PANDOLFINI, Niccolò
– Nacque a Firenze il 19 maggio 1440 da Giannozzo e da Giovanna di Bartolomeo Valori.
Apparteneva a una delle principali famiglie del patriziato fiorentino. Il padre era stato ambasciatore della Repubblica presso il re di Napoli nel 1450, la Repubblica di Venezia nel 1454 e la corte pontificia nel 1455. Il fratello Pierfilippo ricoprì a sua volta l’incarico di ambasciatore presso la corte pontificia nel 1479 e raggiunse la carica di gonfaloniere nel 1482.
Negli anni giovanili Pandolfini venne introdotto nella cerchia di giovani che si raccoglieva attorno all'umanista Filippo di ser Ugolino Pieruzzi. Successivamente frequentò l’Università di Bologna, dedicandosi allo studio del diritto e intraprese la carriera ecclesiastica. Nel 1461 divenne canonico del capitolo metropolitano di Firenze e della cattedrale di Prato. Nel 1462 venne chiamato a Roma da Pio II, che gli conferì il titolo di chierico della Camera apostolica, carica ricoperta sino al 1474. Paolo II lo nominò scriptor apostolico nel 1468.
Con l’ascesa al soglio pontificio di Sisto IV Della Rovere, la posizione di Pandolfini in Curia conobbe una significativa evoluzione, grazie al crescente legame con la famiglia Della Rovere. Il 23 dicembre 1474 il pontefice lo elesse vescovo di Pistoia, trattenendolo però a Roma in qualità di precettore, «nella pietà e nelle lettere» (Cardella, 1793, p. 19), del nipote Giuliano. La sua cultura e la sua versatilità nelle lettere e nelle scienze erano del resto ben note ai contemporanei. La lunga pratica degli affari di curia aveva contribuito a fare di Pandolfini anche un abile uomo di governo, circostanza che spinse Sisto IV investirlo di una serie di incarichi di natura politica, nominandolo governatore di Forlì e successivamente di Benevento, carica nella quale venne confermato nel 1486 da Innocenzo VIII, il quale lo elesse anche abate commendatario di S. Zenobio di Pisa.
Nel 1487, terminati gli incarichi curiali, ebbe la possibilità di fare il suo ingresso nella diocesi di Pistoia. Al suo governo pastorale si devono l’erezione del seminario cittadino, l’introduzione di numerosi ordini religiosi, la costruzione del monastero femminile di S. Niccolò e la cura per l’arredo e la decorazione di numerose chiese.
Educato nell’ambiente colto del primo umanesimo fiorentino, ebbe modo di allacciare stretti rapporti con alcuni fra i maggiori uomini di lettere e cultura della Firenze di Lorenzo il Magnifico. Vespasiano da Bisticci, umanista assai vicino alla famiglia de’ Medici, gli dedicò la vita di Agnolo di Filippo Pandolfini, nonno di Niccolò, parte della raccolta di Vite di illustri fiorentini da lui composta negli ultimi anni di vita fra il 1480 e il 1498. È conservato il manoscritto di dedica inviato da Vespasiano a Niccolò (Firenze, Bibl. Medicea Laurenziana, Ashburnham 751). A Pandolfini e ai suoi parenti era legato anche Bartolomeo della Fonte (o Fonzio), al quale, per intercessione della famiglia del vescovo, era stata concessa la pieve di Montemurlo.
Anche durante l’esercizio pieno del suo ministero episcopale, Pandolfini si trovò coinvolto nelle principali questioni di curia. Nel marzo del 1495 venne implicato nella delicata questione delle relazioni fra la Repubblica fiorentina e la corte pontificia di Alessandro VI, rese sempre più tese dall’opera del Savonarola.
L’ascesa al soglio petrino del suo antico allievo Giuliano Della Rovere, papa Giulio II, nel 1503, lo riportò a Roma, in qualità di segretario e auditore pontificio. Venne inoltre associato alla famiglia pontificia e gli venne concessa licenza di utilizzare le insegne e il cognome dei Della Rovere. La sua opposizione alla politica espansionistica e militare di Giulio II lo mise ripetutamente in contrasto con il pontefice ma contribuì ad accrescerne la fama di uomo equilibrato. Certamente anche per questi motivi Leone X lo investì nuovamente della carica di governatore di Forlì nel 1513, per poi nominarlo, nel 1515, legato a latere presso il cardinal Giuliano de’ Medici a Firenze. Lo stesso Leone X lo creò cardinale il 6 luglio 1517 col titolo di S. Cesareo.
Morì a Pistoia il 17 settembre 1518 e le sue spoglie vennero trasportate a Firenze, per essere tumulate nella tomba di famiglia nella badia fiorentina.
Fonti e Bibl.: A. Chacón, Vitae et res gestae Pontificum Romanorum et S.R.E. Cardinalium ab initio nascentis Ecclesiae usque ad Urbanum VIII. Pont. Max., II, Roma 1630, coll. 1411 s.; L. Cardella, Memorie storiche de’ cardinali della Santa Romana Chiesa, IV, Roma 1793, pp. 18 s.; V. Marchese, Lettere inedite di Fra Gerolamo Savonarola e documenti concernenti lo stesso, in Archivio Storico Italiano, App. VIII (1850), pp. 73-203, in particolare pp. 149-151; C. Eubel - G. van Gulik, Hierarchia Catholica Medii et Recentioris Aevi, II (1431-1503), Regensburg 1923, p. 215; III (1503-92), Regensburg 1935, pp. 15 s., 275; L. von Pastor, Storia dei Papi, IV, 1, Roma 1943, p. 130; G.M. Cagni, Vespasiano da Bisticci e il suo epistolario, Roma 1969, pp. 99, 152 s., 189-195; R. De Maio, Riforme e miti nella Chiesa del Cinquecento, Napoli 1973, p. 56; Vespasiano da Bisticci, Le Vite, a cura di A. Greco, II, Firenze 1976, pp. 255, 439-445; Ch. Weber, Senatus divinus: verborgene Strukturen im Kardinalskollegium der frühen Neuzeit (1500-1800), Frankfurt am Main-New York 1996, p. 383; Ch. Weber. M. Becker, Genealogien zur Papstgeschichte, Stuttgart 1999, II, p. 713; G. Petrella, L’officina del geografo. La «Descrittione di tutta Italia» di Leandro Alberti e gli studi geografico-antiquari tra Quattrocento e Cinquecento, Milano 2004, pp. 435 s.