NEVROSI (XXIV, p. 710)
Per nevrosi intendiamo oggi un disturbo della psiche, che trova le sue origini nella storia personale dell'infermo, nelle sue passate esperienze emotive, male assimilate e risolte, e che si manifesta o in sintomi che possono essere clinicamente messi in evidenza (come, per es., idee ossessive, fobie, insonnia, disfunzioni neurovegetative), o in una malformazione generale del carattere.
Pur nella molteplicità dei sintomi, si lascia sempre intravedere una base caratteriale, che tutti li riunisce, un modo della persona di comprendere sé e altrui, un abnorme atteggiamento dell'individuo verso la vita, raggiunto attraverso la malattia.
Il carattere neurotico si basa su profonde contraddizioni delle sue intenzioni, tendenze, impulsi, di cui taluni affiorano al piano della coscienza, altri non sono coscienti al soggetto e si riflettono indirettamente nei disturbi della sua attività. Gli elementi psichici incoscienti permangono tali per la loro natum, contraddittoria agli atteggiamenti predominanti dell'io, e per la difesa di quest'ultimo verso tendenze emotive non comprese, male assimilabili e suscitatrici di ansia. Si genera così il conflitto neurotico, che si distingue dal conflitto psichico normale per l'impossibilità del soggetto a comprenderne i termini, e a risolverlo controllando l'uno e l'altro termine del conflitto stesso.
L'origine della n. riposa sul binomio: disposizione costituzionale ed esperienza sociale. Il primo fattore è di natura presumibilmente biologica. Non lo conosciamo direttamente, ma lo deduciamo dal fatto che la predisposizione alla n. è talora dimostrabile anche in individui cresciuti in ambiente sociale non peggiore di quello comune, e dal fatto che altri individui, più robusti, si mantengono sani pur se cresciuti in mezzo a conflitti e stenti di ogni genere. In tempi passati, il fattore costituzionale è stato però sopravvalutato.
Mancando, allora, una critica alla ragione della norma sociale, una capacità quindi a studiare la vita umana dal punto di vista dell'igiene mentale e a intravedere nella struttura affettiva della vita familiare e sociale i germi di possibili sviluppi abnormi del carattere, ogni malformazione di quest'ultimo appariva eo ipso come di natura congenita, psicopatica, degenerativa o cerebropatica.
Oggi si riconosce una fonte della n. nelle esperienze compiute soprattutto nell'età ancora infantile, attraverso la convivenza intima con adulti, a loro volta presentanti tratti neurotici del carattere. Tali adulti incidono, coi loro atteggiamenti emotivi più o meno contraddittorî, ansiosi, possessivi, repulsivi e comunque incongruenti ai bisogni istintivi del bimbo, sull'ancor giovane e delicata personalità di quest'ultimo.
Il fatto che l'individuo predisposto alla n. cresce nell'ambiente sociale formato dalle reazioni emotive di quegli stessi genitori, di cui egli eredita per via biologica il temperamento, ci fa comprendere come fattori propriamente biologici e fattori psicosociali spesso si sommano nello sviluppo di una neurosi.
La n. può rimanere nel bimbo molti anni ancora allo stato latente e rivelarsi quindi all'epoca della pubertà o in età più adulta, quando la confrontazione dell'individuo con nuovi problemi, risultanti dalla maturazione sessuale, dall'accrescersi dell'orizzonte e della responsabilità sociale, dalla perdita della protezione offerta dalla famiglia, mette più in luce qualche infantilismo parziale della personalità, qualche insufficienza del carattere rimasta fin'allora compensata. Ma talora la n. si manifesta già nell'età infantile, là ove un adattamento della personalità infantile alle esigenze sociali e ai bisogni personali non riesce possibile. La comparsa precoce della n. è, da un canto, un segno prognostico sfavorevole: i disturbi che risalgono alla più giovane infanzia sono naturalmente più difficili a rimuoversi nell'età adulta, che non i disturbi intervenuti più tardi, e quindi più limitati nella biografia dell'infermo. D'altro canto, la n. infantile permette, in casi di tempestiva diagnosi, l'intervento di misure protettive, rieducative o anche psicoterapiche, che si rivelano di maggiore effcacia che non in un'epoca in cui la personalità è già formata.
Durante tutta l'infanzia e fino al compimento della pubertà lievi tratti neurotici possono guarire da soli, se compensati dalle nuove esperienze favorevoli che l'individuo va compiendo man mano che il suo ambiente sociale si allarga e gli offre la possibilità di correggere atteggiamenti passati. Così, la scuola apre al bambino un mondo nuovo, in cui egli viene confrontato con nuovi tipi di autorità, con gli atteggiamenti dei suoi coetanei, con nuove interazioni sociali: in tutte queste situazioni egli può fare esperienze benefiche, che correggono taluni aspetti abnormi della sua prima vita.
Nell'epoca della pubertà, il contatto affettivo con singoli coetanei, lo svilupparsi di più profonde amicizie, in cui passati atteggiamenti mentali vengono ridiscussi e riassestati, possono fornire al giovane l'opportunità di trovare la propria identità, e uno stile di vita armonico alla propria personalità; molto spesso, però, il disturbo neurotico pronunziato impedisce al bimbo, al giovane, tali esperienze correttive, lo tiene isolato nella scuola e nella pubertà; lo sospinge nel reame delle fantasie autistiche, da cui egli si sveglia quando ormai è già tardi, quando il divario fra la propria personalità, tutta tormentata da inettitudini parziali, senso d'inferiorità e di colpa, tratti ansiosi ecc., e i coetanei, già maturi ed adusati alla lotta sociale, è ormai troppo grave.
Gli insuccessi, che ne risultano nello studio e nel lavoro, come anche nelle prime esperienze dell'intimità, e poi in seguito, nel tipo di vita familiare, la mancata affermazione di sé, la tendenza a svalutarsi nel paragone con gli altri, l'insufficiente chiarificazione di tali problemi, l'insorgere di ansietà e di conflitti irresolubili, sono tutti momenti che marcano lo sviluppo di una neurosi. Talora, il problema sembra esser cosciente all'individuo, ma le sue vere dimensioni vengono distorte dalla tendenza ad autosvalutarsi, a mal comprendersi. Altre volte l'individuo raggiunge un precario equilibrio emotivo attraverso la scissione dalla coscienza di taluni aspetti essenziali del conflitto, aspetti tuttavia non ignorabili senza una perdita di potenzialità maturative.
La personalità resta debole, infantile, più o meno inetta, e le disapprovazioni che essa perciò incontra sui varî piani di vita sociale aumentano il disagio, la mancanza di stima verso di sé, l'elaborazione di sintomi specifici (preoccupazioni ossessive, paura, fobie, ecc.) che simboleggiano le difficoltà e tentano invano di compensarle. In taluni casi, lo sviluppo neurotico grave può sfociare infine verso forme francamente psicotiche: altre volte esso resta cronico; mentre in altri casi (che anche senza terapia risultano essere, alla luce di recenti studî statistici, più frequenti di quanto prima si credesse) l'individuo raggiunge, col progredire dell'età e la naturale maturazione, un certo grado di equilibrio utile, che gli allevia la sofferenza e gli permette una integrazione più o meno parziale nell'ambiente sociale.
Usualmente, le n. si sogliono classificare nei seguenti gruppi:
1) Neurastenia: gli ammalati si lamentano di debolezza fisica e mentale, mal di testa, facile esauribilità, ecc., in assenza di alterazioni organiche. In questo tipo di psiconeurosi l'infermo sa esprimersi solo attraverso il sintomo fisico.
2) Stati di ansietà: sono i più comuni fra i disturbi psiconeurotici, e i più suscettibili a trattamento. Palpitazione, insonnia, diarrea o costipazione, tremore, mancanza di appetito, eccitabilità psichica, irritabilità, depressione, paure di ogni genere di malattie, veneree, cardiache, mentali, ecc. caratterizzano la sindrome (v. ansia, in questa App.).
3) Sindromi ossessive: gli infermi si sentono qui costretti da pensieri, preoccupazioni, fantasie talora assurde, dubitano di tutto, devono compiere in modo coatto certe azioni, che valgono a rimuovere l'ansia. Così certi infermi devono lavarsi le mani meticolosamente innumerevoli volte al giorno, altri devono ritornare sui loro passi, onde assicurarsi ripetutamente di aver chiuso la porta, di non aver dimenticato il rubinetto del gas aperto, altri contano in modo ossessivo le mattonelle del pavimento, ecc. L'infermo non è qui un malato di mente, ragiona logicamente, comprende l'inesattezza dei suoi atti, ma è colto da un'angoscia per lui inesplicabile ogni qual volta tenta di tralasciarli.
4) Neurosi del carattere: qui rientrano tutte quelle alterazioni del carattere, che, a differenza degli atteggiamenti psicopatici, fanno soffrire il paziente, ossia stanno in contrasto con le sue intenzioni, il suo desiderio di essere, i suoi vani sforzi di correggersi. Lo psicopatico è in contrasto con la sua società, il neurotico con se stesso. Stati di irascibilità periodica e incoercibile, attitudine di ribellione verso ogni forma di autorità, eccessiva paura di questa, timidezza e incapacità al contatto sociale, ecc., rientrano in questa categoria di disturbi.
Il trattamento delle neurosi è in parte psichico (v. psicoterapia, in questa App.) in parte farmacologico. Medicamenti atti a calmare l'angoscia, a sedare o aumentare il tono psichico vanno qui somministrat. solo dal medico, onde evitare lo sviluppo di un pericoloso avvezzamento. È importante la diagnosi differenziale con disturbi pseudo-neurotici, ma a chiara base organica: così la neurastenia va distinta dall'insufficienza surrenale, la neuroeccitabilità di origine psichica dall'ipertiroidismo, la n. in genere dalle psicosi endogene larvate, ecc.