Donati, Niccolò
Figlio di Forese, detto Foresino, di messer Manetto Donati, nipote acquisito di D., essendo Foresino fratello di Gemma.
Ebbe gran parte nella vita della famiglia di D.; infatti dopo la partenza per l'esilio del poeta egli si prese molta cura degl'interessi degli Alighieri rimasti a Firenze, della zia Gemma e dei suoi figli, soprattutto i maschi, e anche di Francesco Alighieri. Assai numerosi sono i documenti che attestano i suoi interventi in pro' della famiglia dello zio; essi vanno dal 27 gennaio 1317 al 16 febbraio 1342. Un nuovo documento, giunto a conoscenza del Piattoli nel novembre 1969, è venuto a confermare che subito dopo la scomparsa di D. Niccolò si occupò del riscatto della metà della casa Alighieri nel popolo di S. Martino sequestrata dal comune in seguito alla condanna di Dante. Sembra che venisse risarcito delle spese incontrate con una vendita della quota riscattata della casa, fatta allo stesso Niccolò, con patto risolutivo. Nel 1332, la risoluzione della vendita non era stata ancora possibile agli eredi di Dante. La cosa fu fatta quando ci furono i mezzi, e quella metà dell'edificio toccò a messer Pietro di Dante.
Della sua vita familiare sappiamo che perse il padre in giovane età; ebbe possessi di terreni e quote su edifici con gualchiere nel popolo di S. Iacopo al Girone, nella zona dell'Arno subito a monte di Firenze e sulla sinistra del fiume, dov'era stata la culla della stirpe, e dove ancora nel Trecento numerose erano le proprietà del ramo dei Donati cui egli apparteneva.
Niccolò ebbe due mogli: Gemma di Filippo di Gherardo del Prete e Bice di Lippo di Lapo dei Guidalotti, che gli sopravvisse. Costei, il 29 novembre 1353, rilasciò quietanza agli eredi del defunto marito della restituzione della dote. Dai suoi due matrimoni sembra che Niccolò avesse soltanto una figlia, Girolama, che andò in sposa a Corrado di Bettino dei Gherardini, di cui ai 4 di gennaio 1381 (= 1382) era già vedova.
Soprannominato Baccelliere, non sappiamo se per motivi di studio o per un lato particolare del suo carattere, verso la metà del secolo, e comunque in data di non molto anteriore a quella del suo decesso, Niccolò, approfittando delle disposizioni che favorivano il reinserimento nel giro della politica e dell'amministrazione della città di rami di famiglie magnatizie e come tali escluse dalla partecipazione al potere, soprattutto se si trattava di rami di famiglie, o di famiglie, decaduti dalla pristina potenza, allegando di non aver parentela sino al sesto grado con alcuno dei Donati allora viventi, chiese e ottenne per sé e per i propri discendenti di essere separato dalla casata dei Donati e di costituire una nuova famiglia con il cognome Baccellieri e con un proprio stemma (di cui ci è rimasta un'accurata descrizione). In pratica, egli continuò a chiamarsi e a essere chiamato dei Donati, usando il cognome derivato dal soprannome solo per quanto concerneva il suo esonero dai gravami degli Ordinamenti di Giustizia.
Sul fondamento di una sua presunta cultura attestata, si pensava, dal soprannome Baccelliere, e dei suoi stretti contatti con i familiari di D. rimasti in patria, contatti che si pensa dovessero essere la continuazione di simili rapporti con lo zio, quando stava in Firenze, prima il Della Torre e poi il Barbi credettero di poter identificare nel nostro Niccolò di Foresino il destinatario dell'Epistola dantesca nota come indirizzata a un ‛ Amico fiorentino ' (Ep XII). Ciò è stato in seguito smentito dal Piattoli, il quale ha cercato di identificare tale destinatario, e a un tempo il nipote ricordato nella medesima epistola, in Bernardo dei Riccomanni, frate minore, nipote di D. in quanto figlio della sua sorellastra Tana.
Bibl. - A. Della Torre, L'Epistola all' " Amico Fiorentino ", in " Bull. " XII (1905) 121-174; M. Barbi, Per un passo dell'Epistola all'Amico Fiorentino, in " Studi d. " II (1920) 121-126 ss. (rist. in Problemi II 309-314). A proposito del documento regestato rispettivamente alle pp. 123 e 310, si avverte che al Barbi sfuggì che alla vendita del 20 marzo 1322 (= 1323) del palazzo posto al Girone, fatta a Filippo del fu Lando degli Albizzi, partecipò anche Niccolò di Foresino cedendo al medesimo Albizzi la sua quota parte nella proprietà di quegli immobili, la quale ascendeva a 2/7; Piattoli, Codice 113, 120, 125, 138, 142, 144, 150-154, 158, 170, 179, 180; ID., Codice: Aggiunte (VII): Frate Bernardo dei Riccomanni destinatario dell'Epistola di D. " All'Amico Fiorentino ", in " Arch. St. Ital. " CXXVII (1969) 85-103.