BONAPARTE, Niccolò
Nacque probabilmente a Firenze nella prima metà del sec. XVI; è noto per la sua attività di commediografo.
Per primo il Croce ha diffidato dell'identificazione proposta dal Mazzuchelli secondo cui il B. sarebbe stato da riconoscere in un omonimo insegnante di diritto civile a Pisa. Senonché il suddetto personaggio insegnava ancora nel 1644 e non può quindi trattarsi del B., la cui unica data sicura (abbastanza importante per smentire l'identificazione) è quella di pubblicazione dell'unica sua commedia rimasta, La Vedova, stampata per la prima volta a Firenze dai Giunta nel 1568.
Anche volendo riconoscere in questa data l'esordio di uno scrittore ventenne, appare abbastanza improbabile riscontrare lo stesso personaggio come ancora in vita (e operante nello studio pisano) nel 1644. Non resta dunque altro che accedere alle osservazioni del Croce, il quale concludeva la sua breve nota biografica sul B. con queste parole: "Dell'autore, dunque, non si sa altro se non quello che egli stesso dice nel prologo: "L'autore ogni uno di noi lo conosce: egli è uno di questa terra che non volea scoprirsi, non si curando che voi, donne, conosciate come abbia buona vena ché ei fa professione di studio camerario senza pubblicarlo fuori di casa": dove "camerario" non può qui significare se non in camera sua, per suo privato diletto".
La Vedova svolge una trama di peripezie tipiche nel teatro cinquecentesco. Demetrio crede di essere rimasto vedovo, ormai da diciotto anni, perché ritiene che la moglie sia perita in un naufragio, mentre costei è viva e di lei torna a innamorarsi il marito, affascinato dalle fattezze e dal nome stesso della perduta consorte. Ella sta per cedere alle richieste di un altro uomo (e anche Demetrio è tratto in inganno da un'altra donna, una cortigiana che ha lo stesso nome della moglie), quando l'equivoco si scioglie e i due tornano a unirsi con rinnovato affetto. La trama si complica inoltre per l'intrecciarsi di vicende accessorie (come quella che riguarda la giovane figlia di Demetrio, che, sostituita con uno stratagemma alla cugina in un convegno d'amore, viene a sposare proprio il giovane che ama, mentre la cugina riesce in tal modo a sottrarsi a una volontà che non era la sua), sì che nel complesso la trama appare eccessivamente elaborata e artificiosa, anche se ben congegnata nell'intarsio scenico delle singole vicende.
Il Croce sottolineava nella commedia "le parti di carattere affettivo o morale" e sapientemente individuava una notevole pagina della Vedova, quella in cui la cortigiana Ortensia, che ha tentato di raggirare Demetrio per sottrargli del denaro, si vede ormai scoperta e professa liberamente il suo ufficio con una spregiudicatezza che la accomuna alla Raffaella piccolominiana. Per tali improvvisi scandagli psicologici si segnala la Vedova nell'ambito della produzione comica cinquecentesca, alla quale peraltro si apparenta per quanto riguarda artificiosità nell'intreccio, meccanicità di situazioni sceniche, freddezza di contenuti, che immancabilmente riconducono allo sfondo avventuroso del paesaggio boccaccesco.
La commedia godette di una certa notorietà. Stampata a Firenze nel 1568, fu ristampata, sempre a Firenze, nel 1592 e tradotta in francese (La veuve). In virtù del nome dell'autore fu riprodotta nel 1803 "in Parigi, presso Giovan Claudio Molini, anno XI della Repubblica francese".
Bibl.: G. Vauthier, Une comédie de N. B., in Revue des étudesnapoleoniennes, XIII (sett-ott. 1918), pp. 8 ss.; R. Simoni, Un Bonaparte commediografo, in Corriere della sera, 18 ag. 1939; B. Croce, Commedie del Cinquecento, in Poeti e scrittori del primo edel tardo Rinascimento, II, Bari 1945, ad Indicem.