Nicaragua
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(XXIV, p. 749; App. I, p. 898; II, ii, p. 405; III, ii, p. 263; IV, ii, p. 594; V, iii, p. 666)
Geografia umana ed economica
di Elio Manzi
Popolazione
La popolazione, stimata in 4.807.000 ab. (1998), ha un elevato tasso di accrescimento annuo (32‰), nonostante la mortalità infantile rimanga ancora molto elevata (43‰); quella classificata come urbana ha raggiunto il 64% del totale, un dato destinato in futuro a salire grazie a un tasso di crescita annuo stimato intorno al 4%. Si calcola che oltre il 50% delle persone in età lavorativa, in gran parte immigrato nelle città e in particolare a Managua, sia disoccupato o sottoccupato.
L'unico centro urbano di dimensione metropolitana, nonché unico importante polo industriale e terziario, è la capitale, Managua (864.200 ab. nel 1995), cresciuta in modo incontrollato in seguito all'inurbamento di ingenti masse rurali, con la formazione dei consueti scenari di degrado e di emarginazione tipici delle periferie urbane del Sud del mondo.
Gli indicatori sociali evidenziano una situazione difficile e contraddittoria, che penalizza soprattutto gli abitanti delle zone rurali: le cifre sottolineano come l'85% della popolazione rurale viva in condizioni di povertà, il 46% non abbia accesso all'acqua potabile, il 25% ai servizi igienici e il 37% all'elettricità, l'analfabetismo interessi almeno un terzo della popolazione totale e solo il 24% dei giovani abbia accesso alle scuole secondarie.
Condizioni economiche
Le ragioni dell'arretratezza del paese vanno ricercate, tra l'altro, nelle tormentate vicende che hanno caratterizzato gli ultimi due decenni della sua storia. Con gli anni Novanta si è inaugurata la difficile fase della pacificazione interna, a conclusione della lunga e cruenta guerra civile che perdurava dal volgere degli anni Settanta; ma tale processo ha subito rallentamenti e interruzioni per le forti tensioni create in seguito al ritorno dei rifugiati e alla smobilitazione delle milizie sandiniste; ostacoli rilevanti sono poi derivati dalla grave crisi dell'economia. Il governo ha cercato di avviare un processo di ristrutturazione economica, combattendo con misure drastiche l'altissima inflazione (ridotta al 37% nel 1996) e tentando nel contempo di rilanciare la stagnante situazione produttiva. Il paese continua a dipendere fortemente dagli aiuti internazionali (pari a circa un terzo del PIL) e dai crediti concessi dal Fondo monetario internazionale, che vengono per lo più assorbiti dall'enorme debito estero (154% del PIL nei primi anni Novanta, 244% nel 1997).
La struttura economica del N. si fonda tuttora in buona parte sulle attività primarie, nonostante il processo di urbanizzazione negli ultimi anni abbia finito col ridimensionare gli addetti all'agricoltura (41,8% nel 1997). Il settore produce circa un terzo del PIL; gli introiti provengono dalle colture d'esportazione, caffè e canna da zucchero (diffusi principalmente nella sezione occidentale del paese) e banane, a cui si affiancano quelle di sussistenza (mais, fagioli e riso); il comparto zootecnico è sviluppato soprattutto nelle aree montuose dell'interno, dove si localizzano allevamenti bovini che alimentano l'esportazione di carni. Il paese possiede discrete risorse minerarie (oro, argento, piombo, rame) che tuttavia non vengono adeguatamente sfruttate. Nella stessa situazione versa l'attività peschereccia, che pure offrirebbe buone potenzialità, grazie alla duplice facciata marittima e alla ricchezza delle acque interne. Di gran lunga più sfruttate risultano le risorse forestali, e l'elevato tasso di deforestazione (2,7% annuo) è un preoccupante segno del rapido e incontrollato processo di degrado ambientale delle regioni interne. L'industria è assai poco sviluppata e diversificata; di conseguenza il N. deve importare la grande maggioranza dei manufatti, che provengono per lo più dagli Stati Uniti, suo principale partner commerciale.
Molte difficoltà ostacolano ancora lo sviluppo del paese, e l'economia nicaraguense è fortemente dipendente dagli aiuti e dagli investitori internazionali. Nel contempo il N. dispone, però, di ragguardevoli risorse potenziali il cui sfruttamento richiede, oltre a una politica di promozione, il consolidamento della stabilità interna. È il caso, fra l'altro, del turismo, un settore tuttora marginale ma dotato di importanti prospettive di crescita, come dimostra l'esperienza di altri paesi centroamericani.
bibliografia
V. Bulmer-Thomas, Central American integration: Report of the Commission of the European Community, Miami 1992.
R.L. Woodward, Nicaragua, Oxford 1994.
Le strategie e i metodi di un programma di sviluppo umano per la pace e la democrazia in America Centrale, Roma 1995.
ONU, Rapporto sullo sviluppo umano. Il ruolo della crescita economica, Torino 1996.
Storia
di Alfredo Romeo
Uscito nel 1990 da una lunga e sanguinosa guerra civile, il N. riuscì a evitare il rischio dell'ingovernabilità solo grazie alla paziente opera di mediazione svolta dalla presidente V. Barrios de Chamorro (1990-96) e alla costituzione di una fragile alleanza tra i partiti della destra meno oltranzista e il Frente Sandinista de Liberación Nacional (FSLN, al potere tra il 1979 e il 1990). Nel settembre 1993 Barrios de Chamorro annunciò la decisione di sostituire il comandante delle forze armate, generale H. Ortega Saavedra, fratello del leader del FSLN. Accolto positivamente dall'amministrazione statunitense, che riattivò il programma di assistenza economica al N. sospeso nel maggio 1992, l'annuncio mise in pericolo la sopravvivenza della composita maggioranza che dal gennaio 1993 sosteneva la presidente (i 39 deputati sandinisti, il rappresentante di un piccolo partito di sinistra e gli otto deputati staccatisi dall'Unión Nacional Opositora, UNO, coalizione conservatrice che aveva portato la Chamorro alla presidenza nel 1990); una grave spaccatura si produsse infatti all'interno del FSLN, tra quanti intendevano opporsi alla sostituzione del generale Ortega e quanti ritenevano necessario trovare un compromesso, per evitare la caduta dell'esecutivo e il ritorno al potere dell'estrema destra. Quest'ultima posizione finì per prevalere: Ortega si impegnò a dimettersi da comandante in capo delle forze armate dopo l'approvazione di un nuovo codice militare che ridefinisse compiti e durata di tale incarico. Grazie anche a nuove defezioni all'interno della UNO, a partire dal gennaio 1994 si formò nell'Assemblea nazionale un'ampia maggioranza favorevole a riformare in modo significativo la Costituzione del 1987.
Il nuovo clima politico favorì in un primo momento un miglioramento della situazione nelle regioni settentrionali, dove nel febbraio 1994, dopo un accordo con il governo, alcune bande di ex guerriglieri di destra acconsentirono a interrompere i combattimenti e a consegnare le armi. Nuovi episodi di violenza si verificarono tuttavia nei mesi successivi, con attentati dinamitardi, rapimenti di esponenti politici, occupazione di edifici pubblici e sedi diplomatiche, di cui si resero protagonisti tanto ex membri delle forze armate sandiniste quanto ex guerriglieri di destra, accomunati dalla delusione per il mancato mantenimento degli impegni presi nei loro confronti dal governo nel 1990 (concessione di terre, crediti agevolati, inserimento nelle forze di polizia), oltre che dalla critica alla politica di austerità condotta dall'amministrazione Chamorro. Quest'ultima ottenne nel maggio 1994 un ingente prestito triennale dal Fondo monetario internazionale a sostegno dei programmi di aggiustamento strutturale avviati dal 1990, che avevano garantito una riduzione dell'inflazione e dell'ingente deficit di bilancio, ma avevano anche comportato un aumento del tasso di disoccupazione (superiore al 60% nel 1994), del numero dei poveri (circa il 70% della popolazione) e delle tensioni sociali.
Nell'agosto 1994 l'Assemblea nazionale approvò un nuovo codice militare, ispirato alla necessità di depoliticizzare le forze armate (ritenute ancora troppo legate al FSLN) e renderle più rispondenti alle direttive delle autorità civili; sancito il divieto per tutti i militari di essere iscritti a qualsiasi partito politico, per la carica di comandante in capo fu fissato un mandato quinquennale e fu stabilito che a essa non potevano essere nominati congiunti del presidente della Repubblica (quanto a Ortega, lasciò il comando delle forze armate nel febbraio 1995, sostituito dal generale J. Cuadra Lacayo, suo vice dal 1979). Una grave crisi istituzionale si aprì dopo l'approvazione, nel novembre 1994, di alcuni emendamenti alla Costituzione che limitavano le prerogative del presidente e dell'esecutivo e rafforzavano quelle del Parlamento. Sostenendo che ne sarebbe risultato minato l'equilibrio tra poteri dello Stato, nel febbraio 1995 la presidente rifiutò di promulgare la legge di attuazione delle riforme costituzionali, una delle quali, la cosiddetta clausola di consanguineità, proibendo ai parenti del capo dello Stato in carica di concorrere alle elezioni presidenziali, sembrava volta a impedire la candidatura nel 1996 di A. Lacayo Oyanguren, genero della Chamorro e primo ministro del suo governo, inviso ai conservatori per essere stato l'artefice nel 1991 dell'avvicinamento della presidente ai sandinisti. Il conflitto si compose solo nel luglio 1995, allorché fu promulgata una legge che recepiva la quasi totalità delle riforme costituzionali approvate dal Parlamento (tra l'altro il mandato presidenziale e quello dei deputati furono ridotti da sei a cinque anni, e al governo venne proibito di negoziare prestiti internazionali e trattati commerciali senza un'approvazione preventiva da parte del Parlamento).
Mentre la tensione politica si andava allentando, la situazione sociale restava difficile: nel maggio 1995 il paese rimase paralizzato per due settimane da uno sciopero indetto contro i recenti aumenti del prezzo del carburante dalle organizzazioni degli autotrasportatori, alle quali si unirono i piccoli produttori agricoli, scesi in piazza per protestare contro la mancata concessione di crediti da parte delle banche di proprietà statale. Gravi disordini scoppiarono inoltre tra il dicembre 1995 e il gennaio 1996, dopo l'approvazione del bilancio preventivo per l'anno 1996, quando studenti e professori universitari inscenarono violente proteste per chiedere l'aumento degli stanziamenti per l'istruzione superiore (conformemente a quanto stabilito dalla Costituzione del 1987, che indicava nel 6% la percentuale del budget da destinare a tale scopo).
Nell'ottobre 1996, dopo un'accesa campagna elettorale, si svolsero le elezioni generali: nelle presidenziali A. Alemán Lacayo, ex sindaco di Managua e candidato di Alianza Liberal (AL), coalizione di partiti conservatori, si impose con oltre il 51% dei suffragi su D. Ortega del FSLN (37,7% dei voti), mentre nelle contemporanee consultazioni per il rinnovo dell'Assemblea nazionale AL ottenne 42 seggi su 90, contro i 36 andati ai sandinisti.
La vittoria di Alemán fu favorita dalle difficoltà in cui si dibatteva il FSLN dopo che, grazie anche alle denunce mosse da alcuni suoi militanti di orientamento moderato usciti dal partito, erano venuti alla luce numerosi casi di indebita appropriazione di tenute agricole, attività industriali e istituti di credito da parte di alti burocrati, esponenti sindacali di vertice e quadri superiori sandinisti nel confuso periodo di transizione che precedette il passaggio dei poteri all'amministrazione Chamorro. Dal canto suo il Frente non riuscì a conservare la sua tradizionale base elettorale, disorientata dalle troppe concessioni fatte alla destra negli ultimi anni e dalla decisione di candidare alla vicepresidenza un facoltoso possidente e uomo d'affari estraneo al partito.
Alemán confermò l'impostazione economica dell'amministrazione precedente e si impegnò a sostenere le rivendicazioni dei circa 5000 proprietari che avevano subito espropri e confische sotto il governo sandinista, fra questi la famiglia Somoza (al potere con metodi dittatoriali quasi ininterrottamente dal 1937 al 1979). Grazie a un accordo faticosamente raggiunto nel settembre 1997 da AL e FSLN, nel novembre successivo l'Assemblea nazionale poté approvare una legge che prevedeva la restituzione, o il pagamento di un indennizzo entro 15 anni, degli immobili e delle tenute agricole più grandi ingiustamente espropriati, e riconosceva i diritti dei nuovi proprietari per quanto riguardava gli immobili che non superavano i 100 m² in aree urbane e i poderi inferiori ai 35 ettari. Negli anni seguenti il permanere di gravi difficoltà economiche contribuì a mantenere alta la tensione sociale, culminata nell'aprile 1999 nelle proteste studentesche e nello sciopero degli autotrasportatori duramente represso dalle forze dell'ordine. Nel maggio dello stesso anno alcuni esponenti del FSLN usciti dal partito diedero vita a una nuova formazione politica, il Partido popular nicaragüense, che si collocò al centro dello schieramento politico.
bibliografia
R. Herrera Zuniga, Nicaragua, el derrumbe negociado. Los avatares de un cambio de régimen, México 1994.
T.Ch. Brown, The causes of continuing conflict in Nicaragua. A view from the radical middle, Palo Alto (Calif.) 1995.
R.J. Cajina, Transición política y reconversión militar en Nicaragua, 1990-1995, Managua 1997.
D. Close, Nicaragua. The Chamorro years, Boulder (Colo.) 1999.