ZUCCHI, Niccolò
– Nacque a Parma, il 6 dicembre 1586, da Pietro e da Francesca Giandemaria, entrambi di nobili origini. La coppia ebbe otto figli, cinque maschi, dei quali Niccolò fu il quarto, e tre figlie. Degli otto, solo un figlio non abbracciò la carriera ecclesiastica, mentre le figlie furono avviate alla vita conventuale. Tre figli entrarono nell’ordine dei gesuiti, fra i quali Niccolò, e uno divenne un prete secolare.
Zucchi cominciò il noviziato nella Compagnia di Gesù a Padova il 28 ottobre 1602 (secondo la cronologia di Bartoli, 1682, e Zanfredini, 2001). Dal 1604 al 1607 studiò filosofia a Parma e dal 1608 al 1612 teologia. Ordinato sacerdote nel 1611, insegnò filosofia naturale, sempre a Parma, dal 1614 al 1620, anno in cui professò il quarto voto. Zucchi era «nelle materie speculative, di ingegno perspicacissimo, e profondo, e ugualmente disposto a qualunque genere di scienze l’applicasse...» (Bartoli, 1682, p. 15). Egli stesso racconta che nel 1616 realizzò un arrangiamento ottico che, secondo alcuni storici, fu il primo esemplare di telescopio riflettore, ma di tale dispositivo, di dubbia funzionalità, diede notizia oltre trent’anni più tardi.
Dopo un periodo di insegnamento a Ferrara si traferì a Ravenna, dove nel 1622 divenne il primo rettore del nuovo collegio gesuitico fondato dal cardinale Alessandro Orsini, legato pontificio della Romagna. Zucchi fu teologo e confessore di Orsini e, nel 1623, lo accompagnò in una missione diplomatica a Praga, alla corte di Ferdinando II d’Asburgo. Là Zucchi incontrò Johannes Kepler con il quale ebbe un diverbio in materia religiosa (ibid., p. 29). In quell’occasione donò all’astronomo tedesco una copia del libro di Scipione Chiaramonti Antitycho... (Venezia 1621), come si legge nella Apologia di Chiaramonti (Venezia 1626, p. 63; Kepler, 2003, p. 150), che ebbe un ruolo nella stesura, da parte di Kepler, del Tychonis Brahei Dani hyperaspistes (Francoforte 1625). Zucchi mantenne una corrispondenza con Kepler e gli fece avere un telescopio, possibilmente già prima di tale viaggio (Kepler, 2003, p. 166). Kepler rimase riconoscente verso Zucchi e lo citò nell’appendice del suo Somnium (Francoforte 1634).
Rientrati in Italia, Orsini e Zucchi si stabilirono a Roma. Nel 1625 Zucchi divenne lettore di matematica e astronomia presso il Collegio Romano, per un anno, prima di diventare predicatore, ruolo che ricoprì per vent’anni, e che esercitò anche viaggiando in varie città, fra le quali Jesi, Lucca, Piacenza, Siena e Urbino, «nelle Chiese della Compagnia, e nelle Congregazioni, e ne Monasterj di Religiose» (Affò, 1797, p. 172). Fu anche autore di vari studi teologici.
Alcuni biografi (Arago, 1857, p. 334; Campedelli, 1981, p. 637) riportano che il 17 maggio 1630 Zucchi fu il primo a osservare le fasce dell’atmosfera di Giove, sebbene non sia chiaro che tipo di telescopio possa aver utilizzato e non è facile verificare l’attendibilità di tale informazione. Ne parla Giovanni Battista Riccioli nell’Astronomiae reformatae (Bologna 1665, p. 369) e Zucchi fa riferimento all’osservazione di due fasce che si «estendono su tutta la superficie di Giove, e che sono di colori diversi» (N. Zucchi, Optica philosophia..., Lione 1652, p. 200), ma non riporta la data esatta di tale osservazione. Inoltre, Francesco Fontana sembra smentire questa affermazione, laddove nella sua Novae coelestium... (Napoli 1646, p. 107) afferma che il merito va al gesuita Giovanni Battista Zupi. I biografi riportano anche che il 23 maggio 1640 Zucchi osservò le macchie sulla superficie di Marte, già osservate da Fontana nel 1636, e che le sue osservazioni furono d’aiuto a Giovanni Domenico Cassini per la determinazione del periodo di rotazione del pianeta rosso (Arago, 1857, p. 127; Campedelli, 1981, p. 637). Ne parla Riccioli (Almagestum novum..., I, Bologna 1651, pp. 486, 488; Astronomiae reformatae, Bologna 1665, p. 372), ma nell’opuscolo di Cassini Martis circa axem proprium revolubilis... (Bologna 1666) non compare alcun riferimento a Zucchi.
Zucchi fu rettore del Collegio Romano del 1646 al 1649, pubblicò il trattato Machinarum omnium vires... (Parigi 1646), dedicato a Odoardo I Farnese, duca di Parma e Piacenza. Nel 1649 uscì il Nova de machinis philosophia: in qua, paralogismis antiquae detectis explicantur machinarum vires (Roma 1649). Dedicata a Ranuccio II Farnese, l’opera, divisa in cinque parti, tratta principalmente di meccanica, ma contiene altresì uno studio sul magnetismo e sul vuoto, del quale l’autore nega l’esistenza, pur menzionando Evangelista Torricelli.
Nel 1651 Zucchi divenne superiore della Penitenzieria apostolica, carica che tenne sino al 1654. Fu in questo periodo che pubblicò il primo volume della Optica philosophia... (Lione 1652), dedicato a Leopoldo Guglielmo d’Asburgo, arciduca d’Austria. È solo in questo volume che Zucchi parla dei suoi studi ottici del 1616, cosicché alcuni storici, pur senza solide prove documentarie, gli attribuirono la paternità del telescopio riflettore. Zucchi stesso afferma: «Perciò nell’anno 1616 [...] mi proposi di vedere se lo stesso effetto ottenuto con una rifrazione attraverso una lente in qualche modo convessa potesse essere ottenuto attraverso una riflessione da specchio concavo» (Optica philosophia, Lione 1652, p. 126). Lo specchio di bronzo proveniva «dal museo di un uomo illustre» e venne creato «da un artifice esperto»; l’oculare, invece, era una lente divergente e Zucchi rivolse tale arrangiamento, privo in realtà di tubo ottico, «alle cose terrestri e celesti» (ibid., pp. 126 s.). La versione di Zucchi solleva tuttavia qualche dubbio: non è chiaro per quale motivo abbia atteso tanto tempo per dar notizia del suo telescopio e non convince la disponibilità di uno specchio concavo per osservazioni telescopiche, in quanto all’epoca tali specchi erano difficilmente reperibili, come mostra anche la corrispondenza di Galileo Galilei (Favaro, 1935; Rotta, 1968). Nel 1652, con l’uscita del primo volume dell’Optica philosophia, gli studi sui telescopi riflettori erano già avviati e stavano prendendo piede, sia nella penisola italiana con Bonaventura Cavalieri, che oltralpe, con Marin Mersenne. Non è dunque possibile sostenere con certezza che Zucchi abbia direttamente influenzato James Gregory e Isaac Newton.
Alla morte di papa Innocenzo X, Zucchi servì come confessore del Sacro Collegio che elesse papa Alessandro VII (Affò 1797, p. 173); nel 1655 questi lo nominò predicatore del Palazzo Apostolico. Nel 1656, Zucchi pubblicò il secondo volume della sua Optica philosophia... (Lione 1656).
L’aquila che compare nel frontespizio dei due volumi dell’opera è un’allusione al sopra citato arciduca Leopoldo Guglielmo. Il rapace, che guarda dritto al sole con un fulmine stretto fra gli artigli, rimanda a un panegirico di Claudio Claudiano e allude allo stemma di casa Asburgo, casata europea «potente in ambo i mondi», come scritto nell’incisione, cioè quello terrestre e quello spirituale. L’allusione, però, potrebbe essere al Nuovo Mondo, nel quale gli Asburgo, contando anche il ramo spagnolo, vantavano domini. Intagliata da François Poilly, l’incisione si basa su un disegno di Gian Lorenzo Bernini, il quale illustrò anche il frontespizio del secondo volume de Le prediche dette nel Palazzo Apostolico di Giovanni Paolo Oliva (Roma 1664), succeduto a Zucchi come predicatore del Palazzo Apostolico (Lavin, 1985, pp. 209 s.) prima di divenire, nel 1664, generale della Compagnia.
Dal 1662 Zucchi fu superiore della casa professa a Roma e venne tenuto in grande considerazione da papa Clemente IX, ma non è chiaro se i due fossero legati già dai tempi del cardinalato di Giulio Rospigliosi. Al padre gesuita viene attribuita anche l’Optica statica, che però non pubblicò e della quale, ad oggi, non sembra rimanere copia. Egli rimase legato a una cultura conservatrice, specie per quanto riguarda gli studi sul vuoto, e commise alcuni errori in ambito astronomico, come al riguardo delle posizioni relative di Mercurio e Venere (Kepler, 2003, p. 150). Curò anche la Nova de machinis philosophia: unico illis omnibus communi principio constituta (Roma 1669), opera che riprende le prime quattro parti dell’edizione del 1649, seguite da venti annotazioni.
Morì a Roma, nella casa professa, la sera del 21 maggio 1670. A lui è dedicato un cratere della Luna, di circa 65 km di diametro, chiamato in suo onore Zucchius.
Opere. Oltre a quelle citate, si considerino anche: Varie devozioni..., Roma 1630; O. Urbano (pseudonimo), Indirizzo di servitù..., Viterbo 1630; Magno amico..., Roma 1648; Pratica della vera duotione nella servitù della Vergine Nostra Signora..., Roma 1666; Pratica della vera divotione in prepararsi à celebrare con frutto le solennità per li noue giorni avanti il Santissimo Natale..., Roma 1666; Indirizzo per passare le feste del Santo Natale..., Roma 1667.
Fonti e Bibl.: D. Bartoli, Della vita del p. N. Z., Roma 1682; I. Affò, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani..., V, Parma 1797, pp. 170-176; A. Pezzana, Continuazione delle memorie degli scrittori e letterati parmigiani, VI, 2, Parma 1827, pp. 773-779; F. Arago, Astronomie populaire par François Arago, I, Parigi-Lipsia 1854, pp. 157 s.; IV, 1857, pp. 127, 334; A. Favaro, Le opere di Galileo Galilei, XIII, Firenze 1935, pp. 330-335; R.G. Villoslada, Storia del Collegio Romano, LXVI, Roma 1954, p. 309; S. Rotta, Sulla costruzione e diffusione in Italia dei telescopi a riflessione, in Machine, I (1968), pp. 90-102; U. Baldini, Una lettera inedita del Torricelli ed altre dei gesuiti R. Prodanelli, J. C. della Faille, A. Tacquet, P. Bourdin e F.M. Grimaldi, in Annali dell’Istituto e Museo di storia della scienza di Firenze, V (1980), pp. 15-37; L. Campedelli, Z., N., in Dictionary of Scientific Biography, a cura di C.C. Gillispie, New York 1981, XIV, pp. 636 s.; I. Lavin, Bernini’s cosmic eagle, in Gianlorenzo Bernini: new aspects of his art and thought, a cura di I. Lavin, University Park-London 1985, pp. 209-214; R. Gatto, Tra scienza e immaginazione..., Firenze 1994; I gesuiti e i loro libri a Ferrara, a cura di L. Pepe, Ferrara 1998, pp. 48, 88; M. Zanfredini, Z., N., in Diccionario histórico de la Compañía de Jesús: biográfico-temático, a cura di C.E. O’Neill - J.M. Domínguez, IV, Madrid 2001, pp. 4085 s.; Giambattista Riccioli e il merito scientifico dei gesuiti nell’età barocca, a cura di M.T. Borgato, Firenze 2002, passim; J. Kepler, Kepler’s Somnium..., a cura di E. Rosen, Mineola (N.Y.) 2003, pp. 150, 166 s.