NASONI, Niccolò
– Nacque a San Giovanni Valdarno il 2 giugno 1691 da Giuseppe di Francesco e da Margherita Rosi, primo di nove figli; fu battezzato nella chiesa parrocchiale di S. Giovanni Battista: il padrino fu Mario Davanzati, già vicario della città, che si fece rappresentare nell’occasione da Giovanni Lorenzo Fanetti (Fiesole, Arch. vescovile, Libro di battezzati della pieve di S. Giovanni Battista in San Giovanni Valdarno, 1687-1722, c. 29; Smith, 1963, p. 6).
Responsabile della formazione fu certamente Vincenzo Ferrati, specialista in quadrature e in apparati effimeri, anch’egli originario di San Giovanni Valdarno ma di stanza a Siena: Nasoni si dichiarò esplicitamente suo «discepolo» nella richiesta per l’ammissione all’Accademia dei Rozzi nel 1713 e come tale è costantemente ricordato nei documenti senesi. La prima attestazione in questa città risale al 22 luglio 1710: è infatti presente in qualità di testimone all’autentica dell’atto, rogato proprio a Siena, con il quale Ferrati delegava un cugino a rappresentarlo nella presa di possesso della carica di elemosiniere della Compagnia della Ss. Annunziata di San Giovanni Valdarno (Andreini, in N. N., 1991, pp. 22, 45).
Nonostante sia assai plausibile che abbia collaborato alla realizzazione del catafalco per le esequie nel duomo di Siena del governatore Francesco Maria de’ Medici, commissionato nel 1711 a Ferrati, le prime tracce della sua attività si collocano dopo la morte del maestro, avvenuta in quel medesimo anno.
È il caso di un’acquaforte con L’albero della cuccagna (nota in un unico esemplare: Siena, Biblioteca comunale, Ex Museo civico, III.43) stampata in occasione dei festeggiamenti organizzati dalla contrada della Chiocciola per la vittoria del Palio del 3 luglio 1712, corso per la promozione al cardinalato di Giovan Battista Tolomei: nella dedica ai Protettori della contrada Nasoni dichiara di averne realizzato il disegno. Il primo lavoro documentato, in quello stesso anno, è l’ampliamento della decorazione prospettica di una porta della chiesa dello Spedale di S. Maria della Scala, per il quale ricevette un pagamento il 16 dicembre (Romagnoli, ante 1835, XII, pp. 48/1-48/2; Andreini, in N. N., 1991, pp. 24, 43). A Nasoni spetterebbe anche la pittura della mostra dell’orologio sulla facciata dell’ospedale (Pecci, 1759).
Il 19 marzo 1713 venne accolto, con il nome di Piangoleggio, nell’Accademia dei Rozzi della quale – assieme ai principali artisti senesi dell’epoca – aveva fatto parte anche Ferrati. Nasoni, come scriveva nella supplica di ingresso (Siena, Arch. dell’Accademia dei Rozzi, Soci, Ammissioni e dimissioni di accademici. Buste di domande di ammissione, dimissioni, accettazioni e rescritti 1, 1691-1769, n. 9), aveva già più volte collaborato con l’accademia in qualità di pittore e scenografo, in un fecondo rapporto che produsse anche in seguito i suoi esiti.
Seguendo le orme del maestro, divenne il principale artista attivo a Siena nella progettazione di apparati effimeri e decorativi. Nel 1714 realizzò insieme a Giovanni Antonio Mazzuoli e ad Antonio Nasini, rispettivamente responsabili delle sculture e dei dipinti, il catafalco per il gran principe Ferdinando de’ Medici, commissionatogli dall’Opera della Metropolitana in occasione delle esequie, celebrate a Siena il 30 gennaio; il lavoro venne saldato il 15 maggio (Romagnoli, ante 1835, XII, p. 45; Andreini, in N. N.,1991, pp. 29, 43 s.). Si ha inoltre notizia di alcuni pagamenti non più rintracciabili (un acconto dello stesso anno e un saldo in quello successivo) a Giuseppe Nicola Nasini per la decorazione, danneggiata nel terremoto del 1798, di una sala del palazzo Cennini (poi Vivarelli) a Siena: lavorarono con il pittore, quasi certamente responsabile della realizzazione delle figure, lo stesso Nasoni e Antonio Vannetti, probabili esecutori delle quadrature, secondo un iter consolidato di divisione del lavoro in base alle diverse specializzazioni che aveva visto già nel 1699 la collaborazione tra Nasini e Ferrati per le volte della chiesa di S. Maria delle Grazie a San Giovanni Valdarno (Romagnoli, ante 1835, XI; XII, p. 45; Andreini, in N. N., 1991, pp. 20 s.).
All’inizio del 1715, in occasione delle commedie del Carnevale, Nasoni eseguì alcuni lavori nel Teatrino dell’Accademia dei Rozzi, pagati il 14 aprile (Jacona, 2007, p. 255). Nel corso del medesimo anno progettò e realizzò anche gli apparati festivi organizzati dall’Accademia per l’ingresso solenne del nuovo arcivescovo di Siena Alessandro Chigi Zondadari (11 agosto), che si estendevano lungo il tratto dalla piazza della Postierla a quella del Duomo (Romagnoli, ante 1835, XII, p. 46). Dell’arco trionfale a chiusura del percorso resta memoria in un sommario e parziale disegno dell’architetto Giovanni Franchini, figlio del più noto Giacomo (Siena, Biblioteca comunale, S.III.6, c. 7r).
Il 25 gennaio 1716 fu approvata la sua impresa accademica (Siena, Arch. dell’Accademia dei Rozzi, Soci, Documenti relativi agli accademici, Imprese di diversi accademici ammessi coll’approvazione degli accademici Segreti, 1715-1722, c. 8). Poco prima della Pasqua di quello stesso anno lasciò la casa in Pian del Carmine nella quale risultava abitare ancora il 4 aprile (Siena, Arch. arcivescovile, Stati d’anime, 2790, Parrocchia dei Ss. Quirico e Giulitta, Libro di comunioni e cresimati, 1699-1723, cc. 27r, 31r; Romagnoli, ante 1835, p. 46; Andreini, in N. N., 1991, p. 27). Fu assai probabilmente assente fino all’anno successivo: il primo maggio 1717 infatti «per il ritorno in Siena» venne incaricato di ridipingere il Teatrino dell’Accademia dei Rozzi in previsione dello spettacolo che avrebbe dovuto tenervisi al cospetto della nuova governatrice Violante di Baviera (Siena, Arch. dell’Accademia dei Rozzi, Deliberazioni del corpo accademico, 1, 1691-1722, cc. 119v-230r)
La sua presenza a Siena non è più attestata fino al 1722 e in questo arco temporale si colloca, secondo la testimonianza del pittore Giuseppe Zanardi, il soggiorno bolognese dell’artista, ricordato anche da Marcello Oretti: intorno al 1718 e per la durata di circa tre anni Zanardi, entrato alla scuola pittorica di Stefano Orlandi, avrebbe avuto come condiscepoli Antonio Donnini e lo stesso Nasoni che si applicavano in particolare alla pittura a tempera di prospettive (Raggi, 2001A, p. 35). Gli anni di Bologna, meta obbligata per il perfezionamento in quell’arte, servirono senza dubbio a Nasoni a meditare sulla tradizione quadraturistica e scenografica emiliana, permettendogli di approfondire le conoscenza tecniche e di impadronirsi del repertorio di motivi architettonici e decorativi che metterà a frutto nelle sue esperienze successive.
Aveva nel frattempo mantenuto i legami con Siena, fornendo i disegni per i carri allegorici di Minerva e di Marte (Siena, Biblioteca comunale, Mss., A.III.3, c. 84r) che sfilarono durante la pallonata organizzata l’11 giugno 1720 dai Rozzi come momento conclusivo dei festeggiamenti per la nomina di Marcantonio Chigi Zondadari, fratello di Alessandro, a Gran maestro dell’Ordine di S. Giovanni di Gerusalemme a Malta (Romagnoli, ante 1835, XII, pp. 48-48/1; Andreini, in N. N., 1991, pp. 27 s.; Casciu, ibid., pp. 34 s.).
Il primo contatto per il trasferimento a Malta si sarebbe verificato a Bologna: intorno al 1721 infatti grazie all’interessamento di un non meglio identificato cavaliere Pieri (ma forse il senese Girolamo Pieri), incaricato di trovare un pittore per la decorazione della chiesa di S. Giovanni Battista a La Valletta, Nasoni, con il consenso di Orlandi, avrebbe ricevuto la commissione e firmato il contratto, partendo di lì a poco alla volta dell’isola (Raggi, 2001B, p. 51).
Non è da escludere che nell’attribuzione di questo incarico avesse avuto una qualche responsabilità il Gran maestro Chigi Zondadari, il cui ruolo nella svolta della carriera dell’artista è unanimemente sottolineato e di cui sono noti gli interessi artistici e architettonici e il mecenatismo. Il fatto che Nasoni si fosse distinto nella progettazione degli apparati dedicati al fratello arcivescovo e avesse preso parte anche alla realizzazione di quelli in suo stesso onore, oltre a evidenziare un legame con l’influente famiglia senese potrebbe aver costituito una favorevole circostanza per la sua chiamata a Malta (Raggi, 2001B, p. 53).
Il 1722 è l’anno dell’ultimo lavoro attestato a Siena, il catafalco per le esequie in duomo, celebrate il 16 febbraio, della principessa Marguerite-Louise d’Orléans: ancora una commissione dell’Opera della Metropolitana per la quale si conserva la ricevuta di pagamento sottoscritta di suo pugno e recante la data del 23 febbraio (Andreini, in N. N., 1991, pp. 29, 44). Si collocherebbe in questa fase il passaggio romano dell’artista, cui accenna un documento dell’archivio capitolare di Oporto (Smith, 1966, pp. 29 s.); l’ipotesi è stata però messa in dubbio poiché avanzata sulla base di un riferimento ritenuto impreciso (Raggi, 2001A, pp. 35, 41). Resta incerta la data esatta dell’arrivo a Malta: si ritiene probabile che vi si trovasse già il 19 giugno 1722, all’epoca dei festeggiamenti per l’entrata a La Valletta del nuovo Gran maestro, il portoghese António Manuel de Vilhena, succeduto a Chigi Zondadari, morto improvvisamente alcuni giorni prima (Raggi, 2001B, p. 53).
Nasoni sarebbe stato chiamato nell’isola per la sua apprezzata fama di quadraturista: la responsabilità nella decorazione pittorica della chiesa di S. Giovanni Battista, riconosciutagli da Smith (1966, p. 35; Raggi, 2001A, pp. 33, 36), è infatti confermata dalle fonti bolognesi. In ogni caso fu attivo a Malta tra il 1723 e il 1725 come testimoniano le date inscritte nei soffitti del palazzo dei Gran maestri a La Valletta.
Qui decorò, oltre alla cappella dell’appartamento d’inverno, gran parte di tre gallerie, assai danneggiate durante la seconda guerra mondiale; sue probabilmente anche le pitture della sala del Consiglio. Gli sono variamente attribuiti inoltre il soffitto del salone del palazzo della Cancelleria dell’Ordine gerosolimitano e, nei dintorni di La Valletta, lepitture dei palazzi diVerdala e di S. Antonio(Smith, 1966, pp. 30 s., 36-38). Le opere maltesi, nonostante le pesanti ridipinture ne rendano spesso difficile la lettura, si configurano come le prime di ampio respiro di Nasoni, preludio alle realizzazioni portoghesi.
I diverbi insorti con l’Inquisizione in seguito al mancato pagamento di alcuni lavori gli costarono la carcerazione, secondo quanto si evince da iscrizioni autografe sui pannelli che ornavano i corridoi del palazzo dei Gran Maestri, in una delle quali compare anche la data 6 luglio 1725 (Andreini, in N. N., 1991, pp. 31 s.). Questa fu probabilmente la causa della partenza dell’artista che nello stesso anno, grazie alla mediazione di Roque de Távora e Noronha Leme Cernache, cavaliere dell’Ordine gerosolimitano, lasciò Malta per il Portogallo chiamato a Oporto dal fratello di quest’ultimo, Jerónimo, decano della cattedrale, per eseguire decorazioni pittoriche nell’edificio. Un’iscrizione autografa del 1731, visibile nella cappella maggiore attesta infatti l’inizio dei lavori nel novembre 1725 e la responsabilità del decano – con la cui famiglia mantenne stretti e costanti legami – nella loro attribuzione (Smith, 1966, p. 12).
Di queste pitture e di quelle nella sacrestia sussistono poche ma significative tracce in grado comunque di testimoniare, in virtù del naturalismo che le caratterizza, della particolare asimmetria degli ornati, delle invenzioni architettoniche e illusionistiche, l’originale apporto di Nasoni all’arte barocca portoghese e il suo ruolo nell’introduzione di un gusto moderno che avrebbe perto la strada al rococò. Un linguaggio innovatore che ebbe notevole impatto nel nord del Portogallo con una significativa diffusione durante tutto il secolo.
Il 31 luglio 1729 sposò a Oporto Isabella Castriotto Ricciardi, di origine italiana (testimoni furono Jerónimo de Távora e l’artista Miguel Francisco da Silva anch’egli operante nel cantiere della cattedrale), che morì l’anno successivo lasciandogli un figlio, José; nell’atto di battesimo – i padrini, come avvenne anche per i figli nati successivamente, furono esponenti della famiglia de Távora – è indicato in qualità di «pittore» della cappella maggiore della cattedrale; alcuni atti notarili successivi (1732 e 1733) lo dichiarano «maestro pittore» dei lavori. Il 3 settembre 1730 sposò Antónia Mascarenhas Malafaia dalla quale ebbe altri cinque figli, Margarida, António, Jerónimo, Francisco, Ana, nati dal 1731 al 1737; nello stesso periodo si trasferì da una casa in rua Chã in un’altra vicina alla cappella di Nossa Senhora de Vandoma (Smith, 1966, pp. 13 s., 41). La sua attività per la cattedrale si svolse fino al 1737 quando fu pagato per alcune pitture realizzate nella loggia (Marinho Ferreira Alves - Ferreira Alves, 1991, p. 16). Nelle opere documentate Nasoni, firmandosi spesso, si designa talora come fiorentino, talora come senese.
Dal 1736 al 1738 dipinse le volte delle navate della cattedrale di Lamego, con Storie dell’Antico Testamento entro finte prospettive di grande ricchezza decorativa.
Nel 1739 eseguì il vasto ciclo di pitture, perdute tra il 1949 e il 1951, nella chiesa di S. Eulália a Cumieira, di cui sussistono solo alcune tracce e una scarna documentazione fotografica, e, nel 1750, quelle per la primitiva chiesa del Terzo Ordine francescano di Oporto, non più esistenti.
Chiamato a Oporto per le sue doti di pittore di prospettiva, si applicò in seguito prevalentemente all’architettura, collaborando anche in più occasioni con Miguel Francisco da Silva e con António Pereira, gli architetti di Lisbona già attivi nei lavori di trasformazione della cattedrale, e imponendosi progressivamente come uno dei protagonisti della scena portoghese del Settecento. Mise così in pratica le capacità progettuali ampiamente sperimentate nell’ideazione e nella realizzazione di architetture effimere. La città vedeva un fervore costruttivo dovuto all’ansia di rinnovamento e alla politica di grandi trasformazioni portata avanti durante il lungo periodo di sede vacante dell’episcopato (1717-41) che favorirono l’apporto di svariate competenze artistiche e la sperimentazione di nuovi linguaggi. Tra le maggiori opere documentate: la costruzione del complesso comprendente la chiesa, l’infermeria e il campanile della Confraternita dei Clérigos a Oporto – nella quale Nasoni fu fra l’altro ammesso nel 1743 (Smith, 1966, p. 15) – decisa nel 1731, non senza l’influenza di Jerónimo de Távora. I lavori della chiesa, iniziati l’anno dopo, si protrassero fino al 1748, mentre gli edifici annessi furono costruiti in seguito: dal 1753 al 1759 l’infermeria, fra il 1757 e il 1763 il campanile.
Nel corso della sua carriera di architetto sono documentati numerosi altri interventi: fornì un progetto per l’arcivescovado di Oporto (1734) poi riedificato; eseguì alcuni lavori nella Quinta dos Bispos a Santa Cruz do Bispo (1737); realizzò la fontana della Confraternita di Nossa Senhora dos Remédios a Lamego (1738); ebbe un ruolo nella progettazione del palazzo e dei giardini della tenuta di Freixo, realizzati tra il 1742 circa e il 1754 (sono attestati suoi interventi nel 1744 e nel 1750) e commissionati dal proprietario, Jerónimo de Távora; progettò la chiesa del Senhor Bom Jesus a Matosinhos (1743-47); lavorò per la casa e i giardini della tenuta di Prelada 1743 ca.-58); progettò la Fonte das Lágrimas che doveva costruirsi nella zona di Carvalhido a Oporto (1745); fornì le piante per la riedificazione della chiesa di S. Marinha a Vila Nova de Gaia (1745) e per la Casa do Despacho del Terzo Ordine francescano a Oporto (1746); progettò la chiesa di Santiago do Bougado a Santo Tirso (1748-54), ancora una volta con l’intervento di de Távora; eseguì la facciata della chiesa della S. Casa da Misericórdia a Oporto (1749-50) e alcuni progetti, non realizzati, per il restauro del carcere della corte d’appello a Oporto (1750-51).
Numerose sono le opere attribuite. Diversi i disegni conosciuti dell’artista o a lui assegnati, perlopiù relativi all’attività giovanile (Siena, Biblioteca comunale). Notevole anche l’attività rivolta alle arti applicate, soprattutto in qualità di disegnatore per opere di intaglio ligneo dorato – tecnica che godeva di particolare fortuna in Portogallo – ma anche di oreficeria, suppellettili, lavori in bronzo, e estesa alla progettazione di giardini (Smith, 1966).
Morì a Oporto il 30 agosto 1773.
Alla morte, già vedovo, abitava alla «viella do Mendes, Rua do Paraizo», nella parrocchia di S. Ildefonso, con la figlia Margarida, nubile, nominata esecutrice testamentaria. Nel testamento chiese di essere sepolto nella chiesa dei Clérigos (Viterbo, 1904, p. 193).
Fonti e Bibl.: G.A. Pecci, Ristretto delle cose più notabili della città di Siena..., Siena 1759, p. 39; Bologna, Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, ms. B 132: M. Oretti, Notizie de’ professori del disegno, cioè pittori, scultori e architetti bolognesi e de forestieri di sua scuola [s.d. ma 1760-80 circa], X, c. 199; Ibid., ms. B 95: [G. Zanardi], Vita del Sig. Giovanni Bernardo Melchiorre Zanardi figlio di Antonio Zanardi Bolognese oriundo di Parma 1767... [post 1767-ante 1783], in Vite di pittori scritte da loro medesimi, c. 56; G. Faluschi, Breve relazione delle cose notabili della città di Siena, ampliata e corretta..., Siena 1815, p. 139; E. Romagnoli, Biografia cronologica de’ bellartisti senesi… [ante 1835], Firenze 1976, XI, p. 396; ibid., XII, pp. 45-48/2; C. Brandi, in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXV, Leipzig 1931, p. 350; F.M. de Sousa Viterbo, Diccionario historico e documental dos architectos, engenheiros e construtores portugueses ou a serviço de Portugal, II, Lisboa 1904, pp. 189-193; C. de Passos, Nicolau N. e Luís Chiari: artistas italianos que trabalharam em Portugal no século XVIII, in Brotéria, XIII (1931), 9, pp. 174-181; A. de Magalhães Basto, A Sé do Porto. Documentos inéditos relativos à sua igreja, in Boletim cultural, III (1940), 2, pp. 216-270; E. Lavagnino, Un architetto italiano in Portogallo. N. N., in Palladio, V (1941), pp. 63-73; A. de Magalhães Basto, N. e a igreja dos Clérigos, in Boletim cultural, XIII (1950), 3-4, pp. 240-320; R.C. Smith, A data do nascimento de Nicolau N., ibid., XXVI (1963), 1-2, pp. 5-10; D. de Pinho Brandão, Trabalhos de N. ainda desconhecidos, ibid., XXVII (1964), 1-2, pp. 118-155; R.C. Smith, Nicolau N. arquitecto do Porto, Lisboa 1966 (con bibl. precedente); Conde de Campo Belo, O Mecenas de N., in Boletim cultural, XXXV (1972), 1-2, pp. 105-111; B. Xavier Coutinho, Nicolau N., arquitecto da igreja dos Clérigos, pintor em Siena, La Valetta e Porto, in Memórias da Academia das ciências de Lisboa. Classe de letras, XV (1972), pp. 7-48; F. Gonçalves, Notas sobre descendentes de Nicolau N., in Boletim da Biblioteca pública municipal de Matosinhos, XX (1973), pp. 237-264; A. Rodríguez de Ceballos, La Torre Nueva, de G.B. Contini, en Zaragoza, y la Torre de São Pedro dos Clérigos, de N.N., en Oporto, in Bracara Augusta, XXVII (1973), 63-64 [Actas do Congresso «A arte em Portugal no séc. XVIII» de homenagen a André Soares, 1-2. Belas artes], pp. 39-50; R.C. Smith, Nicolau N.(1691-1773), ibidem, pp. 514-521; Id., Nicolau N. 1691-1773, Lisboa 1973; D. de Pinho Brandão, Nicolau N. e a reconstrução da catedral de Lamego, in Beira Alta, XXXVI (1977), 1, pp. 171-200; L. Samoggia, Nicola N. Nuovi contributi sulla sua formazione artistica alla scuola di Stefano Orlandi in Bologna, in Belas artes, s. 3, VII (1985), pp. 45-50; D. de Pinho Brandão - M.J. Moreira da Rocha - O.M. da Cunha Loureiro, Nicolau N.: vida e obra de um grande artista. Breve resumo, Porto 1987; N. N. (1691-1773). Un artista italiano a Oporto. III Centenario della nascita / N. N. (1691-1773). Um artista italiano no Porto. III Centenario do nascimento (catal., San Giovanni Valdarno-Oporto), a cura di S. Andreini - S. Casciu - G. Piras, Firenze 1991; N. Marinho Ferreira Alves - J.J.B. Ferreira Alves, N. N. (1691-1773). Un artista italiano a Oporto, Firenze 1991; E. Pellegrini, N. N.: «Pittore, incisore e architetto», tra i Rozzi dettoIl Piangoleggio, in Accademia dei Rozzi, VI (1999), 10, pp. 1-5; G. Raggi, A formação bolonhesa de N. N.: algumas antecipações, in Monumentos, XIV (2001A), 3, pp. 33-41; Id., La geografia artistica di N. N., architetto-quadraturista girovago, in Commentari d’arte, VII (2001B), 18-19, pp. 49-56; M. Buhagiar, Essays on the Knights and Art and Architecture in Malta 1500-1798, Santa Venera 2009, pp. 181-187; E. Jacona, Il teatro di corte a Siena. Il Saloncino, cultura e istituzioni (1631-1827), Siena 2007, p. 255; G. Raggi, Le fonti bolognesi della quadratura luso-brasiliana: la formazione di N. N. e di Vincenzo Bacherelli, in Arte a Bologna, VI (2007), pp. 46-55; S. Colucci, Vanitas e apoteosi. Per uncorpus degli apparati effimeri funerari a Siena, Siena 2009, pp. XI, 168 e passim.