BARGELLINI, Niccolò Pietro
Nacque a Bologna intorno al 1630 da Ippolito. Si addottorò in diritto civile e canonico nello Studio bolognese e intraprese la carriera ecclesiastica, trasferendosi a Roma, dove ottenne gli uffici di referendario delle Due Segnature e di protonotario apostolico, oltre a un canonicato nella diocesi di Bologna. I pontefici Innocenzo X e Alessandro VII si valsero dei suoi servigi nel governo di varie città e province: Fano, Montalto, Ascoli (ove il B. condusse con grande vigore una campagna contro il brigantaggio), Campagna e Marittima, e infine Perugia. Il 15 luglio 1665 fu nominato vescovo in partibus di Tebe e nell'agosto successivo gli fu affidata la nunziatura di Torino, che egli conservò - distinguendosi soprattutto per il suo atteggiamento estxemamente remissivo - fino all'8 marzo 1668 allorché passò alla nunziatura di Parigi.
Quando tra la Francia e la Santa Sede si prese a discutere sulla sostituzione del nunzio a Parigi, Carlo Roberti de Vettori, il segretario degli Affari esteri di Luigi XIV, Hugues de Lyonne, su proposta dell'ambasciatore francese a Torino, Abel Servien, pensò al B. come alla persona più idonea a facilitare un'intesa tra Roma e Parigi in un momento delicato per l'opposizione dei "quattro vescovi" giansenisti alla condanna di Giansenio e per il rifiuto da parte di Luigi XIV a una prima designazione della corte romana nella persona di Galeazzo Marescotti, teologo noto per la sua intransigenza riguardo alla questione giansenista. Clemente IX, incline a raggiungere un modus vivendi con Parigi, nel gennaio 1668 aderì alla richiesta.
Durante la nunziatura del B. le pretese di Luigi XIV contro i diritti della Chiesa e contro le stesse prerogative del nunzio aumentarono a dismisura, tanto da impedire che il B. raccogliesse le informazioni canoniche sui vescovi designati dal re a coprire le relative diocesi. D'altro canto egli non seppe opporsi alle pretese del monarca con sufficiente energia, e in curia la sua mancanza di perspicacia divenne quasi proverbiale. Cadde definitivamente in disgrazia presso la corte di Roma, allorché Clemente IX si rese conto che il compromesso raggiunto con i vescovi giansenisti si risolveva a tutto favore di questi ultimi: il B. fu ritenuto responsabile di quello che si considerò un inganno tramato dalla corte francese e dai vescovi ribelli ai danni della Chiesa. Lo stesso pontefice non nascose la propria intenzione di negare al B. il cappello cardinalizio, che, secondo l'usanza, si concedeva ai nunzi presso le più importanti capitali europee al termine della loro missione, né migliori si rivelarono i rapporti del B. con Clemente X, inasprito da motivi di carattere personale: pare, infatti, che il nunzio, durante il conclave che seguì la morte di Clemente IX, avesse messo in cattiva luce presso Luigi XIV il cardinale Altieri, definendolo partigiano dell'Impero e avverso alla Francia. In ogni caso Clemente X nell'estate del 1671 decise di richiamare il B., senza concedergli la porpora e destinandolo al tanto più modesto incarico di vicelegato di Avignone, nonostante l'azione di Luigi XIV intesa a proteggere il nunzio .
Gli innumerevoli memoriali che il B. inviò per giustificarsi durante la sua seconda nunziatura ai cardinali segretari di Stato Azzolini e Altieri e al collegio dei cardinali durante il conclave dopo la morte di Clemente IX, se non valsero a riguadagnargli la fiducia della curia, rappresentano tuttavia importanti documenti per conoscere l'atteggiamento della corte francese sulle più importanti questioni politiche e religiose del tempo. Di particolare interesse è il memoriale intitolato Giansenismo estinto, inviato dal nunzio al cardinale Altieri per illustrare le trattative con i vescovi giansenisti. Altre relazioni e lettere del B. riguardano questioni particolari, ma non per questo meno interessanti: tra esse, lo sviluppo a Parigi di un largo movimento gallicano, che si accentrava soprattutto alla Sorbona, sul quale il B. dà importantissimi ragguagli; contro di esso il nunzio chiese ripetutamente l'intervento del governo francese, ottenendo anche qualche positivo risultato, in particolare per quanto riguardava il controllo e la repressione della dilagante pubblicistica antiromana.
Anche dopo l'allontanamento del B. da Parigi, Luigi XIV continuò a sostenerlo, rifiutando a lungo i successori designati dalla curia. Ancora nel 1687 il re di Francia scriveva al vicelegato di Avignone assicurandolo della sua protezione e sottolineando che la sua missione a Parigi era stata di proprio completo gradimento. Ad Avignone il B. rimase, con il medesimo ufficio, per più di un ventennio, sino al novembre 1691, praticamente ignorato e senza responsabilità politiche. Richiamato finalmente a Roma, era ancora vivo il 20 giugno 1693.
Fonti e Bibl.: P. S. Doffi, Cronologìa delle famiglie nobili di Bologna, Bologna 1670, p. 90; P. E. de Belloi, Exuvium Leonis in quo 111. Et ev. D. Petri Bargelini... Tebarum Archiepisco, pontificii nuper apud Christianiss. Regem Nuncti, Praecipua Praelatura munera et heroica eiúsdem facinora pro S. Sede Apostolica... describebat Petrus Hercules de Bellois, Ferrariae 1673; P. Rapin, Mémoires... sur l'Eglise et la société, la cour, la ville et le jansénisme,1644-1669, III, Paris 1865, passim; C.Gerin, Louis XIV et le Saint-Siège, II, Paris 1894, passim; A. auchie, Le gallicanisme en Sorbonne. D'après la correspondance de Bargellini, nonce de France (1668-1671), in Revue d'hist. ecclés., III (1902), pp. 972-985; IV (1903), pp. 39-54; 448-469; L. Karttunen, Les nonciatures apostoliques permanentes de 1650 à 1800, Genève 1912, pp. 19, 25, 40; A. Sorbefli, Inventari dei manoscritti delle biblioteche d'Italia, XV, Forlì 1909, p. 103; XVII, ibid. 1911, p. 13; XXIII, Firenze 1915, v. 6; XXIV, ibid. 1917, p. 18; XL, ibid. 1929, p. 32; L. von Pastor, Storia dei papi, XIV, Roma 1932, 1, pp. 616, 617, 666; C. Eubel, Hierarchia catholica, IV, Monasterii 1935, p. 332.