HERRERA (Enriquez de Herrera), Niccolò
Non si conoscono la data e il luogo di nascita dell'H. - figlio di Gabriele, della famiglia spagnola dei marchesi di Campi e principi di Squinzano, e di Jummara de Ávila (cfr. Weber) -, né si hanno notizie dettagliate sull'attività svolta prima della nomina a nunzio apostolico.
Referendario delle due Segnature, nel 1623 fu eletto collettore generale della Camera apostolica e il 28 genn. 1627 inquisitore e visitatore apostolico di Malta. Uomo di stretta fedeltà di Francesco Barberini, la carriera dell'H. si svolse per lo più all'ombra della potente famiglia romana, favorita anche dalla carica di segretario apostolico ricoperta dal fratello Francesco sin dal 1623. Dal 1630 al 1639 fu chiamato a occupare l'incarico di nunzio apostolico a Napoli, in un periodo tra i più travagliati nella storia delle relazioni politiche tra il potere centrale spagnolo e il possedimento italiano.
L'H. giunse a Napoli il 6 giugno 1630 in sostituzione di Alessandro Bichi, vescovo di Isola Capo Rizzuto, con l'incarico di rappresentare la Curia romana presso il viceré Fernando Afán de Ribera y Enríquez, duca di Alcalá.
La lettura della fitta corrispondenza scambiata dall'H. per quasi dieci anni con la segreteria di Stato pontificia permette di ricostruire alcune delle questioni più dibattute nel Regno di Napoli tra la Chiesa e la Corona di Spagna. Consente anche di chiarire i non pochi punti di contrasto esistenti all'interno del mondo ecclesiastico napoletano. Offre infine una testimonianza sugli avvenimenti e sulle manifestazioni di religiosità popolare.
È il caso, per esempio, delle descrizioni relative all'eruzione del Vesuvio avvenuta il 15-16 dic. 1631, quando continue scosse di terremoto accompagnarono la fuoriuscita di una quantità incredibile di lava, che in breve tempo interessò un vasta zona di territorio, causando più di tremila vittime e raggiungendo località anche molto distanti da Napoli. Dal resoconto degli avvenimenti, l'H. passa a descrivere le conseguenze materiali e psicologiche prodotte dall'eruzione: il terrore vissuto dalla popolazione e le manifestazioni di devozione e di pietà popolare.
Appena giunto in città, nel momento della presentazione delle credenziali al viceré, l'H. fu messo al corrente della grave situazione in cui versava il Regno. A una crisi economico-amministrativa dello Stato, maturata sin dalla fine del XVI secolo, aveva fatto seguito una generale ripresa del dominio feudale nelle campagne. La crescente influenza baronale non significava soltanto un consolidamento del possesso fondiario. La scelta fatta dalla corte spagnola di vendere alcuni Comuni demaniali, con la conseguente prospettiva per i cittadini di perdere alcuni diritti economici e amministrativi, e di dovere sottostare al governo baronale, suscitando ovunque tra le popolazioni una forte resistenza e un diffuso malcontento.
Non meraviglia quindi se, sin dalle prime lettere trasmesse a Roma, l'H. accenni a una possibile "sollevazione di questo popolo e di tutta questa fedelissima città". Lo sconvolgimento dell'apparato amministrativo dello Stato si accompagnava infatti a una situazione politica assai instabile. Il decennio che va dal 1630 al 1640 vide lo scoppio di alcune congiure aristocratiche che tentavano di promuovere tra la popolazione una rivolta indipendentistica. Le scelte che la corte di Roma attuò in questi momenti si riflettono con chiarezza nelle dichiarazioni politiche avanzate dall'H. ai ministri del Collaterale, il massimo organo di governo del Regno. In una situazione di instabilità politica la Chiesa mantenne una sorta di distanza da ogni tentativo antilealista dell'aristocrazia, senza però favorirne la repressione. La difesa delle prerogative ecclesiastiche era affidata a una politica di continui patteggiamenti e di scelte simulate: si trattava di osservare senza direttamente partecipare all'indebolimento del potere spagnolo e, nello stesso tempo, di dare prova di una sorta di lealtà alla Corona di Spagna senza perdere i contatti con le forze a essa più antagoniste.
L'attuazione da parte dell'H. della politica voluta dalla segreteria di Stato pontificia nei confronti della monarchia spagnola accompagnò la risoluzione di una serie di problemi relativi alla giurisdizione ecclesiastica. Già il nunzio Bichi, nelle istruzioni al suo successore, aveva sottolineato i non pochi problemi rimasti insoluti al termine del suo mandato: i ministri spagnoli cercavano infatti di limitare in ogni modo le libertà degli ecclesiastici, violando in molti casi le immunità di cui essi godevano. Ma nel 1633 l'H. si trovò al centro di un dibattito che vide tutte le principali componenti della popolazione napoletana gravemente contrapposte alla decisione della S. Sede di mantenere in funzione nel Regno l'Inquisizione. Durante molti mesi i rappresentanti cittadini del Collaterale, gli eletti delle piazze nobiliari e di quella del popolo chiesero con decisione l'allontanamento da Napoli di monsignor Giacinto Petronio, vescovo di Molfetta, ministro del S. Uffizio. All'H. era richiesto da più parti di mettere fine a un clima di repressione favorito dall'Inquisizione: i rappresentanti della città avvertivano che il potere di censura e di persecuzione del ministro dell'Inquisizione si andava ormai sostituendo alle istituzioni laiche di giustizia e di controllo sociale. Da parte sua, il viceré (dal 1631) Manuel de Acevedo y Zúñiga, conte di Monterey, temeva che il malcontento della popolazione si potesse trasformare in aperta ribellione contro la monarchia. In questa situazione, sollecitato dalla segreteria di Stato pontificia a difendere i diritti dell'Inquisizione nel Regno di Napoli, l'azione dell'H. fu volta al tentativo di restituzione del potere di controllo religioso ai vescovi e all'arcivescovo di Napoli, limitando l'intervento del S. Uffizio alle cause di eresia e di stregoneria. Il materiale e il numero di casi dibattuti svela comunque interessi e lotte politiche che trascendono spesso i problemi di ortodossia religiosa.
Le lettere e i documenti trasmessi dall'H. giungono fino al 26 marzo 1639, giorno in cui egli fu richiamato a Roma.
Si ignorano il luogo e la data di morte dell'H., comunque successiva al 1642
Fonti e Bibl.: Arch. segr. Vaticano, Segreteria di Stato, Napoli, 28-37; Segreteria dei brevi, 763; Biblioteca apost. Vaticana, Barb. lat., 4901, 7494-7509, 7512-7540; Borg. lat., 49; R. Colapietra, Il governo spagnolo nell'Italia meridionale (Napoli dal 1580 al 1648), in Storia di Napoli, V, 1, Napoli 1972, p. 217; A. Kraus, Das päpstliche Staatssekretariat unter Urban VIII., 1623-1644, Rom-Freiburg-Wien 1964, p. 286; V. Borg, Fabio Chigi apostolic delegate in Malta (1634-1639), Città del Vaticano 1967, p. 169; H. Biaudet, Les nonciatures apostoliques permanentes, Helsinki 1910, p. 269; Legati e governatori dello Stato pontificio, a cura di Ch. Weber, Roma 1994, pp. 650 s.