BALBO (Balbus, De Balbis), Niccolò
Nacque ad Avigliana nel 1480, secondogenito di Stefano, dottore in legge, patrizio chierese imparentato con i Dandoli-Bensi. Il fratello maggiore, Giovanni Francesco, autore d'un Tractatus de praescritionibus, sarà per lunghi anni una delle glorie dello Studio di Torino.
Divenuto cittadino di Torino, il 29 nov. 1518 comprò, insieme con il fratello Giovanni Francesco, da Filippo Simeoni, consignore di Montaldo e di Cavoretto, per la somma di 9450 fiorini di Savoia di piccolo peso, i diritti feudali ed allodiali "in castro receto, loco et finibus Bonae Vallis [Bonavalle]" v. Patetta, p. 430). Nello stesso anno fu nominato lettore nell'università di Torino, occupandovi la prima cattedra di diritto. Insegnò giurisprudenza sino all'anno accademico 1523-24, con gran successo. Claudio di Seyssel, uomo di giudizio severo, lo reputò dotto e di ingegno sottile. L'insegnamento non gli impedì d'esercitare una intensa attività di giurista pratico. Scrisse numerosi "consigli", alcuni dei quali furono stampati: il più famoso è contenuto nei Responsa diversorum iuriconsultorum in causa Marchiae Montisferrati, Torino 1587, in fol. (2 ediz., ibid. 1589).
Nel 1525, nominato collaterale del Consiglio residente a Torino, abbandonò l'insegnamento. Il 10 maggio dello stesso anno venne scelto come avvocato della duchessa Beatrice. Nel frattempo aveva permutato la parte spettantegli su Bonavalle con Cervere, di cui però avrà l'investitura soltanto nel 1531. Nel 1528, per 4500 scudi, acquistò "i beni e le ragioni" d'Altessano inferiore, dei cui diritti fu investito il 23 giugno 1529.
Il 12 apr. 1532 successe a G. F. Porporato nell'officio di presidente patrimoniale generale (cioè di presidente della Corte dei conti dello Stato sabaudo). Seguiva nello stesso tempo da vicino le vicende dello Studio torinese: figurava infatti nell'elenco dei riformatori e il 3 luglio 1535 partecipava alla grandiosa cerimonia nel corso della quale il duca approvò il "ruolo". Profittando intanto delle alte cariche officiali ricoperte e del successo riportato nelle speculazioni patrimoniali, il B. riuscì a procacciarsi il feudo di Vernone, vendutogli da Carlo II a un prezzo irrisorio.
Nel 1535 fu inviato come ambasciatore presso Carlo V per prospettargli le buone ragioni del duca nella questione della successione del Monferrato.
Partito da Torino il 19 dicembre, in compagnia del notaio Gianbernardo Miolo da Lambriasco, che sarà il minuzioso cronista dell'ambasceria, il B. arrivò il 10 genn. 1536 a Roma, ove gli fu comunicata la notizia della morte del primogenito del duca. Proseguì il viaggio alla volta di Napoli, dove giunse il 19 gennaio. Dopo tre giorni d'attesa, fu ricevuto dall'imperatore, al quale prospettò le ragioni del duca. I colloqui cominciavano a entrare nella fase decisiva allorché Duret, la staffetta personale del duca, appositamente inviato a Napoli, gli comunicò che il re di Francia aveva iniziato l'invasione del Piemonte. I negoziati entrarono dunque in una fase critica. L'imperatore cercava d'eludere le questioni postegli dall'inviato del duca, al quale però continuava a riservare accoglienze calorose. Alla fine di febbraio il B. fu invitato ad assistere alle nozze della figlia naturale di Carlo V, Margherita, con Alessandro de' Medici. Il 22 febbraio partì da Napoli per Roma al seguito del corteo imperiale. Il 17 aprile, in Roma, rappresentò il duca nel corso delle cerimonie occasionate dalla visita al papa di Carlo V. Il 21 riprese il suo viaggio per Venezia, Padova, Milano ove giunse il 12 maggio, tosto ricevuto dalla duchessa Beatrice, fuggita dal Piemonte invaso dai Francesi. Il 29 nov. 1537 figura come teste nel testamento della duchessa.
Nell'aprile del 1536 era stato nominato "conservatore dei privilegi degli ebrei" e in tale carica venne riconfermato il 23 luglio 1551. Il 27 febbr. 1540 venne nominato, nel testamento di Carlo II, membro del consiglio di reggenza per il periodo di minorità di Emanuele Filiberto.
Continuò a ricoprire la carica di presidente patrimoniale anche dopo la nomina a presidente del Senato, avvenuta all'indomani della morte del Porporato, il 21 ott. 1544. Intanto, il 24 maggio 1546, la Corte del Parlamento di Torino lo condannò alla decapitazione e ordinò il sequestro di tutti i suoi beni. La sentenza, evidentemente, era esecutoria solo nei territori occupati dai Francesi. Allorché Emanuele Filiberto fu reintegrato nei suoi domini, la sentenza, a norma delle disposizioni contenute nel trattato di Cateau Cambrésis, fu annullata e i beni vennero restituiti ai Balbo.
A partire dal 21 genn. 1548 il B. ottenne le giurisdizione di Ceva e poté così fregiarsi del titolo "ex marchionibus Cevae". L'aveva comperata da Febo, marchese di Ceva, quando costui, accusato di gravissimi delitti, la stava perdendo per sequestro. La maniera escogitata dal B., uomo di una venalità eccessiva anche per la sua epoca, per ottenere il diritto, era poco leale e corretta. Egli obbligò Caterina, figlia di Febo, a sposare il suo primogenito, Carlo Francesco, che al momento delle nozze fu adottato come figlio da Febo. In questa maniera il titolare dei diritti sul feudo di Ceva e Castelnuovo poté "donarli" al Balbo. Sebbene l'adozione fosse giuridicamente inesistente, il trasferimento patrimoniale non fu mai contestato. Anzi, il 2 sctt. 1550, il B. poté vendere al principe di Melfi, Marcantonio Doria del Carretto, a nome proprio, del figlio e della nuora, per 23.500 scudi d'Italia, i beni allodiali e feudali di Ceva, del castello delle Mollere, di Castelnuovo, di Priero, di Montezemolo e di Chiuso. La ratifica delle vendite, nonostante la formale opposizione della vedova, delle figlie e del nipote di Febo, fu regolarmente concessa da Carlo II riconfermata da Emanuele Filiberto. Il B., al momento della vendita, si era riservato la quarta parte dei diritti feudali su Ceva, ragguagliati a un dodicesimo della totalità. In questa maniera conservò il titolo di marchese di Ceva e il diritto di trasmetterlo ai suoi eredi. Col ricavato delle vendite, il B. comprò di lì a poco il castello di Quart e le terre annesse di Ojace e Valpelline.
È stato detto che il B. fu altresì cancelliere ducale. La notizia non trova conferma nei documenti dell'epoca. Nel corso dell'occupazione francese del ducato la carica di cancelliere rimase costantemente vacante: il B. come presidente del Senato probabilmente adempì ad interim alcuni doveri del cancelliere, come la conservazione dei sigilli. È stato altresì reputato autore d'un famoso Memoriale sulla situazione religiosa nel Piemonte e contea di Nizza. Il Memoriale, opera non si sa bene se di Tommaso Langosco di Stroppiana o di Cassiano dal Pozzo, è stato redatto tra il 3 nov. 1559 e il 16 sett. 1560, cioè otto anni dopo la morte del B., avvenuta ad Arona nel 1552. Fu sepolto nella collegiata di Chieri.
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