MONTI, Niccola
MONTI, Niccola (Nicola, Nicolò, Niccolò). – Figlio di Domenico, nacque a Pistoia il 28 agosto 1780. Venne introdotto alla pittura da Giovan Battista Desmarais, che coadiuvò negli affreschi raffiguranti le Imprese di Achille a palazzo Tolomei, verso la fine del secolo. Ai primi dell’Ottocento risale il trasferimento a Firenze, a spese del Comune di Pistoia, grazie a una borsa di studio della Fondazione del Gallo. Nel capoluogo toscano si iscrisse all’Accademia di belle arti, seguendo l’insegnamento di Pietro Benvenuti e Luigi Sabatelli. Vincitore di molti premi di pittura (Giovannelli, 1988-89, p. 433), tra il 1806 e il 1813 dipinse un ritratto di Napoleone su commissione del Comune di Pistoia (Cultura dell’Ottocento, 1977, pp. 99 s.) che nel 1814, durante una sollevazione antifrancese, andò distrutto. Sempre in questa fase iniziale, nell’atrio della chiesa dell’Umiltà a Pistoia, eseguì la pittura murale Caino maledetto da Dio ispirandosi per la figura dell’Eterno alla Creazione della cappella Sistina di Michelangelo. Nella stessa chiesa tornò nel 1837 per eseguire un S. Felice che esorcizza un’ossessa (Giovannelli, 1990, pp. 151, 186 fig. 9, 190 fig. 15).
Nel 1814 soggiornò a Roma, presso palazzo Colonna ai Ss. Apostoli, dove conobbe Antonio Canova, Bertel Thorvaldsen e Vincenzo Camuccini.
Nel 1815 si recò a Bologna e Ferrara poi, l’anno seguente, a Firenze dove decorò una stanza al secondo piano di palazzo Pitti, raffigurando il Trionfo della Vera Religione, attorniato da michelangioleschi Profeti (ibid., pp. 151, 188, s. figg. 11-14). A questi anni risale anche il Ritratto di Ferdinando III (Pistoia, Museo civico), realizzato secondo la consueta iconografia della ritrattistica francese.
La dignità di rango del granduca di Lorena, tornato in Toscana dopo la caduta di Napoleone Bonaparte, viene espressa dalla posa teatrale e dalla preziosità delle vesti e dei tessuti, evidenziati da un abile uso della luce.
Nel 1817 venne chiamato a insegnare presso la Scuola di disegno dell’Accademia di belle arti di Firenze.
Attivo nel dibattito culturale contemporaneo sulle tecniche artistiche e la conservazione dei dipinti, elaborò anche trattati e articoli sull’arte e sulla letteratura, nonché opere autobiografiche la prima delle quali, La Poliantea, fu pubblicata a Lucca nel 1829.
Dal 1819 al 1821 soggiornò all’estero, eseguendo varie opere (per un elenco dettagliato Giovannelli, 1988-89, p. 412). Con il conte Paolo Ciezkowski, si fermò a Venezia dove ammirò tutta la produzione della scuola veneta. Proseguì il viaggio fermandosi dieci giorni a Vienna. Poi dimorò anche in Polonia dove eseguì affreschi, con temi mitologici ed episodi tratti dalla storia russa, per il palazzo Ciezkowski a Surkov, vari ritratti di famiglia e quadri per la cappella privata. A San Pietroburgo immortalò molti notabili della città e lo stesso zar Alessandro I (Risaliti, 2009B, pp. 56 s.). Durante il viaggio di ritorno, si fermò a Praga e di nuovo a Vienna: tornò in Italia alla fine del 1821 (Morandi, 1991, p. 925).
Questo lungo soggiorno all’estero, documentato anche per la produzione pittorica da Monti stesso in Il mio viaggio nel Nord (Lucca 1829), era stato ufficialmente intrapreso con lo scopo di ottenere fortuna all’estero come pittore. Tuttavia risulta che venne inviato in Polonia anche per prendere accordi con il movimento insurrezionale polacco e con i capi russi della futura rivolta decabrista del 1825, essendo un dirigente della carboneria bolognese (Risaliti, 2009A, pp. 36-38; 2009B, pp. 56-58).
Nel 1822 decorò la galleria centrale del palazzo del principe Camillo Borghese in via Ghibellina a Firenze, rappresentando Bacco e Arianna nell’Isola di Nasso (Spalletti, 1991, p. 303 fig. p. 301) e un’ Allegoria della Notte, successivamente scialbata. Per tali opere si avvalse di tinte cromatiche forti, ispirate al lavoro di Giulio Romano a Mantova (Sisi, 1987, pp. 60, s.).
Nel 1823 pubblicò a Roma il volumetto XII vedute pittoresche di Roma e suoi contorni, sicuramente tratte da disegni dal vero eseguiti nella città.
In questi lavori, Monti appare a suo agio anche nell’esecuzione delle architetture, dei paesaggi e delle figure, secondo le vedute di genere dell’epoca. Le buone capacità di disegnatore- ritrattista si possono desumere altresì da alcune stampe conservate presso la biblioteca Panizzi di Reggio Emilia e in altre raccolte pubbliche (Giovannelli, 1990, pp. 193-195 figg. 18-23).
Nel 1828 dipinse nel palazzo De Rossi a Pistoia Giovanni Galeazzo Sforza malato nel castello di Pavia visitato da Carlo VIII e Pier Capponi che lacera gli iniqui patti davanti a Carlo VIII. Quest’ultima opera rivela un artista libero dal retaggio neoclassicista e pienamente aderente ai nuovi soggetti romantici, sulla scia di Luigi Sabatelli (Spalletti, 1991, p. 312). Fra il 1828 e il 1829 realizzò alcune decorazioni per palazzo Magnani a Pescia in provincia di Pistoia, individuate da Giovannelli (1990, pp. 182-185 figg. 5-8).
Nel 1830 espose il Ritratto del marchese Pietro Torrigiani (Firenze, palazzo Torrigiani; Id., 1988-89, p. 421 fig. 5) all’Accademia di Firenze (Morandi, 1991, p. 925).
Fra gli anni Venti e Trenta trascorse vari mesi dell’anno a Lucca, dove era membro dell’Accademia dei Filomati. A Firenze, su incarico del granduca di Toscana Leopoldo II, fra il 1833 e il 1835 dipinse il soffitto della sala di Ricevimento di palazzo Pitti, raffigurando Mosè riceve le Tavole della Legge, attorniato dai Ss. Padri del Vecchio Testamento nelle lunette e dalle Quattro Virtù Cardinali, eseguite in monocromo, nei pennacchi della volta (Morandi, 1994, p. 180), ciclo che rivela il consueto michelangiolismo appreso da Benvenuti all’Accademia di Firenze (Sisi, 1987, pp. 62 s.).
Nel 1834 pubblicò a Firenze Dell’arte della pittura, testo dal quale si apprende la sua poetica artistica.
È un manuale teorico-pratico per pittori, molto probabilmente concepito a uso dei suoi allievi, nel quale si affrontano con una serie di analisi e precetti, i principali aspetti del dipingere: il disegno, la coloritura, l’effetto, l’espressione, la composizione e il panneggio. La descrizione del modo di affrontare i vari soggetti è molto dettagliata, fino a consigliare, per esempio, nell’esecuzione dei ritratti, di non far sfiorire le donne apponendo ombre troppo marcate, che invecchiano i lineamenti ed evidenziano le ossa (p. 23).
Da un altro scritto di Monti (Lettera a Gaetano Cioni, 1 ottobre 1836, in Bollettino dell’Istituto centrale del restauro, 1952, nn. 9-10, pp. 106-109) si evince che nel 1836-37, quando aveva lo studio a Firenze in via del Maglio, dipinse la Resurrezione di Lazzaro nella cappella dei conti Galli all’Annunziata a Firenze (Giovannelli 1988-89, pp. 418 s. figg. 2 s.), come dono alla chiesa, ricevendo infatti solo il rimborso per le spese dei materiali. Dalla stessa missiva si apprende che Monti era solito effettuare sull’intonaco secco alcuni ritocchi a fresco, al contrario della consueta tecnica impiegata nella pittura murale che non gli era congeniale, come egli stesso dichiara (p. 109). Tale metodo portò molti contemporanei a considerare i suoi dipinti eseguiti a fresco per la brillantezza e il vigore dei toni (p. 107).
Nel 1838 ricevette l’incarico di realizzare alcuni affreschi in palazzo Vivarelli Colonna a Pistoia, rappresentanti L’Italia in mezzo ai più illustri figli suoi e allegorie dell’Onore, della Salute e della Virtù (Giovannelli, 1990, p. 152). Nello stesso anno espose all’Accademia di belle arti di Firenze Michelangelo Buonarroti che sospende di scolpire la statua del Mosè (Pieve a Fievole, collezione privata; Giovannelli, 1988-89, pp. 409, 417 fig. 1).
Dal 1840 fu professore di disegno a Cortona, presso la Pubblica Scuola di disegno e architettura.
Negli anni Quaranta intervenne con una serie di scritti (Del Duomo di Firenze, Montepulciano 1845; Del Riposo, Cortona 1854) sui restauri del duomo di Firenze, caldeggiando la demolizione degli affreschi della cupola, per ritornare alla purezza originaria dell’architettura brunelleschiana. Nel 1844 si recò a Firenze, dove partecipò all’Esposizione dell’Accademia di belle arti, e poi andò a Pistoia. L’anno seguente si trovava a Cortona, città dove sembra risiedette abbastanza stabilmente fino alla morte.
Nel 1863 partecipò alla XIX Esposizione della Società promotrice di Firenze.
Monti usava firmare le opere che riteneva migliori con una «E», l’iniziale della contessa Eleonora Nencini Pandolfini, contemporaneamente oggetto dell’amore platonico di Ugo Foscolo e di Monti stesso, che usò spesso la sua fisionomia per rappresentare vari personaggi (Giovannelli, 1988-89, pp. 411-415).
Morì a Cortona il 29 gennaio 1864, dopo aver dato alla stampa la sua ultima opera autobiografica Memorie inutili (Castiglion Fiorentino, 1860).
Dall’Archivio della Curia vescovile di Cortona risulta morto nel 1864, ma all’età di ottantuno anni. È probabile che nell’archivio sia giusto l’anno di morte, ma si sbagli l’età. Oppure è sbagliato l’anno di nascita che va aggiornato dal 1780 (Tolomei, p. 187) al 1783 (Giovannelli, 1988-89, p. 433).
Fonti e Bibl.: F. Tolomei, Guida di Pistoia, Pistoia 1821, pp. 93, 187; V. Capponi, Bibliografia pistoiese, Pistoia 1874, pp. 256 s.; Id., Biografia pistoiese, Pistoia 1878, pp. 278, s.; G. Barchielli, Antonio Guadagnoli e N. M., Firenze 1910; A. Chiti, Note storiche. Ricordi del pittore pistoiese N. M., in Bullettino storico pistoiese, XXVI (1924), pp. 35-37; I. Gonfiantini, Note storiche. N. M., ibid., XXX (1928), pp. 177-186 (con documenti inediti nelle note); G. Tigri, Pistoia e il suo territorio, Pistoia 1853, p. 215; Esposizione italiana agraria industriale artistica del 1861 (catal.), Firenze 1861, p. 345; M. Parenti, Memorie inutili, in Ottocento, questo sconosciuto, Firenze 1954, pp. 399-402; C. Cappuccio, Niccolò M., in Memorialisti dell’Ottocento, III, a cura di C. Cappuccio, Milano- Napoli 1972, pp. 3-5; Cultura dell’Ottocento a Pistoia. La collezione Puccini (catal.), a cura di M.C. Mazzi - C. Sisi, Firenze 1977, ad ind. (con documenti, scritti e bibl.); C. Sisi, M. N., in Disegni dell’Ottocento dalla collezione Batelli (catal.), a cura di C. Sisi, Firenze 1987, pp. 60-63; E. Spalletti, La pittura dell’Ottocento in Toscana, in La pittura in Italia. L’Ottocento, Milano 1991, I, ad ind.; C. Morandi, ibid., II, pp. 925, s.; R. Giovannelli, Trattatello sul Nudo di N. M., in Labyrinthos, VIIVIII ( 1988-89), 13-16, pp. 397-435; Id., Giordani a N. Monti. Quarantatre lettere (1827-1848), ibid., IX, 17-18, 1990, pp. 143-197 (entrambi con bibl. e docc. nelle note); C. Morandi, Pittura della Restaurazione a Firenze: gli affreschi della Meridiana a palazzo Pitti, in Prospettiva. Rivista di Storia dell’arte antica e moderna, 1994, nn. 73- 74, pp. 180, 182; R. Risaliti, Intellettuali pistoiesi nell’Impero russo: Russia, Lituania, Polonia, Firenze 2009A, pp. 5, 8-10, 34, 36-38, 40, 61, 63, 99, 104- 128, 190 s.; Id., Il memorabile viaggio del pittore pistoiese N. M. a San Pietroburgo, in In contatto. Trimestrale d’informazione e attualità della Banca di credito cooperativo di Signa, sett.-nov. 2009B, pp. 56-58; P.A. Torresi, Neomedicei. Pittori, restauratori e copisti dell’Ottocento in Toscana. Dizionario biografico, Ferrara 1996, p. 165.