ARRIGHETTI, Niccolò
Nacque a Firenze, l'11 nov. 1586, da Francesco e Fiammetta Ginori. Fu membro delle principali Accademie fiorentine: nell'Accademia della Crusca recitò alcune fortunate orazioni, Delle lodi del sig. Filippo Salviati,Firenze 1614; Delle lodi di Cosimo II, Granduca di Toscana,ibid. 1621; Orazione recitata al ser.mo Granduca di Toscana Ferdinando II, nell'esequie della Granduch. sua madre, la Ser.ma M. Maddalena d'Austria,ibid. 1631.
Nel 1623 successe al Galilei nella carica di console dell'Accademia Fiorentina, dopo esserne stato tre volte consigliere negli anni precedenti. Il Galilei in questa occasione lo incaricò di leggere il tradizionale discorso di congedo, e col Galilei sorprendiamo l'A. stabilire frequenti rapporti sia che gli sottoponesse le sue esercitazioni fisiche e matematiche (si vuol ricordare quella sul moto dell'acqua nei canali "dritti e torti") sia che lo ragguagliasse sullo svolgimento della disputa tra il Boscaglia e il Castelli circa il problema della concordanza fra il sistema copernicano e le Sacre Scritture.
Forse anche in seguito alle sollecitazioni dell'A. il principe Leopoldo e il granduca decisero di ripristinare quell'Accademia Platonica che aveva rappresentato il vanto della Firenze quattrocentesca. L'A. comunque fu scelto per tenere il discorso introduttivo alla lettura platonica: Orazione di N. A. fatta da lui nel dar principio a spiegar Platone, al Ser.mo Principe Leopoldo di Toscana (in Prose fiorentine,I,2, num. VIII).
L'A. morì a Firenze il 29 maggio 1639 e fu sepolto in S. Marco. L'orazione funebre fu recitata dal nipote Carlo Dati.
Lo studio assiduo rivolto alle opere di Platone (del quale intraprese a tradurre i Dialoghi), la coscienza di una tradizione letteraria da perpetuare nei suoi valori essenzialmente linguistici (donde l'attenta lettura di Dante, Petrarca, Boccaccio, Della Casa), l'esigenza di un'attività didascalica da svolgersi m un clima appartato e raccolto (cfr. l'inedito Oeconomicus), conferiscono all'esperienza artistica e critica dell'A. un carattere di austerità e di decoro che trascende in qualche modo il valore della sua attività scientifica, su cui non si espresse il Galilei.
Confermano, la molteplicità di intenti dello scrittore la composizione di due "cicalate", sul cetriolo e sulla torta, raccolte nelle Prose fiorentine,I, 6,num. V, e la presenza fra le opere manoscritte di alcune esercitazioni filosofiche, drammi, commedie, poesie liriche e burlesche ricordate dal Mazzuchelli e dal Quadrio.
Fonti e Bibl.: C. Dati, Delle lodi di N. A recitate nell'Acc. della Crusca il 13 maggio 1643, in Prose Fiorentine, I, 3, Firenze 1719, pp. 307 ss.; G. Galilei, Opere, ed. naz., V, XI, XX: p. 374 e passim; S. Salvini, Fasti consolari dell'Acc. Fiorentina, Firenze 1717, pp. 447-450; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, I, 2, Brescia 1753, pp. 1121 s.; A. Fabroni, Vitae Italorum doctrina excellentium, XVI, Pisis 1795, pp. 37-46; E. Santini, L'eloquenza italiana dal Concilio Tridentino ai nostri giorni, II, Palermo 1928, pp. 76, 104; G. di Santillana, Il processo di Galilei, Torino 1960, p. 101.