Nevo
I nevi (dal latino naevus, "impronta materna", "marchio distintivo del soggetto"), chiamati nel linguaggio comune nei, sono delle disembrioplasie, ossia malformazioni cutanee di origine embrionale, dovute ad anomalie di sviluppo di un qualsiasi componente della cute. Si dicono congenite se si presentano precocemente o acquisite se si presentano durante l'infanzia o nell'età adulta. È difficile riuscire a stabilire con precisione la causa che induce la formazione di un nevo. Le cause più probabili sono quelle di natura genetica: anormalità cromosomiali, geni mutanti, mosaicismo genetico, anomalie acquisite nella vita intrauterina a causa di infezioni, radiazioni ionizzanti, farmaci, alcol, carenza oppure eccesso di oligoelementi. I nevi sono spesso suscettibili di modificazioni in senso regressivo o proliferativo e, talvolta, di trasformazione maligna; queste modificazioni possono essere indotte da cause esogene (luce solare, traumi) o endogene (pubertà, gravidanza, menopausa, andropausa). Possono essere circoscritti e di forma più o meno regolare, avere disposizione lineare, metamerica o essere diffusi disordinatamente su tutto l'ambito cutaneo, essere di grandezza variabile fino a occupare intere regioni corporee. Il nevo è sistematizzato se si sviluppa su un'area cutanea collegata a uno o più nervi cranici, spinali e periferici.
Secondo la classificazione dermatologica, i nevi possono essere distinti in: melanocitici, epidermici, organoidi, o nevi dermici, e sottocutanei. La classificazione anatomopatologica, invece, comprende tra i nevi solo quelli di tipo melanocitico, considerando gli altri come amartomi. D'altra parte, anche nel linguaggio comune, parlando di nevi ci si riferisce di solito a formazioni pigmentate cutanee. I nevi melanocitici derivano dalla proliferazione di melanociti e rappresentano un gruppo di patologie prevalentemente cutanee con caratteristiche cliniche specifiche. L'importanza che si attribuisce a questi nevi deriva dal fatto che la diagnosi differenziale va posta con il melanoma, tumore ad alta malignità la cui incidenza è attualmente in aumento e che necessita di una diagnosi precoce. Proprio in questo ambito trova collocazione l'epiluminescenza, una nuova tecnica diagnostica non invasiva, che permette lo studio microscopico in vivo delle lesioni pigmentarie. Alle lesioni pigmentarie benigne di tipo melanocitico appartengono le lentiggini, che presentano una superficie piana, forma rotondeggiante od ovale a margini regolari e bordi ben definiti di 1-3 mm di diametro, di colorito marrone chiaro o scuro fino al nerastro. Le lentiggini possono essere acquisite o congenite e si manifestano su qualsiasi zona cutanea, fotoesposta e non, anche sulle regioni palmari e plantari, sulle mucose, sulla congiuntiva e sulle zone di passaggio mucocutanee. Compaiono più spesso durante l'infanzia e l'adolescenza, meno frequentemente nell'età adulta. Si presentano di solito in singoli elementi isolati, possono rimanere immodificate nel tempo o evolvere verso la formazione di un nevo melanocitico comune di tipo giunzionale; in età avanzata tendono a scomparire. Eccezionalmente possono trovarsi quadri di lentigginosi associati a sindromi complesse, caratterizzate da anomalie multiple o neoplasie. Istologicamente, la lentiggine è costituita da un aumentato numero di melanociti distribuiti in singola unità nello strato basale.
Il nevo melanocitico comune acquisito è una lesione pigmentaria benigna, molto comune nei soggetti di razza caucasica, localizzata prevalentemente sul tronco e alla radice degli arti, completamente piatta o rilevata al centro. Il diametro è di solito inferiore a 1 cm, il colore è marrone nelle varie tonalità, non sempre distribuito uniformemente, più scuro al centro e sfumato in periferia. La forma è rotondeggiante od ovalare e prevalentemente simmetrica, i bordi appaiono mal definiti, sfumati. La superficie è liscia con disegno cutaneo lievemente accentuato. Compare nell'adolescenza o più tardi; può essere unico o multiplo, in media dai 15 ai 30 elementi. Molti iniziano come lentiggini e poi manifestano le caratteristiche di nevo piano o piano rilevato al centro; l'ulteriore maturazione può portare al nevo dermico o all'autoregressione in tarda età e alla pressoché totale scomparsa nella vecchiaia. Dal punto di vista istologico, si tratta di una proliferazione di melanociti in nidi cellulari che, nel tipo giunzionale, si dispongono alla giunzione dermoepidermica dal lato epidermico, nel tipo composto nell'epidermide e nel derma superficiale, e nel tipo dermico solo nel derma.
Il nevo melanocitico atipico acquisito è una lesione pigmentaria che entra nel gruppo dei nevi melanocitici comuni acquisiti, ma che presenta un diametro di solito maggiore di 6 mm; ha forma asimmetrica, bordi irregolari, indentati con pigmentazione disomogenea. L'attuale termine, rispondente al quadro istologico, ha sostituito la locuzione 'nevo displastico' usata precedentemente; tuttavia, si parla ancora di 'sindrome del nevo displastico' per quei soggetti i quali presentano numerosi nevi che clinicamente e istologicamente hanno caratteristiche di atipia. La sindrome ha spesso un'incidenza familiare e i soggetti affetti devono essere sottoposti a scrupolosi controlli periodici per il rischio di insorgenza di un melanoma. In generale tutti i nevi melanocitici atipici devono essere strettamente monitorati, se non addirittura asportati per motivi preventivi. Il nevo melanocitico congenito è una lesione pigmentaria di aspetto polimorfo e di colore brunastro scuro o chiaro, spesso disomogeneo per la presenza di aree bluastre o nerastre nelle varie tonalità. È già presente alla nascita o compare dopo giorni o mesi, in questo caso è definito come nevo melanocitico congenito tardivo. Le dimensioni sono variabili: piccoli (diametro inferiore a 1,5 cm) , medi (diametro tra 1,5 cm e 20 cm ), grandi (con diametro maggiore di 20 cm); questi ultimi possono essere così estesi da occupare vaste regioni corporee (nevo gigante 'a mutandina', o 'a mantellina'). La forma è variabile, sessile, peduncolata, moriforme con una superficie papillomatosa, liscia o verrucosa. Quando sono molto piccoli, difficilmente si distinguono dai nevi acquisiti. Le varietà più grandi possono avere lesioni satelliti nelle vicinanze. È possibile riscontrare la presenza di peli che tendono ad aumentare con l'età, ma possono rilevarsi anche nelle prime fasi di crescita del nevo. Le forme congenite medie e giganti della testa, del collo e della regione lombosacrale, possono essere associate ad alterazioni e a disturbi neurologici. Sono state inoltre descritte associazioni con malformazioni oculari, auricolari, angiomatose, ossee. Dal punto di vista prognostico, solo le lesioni maggiori di 20 cm o che interessano il 2-5 % della superficie corporea hanno un rischio di trasformazione in melanoma. Tale fenomeno avverrebbe, nel 60% dei casi, nel corso della prima decade di vita, tanto che l'escissione di questi nevi è indicata nei primi anni di vita. Lesioni pigmentarie congenite con diametri inferiori a 10 cm si devono considerare a basso rischio e possono essere attentamente e costantemente controllate procrastinando l'eventuale escissione in età più avanzata.
Il nevo di Unna è una lesione esofitica, peduncolata o sessile, di consistenza molle, che, in funzione dell'età del nevo, presenta il colore della cute normale oppure brunastro. Ha un diametro inferiore al centimetro, forma digitata con superficie papillomatosa e irregolare. Compare in età adulta o senile in poche unità distribuite sul tronco e vicino alle pieghe. Può essere confuso con i fibromi penduli o molli dai quali si distingue per le maggiori dimensioni. È spesso oggetto di traumatismi e quindi fonte di preoccupazione per il paziente, ma è una lesione benigna. Il nevo di Spitz e il nevo di Reed sono lesioni pigmentarie benigne, papulose o nodulari, a superficie spesso liscia, di solito acquisite, a rapido accrescimento. Il nevo di Spitz è di colore rosso-rosato, grande non oltre 1 cm, di forma rotondeggiante od ovalare. Si osserva tipicamente nell'infanzia sul viso; raramente può presentarsi in età adulta. Il nevo di Reed è simile, ma ha un colore bruno-nerastro, insorge più spesso nel sesso femminile, con localizzazione sugli arti inferiori. La diversità è non solo clinica, ma anche istologica: il nevo di Spitz viene anche detto 'nevo a cellule epitelioidi e fusate', mentre il nevo di Reed 'nevo pigmentato a cellule fusate'. Il nevo blu è una lesione pigmentaria normalmente benigna, di colore variante dal grigio-blu al blu-nero, di solito acquisita e localizzata nelle acrosedi (viso, mani, piedi, avambracci, glutei), raramente nelle mucose; le dimensioni non superano 1 cm. Nella variante di nevo blu cellulare, con localizzazione tipica in sede glutea o sacrococcigea, la zona esterna è più piccola di quella in profondità. La forma in genere è rotondeggiante od ovalare, la superficie liscia. Per la possibilità di degenerazione maligna, è consigliabile l'escissione.
Istologicamente i melanociti sono situati nel derma e nell'ipoderma ed è questa localizzazione profonda a conferire il caratteristico colore blu alla lesione. La macchia mongolica è una lesione pigmentaria grigio-bluastra, caratterizzata da melanociti con sede nel derma medio e profondo. Si riscontra nel 90% dei soggetti di razza asiatica e indoamericana; si presenta alla nascita o entro il primo anno di vita e regredisce nei successivi 7-10 anni. Le dimensioni possono arrivare a diversi centimetri, la forma è rotonda od ovale e si localizza classicamente nella regione lombosacrale, come pure nei glutei, nell'addome, nelle gambe e nel dorso. Non è stata mai descritta un'associazione con il melanoma. Il nevo di Ota e il nevo di Ito sono entrambi acquisiti e possono andare incontro a fluttuazioni di dimensione e colore. Clinicamente simili, sono contraddistinti da chiazze di grandezza variabile da pochi millimetri fino a diversi centimetri, di colore bluastro con sfumature nerastre, da cui il nome 'nevo fusco ceruleo'. La pigmentazione può essere omogenea o punteggiata. Si consigliano controlli periodici per la possibilità, sia pur rara, di trasformazione in melanoma. Il quadro istologico è costituito da melanociti singoli disposti nel derma reticolare. Il nevo di Ota oftalmo-mascellare, o melanocitosi oculodermica, spesso congenito, talvolta con comparsa nell'infanzia o nella pubertà, è più frequente nei soggetti asiatici o africani e non ha una incidenza familiare. Solitamente unilaterale, interessa la cute e le mucose innervate dalla prima e seconda branca del nervo trigemino. Il nevo di Ito, o melanocitosi acromiodeltoidea, si localizza lungo il decorso del nervo cutaneo posteriore del braccio e del nervo brachiale laterale, interessando la zona acromiodeltoidea.
Il nevo di Sutton è un nevo melanocitico acquisito o congenito, circondato da un'area ipocromica o acromica concentrica uniforme. L'eziologia è sconosciuta, probabilmente di tipo immunitario. L'alone ipocromico segue il perimetro del nevo e può estendersi anche per qualche centimetro. Il colore del nevo può essere brunastro, oppure più chiaro fino al rosso-rosa. La lesione è presente più spesso in adolescenti o giovani adulti e nel 25-50 % dei casi è multipla. L'alone più chiaro può comparire in pochi giorni o settimane, e il nevo può restare stabile o essere interessato da regressione; in tali casi l'area acromica può persistere per diversi anni. La zona ipocromica può repigmentarsi: questo fenomeno inizia sempre dalla periferia e raramente ne residua un'ipocromia o un'area cicatriziale. Può essere associato ad altre patologie, come vitiligine (18-26 % dei casi), sindrome di Vogt-Koyanagi-Harada, anemia perniciosa e melanoma. La lesione è benigna, ma è opportuno escludere le patologie associate. Il nevo melanocitico persistente o ricorrente insorge sulla zona in cui un nevo melanocitico non è stato completamente asportato o in seguito a un trauma. Ha spesso grandezza di pochi millimetri, colore marrone chiaro o scuro, forma irregolare e bordi netti. Compare nel contesto di una cicatrice o nelle immediate vicinanze. È una lesione benigna, ma in caso di dubbio diagnostico è opportuno procedere all'escissione chirurgica.
Il nevo di Becker è una lesione pigmentaria benigna, costituita da una chiazza bruna con contorni irregolari che presenta numerosi peli. È classificato anche tra gli amartomi per la sua componente non esclusivamente melanocitaria, che è rappresentata da fibrocellule muscolari lisce. La grandezza della chiazza è variabile e va da pochi a molti centimetri, la colorazione appare omogenea e la forma richiama una carta geografica con tante isolette periferiche; i bordi sono ben definiti e la superficie è piana. È localizzato più spesso sulla spalla, in sede scapolare e pettorale, ed è monolaterale. Forme bilaterali o multiple sono rare, ancora più rare sono le forme familiari. Qualsiasi trattamento volto a eliminarlo porta a risultati ancora più inestetici della macchia stessa. Altre lesioni pigmentarie sono clinicamente simili ai nevi melanocitici, ma istologicamente diverse, in quanto causate da aumento della melanina negli strati basali dell'epidermide, ma non del numero dei melanociti. Le efelidi sono piccole lesioni pigmentarie di colore bruno chiaro-ocra, a margini netti, trasmesse come carattere autosomico dominante, molto frequenti nei soggetti rutili con gli occhi azzurri; si localizzano sul volto e nelle zone fotoesposte; compaiono durante l'infanzia e il loro numero può aumentare con l'età; il loro colorito varia in base all'esposizione solare.
La lentigo solare è una lesione pigmentaria tipica delle sedi esposte al danno solare cronico; è legata a fenomeni di invecchiamento oppure, nei giovani, insorge dopo fotodermatiti acute gravi; può determinarsi in soggetti di pelle sia chiara sia scura, ma predilige quelli a cute chiara; il diametro della lesione va da pochi millimetri fino a 1 cm e più, il colore è marrone chiaro o scuro e può essere uniforme o irregolare, la forma è rotondeggiante o angolata con bordi frastagliati, la superficie è piana, talvolta desquamante; a differenza delle efelidi, la lentigo solare non modifica il colorito in funzione dell'esposizione solare ed è considerata un precursore non obbligato della cheratosi seborroica. La macchia caffè e latte è una macula di colore marrone chiaro omogeneo, di aspetto rotondeggiante od ovalare a contorni regolari o irregolari, seghettati, a limiti netti, di dimensioni variabili da 1 a più centimetri; predilige la cute del torace e quella della regione lombare, talvolta gli arti; una lesione singola è presente in un soggetto su dieci.
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