ALTICOZZI, Niccolò
Nato a Cortona e vissuto a Siena nella prima metà del sec. XVI, ebbe il titolo di "maestro" (e forse sarà stato medico). Sembra che praticasse l'astrologia, l'astronomia, l'alchimia e la chiromanzia; ma egli ci è noto con sicurezza solo per la sua attività di commediografo, per cui può essere considerato un antecessore della Congrega dei Rozzi, costituita in Siena nel 1531.
Di lui conosciamo tre commedie: Nencia,brevissima, in terzine e in strofette di settenari; Pomona,in ottave, senza divisione di atti e di scene; I cinque disperati,in ottave, in cinque atti, ma senza divisione di scene. La più interessante èquest'ultima, nella quale l'A. si distacca alquanto dalla produzione contemporanea, rinunciando alla mitologia e rappresentando scene di vita quotidiana: vi è narrata la storia di cinque furfanti, che, ridotti alla disperazione, si ritirano in eremitaggio, ma non resistono a lungo, salvo uno, alle tentazioni reiterate del demonio. Vivace e colorita è la caratterizzazione dei protagonisti.
I cinque disperati e Pomona apparvero per la prima volta a Siena, separate, nel 1524; I cinque disperati fu ristampata a Venezia nel 1526: nelle successive ristampe veneziane dello stesso anno 1526 e del 1531 apparve insieme con essa la Nencia.Forse più interessante è la sua produzione a carattere rusticano e villereccio, rappresentata dalle due egloghe polimetre, senza divisione di atti e di scene, Cinzia e Ginetia,ambedue apparse a Siena separatamente nel 1524. Le situazioni sono quelle tipiche della egloga classica: un pastore che narra a Eco i suoi tormenti; un altro pastorello tentato da Amore; e così via.
Si è avanzata l'ipotesi da parte di alcuni che a queste egloghe si ispirasse lo scrittore spagnolo Juan del Encina, dopo averle conosciute durante un suo viaggio in Italia; affinità sono certo riscontrabili; ma i rapporti cronologici fra i due non permettono di arrivare ad una conclusione certa, tanto che altri critici rovesciano l'ipotesi e parlano di una dipendenza dell'A. da J. del Encina (sia pure con argomenti meno validi). Tali affinità del resto non sarebbero limitate alla produzione pastorale: esse sono state riscontrate anche fra I cinque disperati dell'A. e la Commedia dell'anima di I. del Encina.
Fra le opere perdute dell'A. vale la pena di ricordare una Facetia rusticana,in ottave, nel dialetto dei contadini cortonesi, tolta dalla novella quarta della giornata VII del Decamerone.
Bibl.: L. De Angelis, Biografia degli scrittori Danesi,I, Siena 1824, p. 32; C. Mazzi, La convega dei Rozzi di Siena, Firenze 1882, I, pp. 78, 169, 177; II, pp. 91, 94; E. Carrara, La Poesia pastorale,Milano 1908, pp.306, 309, 310; W. Creizenach, Geschichte des neueren Dramas, II, Halle 1910, pp. 199, 209, 212; G. Mancini, Contributo dei cortonesi alla coltura italiana,in Arch. stor. ital.,LXXIX (1921), pp. 63-66; P. Mazzei, Contributo allo studio delle fonti italiane del teatro di Yuan del Enzina e Torres Naharro,Lucca 1922, pp. 46, 49, 51-52.