neurolettico. Il prolungamento dell’intervallo QT associato ai neurolettici
Uno studio prospettico di coorte su circa 8.000 partecipanti pubblicato nel febbraio 2009 sul Journal of Clinical Psychopharmacology, ha dimostrato che l’uso di farmaci psicotropi, compresi gli antipsicotici, è associato a un prolungamento dell’intervallo QT del tracciato elettrocardiografico. Il prolungamento del tratto QT dell’elettrocardiogramma (ECG) è un fattore di rischio per un tipo di aritmia cardiaca denominata torsione di punta, forma di tachicardia ventricolare caratterizzata da elevata frequenza, di solito non tollerata emodinamicamente, e dalla presenza di variazione periodica dell’asse dei complessi QRS (➔ elettrocardiografia); la torsione di punta è in grado di provocare la morte improvvisa per arresto cardiaco. I risultati del suddetto studio rappresentano un’ulteriore conferma di dati già noti.
Già prima del 1990, il prolungamento del tratto QT era stato associato all’uso degli antidepressivi (specialmente quelli triciclici), le cui azioni cardiotossiche erano ben note. Successivamente, erano stati pubblicati alcuni studi clinici condotti con la tioridazina, un farmaco neurolettico in commercio da molti anni, che mettevano in luce un prolungamento dose-dipendente dell’intervallo QT (intervallo QT normalizzato rispetto alla frequenza cardiaca). La tioridazina viene metabolizzata dal citocromo P450 (CYP) epatico ed in partic. dall’isozima CYP2D6. Due studi hanno dimostrato che sia in pazienti trattati con la tioridazina in associazione a farmaci in grado di bloccare l’attività dell’isozima CYP2D6, sia nei soggetti con ridotta attività di questo isoenzima (circa il 7% della popolazione caucasica), avviene un incremento dei livelli di tioridazina nel plasma, che causa un aumento del rischio di prolungamento del QT c e, conseguentemente, di aritmie ventricolari gravi. Studi successivi hanno dimostrato che l’incidenza di morte improvvisa nei pazienti trattati con antipsicotici era elevata, soprattutto per quelli appartenenti alla classe delle fenotiazine, e in partic. per la tioridazina. In seguito ai risultati di questi studi, la tioridazina fu ritirata in tutto il mondo dalla stessa azienda produttrice. Nel 2001, uno studio di coorte retrospettivo condotto su circa 500.000 pazienti (pubblicato negli Archives of General Psychiatry) ha mostrato un rischio di morte improvvisa 2,39 volte più alto nei pazienti trattati con antipsicotici rispetto a quelli che non avevano ricevuto tali farmaci e questi dati sono stati confermati anche da studi successivi. Sulla base dei dati disponibili, è stato dimostrato che alcuni neurolettici sono associati a rischio elevato (clorpromazina, aloperidolo, pimozide, sertindolo, mesoridazina, droperidolo, sultopride) o moderato (clozapina, quetiapina, risperidone, ziprasidone) di causare torsione di punta. Alcuni autori ritenevano, sulla base dei loro studi, che la morte improvvisa per arresto cardiaco fosse una peculiarità dei neurolettici tipici (per es., fenotiazine) ma non di quelli atipici (olanzapina, aripiprazolo, risperidone, quetiapina, clozapina, ziprasidone). Nel 2005, la Food and drug administration (FDA) ha analizzato diversi studi condotti nei pazienti anziani affetti da demenza, confrontando gli effetti del trattamento con alcuni antipsicotici atipici rispetto al placebo. L’analisi dei dati ha rivelato un aumento della mortalità nel gruppo trattato con gli antipsicotici rispetto a quello che aveva ricevuto il placebo. Le cause di morte erano diverse, ma l’arresto cardiaco era tra le più frequenti. La FDA impose l’aggiunta di queste informazioni in forma evidente negli stampati di tali farmaci. Inoltre, decise di estendere il provvedimento anche a tutti gli antipsicotici atipici.
Il rischio di aritmie nei pazienti trattati con antipsicotici aumenta in pazienti con deficit degli enzimi metabolizzanti (citocromo 3A4 o 2D6) o che assumono farmaci che bloccano tali enzimi, o che ricevono in concomitanza altri farmaci cardiotossici, o che presentano squilibri dei livelli plasmatici di magnesio e potassio; nelle donne il rischio è doppio rispetto agli uomini. Questi farmaci non vanno utilizzati in pazienti che sono predisposti geneticamente a sviluppare la sindrome del QT lungo, detta anche LQTS (dall’ingl. Long QT Syndrome). Questi pazienti, normalmente asintomatici, possono essere identificati grazie all’ECG, che dovrebbe essere eseguito durante il trattamento ad intervalli definiti, insieme a un controllo degli elettroliti. La sindrome è causata dalla mutazione di alcuni geni codificantiil numero e il tipo di amminoacidi che costituiscono alcuni canali ionici cardiaci, importanti per il funzionamento del cuore. Si riconoscono 10 tipi di LQTS, a seconda di quale gene viene interessato dalla mutazione. I pazienti affetti da LQTS di tipo 2 mostrano mutazioni del gene HERG, associato al canale del potassio responsabile della corrente cardiaca Ikr. Gli antipsicotici bloccano proprio tali canali, che giocano un ruolo fondamentale nella fase di ripolarizzazione del potenziale d’azione, causando il prolungamento dell’intervallo QT, con effetti analoghi a quanto si osserva nei pazienti affetti da LQTS2.
Alcuni antipsicotici sono stati ritirati dal commercio (tioridazina), o hanno subito severe restrizioni d’uso (sertindolo), altri continuano a essere usati in terapia, ma il medico deve fare un’accurata anamnesi dei fattori di rischio come malattie cardiache, anomalie genetiche di enzimi metabolizzanti o dei canali ionici cardiaci, valutare la co-somministrazione di altri farmaci e, soprattutto, monitorare il paziente con ECG condotti sia prima di iniziare il trattamento, sia periodicamente durante la terapia.