PUCCIARELLI, Niccolò
(Niccolò d’Assisi). – Restano sconosciuti il luogo e la data di nascita di questo personaggio, forse Assisi intorno alla metà del Trecento.
La sua appartenenza alla famiglia Pucciarelli, attestata in Assisi sin dal Duecento e nel primo Trecento (con un Pucciarello di Nicolò documentato nel 1310) è asserita dall’Eubel e dal Gams, anche se non dall’erudizione precedente (come Ughelli e Tiraboschi, che preferiscono la dizione “Niccolò d’Assisi”, confermata anche dall’archivio nonantolano dal 1392-93, ma non dalla documentazione abbaziale antica, che lo testimonia dal 1386 solo come Niccolò).
Nulla di certo si sa di lui prima di tale anno, anche se, secondo la maggior parte degli eruditi (Alidosi Pasquali, Gams, Cappelletti, Samaritani), il predecessore, il sacerdote e giureconsulto bolognese Tommaso de Marzapiscibus o de Marcapissis, venne nominato vescovo di Ferrara già nel 1384 (ma resse ancora per qualche tempo anche l’abbazia). Pucciarelli fu abate almeno dal 1° aprile 1386, quando compare occasionalmente nel protocollo di imbreviature di Bernardi Jacobi de Vigiano, notaio pubblico imperiale del Comune e della Curia episcopale di Bologna, oltre che del monastero di S. Silvestro di Nonantola.
Il monastero era in uno stato di avanzata decadenza, depauperato nel Duecento di gran parte dell’ingente patrimonio fondiario, tallonato dalla fiscalità papale, scarsamente popolato da monaci rispetto al passato, per giunta di condotta non irreprensibile.
Nell’agosto-settembre 1386 Pucciarelli fu a Roma ed espose la difficile situazione finanziaria di quegli anni ai delegati papali, ottenendo un parziale successo nella forma di una dilazione sino alla Pasqua 1387 delle bollette pertinenti sia ai «servizi comuni» sia ai «servizi minuti». In ottobre venne assolto dalla scomunica per insolvenza grazie al pagamento del debito da parte della Società dei mercanti di Firenze. Nei primi mesi dell’abbaziato Niccolò diede prova del suo attaccamento alla Santa Sede, appoggiando finanziariamente Urbano VI durante il trasferimento della sede papale a Genova (23 settembre 1385 -16 dicembre 1386). Da Genova il pontefice si recò a Lucca – fino a settembre 1387 – poi a Perugia e Roma, e poiché mancano atti di governo sottoscritti dall’abate in parallelo con la permanenza di Urbano a Lucca, si può presumere che abbia raggiunto il papa, tanto più che ricomparve a Nonantola nel luglio 1387, dove «reaccepit possessionem et gubernum monasterii nonantulani» (Archivio dell’Abbazia di S. Silvestro di Nonantola, Repertorio Universale, c. 797v) e vi rimase stabilmente fino alla fine dell’anno.
L’ordinaria amministrazione (a lui solo affidata dal capitolo e dal convento, ridotti a tre monaci in tutto), si riaprì con diversi atti, tra i quali i provvedimenti di concessione di beni agli Estensi (1387-88) in Nonantola e nel suo territorio, e i tentativi di tutelare il priorato trevigiano di S. Maria Maggiore e S. Fosca, illegittimamente occupato da Francesco da Carrara signore di Padova (1388-89). Il 18 dicembre 1387 Nicolaus Coradutii abate di Nonantola venne proposto dal consiglio di Assisi come vescovo della città, desiderosa di avere un presule concittadino. Non se ne fece nulla, ma la strada era ormai segnata e Pucciarelli fu eletto vescovo di Terracina, Sezze e Priverno (maggio 1390) dal nuovo papa Bonifacio IX, che l’anno successivo gli confermò la sua fiducia designandolo come vicario in Inghilterra, ove Pucciarelli giunse nel giugno 1391 avendo di fronte l’impegno di risolvere i gravi problemi aperti a proposito della fiscalità e dei benefici ecclesiastici, e di far abrogare i provvedimenti giurisdizionalistici ante litteram, recentemente presi al riguardo dal parlamento (Statute of Provisors 1390). A tale scopo Pucciarelli strinse buoni rapporti con William Courtenay, arcivescovo di Canterbury, interessato a preservare le prerogative della Chiesa contro le ambizioni autocratiche di re Riccardo II, e nel contempo mise in guardia il re contro le proposte di pace della Francia, suggerendogli di acconsentire alla raccolta di un sussidio per la Chiesa, se gli premeva l’alleanza con il pontefice nella guerra contro la Francia.
Pucciarelli fu affiancato (ottobre 1391) da un secondo nunzio, Damiano Caetani, già presente in Inghilterra durante il passaggio dello Statute in Parlamento tra la fine del 1389 e gennaio 1390. Su richiesta del Parlamento l’abate Niccolò e il Consiglio reale predisposero un accordo di compromesso non lesivo del disposto dello Statute, ma che prevedeva il controllo da parte papale di un beneficio su tre. Thomas Arundel, arcivescovo di York, durante il discorso di apertura del Parlamento (3 novembre - 2 dicembre 1391) e alla presenza dei due emissari pontifici, propose di riconsiderare lo Statute of Provisors, ma la Camera dei Comuni accettò solo una lieve concessione alle richieste del papa, permettendo a Riccardo II - fino al Parlamento successivo - di derogare dall’atto in questione nei casi ragionevoli o redditizi e con il consenso dei Lords, a condizione, tuttavia, che non fosse abrogato alcun suo articolo e che chiunque avesse ricevuto fino ad allora un beneficio non venisse disturbato nel possesso da qualsiasi disposizione papale. L’accordo fu approvato e Pucciarelli abbandonò l’Inghilterra, ma all’inizio dell’estate 1392 l’improvvido conferimento di un beneficio inglese al cardinale Brancaccio da parte del papa mise in crisi l’accordo e chiuse la lunga esperienza di Pucciarelli in Inghilterra in maniera negativa.
Rientrato in Italia, l’abate nonantolano dovette fronteggiare le conseguenze dei recenti accordi tra Bonifacio IX e Alberto V d’Este, signore di Ferrara e Modena, che tra 1391 e 1392 ottenne dal papa benefici e privilegi di enorme rilevanza.
Si trattava della bolla di fondazione dell’Università ferrarese; della cancellazione del debito estense verso la Camera apostolica, inerente le annualità censuarie non pagate in precedenza, del rinnovo dell’investitura del vicariato su Ferrara e della legittimazione del figlio naturale Niccolò (III); e soprattutto della “bolla bonifaciana” (13 febbraio 1392), che sanciva la libertà di commercio, di contrattazione e successione per i beni ecclesiastici posti in Ferrara e nel suo distretto e sottoposti a un qualsiasi diritto ecclesiastico. La bolla riformava inoltre, a vantaggio dei titolari di contratti di livello o enfiteutici, la materia della restituzione - per debiti o canoni non pagati - ai legittimi proprietari (per la maggior parte chiese e monasteri) delle terre godute in concessione: in sostanza essa poneva in essere una tendenziale allodializzazione. Veniva naturalmente fatto salvo ogni diritto di dominio diretto da parte di enti o persone ecclesiastiche.
Per l’abbazia di Nonantola la nuova concessione papale provocò conseguenze incisive sul patrimonio fondiario ferrarese, dove il monastero possedeva numerosi beni legati alle donazioni dell'epoca di Carlo Magno (la corte e la pieve di Bondeno) e dell’imperatore Lotario (l’insula viciana, corrispondente al territorio su cui sorgerà S. Biagio di Avezzano).
Tra la fine del 1392 e il successivo 1393 Niccolò de Assixio - come è nominato per la prima volta nei protocolli ferraresi - rinnovò a privati, secondo i nuovi indirizzi pontifici, ben 238 investiture di terre relative al Bondesano, gestendo poi senza particolari scosse le relazioni con Niccolò d’Este, succeduto al padre nell’estate 1393 (dal quale ottenne la restituzione di alcuni beni di S. Felice sul Panaro, e al quale rinnovò (28 febbraio 1394) le investiture dei beni ubicati nei comitati di Ferrara e Modena, ottenendo in cambio l’appoggio marchionale nelle questioni vertenti tra l’abbazia e gli abitanti di Nonantola a proposito di censi e diritti abbaziali.
Nel corso del 1395 Pucciarelli – forse in previsione della nuova imminente nunziatura in Inghilterra – nominò suo procuratore, sindaco generale, amministratore e gestore degli affari dell’abate e del monastero il cognato, frate Andrea «quondam Iacobi olim Zanis de Assixio» (Archivio dell’Abbazia di S. Silvestro di Nonantola, Protocollo n. 54, c. 27rv), e suo vicario Andrea da Bologna, abate del monastero di S. Lucia di Roffeno (Bologna), secondo una consuetudine che vide spesso gli abati di Roffeno ricoprire la carica di vicari generali di Nonantola. Nel 1396 maturarono le condizioni per la nuova missione oltre Manica (ove già nel 1393 il Parlamento aveva approvato un secondo Statute of Praemunire, nel quale veniva giudicato alto tradimento appellarsi «in the Court of Rome or elsewhere» (Ferrante, 2008, p. 66) contro le decisioni del re, e si fissavano pene più severe per salvaguardare il funzionamento e le competenze dei tribunali secolari in Inghilterra in materia di benefici ecclesiastici); già il 27 febbraio Bonifacio IX comunicò al re l’arrivo del nunzio, con espressioni assai laudative per lui, ripetute nel novembre al momento dell’effettivo inizio della missione.
Prima della partenza Pucciarelli tentò, verosimilmente invano – l’episodio è mal documentato, ma la questione risulta appianata solo nel 1403 –, di risolvere un serio problema concernente Castrocaro (diocesi di Forlì), dove il castello, dato in pegno al comune di Firenze per 18.000 fiorini, non era stato ceduto alla città toscana dal castellano papale, Tommaso conte di Novi.
Tra le questioni specifiche delle quali Pucciarelli fu concretamente incaricato in Inghilterra, vi fu quella di un arcidiaconato (Esduringhit, East Riding) che un chierico di York doveva restituire al cardinale Cristoforo Maroni del titolo di S. Ciriaco. Interlocutore di Pucciarelli fu il nuovo arcivescovo di Canterbury, Thomas Arundel, formalmente legato apostolico nel regno. Nel complesso anche questa seconda nunziatura fu un insuccesso, né poteva essere diversamente per l’ovvia solidarietà che al re manifestarono i vescovi inglesi, anche se nel sinodo provinciale del 1396 arrivarono a esprimere una condanna unanime verso le posizioni eterodosse di Wyclif, che a lungo aveva denunciato la prassi della Curia romana in Inghilterra di acquisire i benefici vacanti.
Solo nel novembre 1398, dopo anni di negoziati, sarebbe stato firmato un concordato tra Riccardo II e il pontefice, per abrogare lo Statute of Provisors del 1390. Bonifacio otteneva una presentazione su tre delle maggiori dignità delle cattedrali e delle chiese collegiate, e una su due in caso di benefici minori.
Pucciarelli rientrò in Italia verso la fine del 1397; è infatti presente il 12 dicembre a Bologna al conferimento della chiesa di Redù, sita nei pressi di Nonantola. Ma durante la sua assenza Niccolò III d’Este, impegnato a combattere Gian Galeazzo Visconti, aveva ceduto ai Bolognesi – con l’approvazione di Bonifacio IX – i castelli di Nonantola e di Bazzano tenuti come vicario della S. Sede (percependo 12.000 ducati versati poi alla Repubblica Veneta per abbattere parzialmente il debito di 50.000 ducati ottenuti due anni prima dietro cessione in pegno del Polesine di Rovigo), fortilizi che il 15 maggio 1398 vennero inseriti nella diocesi di Bologna per volontà papale e dei quali solo quello di Nonantola tornerà agli Este nel 1411. In coincidenza con questa cessione, Pucciarelli fu rimosso da Nonantola (sostituito dal bolognese Battista Gozzadini) e qualche anno dopo (18 agosto 1402) fu eletto vescovo di Segni.
Egli iniziò in tal modo una “nuova” carriera, che lo portò (con Innocenzo VII) alla carica di tesoriere della Marca Anconitana; il 19 aprile 1405 in tal veste impose una tassa agli abitanti della Marca (ebrei compresi), ma a esclusione dei cardinali, di Corrado Caracciolo, ciambellano del Papa, e dei membri dell’Ordine degli Ospitalieri di S. Giovanni di Gerusalemme e dell’Ordine Teutonico. Un paio d’anni dopo (21 ottobre 1407) il vescovo «Niccolò di Corraduccio da Scesi» compare a Firenze (Guasti, 1888, p. 423): cedette infatti all’ospedale di S. Maria Nuova tre possessioni del valore di 2.250 fiorini d’oro ubicate nel territorio (a Paperino presso Prato, a Peretola, e fuori della Porta al Prato in Polverosa); ne conservò tuttavia l’usufrutto, e stabilì clausole testamentarie a favore di due conventi degli Umiliati di Firenze (Ognissanti) e del territorio fiorentino (Montughi). Un paio d’anni dopo (1409) nominò suo procuratore nell’Ospedale di Santa Maria Nuova maestro Leonardo, figlio del maestro Angelo, medico fiorentino del popolo di Santa Lucia d’Ognissanti; i beni passarono infine all’ospedale, come dimostra la documentazione archivistica.
Rogatario di questi atti è il conosciutissimo notaio Lapo Mazzei, che nella sua corrispondenza con Francesco Datini segnala che il vescovo «d’Asciesi sta in Firenze dirimpetto alla porta de’ Frati degli Agnoli e ha a vita uno podere che è in sul Ferro [nel contado pratese], che ‘l lavora Andrea di Matteo, e ha tanto che pagherebbe parecchi miei poderi, è vecchio e sospettoso e si ripara qui allo Spidale» (Mazzei – Guasti, 1880, p. 204) di Santa Maria Nuova. Niccolò risiedeva dunque di fronte al monastero benedettino camaldolese di S. Maria degli Angeli.
Negli ultimi anni di vita Pucciarelli fu coinvolto nella difficile situazione creatasi ad Assisi ove si fronteggiavano due vescovi: Niccolò Vannini, privato del vescovato da Gregorio XII per aver aderito all’antipapa Giovanni XXIII, e Benedetto Vanni Stasi degli Attoni, passato invece all’obbedienza del pontefice romano. Il 6 gennaio 1412 egli compare come vicario del Vannini, che alla fine prevalse (ma solo dopo l’elezione di Martino V, nel 1417). Poche settimane dopo (17 febbraio 1412) Pucciarelli risulta, oltre che vescovo (non pare residente) di Segni anche commendatario di S. Benedetto di Subasio, beneficio nel quale egli successe al cardinale Antonio Caetani, patriarca di Aquileia (morto l’11 gennaio 1412). Due anni dopo fu peraltro avvicendato alla guida del ricco monastero da un monaco di S. Pietro di Assisi, Giacomo Fiumi, nominato dall’antipapa Giovanni XXIII (9 agosto 1414).
Pucciarelli morì il 14 novembre 1418 e fu sepolto nella cattedrale di Segni.
Fonti e Bibl.: Archivio dell’Abbazia di S. Silvestro di Nonantola (Modena), prot. n. 94/6, c. 1r, (1386 aprile 1: prima attestazione, datata erroneamente da Tiraboschi); prot. 44, 51 [1384, Tommaso de Marzapiscibus vescovo di Ferrara], 52, 54, passim; Pergamene, cart. LIII, nn. 29, 30, 32, 33, 34, 35, 37, 46, 47; Repertorio Universale, I, c. 797rv e passim; Documenti, b. 1, 1395 (lettera, decreto e sentenza del Marchese Niccolò Estense a favore dell’abate e contro il Comune di Nonantola); Protocolli ferraresi, catastro “A”; Archivio di Stato di Modena, Casa e Stato, Serie generale, cass. 21, n. 54 (1394 febbraio 28: enfiteusi estensi); Cancelleria Ducale, Leggi e decreti, Serie B, b. II, cc. 174-175 (lite con Nonantola); Archivio di Stato di Perugia, Sezione di Assisi, Riformanze, reg. n. 5, cc. 95v-96r (1387 dicembre 18) [edita in G. Di Costanzo, Disamina degli scrittori e dei monumenti risguardanti S. Rufino, vescovo e martire di Asisi, Assisi 1797, n. XXXIV, p. 415]; Foedera, conventiones, literae et cujuscunque (sic!) generis […], a cura di Th. Rymer, Londra 1728, VII, p. 813 (commendatizia papale); Calendar of papal registers relating to Great Britain and Ireland, IV, 1362-1404, edd. W.H. Bliss - J.A. Twemlow, Londra 1902, pp. 273-278 e ad ind. , V (1904), pp. 81 s., 293-304 (castello di Castrocaro) e ad ind.; Chronicon estense, a cura di G. Bertoni - E.P. Vicini, in RIS2, XV/3, Città di Castello-Bologna, 1908-1937, fasc. I, c. 530; The diplomatic correspondence of Richard II, ed. E. Perroy, London 1933, p. 226 (discorso di Pucciarelli) (prima e seconda nunziatura); J. H. Dahmus, Richard II and the Church, in The Catholic Historical Review, XXXIX/4 (Jan. 1954), pp. 408-433; Id., William Courtenay, Archbishop of Canterbury 1381-1396, Philadelphia 1966, p. 180; The Westminster Chronicle 1381-1394, ed. and translated by L.C. Hector - B.F. Harvey, Oxford 1982, pp. 461, 481; The Parliament Rolls of Medieval England 1275–1504, VII, Richard II (1385-1397), ed. C. Given–Wilson, London 2005, pp. 450-460.
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