SODERINI, Niccolò
– Nacque a Firenze il 12 febbraio 1402 (stile moderno; 1401, secondo lo stile fiorentino) da Lorenzo di Tommaso (detto Lorenzetto) e da Ghilla di Tommaso Cambi.
Niccolò e il fratello minore Tommaso si allontanarono dalla tradizione politica della famiglia, costantemente schierata con la fazione più conservatrice del ceto dirigente fiorentino, quella degli ‘arciguelfi’, che faceva capo agli Albizzi. In circostanze particolari, furono attirati nel campo politico avversario, capeggiato dai Medici.
Il loro padre era figlio illegittimo di Tommaso di Guccio e per questo motivo si trovò in stato di inferiorità giuridica nei confronti del fratellastro Francesco, nato dal legittimo matrimonio del padre con Filippa Rinuccini. Dopo la morte di Tommaso, nel settembre del 1402, Lorenzo intraprese un’azione legale per far riconoscere la legittimità della sua nascita, producendo anche documenti falsi, reato particolarmente esecrato a Firenze, ove l’onestà e la correttezza erano ritenute valori fondamentali per il prestigio della città e dei suoi mercanti; per questo motivo il 27 agosto 1405 fu condannato a morte e alla confisca dei beni. Questo fatto influenzò pesantemente la carriera politica dei figli.
In conseguenza della perdita del padre e dei beni, i fratelli Soderini crebbero e raggiunsero l’età adulta fuori dell’ambito di influenza della famiglia paterna, avendo la madre trovato rifugio presso i Cambi, abitanti nel quartiere di Santa Maria Novella, ma quando nel 1427 ebbe inizio la carriera politica di Niccolò, egli concorse agli uffici pubblici in rappresentanza dell’avito quartiere di Santo Spirito, ove nel 1431 acquistò una casa.
Ebbe il primo di questi incarichi appunto nel 1427, quando fu membro dei Dodici buonomini, uno dei due collegi che affiancavano la Signoria. Dei Dodici fece parte di nuovo nel 1433, 1462 e 1464, mentre per tre volte, nel 1442, 1445 e 1461, fu membro del secondo collegio, i Sedici gonfalonieri di compagnia; per due volte, nel 1440 e 1446, fu priore delle Arti e per altrettante, nel 1451 e 1465, ottenne la massima carica della Repubblica, quella di gonfaloniere di Giustizia; nel 1453 fu membro degli Otto di guardia e Balìa, la magistratura che sorvegliava sull’ordine pubblico, senza contare numerosi incarichi di minor rilievo.
Numerosi anche gli uffici da lui esercitati nelle comunità del dominio fiorentino. Fu podestà di Pistoia nel 1436, capitano di Cortona per due volte, nel 1437 e 1447, vicario di Poppi nel 1448, capitano di Pisa nel 1450,vicario di Vicopisano nel 1458, podestà di Prato nel 1459, vicario di Certaldo nel 1462, capitano di Cutigliano nel 1465. Ebbe anche incarichi di commissario militare: a Castiglion della Pescaia nel novembre del 1434 e presso il litorale di Vada nel gennaio del 1453.
Nel marzo del 1453 fu membro del comitato incaricato di organizzare i solenni funerali del cancelliere della Repubblica, Carlo Marsuppini. I maggiori uffici da lui ricoperti si collocano dopo il ritorno dei Medici a Firenze nel settembre del 1434, nel periodo in cui furono gettate le basi del regime mediceo, mediante i controlli sulle elezioni e l’istituzione di Balìe (organismi straordinari dotati di pieni poteri), di cui Soderini fu quasi sempre chiamato a far parte, in qualità di arroto, cioè membro designato direttamente dalla Signoria in carica, anche se al momento non impegnato in incarichi pubblici. Questi elementi lo designano inequivocabilmente come membro di punta della cerchia dei più stretti fautori e collaboratori di Cosimo de’ Medici, benché le tradizioni familiari avrebbero dovuto collocarlo nella fazione avversa, di cui l’avo paterno era stato uno dei membri più influenti.
Stando alle fonti contemporanee, in particolare l’‘examina’ di Niccolò Tinucci del settembre del 1433 (in Cavalcanti, 1839, pp. 402-404), il fatto decisivo che lo portò nell’orbita dei Medici fu, nel dicembre del 1429, il complotto contro Niccolò da Uzzano, uno dei capi della fazione albizzesca, progettato da Soderini, che riteneva Uzzano responsabile della morte ingloriosa di suo padre. L’attentato fallì, ma Soderini, temendone le ripercussioni, cercò e ottenne protezione e appoggio presso i Medici, che cercarono di sfruttare la vicenda contro Uzzano, accusandolo di aver prodotto false prove contro Soderini; alla fine, un intervento della Signoria pose fine alla questione, annullando le accuse contro Soderini.
L’episodio segnò l’inizio di una persistente alleanza e di una lunga collaborazione con la fazione medicea, dalle quali Soderini guadagnò una posizione di preminenza nella vita politica, destinata a caratterizzare la maggior parte della sua vita, come dimostra la lunga lista dei suoi incarichi pubblici. Al periodo di maggiore influenza politica risalgono anche alcune missioni diplomatiche che segnarono l’estendersi del suo prestigio al di fuori di Firenze: fu eletto ambasciatore alla Signoria di Bologna nel 1446 e all’imperatore Federico III, di passaggio per il territorio fiorentino, nel gennaio del 1452. Subito dopo, nel febbraio dello stesso anno, fu inviato come ambasciatore a Genova, per consolidarne l’alleanza con Firenze e con Milano stipulata il 14 novembre 1451, alla cui conclusione aveva collaborato personalmente, in qualità di gonfaloniere di Giustizia. Egli fu molto efficace nello spingere il doge in carica Pietro Fregoso a onorare gli impegni presi con gli alleati e cercò anche di convincerlo ad armare una flotta, che avrebbe contribuito alla difesa delle coste toscane dagli attacchi degli aragonesi. Tornato in patria, nel gennaio del 1453, fu inviato come commissario militare presso Vada, fortezza sul litorale livornese in quel momento assediata dalla flotta aragonese.
Nel maggio del 1453 fu inviato di nuovo in missione diplomatica a Genova, con finalità simili a quelle dell’anno precedente, ma sembra che il suo zelo si fosse spinto fino a tramare per far deporre il doge in carica, tanto da costringere il governo fiorentino a richiamarlo, cosa che avvenne il 25 settembre 1453. Era stato Soderini, nel luglio del 1453, da Genova a dare a Firenze l’annuncio, proveniente da Venezia, della caduta di Costantinopoli. Nel dicembre del 1453 e nel gennaio del 1454 i Dieci di Balìa, di cui era membro lo stesso Cosimo de’ Medici, lo inviarono presso i signori di Rimini e Pesaro.
Parallelamente agli incarichi ufficiali, Soderini veniva continuamente chiamato a esprimere il proprio parere sulle principali questioni, nell’ambito delle consulte, riunioni segrete e informali, convocate dalla Signoria per dare continuità e una maggiore collegialità all’azione politica. Ed è proprio dai verbali delle consulte che è possibile cogliere, a partire dal 1457, la progressiva presa di distanza di Soderini dai sistemi di governo medicei.
Negli ultimi mesi del 1457 si svolse a Firenze un’aspra lotta politica attorno alle tasse: poiché i consigli si opponevano strenuamente all’aumento della pressione fiscale, il gruppo dirigente si proponeva di aggirarli mediante l’istituzione di una Balìa. Nell’ambito delle consulte riunite allo scopo, Soderini si espresse contro la Balìa e a favore di un sistema di ripartizione delle imposte più equo nei confronti dei meno abbienti, destando sospetti di perseguire posizioni di potere personale; in breve divenne così sospetto alla fazione medicea, che qualcuno propose addirittura di farlo esiliare (Marco Parenti, Ricordi, cit. in Clarke, 1991, p. 64).
Nel periodo successivo gli obiettivi della sua azione politica furono soprattutto il ritorno al tradizionale sistema di elezione della Signoria, mediante imborsazione ed estrazione a sorte (sistema fatto sospendere per lunghi periodi dai Medici, in favore della scelta diretta dei nomi da parte degli accoppiatori); l’indizione di un nuovo scrutinio per allargare la base del ceto dirigente; la riduzione dei poteri degli Otto di guardia e Balìa in materia di ammonizione e di condanna per reati politici. Alcuni di questi obiettivi erano condivisi da altri della più stretta cerchia di collaboratori dei Medici, come Angelo Acciaiuoli, Diotisalvi Neroni, Luca Pitti, e vennero sostenuti da Soderini con tanta eloquenza da guadagnare molti proseliti, cosa che lo rendeva particolarmente pericoloso per il regime.
Dopo la morte di Cosimo, avvenuta il 1° agosto 1464, i dissenzienti vennero maggiormente allo scoperto, organizzandosi in un gruppo che teneva le sue riunioni nel palazzo di Luca Pitti, ai piedi delle colline che chiudono a sud la città di Firenze e che per questo motivo veniva definito la ‘fazione del Poggio’. Tale gruppo era abbastanza numeroso, dato che a un patto giurato, di cui i membri della fazione del Poggio furono i primi firmatari, che fu promosso nel maggio del 1466 per impegnarsi a difendere le istituzioni repubblicane in funzione antimedicea, aderirono circa quattrocento persone. Questo gruppo tuttavia, pur unito nella critica ai sistemi medicei, non lo era nelle misure concrete da prendere per far cambiare corso alla vita politica: la sua azione risultò inefficace anche perché minata dalle latenti rivalità fra i capi.
La mancanza di unità si rese evidente durante il secondo gonfalonierato (nel bimestre novembre-dicembre del 1465) di Soderini, la cui designazione avvenne subito dopo il ritorno provvisorio alle elezioni per sorteggio. Il gonfalonierato iniziò sotto i migliori auspici: Soderini, nel recarsi a palazzo per assumere la carica, fu accompagnato durante il percorso da due ali di folla festante, tante erano le aspettative che larghi strati della popolazione fiorentina riponevano nella sua azione politica. Probabilmente anche questa dimostrazione contribuì ad acuire la diffidenza nei suoi confronti dei compagni di fazione, che gli fecero mancare l’appoggio in alcuni momenti cruciali. Del suo programma di riforme, enunciato con eloquenti parole a pochi giorni dall’entrata in carica, a parte l’abolizione di alcune norme minori, l’unico punto che riuscì a concretizzarsi fu l’indizione di un nuovo scrutinio elettorale, secondo modalità che peraltro scontentarono i suoi stessi alleati.
La morte di Francesco Sforza, avvenuta l’8 marzo 1466, impresse una svolta decisiva agli avvenimenti: essa privò i Medici del più potente alleato e rese più audaci gli antimedicei che intrapresero una fiera battaglia per impedire la concessione di un prestito agli eredi di Sforza. In particolare Soderini, che durante il suo primo mandato di gonfaloniere di Giustizia, nel bimestre novembre-dicembre del 1451, si era dimostrato strenuo sostenitore di Sforza e degli aiuti finanziari allora richiesti, si distinse nella battaglia per rigettare le richieste milanesi, nella speranza di screditare i Medici sul piano internazionale, ed ebbe in parte successo, in quanto il prestito concesso fu di ammontare ridotto rispetto alle richieste.
Nonostante qualche parziale e sporadica vittoria, diventava sempre più evidente che gli antimedicei non sarebbero riusciti a imporsi con i metodi legali e si cominciò a pensare (in particolare da parte dello stesso Soderini) di organizzare un intervento militare esterno per costringere la famiglia Medici all’esilio. Si presero pertanto contatti con il condottiero Bartolomeo Colleoni, che avrebbe dovuto marciare su Firenze con l’appoggio, o almeno la connivenza, di Venezia e con Borso d’Este, ma nel frattempo anche Piero de’ Medici aveva fatto convergere a Firenze uomini armati dalla campagna e preso accordi con Milano e il re di Francia. A decidere le sorti del confronto fu però il fatto che il 28 agosto 1466 fosse estratta una Signoria a maggioranza filomedicea.
A questo punto la sconfitta dell’opposizione divenne cosa certa e alcuni capi della fazione del Poggio (in primis Luca Pitti) cercarono il perdono di Piero de’ Medici. Non così si comportò Soderini, che si ritirò in una sua casa di campagna ad aspettare il chiarirsi della situazione. La Signoria, entrata in carica il 1° settembre 1466, convocò il giorno successivo il Parlamento da cui fece ratificare l’istituzione di una Balìa dotata di pieni poteri, che non tardò a scardinare le poche riforme fatte approvare dagli antimedicei e a decretare pene severe verso questi ultimi. L’11 settembre 1466 tutti i membri della fazione del Poggio, a eccezione di Luca Pitti, furono riconosciuti colpevoli di tradimento e condannati al confino per venti anni. A Soderini, insieme con il figlio illegittimo Geri, fu assegnata la Provenza. A Firenze rimasero invece i due figli legittimi Bernardo e Tommaso, che avrebbero dovuto raggiungere il padre al compimento della maggiore età.
Soderini non raggiunse mai la destinazione assegnata e si recò invece in Garfagnana, ove assoldò alcuni uomini armati, spostandosi poi fra la Lombardia e Venezia, al fine di progettare una spedizione contro Firenze. Sfumate tali speranze, nel 1468 prese stabile residenza a Ravenna, vivendo di un sussidio vitalizio di 100 ducati l’anno concessogli dalla Repubblica di Venezia. Nonostante le ristrettezze, riuscì a dare un’istruzione universitaria ai figli, che nel 1485 poterono tornare a Firenze.
Soderini, che nel 1468 aveva ricevuto la dignità cavalleresca dall’imperatore Federico III, morì a Ravenna ai primi di ottobre del 1472 e fu sepolto nella chiesa di S. Francesco, la stessa dove era stato sepolto anche Dante.
Si era sposato il 14 aprile 1437 (data alla quale aveva già avuto il figlio illegittimo Geri) con Ginevra di Filippo Macinghi, sorellastra della più famosa Alessandra, le cui lettere sono state più volte pubblicate; ne aveva avuto, oltre ai due figli maschi, Bernardo e Tommaso, quattro figlie femmine: Maddalena, Alessandra, Nanna e Gostanza.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Tratte, 79 c. 29v; Dieci di Balia-Legazioni e commissarie, 4, cc.16-17; Spogli del Diplomatico, 69 cc. 282-284, 390-392; G. Cavalcanti, Istorie fiorentine, a cura di F.L. Polidori, Firenze 1839, pp. 399-421 (in partic. pp. 402-404); N. Machiavelli, Opere, I, a cura di G. Milanesi - P. Fanfani, Firenze 1873, pp. 209, 322, 341, 343, 350, II, a cura di G. Milanesi - L. Passerini, 1874, pp. 68, 218; A. Municchi, La fazione antimedicea detta del Poggio, Firenze 1911, passim; G. Pampaloni, Fermenti di riforme democratiche nella Firenze medicea del Quattrocento, in Archivio storico italiano, CXIX (1961), pp. 11-62, passim; N. Rubinstein, Il governo di Firenze sotto i Medici (1434-94), Firenze 1971, ad ind.; D. Kent, The rise of the Medici faction in Florence 1426-1434, Oxford 1978, ad ind.; M.S. Phillips, The memoirs of Marco Parenti. A life in Medici Florence, Princeton 1987, pp. 169-171; P.C. Clarke, The Soderini and the Medici: power and patronage in fifteenth-century, Florence 1991, ad ind.; P. Margaroli, Diplomazia e stati rinascimentali. Le ambascerie sforzesche fino alla conclusione della Lega italica. (1450-1455), Firenze 1992, ad ind.; M. Parenti, Ricordi storici, 1464-1467, a cura di M. Doni Garfagnini, Roma 2001, ad ind.; Il carteggio della Signoria fiorentina all’epoca del cancellierato di Carlo Marsuppini, a cura di R.M. Zaccaria, Roma 2015, ad indicem.