neurologia
Branca della medicina che studia il sistema nervoso centrale e periferico nelle sue patologie organiche. Nel seguito sono ripercorse le tappe storiche.
Le indagini di paleopatologia hanno evidenziato che già 10.000 anni circa a. C. si praticava la trapanazione del cranio, intervento che si diffuse ampiamente in Europa, Asia e Perù fra il 3000 e il 2000 a. C.; dalla crescita ossea riparativa (nella metà circa dei casi) è dimostrata la sopravvivenza dell’operato. Portarono a questa pratica probabilmente le osservazioni empiriche del miglioramento dei sintomi di ipertensione endocranica che si otteneva sollevando frammenti da crani fratturati. Già scritti egizi del 3500 a. C. descrivevano del resto traumi cranici e loro complicanze (afasia, paresi). Il greco Almeone di Crotone, pitagorico, considerava il cervello fonte del pensiero (come Platone) e descrisse per primo i nervi cranici. Con Ippocrate iniziò la prima n. sistematica: nell’opera Il male sacro vi è la prima monografia sull’epilessia (considerata di origine naturale e passibile di cure che ne possono modificare il decorso), ma soprattutto si affronta il problema del rapporto tra superstizione e conoscenza. Il cervello come organo centrale dei processi psichici normali e patologici fu oggetto di studi (in cui ne veniva effettuata la dissezione) e di scritti da parte degli alessandrini del 4°÷3° sec. a. C.; anche nel periodo romano (2° sec.) Areteo descrisse varie patologie neurologiche (epilessia, cefalea, vertigine, paralisi). Galeno (130-201 d. C.) enumerò sette paia di nervi cranici e condusse diversi studi sperimentali sugli animali riguardanti la paralisi bulbare e quella lombosacrale.
Nel Medioevo si trascrissero e conservarono (spec. per opera degli arabi) le opere classiche sulla n.; essa conobbe tuttavia una nuova fioritura solo nel 15° sec. con le scuole di Bologna e Padova, ove Gentile da Foligno descrisse le complicanze neurologiche del vaiolo (mielite ed encefalite); soprattutto ritornò in uso la dissezione, che si perfezionò fino al Rinascimento: Berengario di Carpi fornì la prima rappresentazione iconografica dell’encefalo. Con gli interessi anatomici di Leonardo da Vinci, ma spec. di Andrea Vesalio (1514-64), prese l’avvio l’anatomo;fisiologia del cervello (la ‘rete mirabile’ e i circoli collaterali cerebrali) e fu respinta la teoria galenica dei nervi cavi; furono rappresentati graficamente i nuclei della base e il talamo.
Anche Gabriele Fallopio si dedicò ai vasi cerebrali e ai nervi cranici, tuttavia fu il 17° sec. quello che vide la nascita della vera fisiopatologia: emorragia cerebrale, corea, compensi circolatori da collaterali, miastenia furono alcuni fra gli argomenti studiati dagli inglesi di Oxford, primo fra tutti Thomas Willis. Dello stesso secolo furono i primi tentativi di microscopia applicata alla n., con Marcello Malpighi e Felice Fontana. Albrecht von Haller inaugurò la scuola fisiologica svizzero-tedesca con la svolta teorica dei due differenti concetti di irritabilità (o contrattilità) nervosa e di sensibilità. Seguirono molti studi sulla sensibilità riflessa e, verso la fine del 18° sec., la nascita dell’elettrofisiologia con la caduta definitiva del mito dello ‘spirito animale’ che attiva con la sua energia il sistema nervoso.
Nel 19° sec. l’applicazione del metodo neuropatologico, con l’affinarsi delle tecniche microscopiche (colorazioni selettive per le diverse cellule del sistema nervoso), portò a enormi progressi: si dimostrò, per es., che la sostanza bianca è formata da fibre; Theodor Schwann descrisse la guaina mielinica che porta il suo nome; Augustus V. Waller nel 1850 dimostrò la degenerazione del tratto distale delle fibre nervose dopo interruzione del nervo; si appurò inoltre la funzione motoria delle radici anteriori del midollo, si localizzarono alcuni centri motori (famoso Pierre-Paul Broca per quello del linguaggio). Nello stesso secolo la scuola francese, spec. con Guillaume-Benjamin Duchenne, Jean-Martin Charcot e Jules Déjerine, descrisse numerose patologie come entità nosologiche: l’atrofia muscolare, la sclerosi multipla, la polineuropatia interstiziale, ecc.; la scuola tedesca dal canto suo si rivolse ai riflessi e all’elettrofisiologia, recando grandi contributi all’atrofia muscolare spinale e all’amiotonia congenita. Il concetto, fondamentale per tutta la n. moderna, di trasmissione chimica dell’impulso nervoso fu acquisito intorno alla fine del secolo e Charles S. Sherrington coniò il termine sinapsi; nel frattempo fu anche identificata l’acetilcolina come mediatore chimico dell’impulso nervoso.
La moderna n. si è espansa e diversificata nelle molte specializzazioni sulle basi concettuali della teoria dei neuroni, della localizzazione delle funzioni cerebrali, ma in partic. della neurotrasmissione: basandosi su di essa, accanto alla nascente neurochimica, faceva i primi passi la neurofarmacologia. Il delicato problema della psiche e delle emozioni fu affrontato scientificamente spec. negli ultimi decenni del secolo, nelle specializzazioni della neuropsicologia e della neurobiologia. La radiologia, di limitato e invasivo impiego in n. (basti l’esempio della pneumoencefalografia), cominciò il suo inarrestabile progresso con le tecnologie informatiche, e il neuroimaging è diventato ormai insostituibile. Le neuroscienze si interessano negli ultimi decenni di malattie legate all’invecchiamento, di prevenzione, di patologie genetiche. Il fascino e il limite della n. del 21° sec. consistono nel fatto che questa scienza vuole conoscere e agire nei riguardi del sistema nervoso, che di per sé è la fonte del sapere e dell’azione.