NEW YORK
Metropolitan Museum of Art. -
1. - Generalità. - Il Metropolitan Museum of Art fu fondato nel 1870 a New York City. Secondo la carta di fondazione, si trattava di "istituire e conservare un museo e una biblioteca d'arte, di incoraggiare e incrementare lo studio delle belle arti e l'applicazione delle arti all'industria e alla vita pratica, di approfondire la conoscenza generale di simili argomenti e, infine, di contribuire all'istruzione popolare".
Dopo aver occupato provvisoriamente diversi edifici a N. Y., nel 1880 il M. M. si trasferiva a Central Park, fra la Fifth Avenue e la 82a Strada, dove si trova tuttora. Nel 1938 il M. M. apriva una sezione distaccata, i Cloisters, dedicati all'arte e all'architettura medioevali, in Fort Tryon Park, sul promontorio settentrionale di Manhattan.
Il M. M. rappresenta una collaborazione di iniziative private e di stanziamenti municipali. Circa un quarto del bilancio operativo del M. M. è dovuto a un contributo del comune di N. Y. ed è devoluto alla conservazione e alla sicurezza degli edifici; tutte le altre spese attive e tutti gli acquisti di opere d'arte dipendono da privati, soprattutto sotto forma di doni, lasciti e legati. Un'altra fonte considerevole è costituita dalle sottoscrizioni di cittadini privati che divengono "membri del museo". L'affiliazione al museo è aperta largamente al pubblico, e nel 1961 si potevano contare più di 16 mila membri. In cambio dell'iscrizione, il museo riserva alcuni vantaggi ai membri: essi ricevono una rivista mensile con articoli scientifici scritti dai conservatori del museo; sono invitati alle vernici delle più importanti esposizioni; possono ottenere sconti ai concerti, alle conferenze, nell'acquisto di riproduzioni a colori e nei fac-simili di gioielli antichi e di altri oggetti posseduti dal museo.
I programmi variati del museo e i suoi servizî di interesse pubblico fanno di questa istituzione una potente forza culturale nella vita americana. I servizî e i programmi comprendono: 1) La Biblioteca: la biblioteca del museo è la più grande collezione di libri e periodici di consultazione e di ricerca degli Stati Uniti per quanto riguarda la storia dell'arte, con 148 mila libri e circa 1000 periodici. I suoi servizi comprendono una collezione di diapositive destinate al prestito a scuole, università, gruppi educativi di adulti e iniziative commerciali. Tali collezioni di consultazione comprendono anche migliaia di fotografie a colori e in bianco e nero. 2) Istruzione: la sezione educativa del museo (Department of Education) organizza cicli regolari di conferenze pubbliche, molte delle quali aperte a tutti, altre libere per i membri e con biglietto d'ingresso per il pubblico; proiezioni di films di arte; visite guidate; illustrazioni di opere d'arte nelle collezioni; gite studentesche. Infine collabora con il Comitato per l'Istruzione del comune di N. Y., con la New York University e con la Colombia University e con altre università, contribuendo ai loro corsi. 3) Museo per i giovani: un'alta percentuale dei visitatori del museo è costituita da ragazzi; così il museo ha aperto un "museo per i giovani", che presenta grandi esposizioni per loro, integrate da lezioni pratiche, proiezioni di films e conferenze. Membri dell'organizzazione del museo guidano regolarmente visite di scuole e di altri gruppi di ragazzi. Il museo per i giovani dispone anche di un auditorium, di una biblioteca ed anche di un posto di ristoro. 4) Concerti: ogni autunno e ogni primavera il museo presenta una ricca serie di concerti per abbonamento nel proprio auditorium "Grace Rainey Rogers", in cui si sono esibiti molti dei più illustri artisti contemporanei. Una peculiarità del programma di concerti è una serie speciale di audizioni dedicate a promettenti giovani concertisti nel desiderio di aiutarli a raggiungere un più vasto riconoscimento, nonché una serie di concerti scelti appositamente per i piccoli. 5) Ingresso al museo: il museo è aperto tutti i giorni dell'anno e l'ingresso è libero. Nel 1960 la frequenza di pubblico al museo e alla sezione distaccata dei Cloisters superò i 4 milioni di visitatori, di cui il dieci per cento era costituito da stranieri. 6) Direzione: il nucleo direzionale del museo sono i suoi 14 dipartimenti e le collezioni permanenti che da essi dipendono. Queste collezioni illustrano le arti e la cultura di cinquemila anni di civiltà nel mondo: l'antico Vicino Oriente, l'Egitto, la Grecia, Roma, l'Oriente, l'Europa dall'inizio dell'èra cristiana e gli Stati Uniti. Le raccolte comprendono più di 365 mila opere d'arte e sono le più complete nell'emisfero occidentale. Da un quarto a un terzo delle collezioni sono costantemente esposte, per gli altri oggetti si segue il criterio della rotazione; infine, allo scopo di presentare parte delle proprie collezioni al pubblico più largo possibile, il museo concede prestiti temporanei ad alcuni musei e ad alcune istituzioni culturali sparsi per gli Stati Uniti, per mostre particolari. Le collezioni si dividono in: pittura europea, dal XIII sec. ai nostri giorni; disegni europei; Grecia e Roma; Vicino Oriente; Estremo Oriente; arte medievale, ai Cloisters; armi e armature (europee e orientali); strumenti musicali (dalla preistoria agli Egizi, all'Europa, Asia, Africa, Oceania e America); stampe; pittura e scultura americane (dal periodo coloniale a oggi); ala americana dedicata alle arti minori americane dal sec. XVII alla prima metà del XIX; Istituto per il costume (centro di ricerche sul costume dotato di raccolte di migliaia di costumi e di ornamenti dal XVII al XX sec., nonché di costumi folcloristici dell'Europa, dell'Asia e delle Americhe. L'istituto collabora con l'industria della moda e con il teatro nell'applicazione pratica dell'arte alle necessità industriali).
Qui di seguito si danno notizie soltanto sui dipartimenti del museo che concernono le civiltà e i limiti cronologici assegnati alla presente enciclopedia. (J. Rorimer)
2. - Arte egiziana. - I primi oggetti d'antichità egiziani pervennero al museo nel maggio del 1874: tre scarabei, un sigillo cilindrico e una placca di steatite invetriata, provenienti dal primo carico di oggetti da Cipro del generale Cesnola. A quell'epoca il museo si trovava alla 14a Strada; ma soltanto pochi scarabei erano stati aggiunti alla piccola raccolta quando il museo si trasferì nella sede attuale, nel 1880; l'anno successivo, però, l'erezione dell'obelisco di Thutmosis III proprio presso il nuovo edificio, sollecitava l'interesse locale verso l'arte egiziana e nel corso di una decina d'anni circa la metà degli oggetti egiziani posseduti dal museo entrarono nelle sue collezioni a un ritmo regolare. Dal 1895 in poi una sottoscrizione annua all'England's Egypt Exploration Fund portò al museo ogni anno gruppi di nuove scoperte da varie località di grande importanza. Dal 1898, allorché fu pubblicato il Catalogo delle antichità egiziane nelle sale 3 e 4, la raccolta era salita dai cinque pezzi iniziali a oltre duemila cinquecento oggetti, alcuni dei quali considerevoli per dimensioni e per importanza. Nei sette anni successivi si aggiungevano più di seimila e cinquecento oggetti, inclusa la grande Collezione Farman e la famosa collezione di scarabei e di cilindri raccolta da John Ward.
Così, il 15 ottobre 1906, incoraggiati dall'accrescimento della collezione e dal crescente interesse fra il pubblico verso l'egittologia, gli amministratori del museo votavano la costituzione del dipartimento d'arte egiziana e l'inizio, senza ritardi, di un programma di scavi in Egitto come il sistema migliore per sviluppare il nuovo dipartimento.
Il primo direttore del dipartimento fu Albert Morton Lythgoe. Sotto la sua direzione, la campagna organizzata dal museo nel gennaio del 1907 iniziava la prima serie di scavi nel deserto ad O di Lisht, dove sorgono le piramidi di Amenemliet I e di Sesostris I, i primi due re della XII dinastia. Arthur C. Mace di Oxford rivestì le funzioni di condirettore e Herbert E. Winlock, che sarebbe divenuto uno dei grandi egittologi d'America, e alla fine salito alla direzione del museo, era il loro assistente. Nel 1910 Winlock trasferiva il suo campo di attività alla parte occidentale di Tebe, dove sino al 1931 condusse scavi che hanno grandemente contribuito alle nostre conoscenze e che hanno trasformato la collezione del museo in una delle più ricche del mondo per monumenti dell'XI e della XVIII dinastia. Nel 1911 si univa alla spedizione Ambrose Lansing, in seguito divenuto suo direttore; nel 1939 egli succedeva a Winlock come direttore del dipartimento, seguito a sua volta, nel 1952, da William C. Hayes, che ne è il direttore attuale.
Oltre alle sue ventiquattro campagne annuali a Tebe e alle quattordici a Lisht, la spedizione dedicò parte di undici campagne annuali alla messa in luce e al rilievo del tempio di Hibis nell'oasi di el-Khargah e all'esplorazione dei cimiteri cristiani vicini, e ancora tre campagne, sotto la direzione di H. G. Evelyn White, allo studio dei monasteri copti di wādī en-Natrūm. Nel 1935 Lansing spese sei settimane in scavi di esplorazione a Hierakonpolis.
È difficile afferrare che cosa queste spedizioni abbiano significato per la crescita del museo. Alla sua collezione contribuirono con molte classi di oggetti che non si sarebbero potute ottenere da altre fonti, e tutti completamente documentati. Alla sua Graphic Branch, sotto la direzione di Mr. e Mrs. N. de G. Davies, si deve la serie (incomparabile) di copie in facsimile, in grafico e a colori delle pitture tombali egiziane e il rilievo di tombe e di templi; ai suoi architetti si debbono centinaia di piante, di carte e di disegni dei luoghi e delle strutture esplorati; al suo fotografo, H. Burton, uno dei più grandi e ricchi archivi fotografici archeologici, specializzati in un settore, del mondo.
D'altra parte, con il passare degli anni, molti pezzi superbi, erano entrati nel museo per dono, per lascito o per acquisto; per esempio, le tombe di Perneb e di Raemkay, i tesori di el-Lahūn e "delle tre principesse", la statua di Ḥaremhab, la Stele Metternich e una collezione di piccoli oggetti d'arte e d'artigianato raccolti da Lord Carnarvon.
Avendo così riunito all'incirca trentaseimila oggetti, fu possibile approfittare del largo numero di doppioni nelle collezioni del museo per combinare mutui scambi con altri istituti e per prestiti a musei più piccoli. Una politica di pubblicazioni in proprio dell'opera della Missione e delle acquisizioni piu importanti del museo ha portato alla produzione di diciannove volumi e di oltre cinquanta Bollettini di rapporto sugli scavi, a cinque tomi monumentali della Tytus Memorial Series, a undici monografie su gruppi di oggetti nella collezione e a diversi manuali, libri d'arte e articoli specializzati. I primi due volumi di una guida completa delle antichità egiziane sono apparsi recentemente a cura dell'attuale direttore del Dipartimento sotto il titolo The Scepter of Egypt. Il criterio di esposizione è essenzialmente cronologico, incominciando dal materiale preistorico della prima sala, passando per le prime dinastie e l'Antico Regno e, infine, avendo completato il percorso a U delle gallerie, si giunge nell'ultima sala dove sono raccolti i monumenti egiziani del periodo greco-romano. Tuttavia quasi tutta la scultura di maggiori dimensioni è sistemata nel grande cortile alla fine dell'ala. Gioielli e altri prodotti di oreficeria sono disposti in una galleria apposita, così come i pezzi, meno ambiziosi ma anch'essi interessanti, che illustrano la vita quotidiana del popolo egiziano. Due grandi gallerie nell'angolo N-E della raccolta sono state sistemate a parte per riunire oggetti di natura puramente funeraria, un genere di oggetti d'antichità che di solito in molte raccolte d'arte egizia occupa il centro della scena e che lascia cadere un drappo funebre sulla visione generale di questa civiltà essenzialmente così festosa e vivace.
(N. E. Scott)
3. - Vicino Oriente. - La collezione dell'antico Vicino Oriente incominciò a formarsi grazie a doni di J. P. Morgan e di J. D. Rockefeller Jr., nel 1917 e nel 1930, di un certo numero di rilievi assiri in pietra, di alcuni gioielli d'oro parthici e sarmatici e di un bacino di pietra sumerico. A questi si aggiunge il gruppo delle tavolette cuneiformi, dei sigilli cilindrici e delle sculture assire e neo-hittite che il museo già possedeva dalla fine del secolo scorso. Dal 1930 la collezione si è rapidamente ampliata grazie a doni, scavi e acquisti. In quegli anni il museo acquistò due leoni neobabilonesi di ceramica invetriata dalla porta di Ishtar del tempo di Nabucodonosor e contemporaneamente un dono di vasi e di bronzi scavati a Teli ed-Duweir, la biblica Lachish, dava inizio alla collezione di antichità palestinesi. Altri doni pervenuti durante lo stesso decennio furono avorî siriani del II millennio e un certo numero di bronzi dal Luristan. Vasi più antichi scavati nell'Iran furono acquistati nel 1939 e nel 1948 per dono o per scambio con il museo di Teheran. Il 1947 vide l'arrivo di parecchi esempî notevoli dell'arte achemènide: un vaso d'argento a forma di testa equina, un disco d'argento iscritto col nome di Artaserse I e una testa di toro in pietra da Persepoli. Nel 1954 la collezione achemènide fu ancora arricchita dall'acquisto di un rhytòn d'oro con testa di leone, di una daga decorata nell'eisa con teste di leoni, di una coppa iscritta con il nome di Dario e d'altri oggetti d'oro e d'argento.
Dal 1951 il M. M. si associava alla British School of Archaeology in Iraq in una spedizione a Nimrud. Attraverso gli scavi così compiuti si sono ottenute notevoli quantità di avorî, ceramiche e metalli assiri; altri scavi condotti insieme alle American Schools of Oriental Research per due campagne a Nippur e insieme al Museo dell'Università di Filadelfia, per tre campagne, a Hasanlu, hanno aggiunto altro materiale alla collezione sumerica e iranica.
Tutto il materiale descritto è stato risistemato in due nuove sale aperte nel 1960. Le sale sono in comunicazione fra loro attraverso un arco che è la ricostruzione della porta di un palazzo assiro, fiancheggiata da animali mostruosi alati, con teste umane, e da rilievi provenienti dal palazzo di Assurnasirpal del IX sec. a. C. La collezione assira raccoglie anche frammenti di sculture di Sargon e di Assurbanipal. Notevoli sono gli avorî del I millennio da Nimrud, Khorsābād e Arsian TaŞ.
Il periodo sumerico è rappresentato da sculture in pietra e da vasi dagli scavi di Tell Asmar, Khafāgiah e Nippur, da figurine di fondazione in rame, da diversi sigilli cilindrici e da altre sculture. Al periodo neosumerico appartengono una statua completa di Gudea seduto, da Lagash, e teste dello stesso re e di suo figlio, Ur-Ningirsu.
Un gruppo di armi, vasi e oggetti di culto pre-hittiti, sono di provenienza anatolica, probabilmente dalla località di Horoztepe; non è invece nota la provenienza di un boccale d'oro della stessa epoca. Dall'Anatolia orientale provengono due bronzi dell'Urartu dell'VIII-VII sec. a. C.
Le collezioni di ceramica iranica, iniziate da acquisti, presso il museo di Teheran e l'Oriental Institute di Chicago, di oggetti da Tepe Siyalk, Tepe Giyan, Tepe Hissar, Susa e altri luoghi, nonché da scavi di ceramica sassanide compiuti dal museo a Kasr-i Abu Nasr, è stata accresciuta negli ultimi anni, soprattutto con oggetti del I millennio provenienti dal N-O iranico.
A parte i vasi in oro e argento achemènidi, i gioielli e, specialmente, una testa di ibex, in bronzo, maggiore del vero, dello stesso periodo, la metallurgia dell'Iran è ben documentata dalla testa di un re, probabilmente del Il millennio a. C., dalla regione del lago Urmia. Del VII sec. a. C. parte del tesoro di Ziwiye, di cui sono esposti gli ori, gli avorî e parte della cassa funeraria di bronzo entro cui fu trovato, rhytà d'argento a forma di animale e giare di ceramica invetriata, vengono tutte dalla medesima zona.
A una data leggermente posteriore appartengono alcuni oggetti d'oro e d'argento scitici, mentre una tazza d'argento del IV sec. a. C., dal Danubio, illustra l'influsso dell'arte scitica in questa regione.
L'arte arabica è rappresentata da un toro di bronzo e da un incensiere rispettivamente del VI e del III sec. a. C. e da un monumento funerario in pietra di data un poco più tarda. Sculture in pietra del periodo parthico insieme a ceramiche invetriate e a vasi d'argento appartengono agli anni immediatamente precedenti o seguenti l'era cristiana, un periodo che produsse anche le sculture funerarie palmirene, di cui un certo numero è in esposizione.
Scavi condotti dal museo a Ctesifonte e a Kasr-i Abu Nasr hanno procurato rilievi in stucco e lavori più piccoli in pietra e in metallo del periodo sassanide.
Oltre a tali oggetti più importanti, che sono esposti, vi è anche una grande collezione di studio che include tavolette cuneiformi, sigilli cilindrici e piatti dei maggiori stili del Vicino Oriente, tavolette di terracotta e altri oggetti meno importanti eseguiti in diverse materie.
Bibl.: Archaeology, XII, 1959; Bull. of the M. M. of Art, XXVIII, 1933; XXXIV, Maggio e Ottobre 1940; III, Febbraio e Giugno 1945; IV, settembre 1945; VII, Settembre 1948 e Marzo 1949; X, Marzo e Aprile 1952; XIII, marzo e Aprile 1955; XV, Settembre, Ottobre e Novembre 1956; XVI, Ottobre 1957; XVII, Ottobre 1958; XVIII, Ottobre 1959 e Aprile 1960; XIX, Ottobre 1960; Iraq, XXII, 1960; Near Eastern Jewelry, The M. M. of Art, New York 1944: Small Sculptures in Bronze, The M. M. of Art, New York 1950.
(K. C. Wilkinson)
4. - Antichità classiche. - L'arte classica è stata rappresentata al M. M. fin dal principio; infatti il primo dono pervenuto al museo fu un sarcofago romano, da Tarso, donato nel 1870. Subito dopo venne la immensa collezione di antichità cipriote raccolta da L. Palma di Cesnola, acquistata per sottoscrizione pubblica tra il 1874 e il 1876. Il tesoriere del museo, S. Ward, donava nel 1875 una scelta collezione di vasi attici. La raccolta King di gemme fu donata dal primo presidente del museo, J. Taylor Johnston, nel 1881 e la Collezione Charvet di vetri fu donata nello stesso anno da H. G. Marquand. Terrecotte greche, per lo più da Efeso e dall'Egitto, vennero al museo nel 1889 come dono di L. W. Drexel e nel 1890 il museo acquistò una grande raccolta di vasi ellenistici e di stele d'arenaria dipinte provenienti dal cimitero di Hadra. Il lascito E. C. Moore, nel 1891, portò altri vasi greci e una raccolta di vetri. Oggetti di antichità dall'Italia incominciarono ad arrivare nel 1896 con l'acquisto, per sottoscrizione, della Collezione Baxter (oltre cinquecento bronzi, vasi e terrecotte), seguito dagli acquisti compiuti per il museo dal prof. A. L. Frothingham e il dono del presidente F. W. Rhinelander. Al principio di questo secolo il museo incominciò ad acquistare alle vendite all'asta (vendita H. de Morgan, New York, 1901); nel 1903 parte della Collezione Giustiniani di marmi antichi fu donata da Mrs. F. Thompson. Nel 1901 il museo riceveva come lascito parte dei beni di J. S. Rogers, e per la prima volta era messo in condizioni di procedere ad acquisti importanti. Nel campo dell'arte classica i primi acquisti riguardarono il corredo di una tomba etrusca, da Monteleone, con uno splendido carro (v. monteleone di spoleto), gli affreschi di Boscoreale (v.) e la Collezione Canessa di vasi. Nel 1905 venne la statua di bronzo di Treboniano Gallo e J. Pierpont Morgan offrì la collezione John Ward di monete antiche, che conta quasi mille esemplari.
Il generale L. P. di Cesnola morì nel 1904 e, nel dicembre del 1905, E. Robinson lasciava il Museum of Fine Arts di Boston e diveniva vice direttore del Metropolitan Museum. Al principio del 1906, G. M. A. Richter entrava a far parte della direzione scientifica del museo e nello stesso tempo J. Marshall era nominato agente per gli acquisti del museo. Nei successivi ventidue anni, fino alla morte di Marshall nel 1928, la maggior parte degli acquisti di antichità classica erano stati eseguiti o segnalati da lui.
Una raccolta sistematica si iniziò con i nuovi incarichi e nel 1909 questa sezione del museo riceveva la definizione ufficiale di "Dipartimento di Antichità Classiche", con E. Robinson come conservatore. La collezione era grande abbastanza per consentire la pubblicazione di cataloghi: prima lo Handbook of the Cesnola Collection of Antiquities from Cyprus, di J. L. Myres (1914), seguita da Greek, Etruscan and Roman Bronzes (1915) e dal Catalogue of Engraved Gems of Classical Style (1920), entrambi di G. M. A. Richter. Il primo Handbook of the Classical Collection, ugualmente di G. M. A. Richter, apparve nel 1917. Recenti acquisizioni sono state pubblicate o annunciate regolarmente nel Bulletin, di cui il primo numero apparve nel novembre 1905.
Gli acquisti del museo riguardano tutti gli aspetti dell'arte classica, ad eccezione delle monete, poiché queste sono state considerate il campo di attività della Numismatic Society. Oltre agli acquisti, doni e lasciti continuarono a pervenire al museo. Così il museo ricevette una parte dei trovamenti di Sardis e alcune delle terrecotte rinvenute a Praesus, a Creta. Nel 1917 J. P. Morgan cedeva al museo una grande parte delle collezioni del padre J. Pierpont Morgan; e ancora il dipartimento acquistava, oltre a molti singoli pezzi molto belli, l'intera raccolta Gréau di vetri e di ceramica romana o gallo-romana.
Nel 1925 E. Robinson, che era stato direttore del museo dal 1910, dette le dimissioni da conservatore del dipartimento d'arte classica. In questa carica gli successe G. M. A. Richter, e quando J. Marshall morì a Roma nel 1928, il posto di agente degli acquisti non fu più rinnovato. Da allora gli acquisti di arte classica sono stati segnalati dal conservatore del dipartimento e autorizzati dalla direzione del museo. Nel 1948 G. M. A. Richter diveniva conservatore onorario e le succedeva C. Alexander, che era entrata nell'amministrazione nel 1923. All'andata in pensione di questa, D. von Bothmer, che lavora per il museo dal 1946, diveniva conservatore.
Le collezioni d'arte classica del museo sono universalmente ben note, sia in America che all'estero e diviene difficile dire quali ne siano i pezzi migliori. La collezione cipriota è la più ricca e la più rappresentativa fuori dell'isola di Cipro. Le antiche culture egeo-cicladiche, minoiche e micenee sono anch'esse ben rappresentate. Nel campo della scultura greca l'attenzione è richiamata dagli originali attici - monumenti funerari sia arcaici che classici - e da copie romane, come il Diadoùmenos, l'Amazzone Lansdowne, il Protesilao (v.). La raccolta di bronzi greci è molto ricca e abbraccia tutti i periodi, dal cavallo geometrico all'Eros ellenistico. I vasi greci sono ugualmente ben rappresentati, con una forte documentazione di quelli attici. Le terrecotte greche comprendono un gran numero di fabbriche e quasi tutti i periodi. La collezione di gemme comprende molti capolavori famosi (v. G. M. A. Richter, Catalogue of Engraved Gems, Roma 1956). Gli ori e gli argenti antichi ricevono lustro dal gioiello con Ganimede e da alcuni bei braccialetti, collane, orecchini e diademi e da un fodero di spada dalla Russia meridionale. L'arte etrusca, esposta in due gallerie, conta alcuni dei più bei bronzi etruschi, una collezione scelta di vasi e molti gioielli. All'arte romana appartengono le pitture murali di Boscoreale (v.) e di Boscotrecase, una serie di ritratti, molti splendidi sarcofagi e bronzi eccellenti, nonché una collezione di vetri romani tra le più belle del mondo.
Bibl.: V. opere citate nel corso del paragrafo.
(D. von Bothmer)
5. - Tarda antichità e antichità paleocristiane. - La prima accessione nella sezione delle antichità cristiane è stato un rilievo marmoreo del IV sec. con la rappresentazione di Giona e la balena, rinvenuto a Tarso nel 1876 e donato al museo nel 1877 dal console americano a Beirut, J. T. Edgar (inv. n. 77.7: O. Wulff, Altchristl. und byz. Kunst, 1914, p. 149). Risulta proveniente dall'Asia Minore anche la figura seduta di un letterato dalla nicchia centrale di un sarcofago del gruppo di Sidamara (inv. n. 18, 108), databile al III sec. e derivante dal tipo del poeta con la musa (C. R. Morey, Sardis, v, Roman and Christian Sculpt., 1924, parte i, The Sarcophagus Claudia Antonia Sabina, p. 46, fig. 81; W. F. Stohlman, A Group of Sub-Sidamara Sarcophagi, in Am. Journ. Archaeol., xxv, 1921, luglio-sett., e M. Laurence, Columnar Sarcophagi in the Latin West, in Art Bull., giugno 1932, p. 116, fig. 14).
Un frammento di rilievo con la Traditio Legis, dalla collezione del conte Benettini Piceni di Sarzana (inv. n. 48.76.2), che ricorda i sarcofagi a colonne del IV sec., particolarmente quello di Giunio Basso (v.), è stato identificato come parte di un grande fregio architettonico da H. P. L'Orange (Studies in the Iconography of Cosmic Kingship in the Ancient World, Oslo 1953, pp. 168-170, fig. 18. V. anche J. I. Rorimer, The Authenticity of the Chalice of Antioch, in Studies in Art and Literature for Belle Da Costa Greene, Princeton 1954, iii, fig. 133).
Un altro sarcofago del IV sec. da Portus Augusti (Porto), località menzionata nell'iscrizione, rappresenta un medico seduto davanti a una cassetta di strumenti di chirurgia (inv. n. 48.76.1). Il sarcofago, che in tempi moderni era stato trasformato in vasca in un cortile romano, proviene dalle Collezioni Balestra, del Drago e Hearst (Matz-Duhn, Ant. Bildwerke, Lipsia 1881, ii, p. 346, n. 3127 a; C. I. G., iii, 6307; G. Kaibel, I. G., xiv, 943; E. Petersen, Röm. Mitt., xv, 1900, p. 171 ss. pubblica parte della perduta iscrizione sul coperchio, in cui era dichiarato trattarsi di un medico; S. Reinach, Rép. Rel., 1912, iii, p. 235). La più bella scultura paleocristiana è la testa di marmo che R. Delbrück (Spätant. Kaiserportr., Berlino 1933, pp. 202-203, tavv. 99-101) riferisce, in base a confronti con monete, all'imperatrice Flaccilla, prima moglie di Teodosio I. Era prima nella collezione del barone Max von Heyl ed era esposta nel museo di Amburgo (inv. n. 47.100.51). Poiché la testa è priva di diadema, fu probabilmente eseguita prima del 379, anno in cui Teodosio salì al trono.
La sezione dedicata agli avorî comprende alcuni pezzi importanti tardoantichi e due pissidi d'avorio del VI sec., un dittico consolare di Giustiniano (521) e il dittico Cranenburg.
L'oggetto più celebrato della collezione di antichità cristiane è il Calice di Antiochia, in argento e con applicazioni d'oro, acquistato per i Cloisters nel 1950 (The Cloister Coll., inv. n. 50.4). Si dice che sia stato rinvenuto da operai che scavavano un pozzo nei dintorni di Antiochia, nel 1910; la datazione e la stessa autenticità del pezzo sono stati a lungo dibattuti, ma la sua autenticità è oggi generalmente riconosciuta e la data cui solitamente si pensa è il IV sec. o, eventualmente, il V per confronto dello stile delle figure con quello di sarcofagi contemporanei. Consiste di due coppe, una compatta, interna, e una lavorata a traforo, esterna, ottenuta per fusione, incidendovi i particolari che raffigurano Cristo (replicato due volte) e quindi dieci Apostoli, tutti seduti entro racemi d'uva. L'ampia bibliografia è riassunta da H. Harvard Arnason, The History of the Chalice of Antioch, in The Biblical Archaeologist, iv, 4, dicembre 1941, e v, i, pp. 10-16. Oltre agli importanti studî sul calice di Bréhier, Dalton, Diehl, Morey, Stuhlfauth e altri, e ai giudizi dissenzienti di Eisen, Strzygowski e Wilpert, si deve ricordare G. de Jerphanion, Le calice d'Antioche, in Orientalia Christiana, VII, Roma 1926; W. F. Volbach, Der Silberschatz von Antiochia, in Zeitschr.f. bild. Kunst, 1921, pp. 110-113 e J. J Rorimer, Studies ... for Belle Da Costa Greene, pp. 161-168, con illustrazioni del calice prima della pulitura.
Altri oggetti d'argento, che si dice siano stati rinvenuti insieme al calice, sono di stile più provinciale (inv. n. 47.100.34-36; 50.5.1-3). Sono esposti nella collezione di argenti paleocristiani del museo e la loro origine siriaca e la loro datazione nel VI sec. sono indicate non soltanto dallo stile, ma anche da iscrizioni su un secondo calice e su una croce processionale: v. G. Downey, The Inscription on a Silver Chalice from Syria in the Metropolitan Mus. of Art, in Am. Journ. Arch., 1951, pp. 349-353; id., A Processional Cross, in Bull. of the Metr. Mus. of Art, maggio 1954, pp. 276-280.
Il dipartimento raccoglie anche argenti romani provinciali di provenienza gallica (Leyris, Verdun) e il tesoro della tomba di un soldato, da Vermand, che comprende un umbone dorato, senza decorazioni, e il bracciale di uno scudo oltre a tre punte di lancia e una fibbia di cintura, d'argento con applicazioni in oro e nielli, databile nel terzo venticinquennio del IV sec. e decorato con un elaborato intaglio superficiale tipico delle decorazioni di cinture militari trovate lungo la frontiera romana (inv. n. 17.192.141-146). V. J. Pilloy e A. Jumel, Études sur d'anciens lieux de sépultures dans l'Aisne, Saint-Quentin, ii, 1895, pp. 38-52, tavola. Altri oggetti gallo-romani della Collezione Morgan, provenienti da tombe, sono pubblicati da Seymour de Ricci, Catalogue of a Collection of Gallo-Roman Antiquities belonging to J. Pierpont Morgan, Parigi 1911. Il tesoro di Cipro, che comprende una serie di piatti d'argento e alcuni pezzi d'oreficeria, è discusso in questa enciclopedia alla voce tesori.
Una bella serie di smalti romani dalle province, probabilmente tutti di origine gallica, comprende tre esempî di smalto champlevé in bronzo, una montatura del tardo I sec. o del principio del Il, con ornamenti che rammentano le terre sigillate, una coppa del Il sec. rinvenuta a Rochefort, nel Giura, nel 1882, simile ad altre attribuite alla Villa Anthée nella regione della Mosella, e un vaso della metà del III sec. trovato a La Guierche (Charente), che conteneva monete da Gallieno (260-268) a Tetrico (268-273) (inv. n. 47.100.-6, 8, 5). V. W. H. Forsyth, Provincial Roman Enamels Recentiy Acquired by the Metropolitan Museum of Art, in Art Bull., xxxii, 1950, pp. 297-307, con illustrazioni.
La collezione del museo è particolarmente ricca in vetri, a fondo d'oro, acquistati fra il 1911 e il 1919. Sono stati recentemente pubblicati da Ch. R. Morey, The Gold Glass Collection of the Vatican Library, a cura di G. Ferrari, Città del Vaticano 1959, tav. xxxvi, nn. 445-460. Undici pezzi della collezione erano stati pubblicati da R. Garrucci, quando tre erano nel Vaticano e altri tre nel Museo Kircheriano: v. R. Garrucci, Vetri ornati di figure in oro trovati nei cimiteri dei cristiani primitivi di Roma, Roma 1858, tavv. i, n. 1 (Kircheriano); vii, n. 14 (Vaticano); xvi, n. 1; xx, n. 1; xxi, n. 6; xxvi, n. 3 (Vaticano); xxxii, nn. 2 (Kircheriano), 6 (Vaticano); xxxviii, n. 1 (Kircheriano); xl, n. 9. V. anche C. L. Avery, Early Christian Gold Glass, in Bull. of the Metrop. Mus. of Art, xvi, 1921, pp. 170-175, per un breve riassunto.
Di tutti, il pezzo più antico e più bello (Morey e Ferrari, n. 454) è un medaglione del III sec. di un giovane ricciuto iscritto ΓΕΝΝΑΔΙ ΧΡWΜΑΤΙ ΠΑΜΜΟΥCΙ, che indica un pittore di nome Gennadios (inv. n. 26.258). Secondo il parere orale di C. R. Morey, il ritratto potrebbe essere stato ripreso da una scultura, probabilmente un bronzo. Il vetro più celebre è un medaglione con la rappresentazione di una madre con il figlio, che si dice rinvenuto a Tuscolo, proveniente dalla Collezione Ficoroni (1732) e passato successivamente a H. Walpole, donato al museo da J. Pierpont Morgan nel 1917 (inv. n. 17.190.109). Dichiarato un falso da R. Garrucci e dal Vopel, insieme al medaglione di Brescia che questo rammenta, tanto il pezzo di Brescia quanto questo del Metropolitan Museum sono stati dimostrati sicuramente autentici da de Mély, Peirce, Breck e Morey: v. Aréthuse, 1926, 1-9, 1927, 1-3; Art Bull., ix, 1927, pp. 353-356; Morey e Ferrari, xxxvi, n. 452). Il vetro non è inciso, ma dipinto a pennello, come altri dei Musei Vaticani (Morey e Ferrari, nn. 5 e 7), in cui il Morey ritrovava un pari uso di oro e di argento. Molti oggetti nella collezione appartengono alla bottega dignitas amicorum ricostruita dal Morey, incluso un raro medaglione con motivo centrale acquistato nel 1916 (inv. n. 16.174.2), trovato nel cimitero di Callisto nel 1715, donato a papa Clemente XI e passato quindi al Museo Kircheriano. Raffigura al centro il busto di un uomo sbarbato, con l'iscrizione •zes•es•, circondato a raggiera da una serie di rappresentazioni di miracoli biblici (Morey e Ferrari, n. 448).
In mezzo a undici pezzi, acquistati dal museo in Italia nel 1918, si trova una insolita rappresentazione di un uomo che porta sulle spalle la croce, con il monogramma ☧ dietro la testa, iscritto lavrentio: oltre a questa figura, rimangono resti di un'altra iscrizione sul margine del vetro: ...ane viv asincr ... (...)ane vivas in C(h)r(isto) - (inv. n. 18.145.3; Morey e Ferrari, n. 460). La figura rappresenta probabilmente Cristo, e Morey suggerì l'ipotesi che potesse trattarsi di un lavoro dell'Italia settentrionale, sia per l'iconografia, sia per la tecnica, che si differenzia da quella dei vetri romani.
La collezione dei vetri raccoglie anche vetri soffiati in stampi con disegni simbolici attribuiti ad arte siriaca del IV e del V secolo.
Bibl.: V. opere citate nel corso del paragrafo.
(W. H. Forsyth)
6. - Estremo Oriente. - Il Dipartimento dell'arte dell'Estremo Oriente comprende le arti della Cina, del Tibet, della Corea, del Giappone, dell'Asia Centrale, dell'India, del Nepal, dell'Afghanistan, della Tailandia, della Cambogia, del Vietnam, di Giava, di Bali e delle Filippine. La raccolta è una delle più grandi e delle più importanti del mondo e conta approssimativamente trentamila oggetti. La presente nota si limita all'arte cinese e all'arte indiana, fino alla fine delle Sei Dinastie in Cina (589 d. C.) e sino al periodo Gupta in India (cioè sino al 600 d. C.).
a) Cina. - Le collezioni del museo sono eminenti nei campi della ceramica, della scultura e dei bronzi. Entro il periodo in esame comprende 170 ceramiche dalla Dinastia Shang alla fine delle Sei Dinastie, con esempî notevoli di vasi Shang e Han e figure tombali dal tardo periodo Chou (770-256 a. C.) sino alle Sei Dinastie.
La raccolta di antiche giade è più sostanziale che spettacolare. Particolarmente notevoli sono 22 piccole giade da una tomba che si dice sia quella del duca Chang di Cheng, fratello dell'imperatore Chou; tra queste si trovano due cervi di qualità assai alta (Pelliot, Jades archaîques de Chine, pp. 28-35, tav. xxx). La Collezione S. T. Peters di circa 500 giade ha una serie notevole di cicale.
La collezione di bronzi cerimoniali, non grande per numero (circa 100 esempî) comprende alcuni pezzi straordinari. L'arredo di altare Tuan Fang, completo di tredici vasi e della tavola di bronzo, è l'unico insieme del genere noto attualmente nel mondo (Umehara Sueji, Étude archéologique sur le Pienchin, ou série de bronzes avec une table pour l'usage rituel dans la Chine antique, in Toho Bunka Gakuin, Kyoto Kenkyu-sho, vol. ii, Kyoto 1932).
Il grande vaso con coperchio (p'ou), dono di J. Pierpont Morgan nel 1917, è uno dei più belli del genere, così come due vasi per il vino su tre piedi con coperchi a forma di rondine: soltanto tre vasi simili sono conosciuti. Altri pezzi eccellenti sono nel museo nelle collezioni Mrs. C. Holmes e Mrs. O. H. Kahn.
La raccolta di sculture è nota come una delle migliori del mondo e contribuisce a conferire un vero primato ai musei americani insieme a quelle del museo di Boston, dell'Università di Filadelfia, della Freer Gallery di Washington e della W. Rockhill Nelson Gallery di Kansas City.
La collezione del M. M. raccoglie molti esempî famosi. Il rilievo di una tomba Han, strettamente legato a uno nella Collezione von der Heydt, che è datato 114 d. C., è il migliore esemplare di questa classe di monumenti (Leigh Ashtaon, Chinese Sculpture, p. 24, tav. iii, fig. 2).
Vi sono quattro esempi di stele votive Wei. La più grande, dall'area di Ta T'ung (Yun Kang) è datata al 495 d. C. (O. Siren, Chinese Sculpture, 1925, tav. 70), ed è scolpita sulle due facce. Una stele più piccola è del più tipico stile Wei; viene dallo stesso luogo di una stele nel museo di Boston ed è datata un anno prima: 528. La terza stele non è datata, ma è sicuramente del periodo Wei. Le figure centrali sono più allungate del solito rispetto ad altre figure Wei. Il Metropolitan Handbook of Chinese Sculpture, che descrive gli oggetti entrati nel museo sino al 1944, la assegna al V sec., ma potebbe essere invece del IV e rappresentare la transizione al periodo Sui.
La quarta stele è insolita per la forza e il vigore della scultura, scolpita sia sul retro che sui lati. L'iscrizione, che si riferisce alla costruzione di un tempio, ha la data del 533-543 d. C., sicché il 543 è probabilmente la data della stele. Questa è nota come la Stele Trübner dal nome del suo scopritore e si distingue per il suo pannello centrale, che raffigura la visita di Wen Shu (Manjusri) a Wei Mo Ch'i (Vimalakirti). È di grande potenza e magnificenza (Kûmmel, Jörg Trübner zum Gedächtnis, p. 122, tavv. 62, 63).
Uno dei monumenti più ammirati della scultura cinese è il Pin Yang Tung (Cappella rupestre III) di Lung Men. I rilievi dei donatori e delle donatrici stanno infatti del tutto isolati nell'arte cinese, senza nessun'altra scultura che possa competere con essi. Il rilievo delle donatrici è nella William Rockhill Nelson Gallery di Kansas City; il rilievo dei donatori è nel Metropolitan Museum. Entrambi sono disgraziatamente danneggiati e restaurati.
Inoltre il museo possiede molti pezzi famosi, fra cui due magnifiche teste di leone datate al periodo pre-T'ang.
La collezione raccoglie due delle tre sculture disponibili delle grotte di Yünkang (la terza si trova nel Museo Cernuschi a Parigi): una delle due figure pervenne per acquisto, l'altra per dono di R. Lehmann. Una delle più ammirate teste cinesi, da Yun Kang, pervenne al museo come dono di Mrs. A. A. Rockefeller: è una testa vista di profilo presa da un trittico.
Il museo possiede anche alcuni piccoli, ma bellissimi, pezzi da Longmen: Bodhisattva stanti, figure con le gambe incrociate, una testa di Lohan e una di Bodhisattva e un asparas in volo.
Il più grande bronzo dorato, un Maitreya alto circa m 1,18 reca la data - incisa, non nella fusione - che ci riporta al 22 febbraio del 477. L'iscrizione può essere guardata con sospetto, tuttavia molti esperti accettano il periodo Wei. Si dice che provenga da Pei Shan Ssu, uno dei tanti templi del Wu T'si Shan (Monte dei Cinque Picchi). Due elaborate fronti d'altari dorati, anch'essi dalla collezione di Mrs. A. A. Rockefeller, sono due tra gli unici tre esistenti interamente conservati; il terzo, che non è dorato, si conserva nel museo di Boston. Una delle fronti d'altare del M. M. è datato al 524 d. C.; l'altra, che è stilisticamente identica, deve avere la stessa data (Siren, op. cit., i, p. 39; ii, tavv. 154, 155).
b) India e Asia Centrale. - La collezione indiana è relativamente piccola, ma comprende alcuni pezzi notevoli, molti piccoli frammenti e qualche pezzo importante, sia storicamente che esteticamente.
Vi sono tre rilievi da Amarāvāti - la partenza e la tentazione di Buddha, la conversione e l'ordinazione di Nanda, la discesa dal cielo di Tushita -; la scuola di Mathurā è rappresentata assai bene da una esuberante figura femminile in arenaria rossa del periodo Kuṣāna (III sec.). Vi sono inoltre circa 50 esempî di scultura del Gandhāra di un livello veramente alto, tra cui un torso, dono di Mrs. A. A. Rockefeller (1942).
In quanto all'Asia Centrale, il M. M. possiede 98 pezzi dallo stūpa di Rawak e da altre località del Khotan (M. A. Stein, Ancient Khotan e Serindia); tra queste è specialmente notevole una testa, considerata la più bella del genere.
Un pannello scolpito di legno, parte di un altare portatile, la cui delicata bellezza fa pensare agli avorî medievali, fu trovato nel Turkestan cinese (Art Treasures of the Metropolitan, 1962, p. 195, n. 190, ill.; p. 238, n. 190, descrizione), ma si può supporre che fosse stato portato laggiù dal Gandhāra.
Vi sono poi 17 frammenti, molto preziosi, di pitture murali (non propriamente affreschi), che ci compensano in parte della grande perdita causata dalla guerra degli affreschi del Turkestan che si trovavano nel Museum für Völkerkunde di Berlino.
Infine si ricorda una figura femminile a cavallo, con quattro guerrieri come scudieri, che ricorda le terrecotte tombali, ma è in realtà una piccola scultura di fango e di fibre vegetali sopra un'armatura di legno.
(A. Priest)