare l'impianto durale di alcuni tumori (meningioma), per l'asportazione o la biopsia di tumori intramidollari, e nella dissezione microchirurgica di tumori intrinseci del tronco encefalico. Le clips metalliche, già ideate da H.W. Cushing, ma attualmente disponibili in una quantità grandissima di forme e di volumi, danno la possibilità al neurochirurgo di chiudere aneurismi anche nelle posizioni più difficili senza interferire sul circolo dei vasi portanti, la cui occlusione determinerebbe gravissimi deficit o la morte del paziente; in tale funzione le clips metalliche hanno ormai completamente sostituito i fili di lino e di seta largamente impiegati negli anni Sessanta. La tecnica stereotassica (v. App. III, ii, p. 259) consente di raggiungere con precisione elevatissima (errore inferiore a 1 mm) un punto predeterminato dell'encefalo detto ''bersaglio'' o target allo scopo di eseguirvi un trattamento chirurgico o radioterapico. Essa richiede il fissaggio rigido al cranio di un ''casco'' o frame, che costituisce il sistema di riferimento per ricavare radiologicamente le coordinate spaziali del bersaglio e fornisce il supporto meccanico per dirigere accuratamente uno strumento al bersaglio stesso; attualmente questa tecnica trova impiego nell'esecuzione di biopsie cerebrali, nell'asportazione di lesioni profonde, in interventi di neurolesione o di impianto di cateteri o elettrodi per stimolazione cerebrale profonda (n. funzionale).
Per il trattamento dell'idrocefalo (v. App. III, ii, p. 260) è ormai a disposizione una quantità notevole di sistemi di derivazione, che permettono di drenare il liquor dalle cavità ventricolari in altri distretti extracerebrali, ma nessuno di essi è ancora in grado di eliminare le complicazioni che si possono verificare nel trattamento delle varie forme di questa patologia; al momento, la derivazione più impiegata è quella ventricolo-peritoneale.
Nella chirurgia della colonna vertebrale sono notevolmente migliorati i risultati nel trattamento delle mieloradicolopatie dopo l'introduzione dello strumentario proposto nel 1958 da R.B. Cloward di Honolulu, per l'approccio anteriore alla colonna cervicale. L'uso di tutori esterni come l'Halo cast e l'Halo vest ha dato la possibilità al neurochirurgo e all'ortopedico di migliorare notevolmente la prognosi dei pazienti colpiti da gravi traumi vertebrali o sottoposti a interventi demolitori per tumori spinali con successiva fusione ossea. In questi ultimi tempi si è resa disponibile anche una quantità molto grande di strumentario per osteosintesi metallica rigida applicabile anteriormente e/o posteriormente in tutti i segmenti della colonna in cui è necessario ottenere la stabilizzazione di questa. Alla chirurgia tradizionale dell'ernia del disco lombare con o senza microscopio sono stati proposti vari trattamenti alternativi, come la chemionucleolisi, la nucleoaspirazione, la discectomia percutanea e la disidratazione del disco mediante laser. Tutte queste nuove metodiche, accolte in un primo momento con entusiasmo, si sono venute successivamente impiegando meno, anche perché l'indicazione prevalente è spesso riservata ai casi comunque suscettibili di guarigione spontanea.
Ancora incerti sono i risultati dell'innesto di frammenti di ghiandola surrenale, prelevati dal feto o dal paziente stesso, nei nuclei della base per il trattamento di pazienti affetti da morbo di Parkinson non rispondenti alla terapia farmacologica. La stessa incertezza si riscontra per l'innesto di omento con peduncolo vascolare su superfici cerebrali o midollari in pazienti affetti da epilessia o da lesioni ischemiche.
I settori della neurochirurgia e i nuovi sviluppi. - I notevoli progressi della n. sono legati anche allo sviluppo tecnologico che in questi ultimi anni si è avuto nelle altre specialità mediche che si dedicano alla diagnosi e all'assistenza dei pazienti neurochirurgici, talvolta con la proposta di validi trattamenti alternativi a quello chirurgico. La neuroradiologia, a partire dagli anni Settanta, ha a disposizione la TAC (Tomografia Assiale Computerizzata), che permette di ottenere in maniera atraumatica una diagnosi più corretta e più precisa di molte lesioni cranio-cerebrali e vertebro-midollari; essa ha consentito di ridurre notevolmente il ricorso ad altre tecniche invasive come l'angiografia e la mielografia e di abbandonare definitivamente la pneumoencefalografia. Un ulteriore miglioramento nella definizione della sede e della natura di alcune lesioni del sistema nervoso centrale si è ottenuto con la RMN (Risonanza Magnetica Nucleare) negli anni Ottanta. Le apparecchiature per gli esami TAC e RMN sono oggetto di continue evoluzioni tecnologiche per ampliarne le possibilità. La stessa angiografia è stata molto migliorata dall'applicazione della tecnica digitale, in cui le radiazioni X emesse dal tubo catodico anziché impressionare le tradizionali pellicole determinano la formazione di immagini analogiche in un amplificatore di brillanza. I dati analogici sono poi convertiti in digitali da una catena televisiva ad alta risoluzione e da un processore. Oggi si possono ottenere immagini angiografiche anche con tecniche non invasive, come l'angio-RMN, che probabilmente sostituiranno l'angiografia eseguita con iniezione endovascolare di mezzo di contrasto.
La neuroradiologia interventistica, di nascita recente, mediante particolari tecniche, permette l'occlusione di malformazioni vascolari quali gli angiomi o gli aneurismi situati in sedi critiche, mediante l'iniezione di sostanze embolizzanti o l'impiego di corrente elettrica all'interno dei vasi. Questa metodica prevede l'introduzione per via endovascolare di spirali di platino entro la sacca aneurismatica, fino al suo riempimento. L'applicazione di corrente elettrica consente, mediante elettrolisi, il distacco delle spirali di platino dalla guida portante e la formazione di un coagulo all'interno dell'aneurisma. È prevedibile che molta chirurgia tradizionale degli aneurismi e delle malformazioni artero-venose verrà sostituita da queste metodiche meno invasive. Il trattamento embolizzante può essere a volte molto utile per ridurre la vascolarizzazione di alcuni tumori prima dell'asportazione chirurgica. Alcune malformazioni artero-venose di piccole dimensioni e in sede critica possono anche essere irradiate con il cobalto impiegando una sofisticata apparecchiatura denominata gamma unit o gamma knife o con un acceleratore lineare dotato di un sistema stereotassico e di piccoli collimatori che permettono di colpire un'area molto circoscritta di parenchima nervoso dove è presente la malformazione vascolare artero-venosa. La stessa metodica può essere impiegata nel trattamento di alcuni tumori maligni, e in casi molto selezionati anche in alcuni tumori benigni a stretto contatto con i nervi cranici, come all'interno del seno cavernoso. Sempre in ambito neuroradiologico, in alternativa alla chirurgia vascolare si possono introdurre all'interno di vasi cerebrali occlusi acutamente sostanze in grado di produrre la lisi degli emboli o trombi responsabili dell'ostruzione, ripristinando il circolo ematico. Nelle lesioni ostruttive dei vasi del collo di natura ateromasica vengono talvolta ottenuti buoni risultati con l'angioplastica transluminale che consiste nella dilatazione del vaso con un palloncino e nella frammentazione della placca. Con analoghe tecniche di angioplastica è possibile, inoltre, controllare il vasospasmo cerebrale instauratosi in seguito a emorragia subaracnoidea. Tralasciando altre molteplici innovazioni e apparecchiature impiegate dai neuroradiologi, è importante menzionare il notevole contributo dato all'attività neurochirurgica dall'uso degli ultrasuoni per lo studio con il doppler dello spasmo dei vasi cerebrali e delle stenosi dei vasi epiaortici, oltre all'utile impiego dell'eco intraoperatorio per l'individuazione di lesioni profonde nel parenchima nervoso, sia cerebrale che midollare.
Due fondamentali settori di supporto della n. come la neuroanestesia e la neurorianimazione hanno progredito moltissimo consentendo di eseguire interventi e ottenere risultati impossibili alcuni anni fa. Le attuali tecniche anestesiologiche permettono di operare in condizioni di moderata o spinta ipotensione controllata, ottenendo campi operatori praticamente esangui, oltre a rendere facile l'emostasi dei piccoli vasi sanguigni mediante corrente bipolare. Di recente, l'evoluzione tecnica della circolazione extracorporea ha aperto nuove prospettive alla chirurgia di malformazioni vascolari particolarmente delicate (per es. gli aneurismi cerebrali giganti o quelli del circolo posteriore). Ora si possono infatti operare tali malformazioni in arresto di circolo e ipotermia profonda, agevolandone la manipolazione chirurgica. Per tali interventi è però necessaria una complessa organizzazione e, fra l'altro, la disponibilità di un'équipe cardiochirurgica. Attività di assistenza come la terapia intensiva e la rianimazione, espletate dagli anestesisti, sono di grande aiuto ai pazienti che hanno subito interventi neurochirurgici particolarmente impegnativi e che rimangono in terapia intensiva e spesso in assistenza respiratoria meccanica anche per molti giorni dopo l'intervento. La neurorianimazione permette inoltre di salvare molti pazienti colpiti da gravi traumi cerebrali e midollari e da ictus cerebrale. Di pertinenza degli anestesisti è anche il trattamento del dolore acuto e cronico, particolarmente con l'uso sistemico e intratecale di analgesici morfinomimetici nelle tecniche percutanee di blocco o di lisi di strutture nervose centrali e periferiche.
L'apporto della neurofisiologia, con le registrazioni intraoperatorie sia elettromiografiche che con potenziali evocati (motori, sensoriali e uditivi), è di grande aiuto per il rispetto dei nervi intracranici e del tronco encefalico. Sono disponibili apparecchiature che avvertono con un suono il chirurgo quando è vicino a tali strutture. La registrazione elettroencefalografica intraoperatoria permette di valutare la tollerabilità dell'encefalo durante la chiusura temporanea dei vasi sopra-aortici deputati all'irrorazione dell'encefalo e dei vasi intracranici.
La farmacologia, in continuo progresso in ogni campo medico, ha dato in questi anni un notevole contributo all'attività neurochirurgica. Farmaci quali i corticosteroidi, il mannitolo e il glicerolo combattono efficacemente il rigonfiamento e l'edema cerebrale che accompagnano numerose lesioni cerebrali, e possono costituire una temibile complicanza post-operatoria o post-traumatica. Sostanze come i calcioantagonisti e i lazaroidi, ora in sperimentazione, potrebbero ridurre la morbilità e mortalità nei pazienti colpiti da spasmo delle arterie cerebrali in seguito a emorragia subaracnoidea.
La bromocriptina e sostanze simili hanno ridotto la necessità di operare parte degli adenomi ipofisari; esse, infatti, si sono dimostrate in grado di mantenere sotto controllo l'abnorme produzione ormonale di alcuni di questi tumori, e talora determinano anche la stabilizzazione o riduzione del volume della eteroplasia ipofisaria. La disponibilità di molti farmaci più efficaci e meno tossici e la possibilità di dosarne la rispettiva presenza nel sangue hanno permesso di curare molto meglio le varie forme di epilessia, riducendo notevolmente l'indicazione a operare questi pazienti. Lo stesso discorso vale anche per alcune malattie discinetiche e in particolare per il morbo di Parkinson grazie all'impiego del larodopa e di altre sostanze. Negli ultimi vent'anni, l'uso di nuovi efficaci psicofarmaci in molte malattie psichiche gravi ha fortunatamente ridotto fino a quasi eliminarlo il ricorso alla psicochirurgia, responsabile peraltro delle tanto discusse modificazioni della personalità del paziente. La chemioterapia antiblastica non ha fornito, nel trattamento dei tumori cerebrali maligni, gli stessi progressi ottenuti in altri settori oncologici. Tuttavia, come trattamento coadiuvante, associato alla chirurgia e alla radioterapia, può in molti casi arrecare vantaggi. Le indicazioni al trattamento chemioterapico riguardano i gliomi maligni (glioblastoma multiforme, astrocitoma, oligodendroglioma ed ependimoma anaplastici), i medulloblastomi, i pinealoblastomi e germinomi, i linfomi cerebrali, i meningosarcomi, alcune metastasi cerebrali, gli osteosarcomi. I farmaci utilizzati e il loro dosaggio dipendono ovviamente dalla neoplasia da trattare. Va segnalato che, nella maggioranza dei casi, il trattamento è perfettamente tollerato e non peggiora la qualità della vita.
Ultimamente, anche nell'ambito della n. si sono create ulteriori specialità come la neurotraumatologia, la neurochirurgia infantile e la neurochirurgia funzionale. Queste superspecializzazioni sono utili per migliorare la diagnostica, la tecnica operatoria e l'assistenza in settori più particolari della neurochirurgia. In alcuni centri neurochirurgici sono state anche istituite le unità spinali e le unità cerebro-vascolari. La neurotraumatologia si occupa in modo peculiare dei traumi cranio-encefalici e vertebro-midollari e può avvalersi di una sezione definita unità spinale dove vengono curati i gravi mielolesi per i quali è necessaria la collaborazione di molti specialisti. È opportuno notare che i traumi cranio-cerebrali sia in Italia che all'estero sono diminuiti da quando è stato reso obbligatorio l'uso del casco per i motociclisti, e ulteriori vantaggi si potrebbero ottenere dall'uso delle cinture da parte degli automobilisti, se tutti si attenessero alle disposizioni di legge.
La n. infantile prende in considerazione pazienti dalla nascita fino a 16 anni, e specialmente per il trattamento dei più giovani si avvale della collaborazione di pediatri e neuropediatri. La n. funzionale comprende: la chirurgia dell'epilessia, indicata in casi selezionati di epilessia focale farmaco-resistente; la chirurgia dei disturbi del movimento, quali alcune forme di morbo di Parkinson, discinesie, distonie, spasticità da paralisi cerebrale infantile; la chirurgia del dolore cronico (come le nevralgie del trigemino e del glossofaringeo), particolari forme di dolore post-traumatico o da insufficienza vascolare, le algie da cancro. L'impianto chirurgico di sistemi per il rilascio graduale e controllato di farmaci nel sistema nervoso centrale sta trovando un'applicazione sempre più vasta nel trattamento del dolore cronico maligno e della spasticità. L'impiego di farmaci antiormonali ha notevolmente ridotto la pratica della ipofisectomia nel trattamento di tumori maligni ormono-dipendenti.
Le prime unità cerebro vascolari (UCV) sono state istituite negli Stati Uniti (stroke unit) intorno alla metà degli anni Settanta e da allora in tutti i paesi industrializzati il loro numero è progressivamente cresciuto. All'istituzione delle UCV, sull'esempio delle unità coronariche, si è giunti in considerazione dell'alta percentuale di pazienti colpiti da ictus cerebrale sia emorragico sia ischemico, che rappresenta la terza causa di morte ed è il maggiore responsabile di invalidità permanenti. L'UCV, generalmente inserita in un reparto di n. o di neurologia, si occupa specificamente del trattamento di pazienti affetti da ictus emorragico o ischemico e dell'assistenza pre- e postoperatoria di pazienti sottoposti a intervento chirurgico per patologie cerebro-vascolari. Questi pazienti, un tempo destinati a essere ricoverati negli ambienti più disparati e sottoposti a terapie assai diverse, seguono nelle UCV, sotto il profilo sia diagnostico che terapeutico, un iter ben codificato e sono affidati a medici, infermieri e riabilitatori con un'esperienza specifica dei problemi connessi alle malattie cerebro-vascolari. Da quando sono state istituite, il bilancio delle UCV è nettamente positivo in quanto è stato possibile ottenere, con un precoce e specifico trattamento, una notevole riduzione delle complicanze che generalmente colpiscono questi pazienti, e la riduzione dei tempi di degenza e dei costi relativi.
Per una buona assistenza neurochirurgica la Società Europea di Neurochirurgia prevede 40 letti per milione di abitanti. Da un'indagine eseguita nel 1990 dalla Società Italiana di Neurochirurgia risultava che in Italia i centri neurochirurgici (92, per complessivi 2800 letti) e i relativi letti per milione di abitanti erano sufficienti, anche se non tutti i centri ancora oggi sono adeguatamente attrezzati, in particolare per quanto concerne le apparecchiature neuroradiologiche e i letti di terapia intensiva. Il numero di neurochirurghi in Italia (850 nel 1990) risulta eccessivo rispetto alla popolazione: la media di neurochirurghi per abitante in Europa nel 1990 era di un neurochirurgo ogni 203.446 abitanti mentre in Italia era di un neurochirurgo per 68.000 abitanti, con notevoli differenze di rapporto nelle varie regioni. L'Italia ha un rapporto neurochirurgo/abitanti tra i più elevati nel mondo, venendo dopo Giappone (1:43.653) e Stati Uniti (1:64.972). Su una popolazione mondiale di circa 5.248.500.000 nel 1989 vi erano circa 15.378 neurochirurghi, con un rapporto di 1:341.299 abitanti.
Bibl.: B. Guidetti, R. Giuffrè, V. Valente, Italian contribution to the origin of neurosurgery, in Surg. Neurology, 20 (1983), pp. 335-46; S. G. Clark, A neurovascular unit as an adjunct therapy, in BNI Quarterly, 3/2 (Spring 1987), pp. 37-41; G. P. Cantore, Relazione Presidente Società Italiana di Neurochirurgia, Lecce, 21 settembre 1990.