NICCOLO di ser Sozzo
NICCOLÒ di ser Sozzo. – Nacque verosimilmente a Siena prima del 1320, risultando già in maggiore età nel giugno 1340 quando, insieme con Lippo Vanni e un tal Benuccio sellaio, fu pagato dal Comune (Archivio di Stato di Siena, Biccherna, 205, c. 152r).
Nel 1348 il suo nome è attestato per un debito contratto verso il Comune (ibid., 423, c. 183: Peste dell’anno 1348 ). Controversa è invece la sua identificazione con il «Nicolello pictore» menzionato nelle biccherne del 1332 e del 1338 in relazione ad alcuni stemmi per i libri del podestà (ibid., 195, c. 293v). Agli inizi del XVIII secolo Galgano Bichi ne postulò l’appartenenza alla nobile famiglia dei Tegliacci (Brandi, 1932), confutata da Gordon Moran e Sonia Fineschi (1976) i quali, oltre a far cadere la connessione con i molti documenti attribuitigli in passato e relativi alla vita pubblica e alle cariche civiche – riferibili invece all’omonimo Niccolò figlio del notaio Sozzo di Francesco Tegliacci – hanno potuto stabilire che fu figlio del miniatore Sozzo di Stefano, documentato dal 1293 al 1321.
Ritenuto l’artista di maggior spicco nella Siena della seconda metà del Trecento, Niccolò appare oggi in parte ridimensionato alla luce dei più recenti contributi sulla pittura del periodo. Inizialmente attivo nell’arte della decorazione libraria, compì verosimilmente la propria formazione presso la bottega paterna. La sua attività prese avvio intorno al 1330, periodo cui spettano gli apparati decorativi dell’Antiphonarium I.I.8 e dell’Antiphonarium I.I.9 della Biblioteca comunale degli Intronati di Siena e quello del Breviario 123 della Biblioteca Casanatense di Roma. Nello stesso decennio Niccolò fu impegnato in prestigiose commissioni civiche, tra cui la grande pagina – firmata in basso al di sopra della cornice della miniatura («Nicolaus de Senis me pinxit») – con l’Assunzione della Vergine del frontespizio del Caleffo Bianco (Archivio di Stato di Siena, Capitoli, 2, c. 8v), codice che contiene la trascrizione di privilegi imperiali, bolle papali, patti con famiglie e con città dall’anno 813 al 1336, verosimilmente realizzata in una data poco posteriore all’ultima sottoscrizione del registro.
Tale riferimento cronologico, accolto dalla maggioranza della critica, fu messo in dubbio da Millard Meiss (1951) che, a seguito di un esame diretto del codice, accertò l’aggiunta della carta in tempi successivi e propose per ragioni stilistiche una datazione non anteriore al 1348. Il forte e costante rimando della miniatura, vero e proprio capolavoro del gotico senese, all’eleganza lineare e allo splendente cromatismo di Simone Martini e Lippo Memmi, destinati ad attenuarsi nel corso del successivo percorso artistico di Niccolò, suggeriscono tuttavia una cronologia precoce.
Artista ormai affermato nel panorama artistico senese, nel decennio successivo Niccolò di ser Sozzo portò a compimento gran parte della sua produzione nel campo della miniatura, caratterizzata dal progressivo acuirsi della dipendenza dalla tarda attività di Pietro Lorenzetti (Palladino, 1997). Agli inizi degli anni Quaranta è situabile la decorazione di sette corali per la collegiata di San Gimignano, condotta in collaborazione con Lippo Vanni e con il Maestro di Sant’Eugenio. Per l’importante complesso miniatorio, di cui dovette essere responsabile dell’ideazione complessiva, come suggerito dalla sostanziale omogeneità dell’impaginazione e della partizione ornamentale (De Benedictis, 2002), realizzò l’intero apparato decorativo del Graduale LXVIII.D.1 e le iniziali N a carta 51v dell’Antifonario LXVIII.D.2 e A a carta 1r dell’Antifonario LXVIII.D.4 (conservati presso il Museo d’arte sacra di San Gimignano).
Le 24 iniziali istoriate del Graduale LXVIII.D.1, detto delle ‘Solennità’, contraddistinte dal raffinato processo di semplificazione stilistica e compiutezza compositiva, segnano al contempo il più alto grado qualitativo raggiunto dall’artista nel corso della sua attività miniatoria e la sua più completa adesione allo stile di Pietro Lorenzetti (Id., 1979). Studi e contributi recenti gli hanno inoltre riferito la decorazione di altri codici e di varie iniziali miniate (Id., 2002; Freuler, 2009).
Dalla seconda metà degli anni Quaranta del Trecento Niccolò dovette affiancare al proprio magistero di miniatore anche quello di pittore, concentrandosi principalmente sulla realizzazione di tavole e affreschi. A quel periodo di attività, che si svolse principalmente tra Siena e San Gimignano, dovrebbero risalire il polittico con l’Assunzione tra i ss. Tommaso, Caterina d’Alessandria, Bartolomeo e Benedetto proveniente dalla chiesa del convento di Monteoliveto a Barbiano, edificato dal 1340 su commissione di Giovanni Salvucci e della moglie e oggi presso il Museo civico di San Gimignano, forse la sua più antica opera su tavola (Brandi, 1932), che rivela tangenze con la plasticità lorenzettiana stemperata da una raffinata gamma cromatica di ricordo martiniano, e la Madonna col Bambino, già in S. Antonio al Bosco presso Poggibonsi, conservata agli Uffizi. Attorno alla metà del secolo realizzò verosimilmente anche l’Annunciazione (Museo civico di Siena, attribuzione Luciano Bellosi, in F. Bisogni - M. Ciampolini, 1985), iconograficamente dipendente dall’opera di analogo soggetto di Ambrogio Lorenzetti datata 1344 (Siena, Pinacoteca nazionale, n. 88) e cronologicamente prossima alla frammentaria Madonna col Bambino e Angeli già presso il J. Paul Getty Museum di Malibu.
Tra le opere riferitegli su base stilistica, che precedettero la grande pala degli Umiliati, la critica annovera, inoltre, la frammentaria Madonna del W.R. Nelson Museum di Kansas City, il trittico arbitrariamente ricomposto con la Dormitio Virginis e Santi del Museo di Boston, la Madonna della collegiata di Radicondoli e il trittico della Società di esecutori di pie disposizioni a Siena.
Per la ricostruzione dell’attività pittorica di Niccolò fu fondamentale la scoperta, a opera di Cesare Brandi, della sua firma, congiunta a quella di Luca di Tommè, sul polittico n. 51 della Pinacoteca di Siena, raffigurante la Madonna con il Bambino e i ss. Giovanni Battista, Tommaso, Benedetto e Stefano, eseguito nel 1362 per la chiesa di S. Tommaso degli Umiliati a Siena, la cui predella con Storie di s. Tommaso e la Crocifissioneè smembrata tra la National Gallery of Scotland di Edimburgo e la Pinacoteca Vaticana (Zeri, 1958).
Brandi assegnò a Niccolò di ser Sozzo l’ideazione e l’esecuzione dell’opera limitando gli interventi di Luca di Tommè alle finiture e alle figure di s. Giovanni Battista e probabilmente di s. Benedetto. Nei decenni successivi la critica si schierò su due fronti: un primo a favore dell’ipotesi di Brandi e un secondo che ritenne invece il giovane Luca in grado di influenzare il più anziano e affermato Niccolò (Meiss, 1951; Fehm, 1973; Chelazzi Dini, 1997). La smagliante e delicata gamma cromatica di ascendenza martiniana, coniugata alla volumetria lorenzettiana, sembrano suggerire l’autografia di Niccolò per l’intero polittico, mentre alla mano di Luca dovrebbe invece spettare la predella.
Il polittico della Pinacoteca di Siena appartiene alla fase estrema di Niccolò assieme agli affreschi con Sposalizio di s. Caterina e santi della chiesa di S. Francesco a Pienza, datati nello stesso anno. Alla sua attività pittorica sono stati inoltre riferiti due scomparti di uno smembrato polittico con S. Pietro (Londra, Courtauld Institute Galleries) e S. Giovanni Battista (Hartfod, Austin Arts Center Trinity College) e un trittico con la Madonna col Bambino tra s. Francesco stimmatizzato e s. Caterina d’Alessandria (Milano, collezione privata).
Morì a Siena il 15 giugno 1363, secondo una precisa notizia riportata nel Necrologio di s. Domenico (Romagnoli, ante 1835), nello stesso anno in cui il suo nome era comparso per la prima volta nel Libro delle arti (Milanesi, 1854).
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