BONSIGNORI (Buonsignori), Niccolò
Figlio del banchiere senese Bonifazio e banchiere egli stesso, più che all'attività commerciale il suo nome è legato alla storia politica e, in particolare, alla storia del ghibellinismo italiano. Nel 1279 fu capitano dei Senesi all'assedio di Castiglion d'Orcia e nello stesso anno fu nominato cavaliere.
Orlando Malavolti ricorda i festini organizzati dal B. per l'occasione (Dell'historia di Siena, II, cc. 45 s.), e il fatto che l'antico storico senese abbia indugiato su questo particolare non è, forse, casuale: è quasi certo, infatti, che il B. sia stato uno dei componenti della cosiddetta "brigata spendereccia", una società formata da dodici ricchi giovani senesi, che in dieci mesi scialacquarono buona parte delle loro sostanze in orgie e gozzoviglie. Nel canto XXIX dell'Inferno Dante ricorda, fra i componenti della brigata, un Niccolò che faceva arrostire fagiani e capponi al fuoco di garofani. P. Rossi(Dante e Siena, in Bullett. senese di storia patria, XXVIII [1921], pp. 42-47) ha ampiamente dimostrato, seguendo l'interpretazione già data da Benvenuto da Imola, che il Niccolò di Dante deve essere identificato con questo Bonsignori.
Insofferente del regime oligarchico che i mercanti guelfi avevano instaurato a Siena nel 1271, escludendo dal governo della repubblica i membri delle grandi casate, fra cui quella dei Bonsignori, il B. divenne uno dei capi più intransigenti della fazione ghibellina, tanto che all'inizio del 1281 gli fu imposto il confino dal podestà Matteo Rosso Orsini. Tuttavia il B. riuscì a organizzare una spedizione contro la sua stessa città, per rovesciare il podestà romano e il governo del ceto medio. Il 13 luglio 1281 penetrò in Siena, alla testa di un centinaio di cavalieri, fra i quali erano il conte Aldobrandino degli Aldobrandeschi di Santa Fiora - di cui il B. aveva sposato la figlia Margherita -, Gherardo da Prata ed altri feudatari della Maremma. Ma rimpresa fallì miseramente e il B. riuscì a malapena a salvarsi. Continuò, tuttavia, la sua azione di disturbo, operando con un gruppo di cavalieri nel contado senese, al servizio del vescovo di Grosseto, finché, nel 1285, venne a patti con la repubblica. Rientrato in Siena, partecipò, nel 1289, alla rinnovata "Società dei figli di Bonsignore" e i documenti d'archivio lo mostrano intento, in questo periodo, a curare i propri interessi economici e familiari. Nel 1292, infatti, il B., che aveva una rendita annua di 800 piccoli tornesi a carico del Comune di Cambrai, vendette il suo possesso di Bagno Vignoni a Ciampolo Gallerani, suocero del cugino Bonsignore, e tre anni più tardi, con un testamento nuncupativo, diseredò uno dei suoi dieci figli, Conte, accusandolo di aver congiurato più volte contro di lui. Nel 1296, infine, mentre era podestà a Montalcino, vendette le sue terre di Monteverdi al governo senese.
Bandito nuovamente da Siena, probabilmente in seguito alla grave crisi che aveva colpito la "Società dei figli di Bonsignore" nel 1298, divenne uno dei più accesi sostenitori di Enrico VII di Lussemburgo. Alla discesa del re in Italia appare infatti nella cerchia dei suoi più fidati consiglieri e venne nominato da lui, il 23 nov. 1310, vicario di Asti, e poco tempo dopo, nel gennaio del 1311, vicario di Milano in sostituzione del troppo debole Jean de Chaux. In questo ufficio dimostrò pienamente tutte le sue qualità e i suoi difetti: fedelissimo ad Enrico, che lo stimava per le sue capacità di soldato e di amministratore, instaurò infatti un regime così dispotico da esser chiamato dai cittadini della capitale lombarda "peste della città". Il grado assai elevato raggiunto alla corte del re dette al B. ampie possibilità di tramare per il passaggio di Siena al campo ghibellino; ma i suoi piani furono tempestivamente sventati dal governo senese e quando Enrico, il 6 marzo 1312, sbarcò a Porto Pisano, Siena - nonostante continuasse a mantenere un atteggiamento poco chiaro e indeciso - non si trovò dalla sua parte.
Sempre al seguito del re, il B. fu nominato vicario del conte Luigi di Savoia, senatore di Roma, e fu presente in S. Giovanni in Laterano alla turbolenta incoronazione di Enrico (29 giugno 1312), una cerimonia che, secondo alcuni, egli aveva cercato di anticipare, organizzando un tumulto popolare. Quattro mesi dopo, quando l'imperatore era impegnato nel lungo assedio che avrebbe dovuto piegare Firenze alla sua autorità, il B. dovette fuggire dal Campidoglio, inseguito dagli Orsini e dai Colonna. Si trovò, quindi, di nuovo al fianco dello sfortunato Enrico nel terribile inverno del 1313 e la sua fedeltà fu premiata dall'imperatore, che intitolò a lui una delle quattro porte del rifugio fortificato fatto erigere a Poggibonsi.
I tentativi del B. per fare aprire le porte di Siena all'imperatore ormai morente, durante l'ultima fatale marcia che lo condusse a Buonconvento, risultarono ancora una volta vani. Dopo la sua morte, avvenuta il 24 ag. 1313 a Buonconvento, e dopo aver accompagnato la salma a Pisa, il B., privato del suo più valido appoggio, si accordò con il Comune di Siena e, il 2 febbr. 1314, insieme con il figlio Filippo, rientrò in patria.
Da quel momento non abbiamo più sue notizie. È da presumere che sia morto non molto tempo dopo questi avvenimenti.
Il nipote del B., Niccolò, figlio di Filippo, venne creato cavaliere a Roma nel 1327 da Ludovico il Bavaro, e, per distinguerlo dal nonno, fu chiamato il "cavalier novello". Il 19 marzo 1333 sposò Costanza, figlia di Filippo d'Alba, e, nel 1344, alla testa di 500 armati, fu mandato dal governo senese contro i conti di Santa Fiora, che minacciavano di occupare Radicofani. L'anno seguente il suo nome compare nell'elenco, stilato dai commissari pontifici, degli eredi dei soci della fallita compagnia dei Bonsignori, debitrice della Curia romana. Morì nel 1348, dopo aver disposto che nel suo castello di Montegiovi venisse edificato un monastero per i cisterciensi, cui lasciava tutte le sue ricchezze. Tale volontà non fu però rispettata, forse a causa degli interessi degli eredi.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Siena, Diplomatico, 1283 luglio 16; 1287 genn. 3; ms. A 16: A. Aurieri, Raccolta di notizie riguardanti le famiglie nobili di Siena…, ad nomen; ms.D 36: G. Bisdomini, Croniche, c. 69; ms. A II: A. Sestigiani, Compendio istorico di Sanesi nobili..., cc. 150v-151v; Siena, Bibl. Com., ms. B III 7: S. Titius, Historiae Senenses, II, pp. 236, 248; ms. P III 3, Notizie di famiglie senesi,ad nomen; Firenze, Bibl. Moreniana, mss. Pecci 85: G. A. Pecci, Albero della famiglia Bonsignori, cc. 3, 31-31v, 34 s.; Albertinus Mussatus, Historia augustea seu de gestis Henrici VII Caesaris, in Rerum Italicarum Scriptores, X, Mediolani 1727, col. 456; Memoriale Guilelmi Venturae…, a cura di C. Combetti in Monumenta historiae patriae,Script., III, Augustae Taurinorum 1848, col. 777; Acta Henrici VII, a cura di F. Bonaini, Firenze 1877, I, pp. 68, 74, 76, 270; II, p. 51; Historia Iohannis de Cermenate..., a cura di L. A. Ferrai, Roma 1889, pp. 41, 42, 49; Monumenta Germ. Hist.,Legum Sectio, IV, Constitutiones et Acta publica imperatorum et regum, a cura di J. Schwalm, IV, 1, Hannoverae et Lipsiae 1906; IV, 2, ibid. 1909-11, ad Indicem; Acta Aragonensia, a cura di H. Finke, I, Berlin-Leipzig 1908, pp. 269, 276; Acta Imperii,Angliae et Franciae ab anno 1267 ad annum 1313, a cura di F. Kern, Tübingen 1911, n. 300; La cronica di Dino Compagni, in Rer. Ital. Script., 2 ediz., IX, 2, a cura di I. Del Lungo, p. 231; Cronaca senese di autore anonimo,ibid., 2 ediz., XV, 6, a C. di A. Lisini e F. Iacometti, pp. 67, 93, 97, 99; Paolo di Tommaso Montauri, Cronaca senese,ibid., pp. 225 s., 232; Cronaca senese attribuita ad Agnolo di Tura del Grasso,ibid., pp. 338-340; O. Malavolti, Dell'historia di Siena, II, Venetia 1599, cc. 45 ss., 66 s.; G. Tommasi, Dell'historie di Siena, II, Venetia 1626, pp. 94, 97-99, 111, 122, 160; I. Ugurgieri Azzolini, Le pompe sanesi, II, Pistoia 1649, p. 30; M. Chiaudano, Studi e doc. per la storia del diritto commer. italiano nel sec. XIII, Torino 1930, pp. 127 s.; Id., I Rothschild del Duecento. La Gran Tavola di Orlando Bonsignori, in Bullett. senese di storia patria, XLII (1935), pp. 115, 120, 133 s.; F. Cognasso, L'unificazione della Lombardia sotto Milano, in Storia di Milano, V, Milano 1955, pp. 24, 44, 50, 591; R. Davidsohn, Storia di Firenze, II, Firenze 1956; III, ibid. 1960, ad Indicem; W. M. Bowsky, Henry VII in Italy. The Conflict of Empire and City-State,1310-1313, Lincoln 1960, ad Indicem; G.Martini, Siena da Montaperti alla caduta dei Nove (1260-1355), in Bull. senese di storia patria, LXVIII (1961), pp. 100 s.; G. Bigwood-A. Grunzweig, Les livres des comptes des Gallerani, I-II, Bruxelles 1961-1962, ad Indicem. Per Niccolò Bonsignori, nipote del B., cfr. Arch. di Stato di Siena, Gabella dei contratti, 51, c. 260; Pergamene Bichi-Borghesi, 1347 nov. 14; Archivio Vaticano, Reg. Aven. 76, cc. 488, 518; Cronaca senese attribuita a Agnolo di Tura del Grasso, cit., p. 467; I. Ugurgieri Azzolini, Le pompe sanesi, cit., II, p. 319; A. L[isini], Buonsignori, in Miscell. storica senese, IV (1896), p. 163; M. Chiaudano, Studi e docc., cit., pp. 128 s., 135.