new neoclassical synthesis
Indirizzo di ricerca che nasce, intorno alla fine degli anni 1990, dalla fusione di elementi della scuola neoclassica e di quella neokeynesiana (➔ neokeynesiana, teoria). A differenza della sintesi neoclassica precedente (➔ neoclassica, economia), la n. n. s. si focalizza su elementi che riguardano la spiegazione delle fluttuazioni macroeconomiche di breve periodo. Essa prende dalla teoria del ciclo economico reale (➔ ciclo economico reale, teoria del) il modello di riferimento e il suo apparato tecnico. Quest’ultimo consiste in un modello di equilibrio economico generale di tipo dinamico, in cui tutte le relazioni macroeconomiche derivano da microfondazioni, vale a dire da scelte ottimizzanti e razionali degli agenti. Tale tipo di analisi consente di superare la critica di R.E. Lucas (➔), perché gli agenti possono modificare in modo razionale e ottimizzante le proprie azioni in risposta a cambiamenti della politica monetaria; inoltre, tutte le relazioni macroeconomiche dipendono dalle aspettative future riguardo alle variabili di politica economica.
Il modello fondante la n. n. s. mutua dall’economia keynesiana (➔ keynesiana, teoria) due elementi essenziali. Innanzitutto fa sua l’idea che le fluttuazioni del ciclo economico siano determinate non solo da shock di offerta, come quelli tecnologici, ma anche da shock di domanda, come quelli relativi alla spesa pubblica e alle preferenze degli agenti. In secondo luogo, incorpora l’assunto che i prezzi determinati dalle imprese siano rigidi o che si aggiustino lentamente. Questa ipotesi viene microfondata principalmente in due modi: o tramite l’asserzione che le imprese siano soggette, secondo un’ipotesi di G. Calvo, a una probabilità esogena di non poter cambiare i prezzi in ogni dato periodo (Staggered prices in a utility-maximizing framework, «Journal of Monetary Economics», 1983, 12, 3) o che le imprese sopportino costi di aggiustamento di tipo quadratico ogni volta che vogliono cambiare i prezzi (J. Rotemberg, Monopolistic price adjustment and aggregate output, «Review of Economic Studies», 1982, 49, 4). Quest’ultima ipotesi viene di solito motivata con l’idea che ci siano i cosiddetti costi di menu, vale a dire costi di comunicazione dei cambiamenti del prezzo ai clienti. L’idea di prezzi rigidi permette di utilizzare il modello per effettuare analisi di politica monetaria, la quale, infatti, può avere un ruolo soltanto se le sue azioni hanno effetti reali, situazione che si verifica quando i prezzi non si aggiustano completamente in risposta a cambiamenti dell’offerta di moneta.
Il modello di riferimento della n. n. s. è stato successivamene sviluppato, dando origine a due ramificazioni principali: da un lato, è stato utilizzato per verificare e migliorare la sua attitudine a fare previsioni sugli andamenti dell’economia, dall’altro è stato impiegato per studiare l’ottimalità delle scelte di politica economica. Sul primo fronte, il modello ha subito varie modifiche, che si sono concretate nell’uso di ulteriori microfondazioni per quello che riguarda il mercato del lavoro. Infatti, nonostante la presenza di prezzi rigidi, una delle limitazioni del modello di base consisteva nell’incapacità di prevedere la persistenza dell’inflazione, osservata invece nei dati. Per questa ragione sono state introdotte, per es., diverse imperfezioni nel mercato del lavoro, nell’idea che l’assunzione di dinamica persistente nell’andamento dei costi marginali (➔ costo aziendale) potesse aiutare ad aumentare la persistenza prevista per l’inflazione. Questi tentativi hanno avuto un successo solo parziale. Ulteriori microfondazioni sono state poi aggiunte ai mercati finanziari, con lo scopo di migliorare le capacità di previsione del modello in termini di dinamica dei consumi e degli investimenti. Come notato in precedenza, il modello è stato poi adoperato estesamente per analisi della politica monetaria e fiscale ottimale. Un contributo riguardo a questi aspetti è stato dato dal libro di M. Woodford, Interest and prices (2000), dove l’autore traccia alcuni fondamenti dell’analisi di politica monetaria nel modello della new neoclassical synthesis. A seguito della crisi finanziaria del 2007, la categoria di modelli di equilibrio economico generale di tipo dinamico e stocastico è stata fortemente criticata, a causa della sua incapacità di essere utile a prevedere la crisi: in particolare, è stata contestata l’assunzione di agenti rappresentativi e razionali, nonché la pratica di prendere in considerazione mercati finanziari completi (➔ mercato, struttura del). Un’alternativa a questi modelli consiste nello sviluppo e nell’utilizzo dei cosiddetti agent based models, modelli caratterizzati da agenti eterogenei e con aspettative non necessariamente razionali (➔ anche prospect theory).