Nevrosi
Con nevrosi, o neurosi, si indica un disturbo del comportamento d'origine psicogena, cronico o ricorrente, senza base organica dimostrabile, con sintomi vari caratterizzati da ansia generale. Al contrario delle psicosi, il soggetto è conscio del proprio disagio psichico, avvertito come fonte di sofferenza; essendo conservata la funzione del reale, il comportamento sociale è relativamente adeguato.
Il termine nevrosi, la cui origine risale a tempi molto antichi, deriva dalla credenza generale che certi disturbi avessero sede, in modo abbastanza vago, nei nervi. Da qui parole come nervoso, esaurimento nervoso, nevrastenico. Verso la fine del 18° secolo, W. Cullen, medico a Edimburgo, introdusse per la prima volta il termine nello scritto Neurosis and nervous diseases (1769) con un significato molto ampio, per raggruppare affezioni che colpivano "il sistema da cui dipendono specificamente il movimento e il pensiero" e si presentavano con "mancanza di febbre e di alterazioni organiche". Nevrosi (Bini-Bazzi 1971) è usato con lo stesso significato da D. Cirillo, nel 1780, e da Ph. Pinel, nel 1818. Da allora, i criteri definitori di tale fenomeno, di ambito non facilmente precisabile, hanno subito, nel corso dell'evoluzione storica, un notevole processo di trasformazione.
Partendo dai confini periferici della malattia organica, ci si è allargati fino a comprendere una varietà di significati dell'universale psicopatologia della vita quotidiana.
Nel 1863, A. Axenfeld, nel Trattato delle nevrosi, specifica che esse non hanno carattere anatomico, non seguono cioè le modalità di insorgenza e decorso delle malattie con lesioni organiche rilevabili. Anche Pinel precisa l'assenza di un substrato organico evidenziabile, mentre Ch. Dubois, nel 1904, isola nel vasto gruppo delle nevrosi, considerate malattie del sistema nervoso senza anatomia patologica, alcune forme, proponendo di chiamarle genericamente psiconevrosi. Ciò perché l'elemento fondamentale della loro natura è costituito dall'intervento dello spirito e delle rappresentazioni mentali. In seguito, e fino all'epoca attuale, i termini nevrosi e psiconevrosi sono stati utilizzati da molti autori come sinonimi.
Con l'affermarsi del concetto che le nevrosi siano 'malattie funzionali' non accompagnate da alterazioni strutturali e da infiammazioni, contrapposte così alle malattie organiche, si delineano le prime ipotesi psicogenetiche dei disturbi mentali. F. Raimond, allievo e successore di J. Charcot alla Salpêtrière di Parigi, nell'articolo Névrose et psychonévrose e P. Janet nel libro Les névroses (1909), dopo aver distinto le due categorie dell'isteria e dell'astenia, confermano, con determinazione, l'aspetto psicologico e dinamico dei disturbi nevrotici. Inoltre, Janet sottolinea che le nevrosi sono malattie della personalità, contraddistinte da conflitti intrapsichici inibenti le condotte sociali. Sulla stessa strada si pone S. Freud (1894), il quale dà una prima classificazione organizzata delle nevrosi, distinguendo le 'psiconevrosi da difesa', che hanno come determinante un conflitto psichico antico (colpa e repressione sessuale), e le 'nevrosi attuali' (Freud 1898), somatizzazioni con angoscia, astenia, ipocondria (nevrosi cardiaca, nevrosi digestiva o dello stomaco).
Attualmente si assiste a un superamento del concetto di nevrosi, che trova espressione nell'ICD-10 (The ICD-10 classification of mental and behavioural disorders), curato dall'Organizzazione mondiale della sanità (World health organization 1993); ciò testimonia che la nevrosi non è più considerata un principio organizzativo essenziale nella lettura e nell'identificazione del disagio mentale. Dagli anni Settanta del 20° secolo, infatti, non esistendo consenso in campo clinico sulla definizione di nevrosi, in quanto alcuni si limitavano al suo significato descrittivo, mentre altri includevano anche il concetto di un processo eziologico specifico, il termine è stato progressivamente omesso, come si riscontra già nell'edizione del DSM-II (Diagnostic and statistical manual of mental disorders), curato dall'American psychiatric association (1968). Così, la dizione nevrosi tende a scomparire (Disturbi d'ansia 1993), sostituita da una serie di definizioni più precise (disturbi d'ansia, dell'umore, di conversione somatoformi, dissociativi, da attacco di panico, sessuali, distimici, da stress e di adattamento, ossessivi e compulsivi ecc.), rimanendo in uso solo per indicare che il giudizio di realtà della persona è intatto. Nel linguaggio comune, però, il termine viene mantenuto ed è diventato sinonimo di ansia.
Le nevrosi si possono raggruppare in sette categorie principali:
1) la nevrosi da ansia generalizzata, tronco comune di tutte le nevrosi, consistente in uno stato di apprensione, di timore di una catastrofe imminente e di allarme, in assenza di reali pericoli, con sintomi quali tachicardia e tremore; 2) le nevrosi fobiche, con o senza esperienze di attacchi di panico, la cui specificità può riguardare un'ampia gamma di eventi e situazioni: si spiegano in questo modo i particolari tipi di timori e le varie paure immotivate (claustrofobia: paura dei luoghi chiusi; agorafobia: degli spazi aperti; logofobia: del parlare; ereutofobia: dell'arrossire; pornofobia: della sessualità; acrofobia: dell'altezza; aerodromofobia: dell'aereo; ornitofobia: degli uccelli; ailurofobia: dei gatti; siderdromofobia: dei treni; gefirofobia: dei ponti; macherofobia: dei coltelli; ematofobia: del sangue; tossicofobia: del veleno; sitofobia: del cibo; dismorfofobia: della bruttezza; nosofobia: della malattia ecc.);
3) le nevrosi ossessive, in cui il soggetto si sente colpevole e costretto ad agire o pensare contro la propria volontà (con pensieri coatti, immagini intrusive e persistenti, idee fisse), accompagnate o non da nevrosi compulsive (con spinta a ripetere atti, come il controllare gas, rubinetti ecc., oppure a effettuare riti strani o bizzarri, toccare oggetti, contare numeri all'infinito ecc.);
4) le nevrosi isteriche e di conversione somatoformi, riguardanti le funzioni motorie (tic, crampi, paresi, alterazione del coordinamento, difficoltà a deglutire, fuga improvvisa, somatizzazioni varie con concentrazione dell'attenzione su un organo) o che si manifestano con forme dissociative amnestiche;
5) le nevrosi attuali di angoscia e astenico-ipocondriache o depressive (stanchezza cronica, spossatezza mattutina, senso di debolezza, disistima, svogliatezza e apatia, paura di avere una qualche malattia non accertata);
6) le nevrosi da stress post-traumatico (ricordi angoscianti, stato di allarme e sensazione di malessere in ogni situazione che ripropone l'evento traumatico esperito, come violenze subite, guerre ecc.);
7) le psiconevrosi, quali le nevrosi narcisistiche e quelle da transfert (indotte durante il trattamento psicoanalitico).
La psicoanalisi ha sviluppato e approfondito la psicogenesi delle nevrosi (Nunberg 1959) mediante una formulazione teorica secondo la quale le nevrosi sono l'espressione di conflitti psichici inconsci e rimossi, legati a traumi emotivo-affettivi antichi. I conflitti sono originati da pulsioni antagoniste: desiderio espresso dalle pulsioni istintuali primarie e quello opposto, espresso dalle pulsioni secondarie, derivate dall'apprendimento e dai divieti morali e sociali. Spetta alla funzione dell'Io armonizzare le spinte contrapposte del principio del piacere e di quello di realtà. Quando la dialettica tra desiderio e difesa risulta impossibile, il sintomo nevrotico diventa un compromesso necessario contro l'angoscia.
L'ipotesi del trauma psichico riguarda qualsiasi situazione intrapsichica contraddistinta da un'impossibilità di fare fronte a un improvviso eccesso di stimoli esterni. Questi conflitti affondano le loro radici nell'età infantile del soggetto e la concezione psicogenetica dello sviluppo precoce porta ad affermare psicodinamicamente che le psiconevrosi dipendono da una mancata risoluzione, o da un mancato superamento, di fasi di maturazione della sfera istintivo-emotiva dell'individuo, con fissazioni a uno stadio libidico specifico. In particolare, la nevrosi ossessivo-compulsiva si fissa allo stadio sadico-anale e quella fobico-isterica alla fase fallico-genitale. Inoltre, le istanze contraddittorie che sono alla base del conflitto nevrotico, sempre secondo Freud, avrebbero le loro radici nella rivalità sessuale con il genitore del proprio sesso, nata dal desiderio di conquistare quello di sesso opposto (complesso di Edipo; v. complesso).
Anche le nevrosi che compaiono in età adulta nascerebbero da un contrasto tra un'istanza repressiva di origine individuale, familiare o sociale, e un'istanza di libertà. La concomitanza di pulsioni contrapposte genera conflitti e, se questi vengono risolti attraverso l'utilizzazione eccessiva e rigida dei meccanismi di difesa (regressione, rimozione, proiezione, introiezione, sublimazione ecc.), il punto d'arrivo è inevitabilmente la nevrosi, che assicura anche alcuni benefici secondari (dipendenza, richiamo dell'attenzione, protezione, simpatia-manipolazione ecc.), tramite i quali tende a mantenersi.
Le nevrosi risultano sempre contraddistinte da una turbativa emozionale più o meno grave, che si esprime con manifestazioni di ansia e di insicurezza. Si deve sottolineare che sentirsi occasionalmente spaventati o preoccupati, credere di essere malati o stanchi, mangiare qualche volta troppo e altre volte troppo poco, non vuol dire essere afflitti da nevrosi. Queste ultime sono caratterizzate dall'accentuazione, dalla ripetitività e dalla rigidità di atti o modalità di rapporto, piuttosto frequenti e comuni. L'aspetto quantitativamente eccessivo e diverso dalla media presuppone sintomi nevrotici. Il modo nevrotico di vivere porta a una sofferta esagerazione delle preoccupazioni che caratterizzano l'esistenza umana, limitandone uno sviluppo attivo e sereno.
Si riscontra la nevrosi propriamente detta quando l'efficienza della persona è notevolmente disturbata e le energie assorbite dai problemi sono così considerevoli che non si è più in grado di svolgere una vita affettiva e lavorativa al pieno delle proprie forze: a tutti può accadere di avere una risposta depressiva in seguito a qualche avvenimento doloroso, ma in alcuni si sviluppa una depressione tale da disorganizzare l'intera esistenza; tutti seguono la norma igienica di lavarsi le mani più volte al giorno, ma alcuni sentono l'impulso di farlo talmente spesso da trascorrere quasi tutta la giornata nella stanza da bagno, pur rendendosi conto dell'irragionevolezza della cosa. Il nevrotico, dunque, si distingue per la frequenza dei suoi comportamenti e si può parlare di nevrosi quando troppe energie vengono assorbite in attività poco finalizzate. La nevrosi, infatti, può essere definita come una malattia psicologica senza perdita di contatto con la realtà, ma tale da disturbare l'efficienza e la soddisfazione nella vita: uno stile di vita doloroso che, come ha detto Freud, inibisce la capacità di lavorare, amare e divertirsi.
Il quadro nevrotico (Piccione 1995) si riassume in: avere paura senza motivo (fobia); rimuginare inutilmente la stessa idea (ossessione); simulare inconsapevolmente una malattia (isteria); credere, senza motivo, di essere gravemente malati (ipocondria); essere stanchi senza ragione (nevrastenia); mangiare troppo (bulimia) o troppo poco (anoressia); avere un problema organico per eccessiva tensione emotiva (disturbo psicosomatico). Il soggetto nevrotico si sente diverso dagli altri, non riesce più a stabilire una relazione serena nel contesto lavorativo né in quello amicale.
Anche se continua a ragionare con una logica riconoscibile, tutte le sue energie sono assorbite dallo stato di nevrosi, la vita di relazione risulta drasticamente limitata da questo doloroso vissuto di noia e pesantezza, che porta il soggetto a essere insofferente negli impegni e a colpevolizzarsi quando può divertirsi. Il conflitto ipotizzato alla base della nevrosi si esprime in un contrasto intrapsichico inconsapevole di alta intensità perdurante nel tempo, a causa dell'assenza di una scelta risolutiva. Il sintomo nevrotico consente così un compromesso insoddisfacente di coesistenza con l'ambiente circostante e rappresenta un fallimento nel processo creativo di sviluppo (Lalli 1991). Il disagio riguarda spesso il concetto di sé, le proprie aspirazioni e, come abbiamo detto, esprime una lotta interna tra le istanze di libertà e le regole di convivenza.
L'individuo nevrotico si sente schiavo di pensieri, sentimenti e comportamenti più forti di lui: l'idea di allontanarsi da casa spesso lo terrorizza; a volte ha un continuo senso di fallimento o deve ripetere più e più volte la stessa azione; comprende bene l'irragionevolezza della propria condotta, ma non riesce a operare il cambiamento necessario e ne consegue uno stato di prostrazione e di logorio. Questo porta il nevrotico a chiudersi sempre più in sé stesso, a perdere il piacere del lavoro e degli affetti, a sentirsi addosso una specie di marchio che lo differenzia da tutti gli altri individui. L'illusione di poter risolvere tali problemi con il semplice aiuto di farmaci spinge il nevrotico all'uso di pillole di vario tipo, ma invano: dopo un'iniziale e superficiale assopimento, la nevrosi si ripropone. I farmaci, infatti, non sono in grado di far cambiare uno stile di vita ormai radicato da anni e tanto errato quanto opprimente.
Secondo la psicologia del profondo di C.G. Jung, la nevrosi può essere anche vista come un tentativo di autoguarigione dell'individuo, in quanto attira l'attenzione sul suo malessere, testimonia il fallimento temporaneo delle capacità della psiche di mettere in opera la propria funzione autoregolatrice. I fattori eziologici delle nevrosi sono di varia natura: oltre alla psicopatologia predisponente, quali esperienze negative precoci e disadattive nel corso dello sviluppo, esiste anche una stretta relazione tra alcuni tratti vulnerabili della personalità e il successivo tipo di disturbo nevrotico che viene espresso (Giusti-Montanari-Iannazzo 2000). Una forte esperienza stressante persistente, derivante da separazioni, perdite e rottura dei legami di attaccamento diversi (crisi, decessi o allontanamenti dai genitori, dai familiari, dal partner o anche dal proprio posto di lavoro), risulta essere il fattore precipitante più importante per l'insorgere di una nevrosi.
Per sintomi lievi circoscritti, come una temporanea nevrosi da ansia, la prescrizione e l'uso dei farmaci ansiolitici, per un breve periodo di tempo, sembra essere la migliore risposta a richieste limitate per un sollievo immediato. In caso di sintomi persistenti, alla farmacoterapia va aggiunta una psicoterapia breve di sostegno, combinata con un addestramento alle tecniche di rilassamento. Qualora i sintomi nevrotici, che esprimono sofferenza psichica, fossero collegati a disagi comportamentali che derivano da disturbi d'identità (personalità indefinita, rigida, dipendente) o a difficoltà di controllo degli impulsi (conflitti interpersonali), oppure a problemi relazionali (rapporti intimi e sessuali insoddisfacenti), la psicoterapia diventa il trattamento più indicato per una ristrutturazione complessiva della personalità del soggetto e per la conseguente risoluzione dei sintomi.
Per le nevrosi fobiche, la farmacoterapia ansiolitica, da sola, non ha effetti duraturi e necessita anche di una psicoterapia di supporto che utilizzi le tecniche sia di desensibilizzazione comportamentale sia di rilassamento. Per le esperienze di panico, invece, va aggiunta anche la metodica della confutazione cognitiva progressiva dei pensieri irrazionali. La prognosi è buona nei casi di patologie con inizio recente. Per le nevrosi ossessivo-compulsive, la farmacoterapia antidepressiva va combinata con una psicoterapia di supporto ed espressiva a lungo termine, che utilizzi tecniche immaginative e cognitive.
Un trattamento di mantenimento va comunque consigliato anche dopo la terapia. Se la nevrosi è associata a disturbi intrapsichici e interpersonali, diventa necessaria una ristrutturazione della personalità anche con il supporto di tecniche psicodinamiche interpretative e di collegamento per l'autoconoscenza, nonché di tecniche relazionali-esistenziali, con l'integrazione di una terapia di gruppo, per sviluppare le risorse creative e l'autoconsapevolezza del soggetto (Giusti-Montanari-Montanarella 1995).
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