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NEUTRONE

di Gilberto Bernardini - Enciclopedia Italiana - I Appendice (1938)
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NEUTRONE (XXIV, p. 704)

Gilberto Bernardini

Questa particella neutra, scoperta tra la fine del 1932 e i primi del 1933 da F. Joliot, sua moglie J. Joliot-Curie e da J. Chadwick, ha una massa quasi uguale a quella del protone (di poco superiore e precisamente uguale a 1,00897, mentre quella del protone è 1,00813 prendendo uguale a 16 il nucleo dell'isotopo 16 dell'ossigeno) e un momento magnetico di circa 2 magnetoni nucleari (1 magnetone nucleare = 1/1840 del magnetone di Bohr). Questo momento magnetico si determina dai valori noti del momento magnetico del protone e del deutone. Delle misure dirette di questo momento magnetico sono anche state fatte, secondo un procedimento suggerito da F. Bloch e I. Schwinger, da varî autori americani e, in modo indipendente e con altro metodo, da R. Frisch, H. v. Halban e da S. Koch e hanno fornito dati in accordo con la precedente indiretta determinazione. È notevole il fatto che questo momento magnetico è in valore assoluto uguale a 2, ma negativo, cioè ha una direzione opposta a quella dello spin meccanico, ossia dell'asse di rotazione. L'esistenza di questa particella, totalmente ignorata fino al 1932, ha acquistato un valore sempre più grande, non solo per la pura ricerca scientifica, ma indirettamente anche per quelle che saranno le non lontane applicazioni, chimiche, biologiche e mediche, della fisica nucleare. Dal punto di vista scientifico la sua importanza risiede in primo luogo nella possibilità di costruire, secondo D. D. Ivanenko, W. K. Heisenberg, E. Majorana e E. Fermi, una teoria conseguente della costituzione dei nuclei; in secondo luogo nella scoperta fatta da Fermi e dai suoi collaboratori, della radioattività indotta, per cattura dei neutroni da parte dei nuclei. Le applicazioni, di cui alcune già allo stadio di promettente inizio, derivano da questa scoperta e dalla possibilità di disporre quanto prima, in virtù di questa, di quantità enormi di sostanze radioattive artificiali.

Andando in ordine, dal punto di vista generale, la teoria dei nuclei intimamente collegata col problema della natura delle particelle, basata sull'ipotesi che i soli costituenti dei nuclei siano i protoni e i neutroni, ha risolto difficoltà essenziali, dalle quali non si poteva prescindere ammettendo nei nuclei l'esistenza degli elettroni come particelle provviste di tutte le loro proprietà intrinseche. Ha inoltre permesso di dare una teoria dell'emissione dei raggi β (a spettro continuo), che, per quanto ancora in evoluzione, è sicuramente quella secondo la quale si dovrà procedere per risolvere definitivamente il problema della costituzione nucleare.

Secondo questa teoria (Fermi) neutrone e protone sono una stessa particella, la particella pesante, in due stati diversi, e i nuclei sono costituiti da tante di queste particelle pesanti quanto è il peso (considerandone la sola parte intera) dei nuclei medesimi, in unità atomiche. Approssimativamente, in un nucleo, il numero delle particelle nello stato neutrone è uguale o (nei nuclei pesanti) di poco più grande rispetto a quello delle particelle nello stato protone.

Quando, per raggiungere una maggiore stabilità, in un nucleo, il numero dei protoni ha una certa probabilità di cambiare (di aumentare o diminuire di uno) a spese o a vantaggio del numero di neutroni, il nucleo medesimo può in un tempo più o meno lungo (e con una ben definita probabilità) emettere un elettrone (positivo o negativo) e un neutrino.

Il nucleo è così radioattivo per raggi β, negativi o positivi, e poiché elettrone e neutrino si spartiscono fra loro l'energia che nel processo si sta liberando, in conseguenza di questa spartizione gli elettroni non hanno un'energia sola, ma tutti i valori possibili da un massimo a zero.

Per quanto riguarda i processi di trasmutazione, i neutroni hanno dimostrato d'essere i proiettili più efficaci per provocarli e questo per la ragione fondamentale che non avendo carica non subiscono forze di repulsione da parte del nucleo, ma solo forze di attrazione (a brevissimo raggio d'azione, dell'ordine normalmente di 10-13 cm.) che sono poi quelle che tengono insieme le particelle pesanti, nel nucleo medesimo.

È questa anche la ragione per la quale in moltissimi casi (quando il processo è esotermico), per provocare queste trasmutazioni non è necessario che i neutroni abbiano un'energia cinetica rilevante, ma solo si approssimino sufficientemente al nucleo. Questo catturandoli (e si può realmente parlare di cattura) si trasforma, o in un isotopo stabile del nucleo medesimo, oppure in un isotopo radioattivo che con vita media più o meno lunga (a seconda dei nuclei che così si formano), emette poi un elettrone (negativo in tutti i casi conosciuti). Anzi, per queste trasmutazioni, il fatto che il neutrone abbia una velocità bassissima (dell'ordine delle velocità termiche, o di poco più grande, cioè di qualche migliaio di metri al secondo) non è che un vantaggio poiché la cattura è in generale tanto più probabile, quanto più piccola è la velocità del neutrone.

Per taluni nuclei poi, come il cadmio o l'argento, vi sono velocità critiche per le quali la cattura è singolarmente facile. Per ragioni teoriche si dice allora che si ha risonanza, e questo sta a indicare che il neutrone incidente ha un'energia tale che, per cattura, il nucleo nuovo che così si forma (stabile o instabile), si forma giusto in un suo livello energetico (eccitato). Questi neutroni di piccola velocità, tanto efficaci per provocare trasmutazioni e in particolare per produrre conseguentemente sostanze radioattive artificiali, come il radiosodio o il radiofosforo, si ottengono dai neutroni veloci (come, per es., quelli che emette il Be bombardato dalle particelle alfa del Radon) rallentandoli per urti successivi (di carattere elastico) con nuclei leggieri, in particolare con nuclei d'idrogeno. Questi ultimi (protoni) e i neutroni hanno massa quasi uguale e negli urti i secondi cedono ai primi una parte considerevole della loro energia, così che un neutrone, avente inizialmente un'energia dell'ordine del milione di volt, dopo avere attraversato uno strato di paraffina di qualche centimetro, ha già ridotto la sua velocità a quella termica. I neutroni così rallentati, si dicono oggi, nel linguaggio scientifico neutroni lenti, e si ottengono appunto facendo diffondere i neutroni veloci in sostanze idrogenate, come acqua, paraffina, ecc.

Si deve alla scuola fisica di Roma l'avere scoperto la grandissima efficacia dei neutroni lenti nel provocare trasmutazioni nucleari e conseguentemente produrre sostanze radioattive in grande quantità. Per avere queste, per averle in quantità relativamente enormi, sia in vista delle applicazioni, sia per la pura ricerca scientifica, oggi i varî laboratorî del mondo sono volti a cercare di ottenere (per mezzo di disintegrazioni prodotte da ioni accelerati artificialmente) delle sorgenti estremamente intense di neutroni. Le disintegrazioni più sfruttate in questo senso sono quella del Be e quella del deuterio, bombardati da ioni del deuterio medesimo (deutoni, v. deuterio, App.). I neutroni che così si ottengono non sono lenti, ma possono venire rallentati, attraverso sostanze idrogenate. È per questa via che si spera, in un avvenire molto prossimo, di arrivare a disporre di tali sorgenti di neutroni, in modo da poter fabbricare quantità di sostanze radioattive artificiali equivalenti in attività a dei chilogrammi di radio.

Bibl.: E. Amaldi, Künstliche Radioaktivität durch Neutronen, in Phys. Zeitschr., XXXVIII, 692, 937; R. Fleischmann e W. Bothe, Langsame Neutronen, in Ergebnisse der exakten Naturwissenschaften, XVI, 1937.

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nùcleo atòmico nùcleo atòmico In fisica, parte centrale di un atomo, in cui è concentrata quasi tutta la massa atomica. Il nucleo atomico ha dimensioni dell'ordine di 10−15 m, carica positiva ed è costituito da protoni e neutroni (detti nucleoni). La sua esistenza è stata proposta per la prima volta da E. Rutherford ... protone Particella stabile, elettricamente carica (con carica elettrica positiva pari in valore assoluto a quella dell’elettrone), di dimensioni subatomiche (∿10–15 m) e massa pari a 1,67∙10–27 kg, appartenente alla famiglia degli adroni (➔ particelle elementari), il cui nome (proton) fu coniato intorno al 1920 ... deuterio Isotopo dell’idrogeno ordinario, rispetto al quale ha massa atomica doppia (il nucleo del suo atomo è costituito da un protone e da un neutrone, quello dell’atomo di idrogeno solo da un protone). Detto anche idrogeno pesante, si rappresenta con il simbolo D oppure 2H. Scoperto (C.H. Urey, F.G. Brickwedde, ... neutrino Particella elementare elettricamente neutra, con spin 1/2 (in unità ℏ) e massa nulla o comunque al disotto delle capacità attuali di misurazione, appartenente alla famiglia dei leptoni. fisica 1. Tipi di neutrini Esistono tre tipi di neutrino, indicati con i simboli νe, νμ, ντ, e tre tipi di corrispondenti ...
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Vocabolario
neutróne
neutrone neutróne s. m. [der. di neutro, col suff. -one nel sign. 2]. – In fisica, particella elettricamente neutra, di spin 1/2 e massa di poco superiore a quella del protone, insieme al quale è elemento costitutivo dei nuclei atomici;...
neutrònico
neutronico neutrònico agg. [der. di neutrone] (pl. m. -ci). – Relativo al neutrone o ai neutroni.
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