FORTEGUERRI, Nicodemo
Nacque a Siena nel 1509 (fu battezzato il 14 novembre) da Alessandro di Nicodemo e da Francesca di Angelo Ugurgieri. Nell'aprile del 1537 sposò Girolama Tolomei e ne ebbe due figli: Temistio, nato nel 1538, ed Elisabetta, nata nel 1540. Rimasto vedovo, nel 1554 si risposò con Camilla del Rondine.
I primi ricordi della sua attività pubblica risalgono al 1544, ma è solo nel 1546 che ricevette il primo incarico importante, quello di oratore della Repubblica senese a Genova. Il F. doveva assicurare Andrea Doria, e attraverso di lui Carlo V, della fedeltà dei Senesi all'Impero, dopo che nella primavera di quell'anno, a seguito di un ennesimo tumulto sorto all'interno della città tra la fazione filospagnola dei noveschi e quella dei popolari, erano stati allontanati da Siena la guardia spagnola e lo stesso rappresentante imperiale don Giovanni de Luna.
Il F. rimase a Genova - con qualche breve interruzione - sino agli inizi del 1548 e per tutto il periodo mantenne una corrispondenza strettissima con la Balia senese, informando i governanti sull'evolversi degli avvenimenti. Dalle numerosissime lettere apprendiamo che dapprima cercò di sostenere l'inutilità di una guarnigione spagnola a Siena, visto che "il servitio di sua Altezza [Carlo V] non sarà mai tener le forze dove possiede i cuori delli homini" (lettera del 26 apr. 1547, in Arch. di Stato di Siena, Balia, 699, n. 70). In seguito, quando il ritorno delle truppe divenne inevitabile, si batté affinché la guarnigione fosse comandata da A. Piccolomini Todeschini, duca d'Amalfi, di origine senese e gradito alla fazione al potere, e infine cercò di mercanteggiare sul numero di uomini che dovevano costituirla.
Nel gennaio del 1548, al seguito di don D. Hurtado de Mendoza, legato imperiale a Roma e comandante della guarnigione spagnola imposta a Siena nel giugno precedente, il F. si trasferì a Roma, per restarvi due mesi. Qui cercò ancora di sostenere gli interessi della sua patria, inserendosi nel complesso gioco diplomatico che vi veniva condotto e dandone puntuale notizia - con le sue lettere - ai governanti senesi.
Nell'agosto del 1552, lasciata temporaneamente l'attività diplomatica, il F. fu con le truppe a Lucignano d'Arbia, per occuparsi del loro vettovagliamento; gli avvenimenti, infatti, dopo la definitiva cacciata delle milizie spagnole da Siena, avvenuta alla fine di luglio, precipitavano verso la guerra tra i Senesi sostenuti dai Francesi da una parte e Cosimo I e gli Imperiali dall'altra. A partire dal gennaio 1554 il ruolo militare del F. divenne ancora più attivo: fu nominato capitano di una delle quattro compagnie militari del terzo di Città (una delle tre parti in cui era amministrativamente divisa Siena), organizzate per montare la guardia in vari punti della città cinta d'assedio.
In questo ruolo il F. partecipò ai combattimenti, salvando anche la vita - secondo il Diario del Sozzini - a un gruppo di soldati francesi, comandati dal conte di Caiazzo, caduti in un'imboscata. Secondo il Cagliaritano, avrebbe partecipato inoltre alla battaglia di Scannagallo (2 ag. 1554), in cui le truppe franco-senesi furono sbaragliate da quelle fiorentine e imperiali, e sarebbe stato tra i molti prigionieri. La notizia non trova però conferma nelle fonti.
In ogni caso nel marzo del 1555 il F. insieme con P.A. Amerighi partì da Montalcino - ove si era recato nel gennaio come capitano della Guerra - per recarsi in Piemonte presso il maresciallo Ch. de Cossé de Brissac. La resistenza di Siena era infatti alla fine e Piero Strozzi - più o meno sinceramente - sollecitava l'intervento di nuove truppe francesi. La missione fallì completamente e i due oratori tornarono a Siena a capitolazione avvenuta.
Il F. riprese comunque subito l'attività diplomatica. Come oratore della Repubblica di Siena ritirata in Montalcino, creata dai fuorusciti senesi che non volevano piegarsi a Cosimo I e agli Spagnoli, si recò infatti, nel giugno 1555, presso il neoeletto papa Paolo IV per supplicare il suo aiuto.
In realtà non riuscì neanche a parlare con il pontefice e dovette accontentarsi di generiche assicurazioni. I Montalcinesi non si dettero per vinti e nel novembre dello stesso anno inviarono nuovamente a Roma il F. e A. Vannocci: offrivano al papa, con il consenso dei Francesi, i territori che questi ultimi occupavano nel Senese e in cambio chiedevano l'aiuto della S. Sede per sottrarre Siena all'imperatore. I due ambasciatori riuscirono a partecipare al complesso gioco diplomatico che veniva condotto intorno al pontefice e a ottenere un suo formale appoggio, che non si tradusse però in atti concreti.
La situazione politica intanto diventava sempre più complessa sia a livello internazionale sia nella stessa Repubblica di Montalcino; nel tentativo di trovare una qualche soluzione nell'aprile del 1556 J. de Soubise - governatore francese di Montalcino - si recò a Roma col F., rappresentante della Repubblica in esilio. L'attività diplomatica non poteva però salvare l'anacronistica Repubblica. La pace di Château-Cambrésis mise fine alle sue possibilità di sopravvivenza, anche se non riuscì a spegnere le ultime speranze degli esuli. Nel maggio 1559 il F. e G. Bandini fecero un ennesimo, inutile tentativo presso il papa. Ai primi di luglio il re di Francia comunicò il ritiro della sua protezione e quindi delle sue truppe da Montalcino; l'ostinata proposta del F. di perorare ancora l'aiuto del re di Spagna non fu accolta. Nell'agosto seguente il F., come tutti gli altri fuorusciti, venne "perdonato" dal governatore mediceo e tornò a Siena. La sua parabola politica non si era ancora conclusa; al 1572 risale, infatti, la sua ultima lettera da Massa Marittima alla Balia senese.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Siena, Biccherna, 1134, c. 156r; 1135, c. 417r; 1136, c. 9r (per la sua data di nascita e quella dei figli); Ibid., Gabella dei contratti, 361, c. 47v; 377, c. 13v (per i matrimoni); la corrispondenza diplomatica del F., Ibid., Balia, 156, c. 2r; 170, cc. 184r, 185r, 194r; 676, nn. 9, 13, 42, 55, 61, 63, 88, 95; 677, n. 1; 680, n. 47; 684, n. 23; 690, nn. 50, 65, 82, 97; 691, nn. 5, 13, 25, 50, 54, 65, 67, 74, 99; 692, nn. 11, 27; 695, nn. 75, 91; 696, n. 4; 697, nn. 20, 49 s., 55, 62 s., 65 s., 69, 75 s., 80; 698, nn. 12, 14, 28, 31, 33, 39, 42, 52, 54, 60, 71, 76, 91; 699, nn. 13, 17, 27, 30, 32, 45, 54, 60, 63 s., 69 s., 73, 82, 84, 94, 107, 109; 700, nn. 13, 31, 37, 48, 69, 80, 90, 93; 701, nn. 4 s., 18, 24, 41 s., 48; 702, nn. 22, 30, 53 s., 65, 74, 97; 703, nn. 6, 18, 28, 40 s., 45, 49, 63; 706, nn. 29, 85, 94, 98; 707, nn. 1, 5, 10, 13 s., 23, 26, 29, 34, 37, 39, 42, 52, 56, 58, 63 s., 69, 80 s., 83 s.; 713, nn. 43, 68; 730, nn. 65, 70; 786, n. 12; Ibid., Repubblica di Siena ritirata in Montalcino, 1, c. 144r; 12, cc. 53v-55v, 58rv; 26, cc. 131v-132r; Ibid., Mss. A 11, cc. 249v-250r; A 13, c. 396v; A 15, c. 151r; A 26, c. 160; A 27, cc. 70 s.; A 30 II, cc. 272v-273r; D 20: G. Nini, De successi e guerre d'Italia, VII, p. 135; D 50: A. Bardi, Historie di Siena, c. 146r; Arch. di Stato di Firenze, Mediceo del principato, 50, cc. 204, 209; Siena, Bibl. com. degli Intronati, Mss. P IV, 10: S. Bichi Borghesi, Biografia degli scrittori senesi, I, c. 415r; A VI, 1: G. Tommasi, Storia di Siena, pt. III, lib. 9, c. 511v; D VII, 7: Lettere diverse di vari personaggi illustri del secolo XVI, c. 21; G. Adriani, Istoria dei suoi tempi, II, Venezia 1583, pp. 858 s., 865, 1110; I. Ugurgieri Azzolini, Le pompe sanesi…, II, Pistoia 1649, p. 151; G.A. Pecci, Memorie storico-critiche della città di Siena, III, Siena 1758, pp. 160, 174, 177; IV, ibid. 1760, pp. 118, 216, 326; A. Sozzini, Diario delle cose avvenute in Siena dal 20 luglio 1550 al 28 luglio 1555, in Arch. stor. ital., II (1842), pp. 163, 239, 241, 253, 361, 397; L. Romier, Les origines politiques des guerres de religion, II, Paris 1914, pp. 40 s., 411, 415; V. Baccinetti, La Repubblica senese ritirata a Montalcino (1555-1559), in Bull. senese di storia patria, LVII (1940), pp. 4, 100; R. Cantagalli, La guerra di Siena (1552-1559), Siena 1962, pp. 395, 416 s., 427, 450, 457, 526, 559; U. Cagliaritano, Storia di Siena, Siena 1977, pp. 220, 230.