Tegrimi, Niccolò
Uomo politico e umanista, nato a Lucca nel 1448. Figlio di Raffaele, appartenne a una delle famiglie più in vista di Lucca. Studiò diritto a Ferrara (con Gian Maria Riminaldi), a Siena (con Bartolomeo Socini) e a Bologna (con Alessandro Tartagni), dove si addottorò in utroque iure nel 1472. Qualche anno dopo curò un’edizione della Disputatio de mero imperio del maestro bolognese, con un’epistola dedicatoria a Socini (1491).
Ebbe incarichi diplomatici e amministrativi dal governo di Lucca. Fu inviato come oratore, tra l’altro, a Federigo Gonzaga, a papa Alessandro VI, al re di Francia Carlo VIII mentre si trovava a Pavia (ott. 1494), e all’imperatore Massimiliano a Pisa (1496), a Giulio II, che gli assegnò la prefettura di Bologna nel 1507, dopo la cacciata dei Bentivogli. Oltre a una silloge di sue orazioni, stampata senza indicazioni tipografiche, ma del 16° sec., conservata nella Biblioteca di Stato di Lucca (segnatura: EV g 20), stampe coeve di singole orazioni di T. (se ne conoscono una quindicina) sono conservate in diverse biblioteche italiane ed europee. Ritiratosi dalla vita politica (1514) abbracciò lo stato ecclesiastico, divenendo arcidiacono della cattedrale di S. Martino a Lucca. Una scelta di cui qualche anno dopo parlerà con toni celebrativi Giovanni Guidiccioni nell’Orazione ai nobili di Lucca (a cura di C. Dionisotti, 1945, p. 101), dove definisce l’ormai vecchissimo T. «quasi un oracolo della città». Morì a Lucca nel 1527.
Oltre alle ricordate orazioni politico-diplomatiche sono pervenute alcune sue lettere (pubblicate da Clemente Pizzi nel 1957) che attestano i legami con gli ambienti ‘erasmiani’, favorevoli a una profonda moralizzazione della Chiesa (Adorni-Braccesi 1994, pp. 56-58). La fama di scrittore di T. è però principalmente legata a una pregevole biografia latina del condottiero e signore lucchese Castruccio Castracani, la Vita Castruccii Antelminelli lucensis ducis, uscita nel 1496 a Modena presso Domenico Rococciola, più volte ristampata, e volgarizzata da Giusto Compagni (1556) e da Giorgio Dati (1742). La Vita Castruccii fu accolta da Lodovico Antonio Muratori nei Rerum italicarum scriptores (11° vol., coll. 1315-42), che però modificò l’intreccio narrativo dell’opera, disponendo la materia in ordine cronologico (la Vita di T. si apre invece con il racconto dell’esilio dei Castracani da Lucca nel 1301 – all’epoca Castruccio aveva vent’anni – e dell’apprendistato militare, in Inghilterra, del giovane Castruccio; e solo in un secondo tempo ne narra natali e infanzia).
La questione più rilevante per la critica machiavelliana riguarda i rapporti tra la Vita Castruccii di T. e la Vita di Castruccio Castracani, scritta da M. nell’estate del 1520 a Lucca (dove si trovava per una missione di carattere privato). Difficile pensare che M., in quella occasione, non fosse venuto a conoscenza dello scritto di T.: non soltanto esso era disponibile a stampa, ma l’autore, come si è visto, era in città personaggio assai in vista. Tra il Castruccio machiavelliano e la biografia di T. esistono peraltro molti riscontri oggettivi, anche se le sistematiche alterazioni storiche introdotte da M. ci indicano come l’opera dell’umanista e giurista lucchese gli fornì molti spunti, ma non una traccia narrativa. Il Castruccio rivela infatti una libera e capricciosa reinvenzione dei dati storici e della cronologia, arrivando a presentare (per limitarci ai casi più eclatanti) il suo eroe come un bambino abbandonato, casualmente trovato in una vigna dalla sorella del canonico di S. Michele, l’immaginario Antonio Castracani, che lo adottò (§ 7-13); mentre Castruccio – come si legge in T. – nacque nella casa del padre («aedibus paternis»), Geri Castracani, della nobile famiglia degli Antelminelli. Né meno vistosa è la decisione machiavelliana di presentarlo come scapolo e senza figli (§ 135), contraddicendo T., che parla della moglie e dei nove figli del condottiero.
Per una indicazione esaustiva dei riscontri letterali tra T. e il Castruccio di M. si rinvia alla puntuale rassegna di Giuseppe Simonetti (1893, pp. 15-19) e alle edizioni del Castruccio di Paolo Trovato (1986), Giorgio Inglese (1991) e Carlo Varotti (2010). I contatti – pur nel contesto dell’arbitrarietà narrativa machiavelliana – sono, come si diceva, numerosi e in alcuni casi particolarmente indicativi. Per es., nel § 100 del Castruccio, Tommaso di Lipaccio di Lambertuccio Frescobaldi viene da M. sdoppiato in due personaggi distinti, ma l’errore è nella fonte (T. parla di «Thomam Lupaccium et Lambertuccium Frescobaldum»). E va almeno ricordato che, tra i molti dicta che M. attribuisce al suo eroe a conclusione della sua operetta (§ 171), il solo che non sia derivato da Diogene Laerzio (oltre al § 181, suggerito da una facile reminiscenza dantesca) è tratto dalla Vita di Tegrimi. Proprio la quantità e l’evidenza delle invenzioni storiche presenti nel testo del Fiorentino indussero John Humphreys Whitfield (e più recentemente Mario Martelli) a nutrire dubbi su una conoscenza da parte di M. del testo di Tegrimi. Francesco Bausi (2005, pp. 250-52), basandosi su una nota contenuta nel principale testimone manoscritto del Castruccio (Palat. 537 della Biblioteca nazionale centrale di Firenze, esemplato poche settimane dopo la stesura dell’opera), che dice la biografia machiavelliana «cavata dalla descriptione di Bartholomeo Cennami» (importante cittadino lucchese, che ebbe stretti contatti con M. nell’estate del 1520), ipotizza che la fonte diretta di M. sia proprio tale «descriptione», mentre le convergenze tra il Castruccio e il testo di T. deriverebbero dal fatto che T. sarebbe una delle fonti di Cennami. A tale congettura va riconosciuto il merito di spiegare, nei termini di interessi legati a logiche politiche prettamente lucchesi, alcune delle alterazioni storiche presenti nel Castruccio; ma le perplessità sulle libere invenzioni machiavelliane non sono sciolte dall’ipotesi di un tale intermediario tra le due biografie: difficilmente Cennami avrebbe potuto modificare così apertamente i dati biografici di un personaggio tra i più grandi del passato lucchese, le cui vicende non potevano non essere ben conosciute in città.
Bibliografia: Lettere inedite, a cura di C. Pizzi, Firenze 1957. Per gli studi critici si vedano: C. Lucchesini, Della storia letteraria del ducato lucchese, 2 voll., Lucca 1825-1831; G. Simonetti, I biografi di Castruccio Castracani degli Antelminelli, «Studi storici», 1893, 2, pp. 1-24; G. Guidiccioni, Orazione ai nobili di Lucca, a cura di C. Dionisotti, Roma 1945; C. Pizzi, Per la storia dell’Umanesimo a Lucca, Firenze 1957, pp. 31-34; J.H. Whitfield, Machiavelli and Castruccio, in Id., Discourses on Machiavelli, Cambridge 1969, pp. 111-39; P. Trovato, commento e introduzione a N. Machiavelli, La vita di Castruccio Castracani, a cura di R. Brakkee, Napoli 1986; G. Inglese, commento e introduzione a N. Machiavelli, La vita di Castruccio Castracani e altri scritti, Milano 1991; M. Martelli, Machiavelli e la storiografia umanistica, in La storiografia umanistica, Atti del Convegno internazionale di studi, Messina 22-25 ottobre 1987, a cura di A. Di Stefano, 2 voll., Messina 1992, pp. 113-52 (in partic. pp. 113 e 145-46); S. Adorni-Braccesi, “Una città infetta”. La repubblica di Lucca nella crisi religiosa del Cinquecento, Firenze 1994; M.E. Bratchel, Lucca 1430-1494. The reconstruction of an Italian city-republic, Oxford 1995; F. Bausi, Machiavelli, Roma 2005; C. Varotti, commento e introduzione a N. Machiavelli, Vita di Castruccio Castracani, in Edizione nazionale delle Opere di Niccolò Machiavelli, II. Opere storiche, t. 1, a cura di A. Montevecchi, C. Varotti, Roma 2010, pp. 1-66.