ROMANI, Niccolò (Niccolò da Osimo). – Nacque a Osimo (Ancona)
all’inizio del XIV secolo. Nelle fonti è denominato Nicolaus de Auximo; le rarissime attestazioni che aggiungono la dizione de Romanis hanno indotto la storiografia d’età moderna a ritenere che appartenesse alla famiglia Romani, così da vantarne un’origine nobiliare. In realtà non si conosce la sua ascendenza, né i Romani sono attestatati a Osimo nel Trecento.
Riguardo alla sua famiglia si sa soltanto che ebbe una sorella di nome Loietta e che fu zio dell’omonimo e più celebre Niccolò da Osimo, frate minore.
Non è documentata la formazione, che probabilmente comprese studi teologici e giuridici. La prima attestazione della sua attività risale al 1344, allorché fu notaio al servizio del vescovo di Concordia, Guido de Guisis; più tardi, nel 1349, fu anche nominato canonico in quella diocesi. Come si desume dal suo testamento, godette di numerose prebende: fu preposito della chiesa collegiata di S. Felice di Aquileia ed ebbe il canonicato nella chiesa di S. Maria di Cividale, nella diocesi di Aquileia (vi rinunciò nel 1363), di Ravenna (dal 1359, ma vi rinunciò nel 1369), di Treviso (dal 1361), di Nicosia (dal 1362), di Urgel, in Catalogna (dal 1367), ove ricoprì pure la carica di arcidiacono.
L’attività più rilevante di Niccolò si svolse presso la Curia papale ad Avignone. Il suo primo incarico risale al luglio del 1359, allorché fu designato scriptor da Innocenzo VI, alla cui familia fu aggregato due anni dopo. Nel marzo del 1362 divenne segretario papale, rimasto vacante un posto in seguito alla morte di Zanobi da Strada; alla fine dello stesso anno, il nuovo pontefice Urbano V gli confermò l’incarico. Il ruolo di Niccolò si accrebbe durante il pontificato di quest’ultimo, tanto da divenire uno dei fiduciari del papa, insieme al fiorentino Francesco Bruni. Nel 1365 Nicolò fu nominato protonotaro apostolico ed entrò a far parte della familia papale; nel settembre dello stesso anno gli fu ordinato di reclutare nuovo personale per la cancelleria e la segreteria papale. Quando nel 1367 Urbano VI tentò di rientrare a Roma, Niccolò ricevette l’incarico di organizzare il trasferimento della documentazione pontificia e di accompagnare il papa nel suo viaggio: provvide dunque in modo solerte a compilare un rubricario di vari registri, a far copiare numerosi atti e a trasportare due casse contenenti pergamene dal porto di Corneto (Tarquinia) a Viterbo, scelta come dimora dal papa.
Nel periodo di soggiorno in Italia, dal 1367 al 1370, Niccolò entrò in stretti rapporti con il cardinale Niccolò Capocci, di cui fu esecutore testamentario; dopo la morte di questi, avvenuta nel luglio del 1368, commissionò a Coluccio Salutati il testo dell’epitaffio. Si occupò pure di questioni ecclesiastiche: rivolse una supplica a Urbano V e nel luglio del 1368 ottenne che a Osimo fosse restituita la sede episcopale, tolta quasi mezzo secolo prima per la rivolta della città all’autorità papale. L’anno seguente fu incaricato di seguire l’attuazione della riforma monastica a Montecassino. Pur avendo ricevuto nell’agosto del 1370 l’autorizzazione a restare in Italia per riscuotere i frutti dei suoi benefici, entro la fine dello stesso anno fece ritorno ad Avignone per riprendere la consueta attività nella cancelleria.
Durante i giorni di vacanza del soglio pontificio che seguirono la morte di Urbano V, avvenuta il 19 dicembre 1370, Romani predispose un testo moraleggiante sulle qualità del papa.
Il testo, che porta il generico titolo di Oratio, è tràdito in una sola copia in un manoscritto miscellaneo della Bibliothèque nationale de France (Latin 1462, cc. Ir-IIIv). I temi e gli argomenti si collocano nell’orizzonte politico dei sostenitori di un ritorno della sede papale a Roma. Infatti, accanto a generiche considerazioni sulle virtù del pontefice, sul ruolo della Chiesa e sulla necessità di una riforma morale, sul rapporto fra il vicario di Cristo e il popolo cristiano, sulla lotta all’eresia, Romani afferma che la sede papale debba essere Roma, definita sacratissima urbs, in quanto prescelta da Pietro. Egli auspica che il nuovo papa possa ricondurre qui la Chiesa alla purezza, mettendo da parte ogni motivo di scandalo per i pellegrini e per il popolo cristiano, e propugna che questi riformi il clero, rianimi la devozione, emendi i vizi, mettendo in risalto gli uomini virtuosi e gli intellettuali (litterati). Del testo, tuttavia, non si conoscono né le circostanze della composizione, né i committenti, né la sua circolazione.
Dopo l’elezione di Gregorio XI, Romani fu confermato protonotaro e segretario papale. Nel 1371 tornò per alcuni mesi nella sua città natale, ove arbitrò una causa confinaria che opponeva Osimo a Recanati; si premurò inoltre di far ridurre le imposte statali, gravanti sulla città. Fece ritorno ad Avignone nell’ottobre del 1371. Nei mesi seguenti si occupò di questioni politiche: nel 1372 agì come intermediario fra Venezia e Francesco da Carrara, signore di Padova; nel febbraio del 1373 trattò, insieme a Niccolò Spinelli, gli aspetti militari nel conflitto che opponeva il Papato a Bernabò Visconti.
Nell’ottobre del 1373, in concomitanza con un’ondata di peste, chiese e ottenne dal papa l’autorizzazione a fare testamento: l’atto, redatto il 26 novembre, si conserva presso l’Archivio dei minori conventuali di Osimo.
Fra i suoi lasciti, oltre a somme di denaro a vantaggio del capitolo dei canonici di Osimo e delle chiese nelle quali aveva beneficiato di prebende, si segnalano: i libri contenenti i testi di s. Girolamo, con l’indice da lui composto, accordati alla chiesa di S. Maria Maggiore di Roma; un salterio e le lettere paoline glossate, destinate alla chiesa di Treviso; il volume con le opere di s. Bernardo, destinato alla chiesa di Nicosia; un messale, definito pulcherrimum, per la basilica di S. Pietro a Roma; infine, quindici volumi di glossatori della Bibbia, lasciati ai minori di Osimo. Ogni altra cosa sarebbe stata venduta e con il ricavato la sorella Loietta avrebbe dovuto far erigere e gestire un ospedale con annessa chiesa o cappella nel territorio di Osimo. Fra gli esecutori testamentari risultano personaggi di spicco, quali il cardinale Anglic de Grimoard, il vescovo di Camerino e l’abate di S. Giorgio Maggiore di Venezia.
La data topica del testamento consente di conoscere la residenza di Niccolò ad Avignone: il palazzo del cardinale referendario Guillaume Noëllet.
Negli ultimi anni di vita continuò a occuparsi di affari diplomatici. Nel luglio del 1375 il papa, pur rinviando il suo viaggio in Italia, lo incaricò di scrivere al doge di Venezia per invitarlo a tenere pronte le galee per la partenza. Fra il 1375 e il 1376 Romani fu il destinatario di due epistole di Caterina da Siena, nelle quali la religiosa auspicava l’intercessione del chierico osimano per il ritorno del papa a Roma, definendolo «pietra ferma» per la sua forza d’animo e la sua laboriosità. Nella primavera del 1376, Gregorio XI inviò varie lettere gratulatorie alla città di Osimo per la fedeltà mostrata al papato nel frangente della guerra degli Otto santi: in una lettera, datata 22 giugno, ricorda la qualificata presenza di Romani ad Avignone, quale intercessore per la comunità. Alla fine di quell’anno Romani tornò in Italia, forse al seguito del papa: non risulta però che egli ricevesse alcun incarico, né viene nominato nell’Itinerarium di Pierre Ameilh. L’ultima attestazione di Romani è una concessione d’indulgenza in articulo mortis per i suoi familiari, data a Roma il 20 aprile 1377.
Morì il 21 luglio 1377 apud sedem apostolicam, ad Anagni, ove si era ritirata la Curia papale.
Fonti e Bibl.: Lettres d’Urbain V, a cura di A. Fierens - C. Tihon, Rom-Brüssel-Paris 1928-1932, ad ind.; Lettres secrètes et curiales du Pape Grégoire XI, a cura di L. Mirot - H. Jassemin, Roma 1935-1965, ad ind.; Urbain V. Lettres communes, a cura di M.H. Laurent, Paris 1954-1989, ad ind.; Lettres de Grégoire XI, a cura di C. Tihon, Rom-Brüssel-Paris 1958, ad ind.; S. Caterina da Siena, Le lettere, a cura di U. Meattini, Milano 1987, nn. 181, 282; Grégoire XI. Lettres communes, a cura di A.M. Hayez, Roma 1992-1993, ad indicem.
L. Martorelli, Memorie historiche dell’antichissima e nobile città d’Osimo, Venezia 1705, pp. 171 ss.; P. Compagnoni, Memorie istorico-critiche della chiesa e de’ vescovi di Osimo…, II, Roma 1782, pp. 494 s.; H.J. Tomaseth, Die Register und die Secretäre Urbans V. und Gregors XI, in Mitteilungen des Instituts für Österreichische Geschichtsforschung, XIX (1898), pp. 448-452; K.H. Schäfer, Die Ausgaben der apostolischen Kammer unter den Päpsten Urban V. und Gregor XI, Paderborn 1937, pp. 202 s.; F. Bock, Einführung in das Registerwesen des avignonesischen Papsttums, in Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken, 1941, n. 31, pp. 48 s.; G. Opitz, Die Sekretärsexpedition unter Urban V. und Gregor XI., ibid., 1944, n. 33, pp. 162-198; B. Guillemain, La cour pontificale d’Avignon (1309-1376). Etude d’une société, Paris 1962, pp. 299 ss.; M. Morroni, Nicolaus de Auximo. Un osimano alla corte avignonese, Osimo 2003.