MASCARDI, Niccolò (Nicolò)
– Nacque a Sarzana il 5 sett. 1624 da Alberigo, giurista, e da Maria Federici.
La famiglia Mascardi, detentrice dei titoli di visdomini di Luni e di signori di Trebbiano, era giunta a Sarzana nel XV secolo e fu successivamente ascritta alla nobiltà genovese. I fratelli del M. seguirono quasi tutti la strada della vita religiosa: Giuseppe divenne sacerdote, Carlo Alderano e Alderano furono entrambi cappuccini, Faustina e Chiara monache, Agostino arcidiacono della cattedrale di Sarzana, Francesco fu gesuita (morì quando era ancora novizio). Il casato fu ereditato da Carlo, sposato con Caterina Cecchinelli, che fu come il padre uomo di legge e sarebbe diventato segretario della Repubblica di Genova.
La famiglia si trasferì a Roma quando il M. era ragazzo; lì egli fece ingresso nel Collegio romano della Compagnia di Gesù. In una lettera scritta da Sarzana durante un periodo di vacanza, datata 14 ott. 1638 e indirizzata a Carlo Francesco De Luca, suo primo maestro nel Collegio, il M. espresse il desiderio di entrare nella Compagnia di Gesù e, contro il parere di suo padre, di tornare a Roma per realizzarlo nel più breve tempo possibile (Rosso, p.12). Il M. partì da Sarzana e il 20 ottobre era già a Roma, dove preferì alloggiare nel Collegio romano piuttosto che nella casa dei genitori. Iniziò quindi il suo noviziato presso la casa di S. Andrea al Quirinale, dove ebbe tra i suoi maestri Giovanni Paolo Oliva, futuro generale della Compagnia. Al termine del noviziato studiò per due anni (1640-42) retorica e per tre anni (1642-45) filosofia nel Collegio romano. A Roma fu allievo del matematico ed erudito tedesco Athanasius Kircher, con cui avrebbe conservato negli anni una fitta corrispondenza, nella quale fornisce dettagliati resoconti della sua attività di esplorazione e di osservazione geografico-astronomica.
Durante quel periodo di studio il M. maturò la vocazione per le missioni in terre lontane. In una prima lettera, datata 1640, espresse al generale dei gesuiti Muzio Vitelleschi la sua intenzione di partire, «non volendo, né potendo senza gran dolore soportare, che tante anime ricomprate col pretioso sangue di Christo periscano» (Roma, Archivum Romanum Societatis Iesu, Fondo gesuitico, Litterae indipetae, 11, c. 426); nel 1643 il M. reiterò la sua richiesta, precisando che «ogni giorno più [il Signore] mi accresce il desiderio che, tanti anni sono, mi ha dato di lasciare le commodità di Europa, et esiliarmi nelle estreme parti del mondo e vivere ivi sconosciuto tra mille fatiche per il mio Dio» (ibid., 13, c. 132).
Proprio in quegli anni giunse dal Cile, nelle vesti di procuratore, Alonso de Ovalle, che nel 1646 avrebbe pubblicato a Roma, in italiano e in spagnolo, la Historica relatione del Regno di Cile, incaricato, tra le altre cose, di raccogliere adesioni per la missione cilena.
Tra il 1645 e il 1646 il M. era a Orvieto, dove ricopriva nel locale collegio dei gesuiti l’incarico di magister primae classis e praefectus Congregationis scholarium. Era in quella città quando ricevette l’autorizzazione dal generale della Compagnia e da suo padre (che precedentemente aveva espresso il suo dissenso) alla partenza per il Nuovo Mondo.
Il viaggio ebbe inizio presumibilmente nel marzo 1647 da Genova. Dopo un breve periodo di insegnamento della grammatica nel collegio di Plasencia, in Spagna, si imbarcò da Siviglia in data non precisabile, ma è certo che nel novembre 1650 fosse a Panama. Nel 1652 giunse in Cile, dove destò ammirazione per le sue qualità intellettuali e dove per questo motivo fu proposto per l’insegnamento. Il M. insistette per essere inviato nelle regioni di frontiera. Fu infine assegnato alla residenza di Buena Esperanza, dipendente dal collegio di Concepción, nel territorio degli Araucani, popolazione dal carattere indomito. Apprese rapidamente la lingua locale e iniziò un’intensa opera di evangelizzazione delle popolazioni, sparse su un territorio vastissimo.
Il M. non tralasciò mai i propri interessi scientifici, che lo avevano già portato a compiere osservazioni astronomiche durante il viaggio. In una sua missiva indirizzata, nel 1653, a Kircher, il M. descrisse, per esempio, un’eclissi di Luna osservata a Panama nel 1650 e il passaggio di una cometa osservato in Cile il 15 dic. 1652.
Durante la grande ribellione degli Araucani del 1655 il M. si offrì come mediatore per il raggiungimento di un accordo di pace tra le autorità spagnole e i capi indigeni, ottenendo il rilascio degli spagnoli fatti prigionieri. In seguito, probabilmente nel 1661, chiese e ottenne di essere inviato nell’arcipelago di Chiloé, nell’oceano Pacifico, a poca distanza dalla costa meridionale del Cile. Quando la residenza dei gesuiti a Castro, la principale città dell’isola di Chiloé, fu elevata a collegio, il M. ne divenne il primo rettore. Lì il 7 febbr. 1662 pronunciò la sua professione solenne (ultimi voti). Partendo da quel collegio intraprese una serie di missioni itineranti che toccarono molte isole dell’arcipelago, predicando, amministrando i sacramenti, pacificando le discordie e continuando nel contempo le sue osservazioni di geografia fisica, meteorologia e astronomia. Incontrò diverse popolazioni: i Guaitecas, verso lo stretto di Magellano, i Chonos, i Caucau. In quegli anni il governatore delle isole, Juan Berdugo, decise di lanciare offensive militari contro i Puelches e i Poyas, stanziati sul versante orientale delle Ande e ritenuti complici della rivolta degli Araucani. Molti indios fatti prigionieri furono deportati a Chiloé e il M. se ne occupò: imparò la loro lingua, li catechizzò e ottenne infine la liberazione di alcuni di loro a partire dal 1665.
Tra gli Spagnoli e tra gli stessi indigeni era viva la leggenda della città dei Cesari, favoloso insediamento che si voleva fondato da naufraghi spagnoli approdati nelle estreme propaggini meridionali del continente americano nel corso di un fallito viaggio diretto alle Molucche. Nel 1669 il M. decise di mettersi in viaggio per cercare di raggiungere la mitica città, accompagnato da alcuni indios puelches. Iniziata la discesa sul versante orientale delle Ande, nel febbraio 1670 il M. giunse sulle sponde del lago Nahuel Huapi (nell’attuale Argentina), dove fondò una missione destinata ad avere una grandissima importanza nella storia dell’evangelizzazione della Patagonia. Era l’inizio di una serie di spedizioni che avrebbe portato il M. a vivere per quattro anni ininterrotti nei territori dei Poyas senza avere diretti contatti con altri europei, costretto ad affrontare dure prove di resistenza fisica per le asperità del clima, le condizioni di viaggio e una scarsa alimentazione. Il M. organizzò quattro spedizioni alla ricerca della città dei Cesari, nel corso delle quali esplorò terre sconosciute agli Europei.
Il M. può essere sicuramente ascritto al modello del missionario-esploratore-scienziato che faceva degli interessi scientifici una realtà idealmente non disgiunta dall’attività di apostolato. Nelle classi del Collegio romano aveva potuto acquisire una solida preparazione nelle discipline matematiche (che comprendevano la geometria e l’astronomia) e nella filosofia naturale, impadronendosi così degli strumenti teorici per le osservazioni di carattere geografico e astronomico che avrebbe compiuto nell’emisfero australe. Il M. osservò e descrisse l’emisfero celeste meridionale, alcune eclissi lunari, alcune comete, la caduta di meteoriti, le maree, le correnti marine, le variazioni climatiche nel passaggio da una zona all’altra (con le conseguenti variazioni nella flora e nella fauna), l’altezza delle Ande e la conformazione dei vulcani. Nelle sue analisi si servì di libri scientifici e di strumenti – globi, sfere, orologi, visori –, molti dei quali andarono perduti durante la rivolta araucana del 1655.
I suoi metodi di cristianizzazione, che ricordavano i battesimi di massa della prima evangelizzazione americana, non preceduti da adeguata catechesi e non seguiti da una sufficiente cura pastorale, non mancarono di suscitare perplessità nei confratelli e nei superiori della provincia. Il M. si difese, sostenendo che gli indigeni con i quali aveva a che fare, rispetto a quelli altrove dediti all’ubriachezza e all’idolatria, si dimostravano umili, senza idoli e propensi a seguire i dettami della fede cattolica.
Nell’ultima delle quattro spedizioni, compiuta tra il 1673 e il 1674, il M. fu accompagnato da alcuni indigeni poyas, tra i quali un capo indigeno, di nome Manqueunai, suo fratello e un indio di Chiloé. All’altezza del 47° parallelo sud la spedizione si imbatté in un gruppo di bellicosi tehuelches, che non si fecero convincere dai collaboratori indigeni circa le pacifiche intenzioni del M. e circa la bontà della dottrina da questo predicata.
Ucciso Manqueunai, gli indios catturarono il M. e lo uccisero a colpi di lancia e di pietre il 15 febbr. 1674.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivum Romanum Societatis Iesu, Chile, 5, cc. 178-179: Diego de Rosales, Relación de lo singular del martyrio del santo p. N. M. y de lo admirable de sus virtudes, y milagros, 1676; per la corrispondenza del M. con Athanasius Kircher: Roma, Arch. della Pontificia Università Gregoriana, Kircher, Miscellanea Epistolarum, VIII (cc. 70 s.); X (cc. 89 s.); XI (cc. 185 s.); XII (cc. 217-220); XIII (c. 110); M.L. Amunátegui Aldunate, La cuestión de límites entre Chile i la República Argentina, III, Santiago de Chile 1881, pp. 75 s. e passim; F. Enrich, Historia de la Compañía de Jesús en Chile, Barcelona 1891, ad ind.; G. Furlong, Entre los Tehuelches de la Patagonia según noticias de los misioneros e historiadores jesuitas Diego Rosales, Miguel de Olivares, Nicolás M., Juan José Guillelmo, Felipe Van der Meeren, Buenos Aires 1943, ad ind.; Vida apostólica y glorioso martyrio de el venerable p. N. M., a cura di G. Furlong, in Anales del Museo de la Patagonia, I (1945), pp. 195-235; T. Terges, El p. Nicolás M., evangelizador de Araucanía, in En viaje, aprile 1946, pp. 39-43; G. Rosso, N. M. missionario gesuita esploratore del Cile e della Patagonia (1624-1674), in Archivum historicum Societatis Iesu, XIX (1950), 37-38, pp. 3-74; G. Furlong, Nicolás M. S.I. y su carta-relación (1670), Buenos Aires 1963; H. Storni, Jesuitas italianos en el Río de la Plata, in Archivum historicum Societatis Iesu, XLVIII (1979), p. 53; Id., N. M., S.I., 1624-1674, in Quaderni franzoniani, V (1992), pp. 87-91.