NICCOLÒ di Giacomo (o da Bologna)
Miniatore attivo a Bologna, figlio di Giacomo di Nascimbene, documentato dal 1353 al 1401, nato probabilmente intorno al 1325 e morto prima del 1404. La più antica menzione di N. nelle carte bolognesi risale al 1357; di agiata condizione, assunse incarichi pubblici a partire dal 1383; è ancora citato in atti fino al 1401; nel 1404 è ricordato come già morto (Filippini, Zucchini, 1947).Le firme lasciate da N. nei volumi licenziati dalla sua bottega consentono di anticipare di quasi un lustro i dati cronologici ricavati dalle fonti documentarie. Risale al 1353 il volume delle Decretali con il commento di Giovanni di Andrea (Roma, BAV, Vat. lat. 1456), siglato nella cornice dell'illustrazione a c. 179r ("Nicholaus de Bononia fecit hoc opus anno Domini milleximo trecentesimo LIII die tertio mensis iunii"). All'anno seguente appartengono altri tre manoscritti giuridici: il testo con la Novella super tertio quarto et quinto Decretalium di Giovanni di Andrea (Roma, BAV, Vat. lat. 2534, parte, insieme al Vat. lat. 1456 di uno stesso codice) e i due con il testo delle Decretali (Milano, Bibl. Ambrosiana, B.42 inf.; Salisburgo, Stift St. Peter, Cod.a.XII 10).Per quanto sia da respingere la data 1351 segnata sull'antifonario di Modena (Bibl. Estense, lat. 1008), non pertinente alla sezione, decorata alcuni decenni più tardi da N., con tutta probabilità gli inizi della sua attività si collocano nella seconda metà degli anni quaranta. Gli vengono in effetti assegnati dalla maggior parte della critica i mini dell'Uffiziolo di Kremsmünster (Stiftsbibl., 4), riferiti in precedenza (Schmidt, 1973) al pittore e miniatore Andrea de' Bartoli, fratello del calligrafo Bartolomeo, che sottoscrisse il codice alla data 1349.La ricostruzione critica della formazione di N. rimane per certi aspetti problematica. Lo studio pionieristico di Ciaccio (1907) è valso a scorporare dall'ingente gruppo di opere indiscriminatamente ascritte a N. un nucleo sufficientemente omogeneo riferito a un'anonima personalità, denominata provvisoriamente pseudo-Niccolò, ribattezzata poi felicemente da Longhi (1950, p. 15) l'Illustratore (v.).
Gli studiosi di poco successivi (Baldani, 1909; Gerevich, 1909; Erbach von Fürstenau, 1911) hanno posto in risalto preminentemente le virtù realistiche del comporre di N., talora spinte a forzature eccessive, tali da imporre un giudizio di generale scadimento qualitativo nella sua produzione, specialmente della tarda maturità. Erbach von Fürstenau ha riconosciuto a N. una notevole capacità ritrattistica, ma ne ha colto al contempo l'espressionismo un po' greve, dai risvolti talora grotteschi, che promana dalle figure connotate da corporature atticciate, massicce. L'alto livello raggiunto in talune opere miniate da N. viene però ammesso solo nella misura in cui il miniatore si è accostato alla pittura monumentale, soprattutto di Vitale da Bologna (Gerevich, 1909).Il problema di una più accurata ricostruzione degli esordi artistici di N. è stato avvertito lucidamente da Gnudi (1972), cui va il merito di aver saputo evidenziare nelle prime prove offerte dal N. miniatore i tratti distintivi che stilisticamente lo differenziano dall'Illustratore. Al contempo è stata espressa dallo studioso la necessità di inquadrare le due forti personalità nel più ampio fenomeno dei rapporti tra la pittura emiliana, con particolare riferimento a Vitale da Bologna e a Tomaso Barisini, e la cultura figurativa centro-europea, soprattutto con la pittura boema dopo il 1350. Ma è dal riconoscimento di una filiazione diretta di N. dall'atelier dell'Illustratore e di un suo più giovane compagno, il Maestro del 1346, autore degli Statuti dei Drappieri del 1346 (Bologna, Arch. di Stato, cod. min. 12), che si fa strada il concetto di continuità, nel corso del Trecento, delle botteghe miniatorie bolognesi, capaci di rinnovare nei modelli e nelle attitudini stilistiche la salda tradizione operativa nel settore della decorazione libraria. Spetta a Conti (1981a; 1981b) la ricomposizione in una più giusta sequenza delle tre importanti figure di miniatori. Da questa base comune N. attinse il modo di comporre con larghezza la narratività vivace e la caratterizzazione personale delle figure, dimostrando una notevole abilità nel mettere a punto l'impianto della pagina miniata attraverso il reimpiego e la rielaborazione di moduli compositivi e schemi narrativi collaudati dalle precedenti generazioni (Cassee, 1980; Alexander, 1982).
Letta in questa chiave la formazione di N. entro il gruppo di lavoro attorno al Maestro del 1346, risulta condivisibile l'ipotesi di Conti (1981b, p. 96) di intravedere i primissimi passi dell'artista a fianco del più anziano miniatore nel Compendio morale di Luca Mannelli (Parigi, BN, lat. 6467), collocabile tra il 1346 e il 1350, e anche nelle Metamorfosi di Apuleio (Roma, BAV, Vat. lat. 2194), per la similitudine dei tratti fisionomici riscontrabili nelle espressioni del primo Niccolò.Nelle prime prove offerte da N., entro il sesto decennio - Novella di Giovanni di Andrea (Roma, BAV, Vat. lat. 2534); Decretali (Roma, BAV, Urb. lat. 160), collocabili intorno alla metà degli anni cinquanta; due fogli staccati da un codice della Novella (Washington, Nat. Gall. of Art, B-22.225; Cambridge, Fitzwilliam Mus., 331; Ferguson, Stevens Schaff, Vikan, 1975, pp. 50-52) -, sono in nuce quei tratti che connotarono in seguito l'intera produzione della fase matura: sigle fisionomiche ben individuate (in particolare le c.d. bocche leonine dagli angoli piegati all'insù), la soluzione di scorciare all'indietro i volti, i panneggi ampi con piegature ad angolo acuto delle vesti.Risulta altresì evidente che nel linguaggio figurativo del giovane N. si fondono componenti mutuate dalla pittura monumentale: è con il ritmo pulsante, spezzato delle azioni concitate di Vitale da Bologna nelle Storie della chiesa di S. Apollonia a Mezzaratta (Bologna, Pinacoteca Naz.) che si scorgono i più interessanti punti di tangenza. N. dimostra in effetti capacità di rapportarsi con i maggiori artisti operanti in Emilia in quegli stessi anni, in un continuo dare e avere, per es. con Tomaso Barisini, nella potente resa ritrattistica di certi personaggi che affollano le scene illustrate nei codici. Il determinante impatto suscitato dalla potente conduzione realistica dei santi dottori di Tomaso (Treviso, Capitolo dei Domenicani di S. Niccolò), nella loro caratterizzazione fisionomica e psicologica, si osserva nelle figure-ritratto di oltre quattrocento santi effigiati nei capilettera del codice con i Dialoghi di s. Agostino, databile intorno al 1360 (già Dyson Perrins Coll.; Ginevra, Bibl. publique et univ., Fondo Comites Latentes; ''Manifestatori di cose miracolose'', 1991, p. 152). Per converso, come è stato osservato (Gibbs, 1989, p. 206ss.), Tomaso Barisini adottò un linguaggio dal tono colloquiale, dallo spigliato e disinvolto ritmo narrativo, in larga misura debitore nei confronti della tradizione miniaturistica bolognese. Risulta in effetti ben visibile l'influenza di N. dei primi anni settanta in alcune delle scene affrescate - con l'ampia collaborazione di Serafino dei Serafini - nella cappella Gonzaga in S. Francesco a Mantova, la cui esecuzione viene posticipata da Gibbs (1989) al 1376-1378.Altro importante elemento che concorre alla definizione del fare artistico di N. è dato dal contatto con le esperienze maturate dall'amico Simone di Filippo detto dei Crocifissi: i due artisti sono citati insieme in atti a partire dal 1363; N. viene nominato suo esecutore testamentario nel 1399. Le aspre formulazioni e l'icastica vivezza dei gesti nelle scene permeate di umori quotidiani, elementi-base del saporoso linguaggio di Simone, sono accolte e rielaborate da Niccolò.Nel 1360 (Matricola dell'Arte dei Merciai, Bologna, Mus. Civ. Medievale, 636, 635) il miniatore bolognese si avviò verso un consolidamento del proprio eloquio in tono espressivo (mimiche facciali, teste rovesciate, gesti trattenuti, figure in movimento, corpi agitati), che trovò in seguito pieno dispiegamento nelle opere miniate degli anni settanta, preminentemente in codici di argomento letterario e giuridico: per es. nel Decretum Gratiani di Jena (Universitätsbibl., El. f. 51 C.) - che Gibbs (1989) ha anticipato al 1360 ca. -, nel graduale, firmato, di Padova (S. Antonio, Bibl. Antoniana, VII), nella Pharsalia di Lucano, del 1373 (Milano, Bibl. Trivulziana, 691), cui va aggiunta la copia coeva di Parigi (BN, lat. 8044), nei manoscritti contenenti opere di Seneca (Milano, Bibl. Ambrosiana, C.96 inf.), nel messale del 1374 (Monaco, Bayer. Staatsbibl., Lat. 10072) o nelle opere di Giovanni da Legnano, del 1376 (Roma, BAV, Vat. lat. 2639). Le illustrazioni si caratterizzano per la vivacità delle figure - dalla fisionomia individuata con un gusto arguto e pungente - rese con una ancor più fluente linea di contorno; le animate scenette sono condotte secondo una narratività aneddotica.La produzione miniata di questa fase intermedia, fino al volgere dell'ottavo decennio - quando l'artista, ormai conosciuto, si sottoscriveva sinteticamente come Nicolaus f(ecit) -, si contraddistingue per una monumentalità nell'impianto compositivo, in direzione neogiottesca, che attesta la vivace partecipazione dell'artista al dibattito figurativo bolognese teso a recuperare il linguaggio più antico di Giotto. Rispetto alle opere della fase giovanile, l'impaginazione delle scene è più ampia e composta. Esemplificativa in tal senso la decorazione delle Decretali di Gregorio IX (Padova, Bibl. Capitolare, A 1), che nella imponente cornice architettonica dell'illustrazione a c. 190r sembra sottintendere le conoscenze delle articolate e ben costruite composizioni di Andrea de' Bartoli. Di analoga impostazione lo schema illustrativo che si dispiega in codici di contenuto liturgico - benedizionale (New York, Pierp. Morgan Lib., 800); corali (Modena, Bibl. Estense, lat. 1001-1003, 1012, 1023-1025, già Padova, Coll. Obizzi), provenienti da S. Michele in Bosco a Bologna o forse dal monastero olivetano di S. Benedetto Novello di Padova; messale (Venezia, Bibl. Naz. Marciana, lat. III, 97) - e giuridico (Lectura super Prima et Secunda Parte Infortiati, Roma, BAV, Vat. lat. 2598).Nelle ultime opere - Crocifissione, dagli Statuti dell'Arte degli Speziali, del 1390 ca. (Cleveland, Mus. of Art, 24.1013), Libri dei creditori del Monte (Bologna, Arch. di Stato, cod. min. 25-27), datati 1394, forse eseguiti in collaborazione con aiuti, cui va aggiunto un foglio da un altro volume dei creditori (New York, Straus Coll.; Aeschlimann, 1969, pp. 28-29), opere di Seneca (Venezia, Bibl. Naz. Marciana, lat. XII, 26, del 1395) - il linguaggio del miniatore vira: si avverte un'accentuazione in senso quasi caricaturale dei volti dalle fisionomie pungenti e immediate; caratteristica precipua di questo momento è la resa dello spazio 'a volo d'uccello' (Flores d'Arcais, 1984), affollato di personaggi disposti l'uno sopra l'altro, che si ritrova in altre opere: nelle miniature staccate da un graduale della certosa di Lucca (già Castelletto sopra Ticino, Coll. Stelvio Poli; Kraus, 1985), datate al 1395 da Aeschlimann (1969); nell'iniziale di un antifonario con la Nascita di s. Giovanni Battista (Washington, Nat. Gall. of Art, B-15.392) e nelle miniature del manoscritto con opere di Seneca (Innsbruck, Universitätsbibl., 87).Nelle miniature di quest'ultima fase, Flores d'Arcais (1984) ha avvertito un'aggiunta di stimoli nuovi: maggiore immediatezza narrativa, accentuazione di notazioni ambientali e naturalistiche, straordinaria icasticità dei personaggi; elementi in larga parte condivisi sul versante della pittura da un artista come Jacopo di Paolo, legato a N. da vincoli di parentela (Gibbs, 1979, p. 564).Con N. si chiude il percorso illustre della miniatura bolognese che si era dipanato con continuità di intenti e di modi nel corso del Trecento; dalla cerchia stretta dei collaboratori all'interno della bottega di N. emersero personalità interessanti e significative, fra cui il Maestro delle Iniziali di Bruxelles.
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