Niccolo III
Niccolò III.- Giovanni Gaetano, figlio di Matteo Rosso Orsini (in If XIX 70 è detto perciò figliuol de l'orsa) e di Perna Caetani, nato a Roma tra il 1210 e il '20; cardinale (1244) fu vicino a Innocenzo IV nella lotta contro Federico II, ad Alessandro IV, e a Clemente IV, dal quale fu incaricato (1265) di conferire l'investitura del regno di Sicilia a Carlo d'Angiò.
Eletto papa (1277) in un laborioso conclave a Viterbo, perseguì un programma di supremazia e indipendenza della Chiesa, che affermò soprattutto di fronte agli Angioini, negando a Carlo la rielezione a senatore in Roma (1278) e il vicariato imperiale in Toscana, ove intervenne per mezzo del nipote Latino Malabranca a mettere pace in Firenze (1280); dall'Impero fece riconoscere il dominio della Chiesa sulle Romagne, e vi mandò come rettore il nipote Bertoldo Orsini. Favorì il matrimonio fra Carlo Martello, nipote di Carlo d'Angiò, e Clemenza, figlia di Rodolfo d'Asburgo, nell'intento di eliminare le gelosie tra i due sovrani e mettere ordine nelle contrastanti tendenze delle fazioni che straziavano l'Italia. Morì il 22 agosto 1280 nel castello di Soriano (Viterbo).
Se il favore verso i suoi nel distribuir loro uffici ecclesiastici e civili (cupido sì per avanzar li orsatti, If XIX 71) procurò a N. l'accusa di nepotismo (cfr. anche Villani VII 54), la ragione per cui D. lo pone nella terza bolgia dell'ottava cerchia infernale (XIX 22-123) è propriamente l'imputazione di simonia. La mal tolta moneta che avrebbe reso N. contra Carlo ardito (vv. 98-99) sembra riferirsi più alle appropriazioni delle decime ecclesiastiche e agli allargamenti dello stato della Chiesa, che alla leggendaria offerta dell'oro fattagli da Giovanni da Procida per comprarne l'assenso a una congiura contro Carlo d'Angiò, anche se non si può escludere che D., non diversamente dal Villani (VII 54 e 57), abbia prestato fede alla leggenda.
Per comprendere l'atteggiamento del poeta rispetto a N., oltre a tener conto che questi discendeva da famiglia che D. detestava, va tenuto presente il contesto polemico contro i mali della cupidigia e del potere temporale (XIX 115-117 Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre, / non la tua conversion, ma quella dote / che da te prese il primo ricco patre!), che pervade tutto il canto XIX in funzione di una condanna dell'operato di Bonifacio VIII e di Clemente V e che traduce " in termini poeticamente validi il contrasto che travaglia il suo spirito di fervido cattolico e di politico tormentato e veggente " (Pagliaro).
Bibl. - J. Gay, Les registres de Nicolas III, Parigi 1898-1916; A. Demeski, Papst Nikolaus III, Münster 1903; G. Barraclougih, The Chancery ordinance of Nicholas III, in " Quellen und Forschungen, It. Arch. " XXV (1934) 192-250. Per il canto XIX dell'Inferno in rapporto a N. si veda in particolare: F. D'Ovidio, in Lett. Dant. 347-376; A. Pagliaro, Il canto XIX dell'Inferno, Firenze 1961; P. Renucci, in Lettere dell'Inferno, Milano 1963, 155-181.