CERCHI, Niccolò
Figlio di Oliviero di Cerchio e della sua seconda moglie, Ermellina di Cambio de' Bonizi (o Bonizzi), è ricordato pr la prima volta nella cronichetta di Bindaccio Cerchi tra i membri della famiglia che nel 1267, in riconoscimento per le loro benemerenze nella lotta contro i ghibellini, furono insigniti della dignità cavalleresca; nel testamento del fratello Odarrigo dell'ottobre 1268 il C. è nominato tra gli eredi.
La figura del C. mostra bene - e meglio forse che non quelle dei suoi fratelli Cerchio e Consiglio - come la consorteria popolana dei Cerchi, attraverso il danaro e gli onori, ascendesse rapidamente fino al livello più alto del ceto dirigente del tempo e si inserisse con saldezza tra i magnati. Mentre i due fratelli maggiori rimasero fedeli alle loro origini mercantili, il C. seguì più da vicino il genere di vita di quei magnati che, pur d'estrazione popolana, condividevano i gusti dell'aristocrazia di sangue e li emulavano; in particolare egli si distinse nell'esercizio delle funzioni podestarili e capitaniali alle quali il possesso della cintura cavalleresca lo abilitava, e nelle quali dovette acquisire una notevole pratica. Lo troviamo difatti podestà di San Gimignano nel 1285 e nel 1291, podestà di San Miniato nel 1291, capitano del popolo a Prato ne 1292, podestà di Perugia nel 1299, podestà di Padova nel 1300.
Quando la compagnia dei Cerchi intorno al 1288 si divise nel ramo bianco e in quello nero, il C. si trovò a capo dei Cerchi bianchi insieme con il fratello Lapo e i loro nipoti, figli del defunto loro fratello Gherardino, nonché l'altro loro nipote Dardano di Consiglio. Nel testamento di Consiglio, dell'agosto 1291, il C. e Lapo figurano quali esecutori testamentari. Scomparso l'autorevole Consiglio, il C. rimase tra i membri più rappresentativi sia della famiglia, sia del banco dei Cerchi. Come tale venne coinvolto nelle lotte cittadine e condivise la sorte della sua famiglia che negli anni dopo il 1295 poté conquistare a Firenze una posizione di predominio, alla quale la venuta di Carlo di Valois nel 1301 e il ritorno dall'esilio del loro più intransigente nemico Corso Donati misero presto fine.
Nel corso del dicembre 1301 il cardinale Matteo d'Acquasparta, proseguendo un'iniziativa già formalmente avviata dallo stesso Carlo di Valois, sembrava essere riuscito a pacificare Cerchi e Donati: ma il carattere illusorio di questa pacificazione sarebbe stato di lì a poco svelato senza possibilità di equivoco proprio dall'attentato del quale rimase vittima il C., e che riaprì la catena delle vendette.
Difatti nella vigilia di Natale del 1301 Simone, figlio di Corso Donati e della sua prima moglie, una sorella del C., vide passare a cavallo dalla piazza di S. Croce - dove Simone stava assistendo alla predica di un francescano - il C., suo zio materno ed ultimo superstite tra i numerosi figli di Oliviero di Cerchio. Sono ignote le cause per le quali Simone decise di rompere la pace: per premeditazione o scoppio inatteso d'ira o più semplicemente per effetto del meccanismo della vendetta familiare.
Il Donati, visto il C. che si stava recando nel contado, al suo possesso di Nipozzano, lo seguì e giunto a un chilometro circa da porta alla Croce, cioè sul ponte sull'Africo non lontano dal monastero di S. Salvi, lo uccise, rimanendo però ferito da uno del seguito del Cerchi. Sarebbe morto a sua volta, in seguito alla ferita, il 26 dicembre.
Il fatto stupì e sdegnò profondamente i contemporanei: Giovanni Villani, un cronista insospettabile di simpatie cerchiesche, racconta che tutto avvenne "senza colpa o cagione, né guardandosi [Niccolò] da detto suo nipote"; e Marchionne di Coppo Stefani aggiunge che il C. era certo "aver pace, e spezialmente collo nipote".
La morte del C. riapriva quindi la spirale della vendetta tra i Cerchi e i Donati e inaugurava il periodo più aspro della lotta civile in Firenze.
Del C. si conoscono due figli, Giovanni e Filippo.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Diplomatico. Cerchi-Canigiani, 1291 ag. 30; Ibid., Provvisioni,IX, c. 98r; Ibid., Notarile antecosimiano. Attaviano di Chiaro, A 400, f. 8v, 1268 ottobre; Ibid., Notarile antecosimiano. Biagio Boccadibue, B. 1948, 1297 (st. com. 1298) marzo 19; Le consulte della Repubblica fiorentina, a cura di A.Gherardi, Firenze 1898, II, p. 102; R. Davidsohn, Forschungen zur Gesch. von Florenz, II, Berlin 1900, p. 230; IV, ibid. 1908, pp. 567 s., 570 s.; Codice diplom. dantesco, a cura di R. Piattoli, Firenze 1950, nn. 60, 96 s., pp. 66 ss.; Bindaccio de' Cerchi, Ricordanze, in I. Lamii Deliciae erud., VII,Florentiae 1739, p. 311; G. Villani, Cronaca, a cura di F. Dragomanni, Firenze 1844-45, libro VIII, capp. 8-9; D. Compagni, Cronica delle cose occorr. ne' tempi suoi, in Rer. Ital. Script.,2 ed., IX, 2, a cura di I. Del Lungo, ad Indicem; Marchionne di Coppo Stefani, Cronaca fiorentina, ibid., XXX, 1, a cura di N. Rodolico, p. 85; Rovezzano, in E. Repetti, Diz. geografico fisico stor. della Toscana, IV,Firenze 1871, pp. 832 ss.; L. Bonazzi, Storia di Perugia dalle origini al 1860, I,Perugia 1875, p. 341; E. A. Gloria, Monumenti della Univers. di Padova, in Mem. del Reale Ist. di scienze, lettere ed arti, XXII(1882), p. 269; R. Davidsohn, Storia di Firenze, IV, Firenze 1960, p. 268; G. Salvemini, La dignità cavalleresca nel Comune di Firenze e altri scritti, a cura di E. Sestan, Milano 1972, p. 118.