MACARUFFI, Niccolò
– Figlio di Bartolomeo (detto anche Macaruffo) di Gigliolo, nacque a Padova nell’ultimo decennio del XIII secolo, da una famiglia di probabile ascendenza «militare», integrata nei ranghi magnatizi cittadini.
La biografia del M. ha per presupposto il nuovo corso della storia di Padova e dell’area veneto-padana, innescato all’inizio del secondo decennio del Trecento dalla venuta in Italia dell’imperatore Enrico VII e dalle strategie di potenza dei Della Scala di Verona. Sgretolatosi subitamente, sotto la pressione di Cangrande (I), il «partito guelfo» di cui da mezzo secolo Padova e i signori d’Este erano i maggiori capisaldi, si aprirono infatti violenti antagonismi, che nel giro di pochi anni condussero fra l’altro all’affermazione della supremazia dei da Carrara e a scelte inedite dei signori di Ferrara sul fronte delle alleanze intercittadine.
Gli anni della giovinezza del M. coincisero con questo cambiamento. Dopo aver assistito all’ascesa e al primato del padre e degli uomini da lui capeggiati, il M. fu coinvolto nella sconfitta che si abbatté su di loro, in seguito al capitanato padovano di Giacomo (I) da Carrara. Nel 1318 abbandonò la città insieme con i congiunti e cercò rifugio a Ferrara, appena strappata al legato pontificio Bertrand du Poujet, da Obizzo (III) e Rinaldo (II) d’Este, o a Rovigo, dove, dopo un breve intermezzo padovano, era stato restaurato il dominio estense. In sintonia con le scelte familiari anche il M. si adeguò al nuovo orientamento «ghibellino» dei marchesi e collaborò nelle operazioni militari che costoro intrapresero, a fianco di Cangrande (I) Della Scala, ai danni di Padova. Tuttavia, l’esito infelice dell’assedio alla città, costato per di più la morte del padre (1320), lo obbligò a fermarsi nel territorio estense e a dedicarsi da allora in avanti alla professione di ufficiale e uomo d’arme.
Il primo passo fu compiuto alle dirette dipendenze dell’autorità estense, dato che nel 1321 tenne il comando a Ferrara di una squadra di 25 combattenti a cavallo. Nel 1327 fu podestà di Brescia, al tempo della discesa di Ludovico il Bavaro e dell’incontro a Orzinuovi tra l’imperatore eletto e le forze ghibelline dell’Alta Italia, Estensi compresi; fra il 1333 e il 1334 fu capitano delle truppe di Rinaldo d’Este nell’assedio di Argenta condotto dagli Estensi contro l’esercito del cardinal legato e, a distanza di pochi anni, tenne la podesteria di Modena per due turni consecutivi, nel secondo semestre del 1338 e nel primo del 1339.
Nel contempo il M. si adoperò per il rientro della famiglia nello scenario politico d’ambito veneto. Una buona prova in tal senso è il matrimonio che suo fratello Francesco contrasse molto probabilmente a Venezia, prima del 1338, con Beatrice da Carrara, figlia di Niccolò che aveva abbandonato Padova nel 1327 a causa d’insanabili conflitti con il cugino Marsilio.
Poiché è ignota la data precisa delle nozze, è impossibile stabilire se il legame riflettesse l’originaria adesione delle famiglie degli sposi alla fazione scaligera, capeggiata da Cangrande (I), o se al contrario lo spostamento di entrambe su tale fronte fosse dovuto alla formazione nel 1336 della lega antiscaligera per opera di Venezia e di Firenze e della successiva partecipazione di Marsilio da Carrara a tale alleanza (1337).
Il matrimonio non fu ininfluente sulla sorte dei Macaruffi. Con l’espulsione da Padova e dal suo territorio degli eredi di Cangrande (1337-38) e con il riconoscimento del diritto al dominio in sede locale a Marsilio da Carrara e poi al successore di questo, Ubertino, sancito nella pace di Venezia (gennaio 1339), si crearono infatti le condizioni per l’appianamento delle vecchie discordie, di cui beneficiarono i congiunti di Beatrice da Carrara che, rappresentati a Padova dal M. e dal fratello di questo Marco, nel gennaio del 1341 si rappacificarono con Ubertino da Carrara, venendo così liberati dal marchio infamante di ribelles.
Alla luce di questi eventi e della cronologia prospettata, l’opinione del cronista Guglielmo Cortusi, secondo cui la riabilitazione della famiglia fu dovuta ai buoni uffici di Azzo d’Este, va integrata con il richiamo al rapporto di parentela che i Macaruffi avevano stretto con i Niccolò da Carrara tramite Francesco, che era ventenne nel 1358 e abitava a Venezia.
Nonostante la pacificazione col Carrarese, il M. rinunciò a risiedere a Padova e invece proseguì nella professione di ufficiale. Fu infatti visconte di Argenta per conto dei marchesi già nel 1341, podestà di Modena nei due semestri a cavallo fra il 1342 e il 1343 e infine podestà a Parma nel 1346. Con questo incarico le notizie si interrompono, ma la sua morte è attestata in modo esplicito soltanto nel 1356.
Per quanto frammentarie, le informazioni sui fratelli del M. sono tuttavia sufficienti a rendere manifesto che le sorti della famiglia non furono compromesse dalla forzata lontananza dalla città d’origine. D’importanza cruciale per la difesa delle posizioni socialmente acquisite si rivelò in particolare la prosecuzione delle relazioni d’antica data con gli Estensi, relazioni che culminarono con l’integrazione nella cerchia di corte anche di un altro esponente, il penultimo dei fratelli del M., Barnaba (Bernabò). Questi fu molto vicino ai signori di Ferrara, tanto da essere fatto cavaliere nel 1352 dal marchese Obizzo (III), poco prima che questi morisse; fu inoltre figura di spicco tra gli ufficiali itineranti, come denotano l’incarico di podestà a Modena nel 1350 e 1351, di capitano sempre a Modena nel 1356 e infine, nel 1373, di podestà di Firenze.
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