ACCIAPACCIA, Nicola
Secondogenito di Pietro e di Maria Capece, nacque a Sorrento nel 1383. Avviatosi alla carriera ecclesiastica, studiò diritto canonico e, prima ancora che raggiungesse l'età prescritta e conseguisse il titolo di dottore, fu nominato vescovo di Tropea, il 17 sett. 1410, da Gregorio XII, con la facoltà di ricevere la consacrazione da qualsivoglia vescovo. Venne, però, dispensato dall'effettivo esercizio episcopale, perché potesse continuare gli studi a Napoli. Con la deposizione di Gregorio XII da parte del concilio di Pisa gli fu tolto il vescovato, ma lo riebbe da Giovanni XXIII, che lo consacrò il 30 genn. 1413. Martino V ed Eugenio IV lo tennero in gran conto e gli affidarono uffici di governo, come, tra gli altri, quello di rettore della Campagna e rettore di Bologna, per i quali non risiedette mai a Tropea. Nel 1436 Eugenio IV lo promosse arcivescovo di Capua, e quando, dopo l'unione della Chiesa greca con la latina, nel 1439 procedette alla creazione di ben diciassette cardinali, anch'egli per aver partecipato al concilio di Basilea, trasferito poi a Ferrara e a Firenze, fu nominato cardinale del titolo di S. Marcello. Ma venne chiamato, per antonomasia, il "Cardinal capuano", per essere stato, tra gli arcivescovi di Capua, il primo ad essere assunto alla sacra porpora. Fedele alla tradizione della famiglia parteggiò prima per Giovanna II e Luigi III, poi, dopo la morte della regina, per Renato. Nel 1423, quando Luigi III, sostituito da Giovanna II nell'adozione ad Alfonso d'Aragona, venne accolto ad Aversa, sede della corte, con grande festa, l'A. tenne l'eloquente discorso d'occasione, cominciando con le parole: "Vere filius Dei est iste".In seguito, durante la lotta tra il nuovo angioino, Renato, e lo stesso Alfonso d'Aragona, essendo ardente fautore del primo, perdé l'arcidiocesi di Capua e tutte le entrate dei molti benefici che aveva nel Regno. Inoltre, Alfonso riuscì a farlo esiliare da Roma proprio da quel pontefice, Eugenio IV, che lo aveva innalzato alla porpora cardinalizia. Il 31 luglio 1442, essendo rimasti in possesso di Renato solo i castelli Capuano, S. Elmo e Castelnuovo, nei capitoli tra Alfonso d'Aragona e il condottiero Francesco Sforza venne stabilito che il primo avrebbe fatto restituire i beni a quei napoletani che, nello spazio di due mesi, gli avessero prestata obbedienza; il cardinale A., il conte di Pulcino e Ottino Caracciolo sarebbero stati trattati secondo la loro condotta. Solo allora l'A. cominciò a pensare alla sottomissione e nei patti di resa che Giovanni Cossa, castellano di Castel Capuano, strinse col permesso di Renato ottenne la restituzione di tutti i beni, tranne quelli della badia di S. Sofia in Benevento. Non riuscì però a pacificarsi con Eugenio IV e solo dopo la morte di lui poté tornare a Roma. Nel conclave (4 marzo 1447), in cui fu fatto anche il suo nome, votò per il Parentucelli, che, eletto, prese il nome di Niccolò V. Con altri due cardinali gli fu affidato il processo di canonizzazione di S. Bernardino da Siena, ma non poté condurlo a termine, essendo morto il 3 aprile dello stesso 1447.
Fu sepolto nella basilica di S. Pietro.
Nella stanza del tesoro della cattedrale di Capua, sotto il suo ritratto, fu apposta un'epigrafe del capuano Michele Monaco; un altro ritratto volle nella sua sede la capuana Accademia dei Rotti, e Antonio Pacini gli dedicò la sua traduzione latina delle Vite degli uomini illustri di Plutarco.
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