MIRETTO, Niccolò
, Niccolò Nacque intorno al 1375 a Padova (Lazzarini, p. 119) da Antonio «de contrata Prati vallis» (ibid., p. 226). Scarse sono le notizie biografiche che lo riguardano e che lo documentano tra il 1423, anno in cui è già qualificato come «magistro» (ibid., p. 225), e il 1450, quando dichiara di avere settantacinque anni.
La personalità artistica del M., noto principalmente per l’intervento pittorico in palazzo della Ragione a Padova, è stata oggetto di un fraintendimento generato nei contributi storiografici più antichi. Vasari (1568) lo cita come «Niccolò Moretto», e lo dice attivo nella provincia veneta per molti anni alle dipendenze di Gentile e Giovanni Bellini; ciò che, per forza di cose, deve essere confutato, in quanto il M. nacque ben prima dei due fratelli. Era stato però Michiel nella prima metà del Cinquecento, seguito poi da Lanzi, a generare la confusione criticamente più significativa, identificando l’autore degli affreschi della Ragione in un Giovanni Miretto, di fatto non documentato e forse mai esistito.
Al 19 apr. 1423 risale un mandato di pagamento riferito al M. per dipingere un’«arma» sulla veste che si andava confezionando in omaggio al neoeletto doge Francesco Foscari (Lazzarini, p. 225). Nell’agosto del 1427, nonostante la giovane età, faceva testamento: nell’atto il M. è definito «honorabilis magister» e «pictor», il padre Antonio «de Miretis» risulta già morto e si fa menzione di una sorella Elena, monaca nel convento padovano di S. Benedetto (ibid., p. 226). Nel 1434 è attestata una collaborazione con un certo maestro Giacomo, con il quale su istanza di tal prete Villano il M. realizzò un’ancona, non meglio identificata, per la cattedrale.
Il documento del 1434 si riferisce all’arbitrato chiesto dai pittori circa il pagamento dell’opera, stimata da Filippo Lippi e Francesco Squarcione (Zanocco, p. 108). Si è supposto che il Giacomo presente nell’atto fosse un fratello del M. (Diz. encicl. Bolaffi …), ma nulla consente di affermarlo con certezza. Il cognome «Mireto» o «de Miretis» sembra riferirsi esclusivamente a Niccolò: nei luoghi in cui è citato il solo maestro Giacomo, questi figura infatti senza alcun altro appellativo.
Al 1° giugno 1442 si datano l’iscrizione del M. alla fraglia cittadina dei pittori e la relativa sua esenzione, documentata nel Liber II instrumentorum Petri Malgarisii (Lazzarini, p. 226), dall’obbligo di accettare offici della fraglia stessa, rimanendo così costretto a dover pagare il solo contributo comune agli altri soci (ibid., p. 119).
Il più importante intervento pittorico ascrivibile al M. è, come si è detto, la decorazione di alcuni degli scompartimenti del salone del palazzo della Ragione a Padova.
L’edificio padovano fu eretto intorno al 1218 e costituì la sede del tribunale cittadino fino al 1797; importanti interventi architettonici furono eseguiti tra il 1306 e il 1308 da Giovanni degli Eremitani, il quale decise di applicare al piano superiore l’idea di un salone ad aula unica con un sistema di copertura a botte. Si narra che ad affrescare il salone nella sua complessità fu Giotto, ma un incendio divampato all’interno dell’aula nel febbraio del 1420 ha cancellato ogni prova di questo intervento; il M., affiancato da un pittore ferrarese di nome Stefano da Ferrara, avrebbe quindi avuto l'incarico di ricostituire parte del complesso e ricco ciclo di affreschi padovano dopo il 1420 (Grandi, p. 228); l’opera di recupero della decorazione del salone dovrebbe collocarsi, quindi, fra il 1425, anno in cui furono conclusi gli interventi di natura architettonica, e il 1440 circa, quando le fonti dichiarano terminati i lavori di restauro nel palazzo. La decorazione conta, nel totale, qualcosa come cento figure umane, ed è divisa in due grandi aree: la zona superiore è costituita da più di trecento scomparti in cui fu eseguito un ciclo che illustra gli influssi dei pianeti sull’uomo, la cui iconografia si ispira alle opere del filosofo e medico Pietro da Abano; nella zona inferiore sono le raffigurazioni delle Virtù, dei santi protettori della città e alcuni affreschi votivi. Stando alle considerazioni di Ragghianti, il M. intervenne in alcuni parti della zona superiore, realizzando le personificazioni del mese di Gennaio e quelle dei mesi che vanno da Maggio a Dicembre; la volontà di recuperare stilisticamente le matrici giottesche trovò però una difficile applicazione nei restauri del salone, poiché i richiami alla cultura pittorica padovana del tempo, dominata dall’estetica dei maestri Giusto e Guariento, Altichiero e Jacopo da Verona, condussero il M. ad approdare a uno stile piuttosto retorico e monotono, senza scorci di innovazione (Grandi, p. 232); la parte di affreschi che si inserisce tra S. Giovanni Evangelista e l’Incoronazione della Vergine sarebbe invece da ascrivere al pittore Stefano da Ferrara che, come detto, lavorò a fianco del M. alla ricostituzione di questo grande ciclo pittorico (Ragghianti).
Le ultime notizie che riguardano il M. risalgono al 14 dic. 1450, quando fu presentata una polizza d’estimo dei suoi beni immobili da cui risulta una certa agiatezza e un’età avanzata del M., che si dichiara quasi cieco e di «ani seta[nta]cinque» (Lazzarini, pp. 227 s.).
Fonti e Bibl.: M. Michiel, Notizia d’opere del disegno (prima metà sec. XVI), a cura di G. Frizzoni, Bologna 1884, p. 28; G. Vasari, Le vite … (1568), a cura di G. Milanesi, III, Firenze 1906, p. 639 s.; L. Lanzi, Storia pittorica dell’Italia, III, Milano 1825, p. 56; G. Moschini, Della origine e delle vicende della pittura in Padova, Padova 1836, pp. 19 (Giovanni Miretto), 65; W. Burges, La Ragione de Padoue, in Annales archéologiques, XVII (1860), p. 331; XXVI (1869), pp. 189, 250; Documenti relativi alla pittura padovana del secolo XV, a cura di V. Lazzarini, Venezia 1908, pp. 119 s., 225-228; P. D’Ancona, L’uomo e le sue opere, Firenze 1923, p. 82; R. van Marle, The development of the Italian Schools of Painting, VII, The Hague 1926, pp. 398 s., figg. 265 s.; R. Zanocco, Un nuovo documento su fra Filippo Lippi a Padova, in Rivista d’arte, XVIII (1936), pp. 107-109; L. Coletti, Pittura veneta del ’400, Novara 1953, pp. 16, 88; C.L. Ragghianti, Stefano da Ferrara, Firenze 1973, ad indicem; R. Grandi, La pittura tardogotica in Emilia, in La pittura in Italia. Il Quattrocento, Milano 1987, I, pp. 228, 232; L. Montobbio, Splendore e utopia nella Padova dei Carraresi, Venezia 1989, pp. 292 s.; M.B. Rigobello - F. Autizi, Palazzo della Ragione a Padova. Vita e arte sotto la volta del cielo, Piazzola sul Brenta 1998, ad indicem; C. Bellinati, Il calendario liturgico negli affreschi del palazzo della Ragione, in Padova e il suo territorio, XXI (2006), pp. 12-14; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 588; Diz. encicl. Bolaffi, VII, Torino 1975, p. 408.