BRANCACCIO, Niccolò
Nacque intorno al 1335 (difficilmente dopo il 1340), probabilmente a Napoli. Suo padre Marino apparteneva al ramo dei Brancaccio Dogliuoli o Glivoli, sua madre Giacoma d'Aversa era anch'ella di nobile famiglia.
Dottore in diritto civile, il B. divenne auditore della Rota romana e cappellano pontificio onorario; il 29 maggio 1366 pronunciava in Curia, ad Avignone, il giuramento per il suo alto ufficio giudiziario. Nell'agosto dello stesso anno fu uno dei procuratori della regina Giovanna I di Napoli, che effettuarono la consegna del censo dovuto alla Chiesa romana. Era allora abate secolare della chiesa di S. Maria di Piedigrotta e canonico di Napoli. Il 23 settembre Urbano V lo accreditò come suo nunzio presso vari signori dell'Italia settentrionale, i due cardinali legati allora presenti in Italia e la regina Giovanna. Il 12 apr. 1367 il pontefice lo nominò arcivescovo di Bari; il B. prese possesso della sua sede il 25 ottobre.
Come arcivescovo il B. si adoperò per la riforma del clero, convocando un concilio provinciale. Più importante, tuttavia, dovette essere la sua funzione - testimoniata a partire dal 1374 - di consigliere e uomo di fiducia della regina Giovanna. Quale suo inviato egli si recò nel 1375 ad Avignone, dal papa Gregorio XI, e nel 1377 a Firenze; nella primavera del 1376 condusse a Napoli Ottone di Brunswick per le nozze con la regina. Il 13 genn. 1377 divenne arcivescovo di Cosenza; suo successore a Bari fu, per iniziativa del B., Bartolomeo Prignano, suo parente e amico, che sarebbe divenuto di lì a poco Urbano VI.
La notizia dell'elezione pontificia dell'8 apr. 1378 lo raggiunse a Napoli, dove sembra soggiornasse di preferenza in quegli anni. Subito la regina lo inviò quale ambasciatore a Roma, dove Urbano VI lo ricevette con gioia. In seguito, tuttavia, egli dovette giocare un ruolo importante negli avvenimenti che portarono, il 20 settembre dello stesso anno, all'elezione in Fondi dell'antipapa Clemente VII ad opera della maggioranza dei cardinali: non ultima ragione di tale elezione fu infatti la sicurezza che essi ebbero di poter contare sull'appoggio di Giovanna I. Il B. prese poi parte all'ambasceria della regina che dopo l'elezione si recò presso l'antipapa, e fu anche presente alla sua incoronazione, il 31 ottobre. Egli fu dunque fra i principali fautori di Clemente VII, che Urbano VI scomunicò e depose quali scismatici all'inizio di novembre.
A partire da quel momento il B. si pose completamente al servizio di Clemente VII. Dal 19 novembre compare quale capo (regens)della cancelleria pontificia in assenza del vicecancelliere, e il 16 dic. 1378 venne nominato da Clemente VII cardinale prete del titolo di S. Maria in Trastevere. Con Clemente il B. si recò ad Avignone, dove, il 17 maggio 1380, al processo iniziato da Enrico II di Castiglia per la doppia elezione pontificia, rese la sua deposizione circa gli avvenimenti del 1378 (Parigi, Bibl. Naz., ms. Lat. 11745, cc. 42'-43). In seguito (la prima documentazione è del febbraio 1382, la più cospicua risale agli anni 1385-88) egli venne ripetutamente impiegato da Clemente VII per le trattative relative agli affari del Regno di Sicilia; sembra anche che il B. svolse, in Curia, la funzione di uomo di fiducia di Luigi I, Maria, Luigi II d'Angiò.
Altamente stimato in Curia, specialmente dal papa, il B., che si atteggiava a protettore degli Italiani ivi dimoranti, era l'unico italiano fra i tre - più tardi quattro - cardinali che Clemente VII ammise nella sua confidenza, quando nelle trattative segrete con gli ambasciatori francesi - nel maggio e giugno 1393, e nell'estate 1394 - dovette occuparsi del progetto di un regno di Adria da formare con territori dello Stato della Chiesa. Egli era allora già cardinale vescovo di Albano: la nuova dignità gli era stata conferita probabilmente nel 1390, in ogni caso, dopo l'8 ott. 1389 quando fu menzionato, con il vecchio titolo, in una lettera papale (Arch. Segr. Vat., Reg. Aven., 256, c. 263v).
Dopo la morte di Clemente VII, il B. si fece promotore dell'elezione di Pietro de Luna, di cui era detto intimo amico. Più tardi doveva gloriarsi di avere, con tale elezione, sottratto il papato alle mani dei Francesi. Benedetto XIII lo ricompensò del suo appoggio, nominando suo maresciallo, il giorno stesso della sua elezione (28 sett. 1394), il fratello del B., Buffillo, che fece poi fare cavaliere il giorno della sua incoronazione. Il nuovo papa rese il B. partecipe dei suoi sforzi per la composizione dello scisma. All'inizio del 1395 il B. redigeva istruzioni per un'ambasceria al re di Francia. Più tardi faceva parte di un gruppo di cardinali che su incarico di Benedetto si espressero, preparando le trattative con tre duchi della casa reale francese che arrivarono in Avignone il 22 maggio, prima a voce e poi in scritto circa le possibilità di unione. Dal 25 giugno fino al 12 luglio egli ospitò nella sua casa il duca di Borgogna (che fece doni al cardinale, da lui altamente stimato, e alla madre). L'anno seguente i rapporti familiari del Brancaccio facilitarono l'avvio di dirette trattative di unione fra i papi concorrenti. Il B. costituiva alla corte avignonese l'uomo di collegamento e insieme il consigliere per l'inviato di Bonifacio IX ivi giunto il 20 marzo 1396, il cavaliere Filippo Brancaccio, fratello del cardinale romano Rinaldo Brancaccio, che egli trattava come un nipote, sebbene questi due rami della famiglia si fossero separati già dal secolo XIII. Le trattative condussero all'invio a Roma da parte di Benedetto XIII di un'ambasceria che si mise in cammino al principio di giugno insieme con il cavaliere: il B. aveva avuto parte essenziale nel redigerne le istruzioni.
Quando fu chiaro che Benedetto XIII era sempre meno disposto alla rinunzia da lui promessa alla dignità pontificia, anche il B. fu tra i numerosi cardinali che, dopo la sottrazione di obbedienza della Francia, il 2 sett. 1398 si staccarono da lui ricusandogli la loro fedeltà (benché - secondo la testimonianza del B. stesso - il papa avesse ripetutamente sostenuto che non avrebbe potuto credere ad una defezione di questo, quand'anche tutto il mondo avesse dovuto abbandonarlo). Negli anni successivi il B. appare ricoprire fra i cardinali dissidenti un ruolo preminente, prendendo parte attiva - spesso quale portavoce dei suoi colleghi - alle trattative con il papa tenuto prigioniero nel palazzo di Avignone e con i cardinali rimasti al suo fianco, e partecipando infine, dopo la fuga di Benedetto, alla conclusione del patto di riconciliazione del 29 marzo 1403 in Châteaurenard e alla rinnovata prestazione di obbedienza del 19 luglio in Sorgues. Quale posizione di prestigio egli godesse, e come perdurassero i suoi precedenti legami, si rileva sia nella celebrazione da lui compiuta, il 2 dic. 1400 nella cattedrale di Arles, delle nozze del giovane Luigi II d'Angiò, sia nella messa e nella predica che tenne quando le spoglie di Clemente VII furono trasportate (18 sett. 1401) nella chiesa dei celestini di Avignone di recente costruzione.
Anche dopo la riconciliazione con Benedetto XIII il B. prese parte attiva agli ulteriori sforzi per la composizione dello scisma. Nel maggio 1404 lavorava alle istruzioni per una ambasceria a Bonifacio IX. Ma un certo raffreddamento dei rapporti dovette costituire il motivo per cui un anno più tardi fu tra i sei cardinali che non seguirono il loro papa quando questi, nell'attuazione degli accordi stabiliti per la realizzazione dell'unione, il 7 maggio 1405 partì da Nizza alla volta di Genova. Malgrado ciò, Benedetto XIII lo fece partecipare, nel marzo e aprile 1407 a Marsiglia, alle trattative con gli inviati di Gregorio XII; e così pure alla fine dello stesso anno e all'inizio del 1408, quando un'ambasceria francese si fermò in Curia, e nel marzo del 1408, quando nuovamente giunsero delegati del pontefice romano.
L'ultimo incarico di Benedetto XIII condusse il B., dopo la rinnovata sottrazione di obbedienza da parte della Francia, all'inizio del giugno 1408, da Portovenere a Sarzana, presso il governatore francese di Genova, Boucicault; da là egli non ritornò più in Curia, ma si recò a Livorno dove si riunirono i cardinali di entrambe le obbedienze che si erano staccati dai loro papi, per concludere il 29 giugno un patto tendente alle dimissioni dei due papi e alla convocazione di un concilio generale per la composizione dello scisma. La corrispondenza in proposito con Benedetto XIII, cui il B. contribuì con lettere personali al papa e al confidente di questo Bonifacio Ferrer, suo amico, non portò ad alcuna intesa. Anzi al concilio di Pisa i due papi concorrenti furono deposti e il 26 giugno 1409 fu eletto Alessandro V. Il B. prese parte con esitazione a questa procedura; comunque il 18 maggio, nel corso del processo intentato dal concilio, egli fece una dettagliata deposizione sugli ostacoli frapposti all'unione da Benedetto XIII. Questi, dopo averlo ammonito il 5 marzo, il 21 ott. 1409 lo depose insieme con gli altri cardinali che avevano defezionato.
Quando il Concilio pisano, il 27 luglio 1409, per semplificare la situazione creata dallo scisma decise che la Camera apostolica rinunciasse agli impegni ancora sussistenti dei prelati, il B. fu uno dei due cardinali che negarono il loro assenso. Evidentemente queste entrate dovevano costituire per lui una risorsa ben più importante che per i suoi colleghi, poiché egli pare essere stato piuttosto moderato nell'acquisizione di benefici, il cui possesso era allora di grande importanza per la situazione finanziaria dei membri del Sacro Collegio. Si sa comunque che egli possedeva in commenda, alla fine del secolo XIV, il monastero di S. Lorenzo di Aversa; e aveva inoltre arcidiaconati nelle città di Luçon e Lerida, e cantonicati a Lione, Narbona, Aix, Fréjus.
Il B. partecipò all'elezione di Giovanni XXIII, avvenuta in Bologna il 17 maggio 1410. Morì il 29 giugno 1412 a Firenze, lontano dalla Curia, allora in Roma. Fu sepolto il 1º luglio nel coro di S. Maria Novella e non nel sontuoso sepolcro che aveva fatto erigere ad Avignone, nella chiesa (ora demolita) dei domenicani (alcune parti notevoli se ne conservano nel Musée Lapidaire).
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