PANCIATICHI, Niccolo
PANCIATICHI, Niccolò. – Nacque a Firenze il 28 settembre 1679, da Iacopo di Niccolò e da Lucrezia del conte Guido della Gherardesca.
Frequentò la rinomata scuola del sacerdote Francesco Maria Buonfrizieri, dove conobbe ed ebbe per maestro Antonio Maria Biscioni. Fu nominato gentiluomo di Camera nel 1701 da Cosimo III dei Medici che nel maggio 1707 lo inviò in qualità di ambasciatore straordinario in Francia per complimentarsi della nascita del duca di Bretagna, pronipote di re Luigi XIV. Dietro questi incarichi ci fu l’intervento del cardinale Bandino Panciatichi, del quale Niccolò era cugino e nipote adottivo.
Ne sono prova le numerose lettere che inviò al cardinale nel corso della missione: conservate nell’archivio familiare, esse fanno da gustoso contrappunto alla corrispondenza diplomatica ufficiale, conservata nel fondo mediceo dell’Archivio di Stato di Firenze.
La morte dell’ambasciatore ordinario, Averardo Salviati (7 luglio), complicò la missione a Parigi del giovane e inesperto Niccolò, investendolo di una sorta di reggenza ad interim. Verso la fine di ottobre, ultimato il compito affidatogli, lasciò la Francia, prolungando però il viaggio di ritorno in un tour già in precedenza programmato, che interessò le Fiandre, l’Olanda e la Germania.
Anche se priva di un reale significato politico, questa missione poteva essere l’inizio di una brillante carriera diplomatica; restò invece un episodio isolato per Niccolò, che non rivestì in seguito altri incarichi pubblici. Del resto i suoi interessi erano rivolti piuttosto all’arte, al collezionismo e agli studi eruditi. A questi dedicò primariamente le sue energie nel corso della vita, come si evince dal carteggio con il cardinale Bandino, che fin dall’infanzia aveva guidato la sua educazione.
Pur appartenente al ramo principale della potente famiglia pistoiese, trapiantatosi definitivamente a Firenze dal XVI secolo, la situazione finanziaria di Niccolò per molto tempo non fu florida, avendo il patrimonio paterno subito le conseguenza di una lunga gestione tutoria; le sue prospettive economiche mutarono completamente nel 1710, allorché il cardinale Bandino lo nominò erede universale del suo ricchissimo patrimonio, che comprendeva, oltre ai beni romani, la residenza fiorentina, situata in via Larga.
Quest’ultima proprietà, consistente in origine in vari immobili contigui, era stata acquistata dai Panciatichi nel 1621, ma fu il cardinale Bandino a fine Seicento ad affidarne il totale rifacimento in forma di un unico monumentale palazzo al romano Francesco Fontana e al fiorentino Antonio Maria Ferri. Facevano parte integrante dell’eredità – stimata complessivamente 229.000 scudi – la quadreria e la grande biblioteca che si trovavano nella residenza romana del cardinale. Se la maggior parte dei dipinti e dei libri fu immediatamente venduta da Niccolò sul mercato romano, i pezzi più preziosi vennero trasportati a Firenze nel palazzo di via Larga e uniti a quelli che già vi si trovavano. Secondo gli inventari, la pinacoteca romana del cardinale, pur essendo di limitate dimensioni, comprendeva opere dei maggiori maestri rinascimentali e contemporanei, da Andrea del Sarto a Giorgione, Tiziano, Caravaggio, Rubens.
L’anno successivo Niccolò venne emancipato dal padre Iacopo, che contestualmente gli fece donazione di tutti i suoi beni. Nell’atto si fa esplicita menzione alla volontà che il figlio «non differisca più le sue nozze» (Archivio di Stato di Firenze, Panciatichi Ximenes d’Aragona, cass. VIII, n. 38), procurando così la desiderata discendenza maschile che egli soltanto avrebbe potuto assicurare, essendo l’unico figlio maschio. Il padre morì il 15 aprile 1713, seguito dopo pochi anni (21 aprile 1718) dall’ottantanovenne cardinale Bandino.
La presa di possesso di queste eredità – soprattutto di quella del cardinale – spianò a Panciatichi la strada per un matrimonio prestigioso: quello celebrato nel 1719 con Caterina di Giovanni Gualberto Guicciardini, esponente e coerede di un ramo della potente famiglia patrizia fiorentina, che portò, oltre all’eredità di famiglia, una ricca dote di 23.000 scudi. Dopo il matrimonio, Niccolò e Caterina stabilirono la loro residenza nel palazzo di via Larga. Dal matrimonio nacquero quattro figli: Bandino (1719-1761), Iacopo (1720-1739), Giovanni Gualberto (1721-1750), Lucrezia (1722-1724). L’unione fu però di non lunga durata, perché il 27 novembre 1722 Caterina morì, probabilmente in conseguenza del recente parto. Niccolò non si risposò, dedicandosi al culto delle lettere e al collezionismo d’arte, che vantava già una robusta tradizione nella sua famiglia, a partire almeno dal nonno Niccolò (1608-1648), console dell’Accademia fiorentina e autore di molte apprezzatissime orazioni e discorsi, e dallo zio Lorenzo (1635-1676), canonico di S. Maria del Fiore, gentiluomo di camera del principe cardinale Leopoldo de’ Medici, letterato e appassionato bibliofilo, amico intimo di Antonio Magliabechi e Lorenzo Magalotti. Anche Niccolò fece parte dell’Accademia Fiorentina, alla quale fu ammesso con tutta probabilità dopo la morte dello zio cardinale, che ne aveva fatto parte.
Grazie alle sue ricchezze costituì, a partire dal selezionato gruppo di dipinti ricevuti dal cardinale Bandino, una galleria considerata fra le più belle e importanti di Firenze.
Le scelte dei migliori esemplari da lui effettuate per le esposizioni d’arte dell’Accademia di S. Luca fanno intravedere una sensibilità di collezionista rivolta in direzione di Roma e soprattutto di Venezia, in linea coi più aggiornati canoni di moda a Firenze, influenzati dalla personalità e dai gusti artistici del Gran principe Ferdinando dei Medici.
Si dedicò inoltre a incrementare la biblioteca, ereditata dallo zio Lorenzo – la cui raccolta di libri e manoscritti era stata definita da Magliabechi di gran lunga la migliore di Firenze dopo quella granducale – e dal cardinale Bandino.
Si avvalse a questo scopo dell’opera di Biscioni, da lui stabilmente impiegato a partire dal 1720 in qualità di bibliotecario, archivista, segretario e storiografo, al quale affidò anche l’educazione dei figli. Della biblioteca facevano parte integrante i manoscritti appartenuti a grandi letterati e uomini di cultura come Benedetto Varchi, Vincenzo Borghini, e soprattutto Baccio Valori; Panciatichi, grazie alla competenza di Biscioni, allestì anche una raccolta di autografi di uomini famosi. Conservata con cura dai discendenti di Niccolò, la biblioteca venne acquistata nel 1859 dal granduca Leopoldo II e confluì nella Palatina. Le collezioni di dipinti e altri oggetti d’arte furono invece vendute all’asta nel 1902, dopo la morte dell’ultimo discendente maschile della famiglia Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona (1813-1897), anch’egli grande esperto d’arte e collezionista, andando incontro così alla totale dispersione.
Niccolò Panciatichi non si limitò al collezionismo, ma protesse e favorì in ogni modo gli studi letterari ed eruditi, ai quali si dedicò egli stesso acquisendo nell’ambiente culturale fiorentino fama di grande erudizione. Nelle sue stringate disposizioni testamentarie del 26 aprile 1730 – nelle quali stabilì che la sua eredità spettasse per via di fedecommesso ai tre figli maschi – Niccolò si preoccupò di dettare prescrizioni per la buona educazione dei figli, provvedendoli di maestri adeguati «senza riguardo ad alcuna spesa» (Archivio di Stato di Firenze, Notarile moderno, 23260, c. 18). Reputava evidentemente questa la maggiore assicurazione per la futura sorte delle sue amate collezioni.
Morì a Firenze il 1° marzo 1740 e fu sepolto nella chiesa di S. Maria Novella.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del principato, 2675; 4697-4699; Notarile moderno, 23260; Ceramelli Papiani, 3570; Sebregondi, 4000; P.,137-144; Panciatichi Ximenes d’Aragona, in part.: 305-309; 300 s.; cass. VIII, fasc. 55-57; cass. IX, fasc. 2; cass. V, fasc. 28 s., 34; cass. V, fasc. 17, 22, cass. IX, fasc. 5, cass. XI, fasc. 16; Ibid., Bibl. nazionale centrale, Manoscritti Panciatichiani; S. Salvini, Fasti consolari dell’Accademia fiorentina, Firenze 1717, pp. 515-517; L. Passerini, Genealogia e storia della famiglia P., Firenze 1856, passim; P. Litta, Famiglie celebri italiane, P. di Pistoia, s.l. 1867; P. Berti, Dono P. al R. Archivio fiorentino, in Archivio storico italiano, IV s., t. XIII, 1884, pp. 455-462; M. Del Piazzo, Gli ambasciatori toscani del principato (1537-1737), Roma 1953, p. 72; Ministero della Pubblica Istruzione, Indici e cataloghi, VII: Catalogo dei manoscritti P. della Biblioteca nazionale centrale di Firenze, I, a cura di S. Morpurgo - P. Papa - B. Maracchi Biagiarelli, Roma 1887-1962; A. Petrucci, Biscioni Antonio Maria, in Dizionario Biografico degli Italiani, X, Roma 1968, pp. 668-671; S. Pieri, I P. Ximenes d’Aragona, in Sovrintendenza archivistica per la Toscana-ACTA, Archivi dell’aristocrazia fiorentina, Firenze 1989, pp. 41-56; A. Floridia, Palazzo P. in Firenze, Roma 1993; P. Candeloro, Ferdinando P.: il personaggio e le sue collezioni, tesi di laurea Università di Firenze - Facoltà di Lettere e filosofia, a.a 1998/99; Ministero per i Beni e le Attività Culturali, I Manoscritti panciatichiani della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, II, a cura di P. Panedigrano - C. Pinzauti, Roma 2003; Soprintendenza archivistica per la Toscana - Firenze, L’archivio familiare P. Ximenes d’Aragona. Inventario della serie I “documenti patrimoniali”, a cura di E. Santacroce - F. Taviani, http://www. archivi.beniculturali.it/SAFI/inventari/ Panciatichi.pdf.